L`imprescindibilità del rapporto tra economia e cultura
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L`imprescindibilità del rapporto tra economia e cultura
L’imprescindibilità del rapporto tra economia e cultura Walter Goruppi Sebbene si viva in una fase storica in cui prevale il paradigma della globalizzazione, la cultura rimane essenzialmente alla base dei processi di sviluppo rimanendo strettamente collegata ai risultati economici dei paesi. Un fatto sottovalutato nei paesi industrializzati, dove prevale l’attenzione al valore della performance economica valutata principalmente secondo le variabili economiche, come se fosse dotata di una vita propria, determinata e dipendente solamente dalle forze economiche (Throsby, 2001), ma che già appare nei mutamenti in atto nei paesi in transizione, per emergere pienamente nei caso dei paesi del Terzo mondo. Infatti, la cultura, se considerata come una serie di valori, tradizioni, usi e costumi e stili di vita caratterizzanti un gruppo o una comunità, influisce sugli appartenenti di questo gruppo o comunità, agendo sul loro modo di pensare e di comportarsi. Di conseguenza, ne determinerà anche il loro comportamento economico. Lo stretto legame tra cultura ed economia viene esplicitato anche dalla Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione delle diversità di espressione culturali, in vigore dal marzo 2007, nel cui 2o articolo si afferma il principio della complementarietà degli aspetti economici e culturali dello sviluppo, confermando quindi come non ci possa essere sviluppo economico senza sviluppo culturale (e viceversa). Questo fatto assume ancor più rilevanza se si considera che il moderno concetto di sviluppo sostenibile applicato alle politiche della nostra società è stato introdotto proprio per includere i problemi di tipo ambientale e sociale (dunque anche culturale, poiché la cultura è il riflesso dell’essere) accanto a quelli economici, con profonde interazioni e sinergie (The Brundtland Report, 1987). Eppure, l’interazione tra economia e cultura è vista piuttosto come un approccio teorico da parte degli economisti contemporanei, che ammettono l’esistenza di questo legame senza purtuttavia essere in grado di definire le influenze che la cultura esercita (Casson, 1993), con la pretesa di una mancanza di dati e indicatori necessari alla valutazione e alla misurazione (oltre che interpretazione) del suo contributo e impatto sul sistema economico. Un ramo della teoria economica sinora ancora poco sviluppato poiché comporta uno spostamento dall’asse econo-centrica della visione globale ora prevalente (Throsby, 2001). Un esempio ormai storico dell’interazione traspare dallo sviluppo evidenziato dal gruppo di paesi dell’Estremo Oriente noto come le “Quattro Tigri” (Taiwan, Singapore, Hong Kong e Sud Corea), che hanno seguito una via già intrapresa anche dal Giappone qualche decennio prima; il rapido sviluppo ha solide basi economiche (competitività, innovazione tecnologica, elevati investimenti, orientamento all’esportazione, specializzazione delle risorse umane, ecc. - tutti concetti legati alle moderne teorie economiche occidentali), è stato affiancato da un forte radicamento culturale locale anche conservatore (fede, valore della famiglia, rispetto della disciplina e dell’autorità, etica del lavoro, ecc.) che ha permesso le condizioni ottimali per un’elevata performance economica. Il successo di questi paesi asiatici è ormai un dato di fatto, collocandosi questi ai vertici della scala economica globale, eppure permane tuttora lo scetticismo degli economisti sul reale apporto dei fattori culturali. Dunque, i soggetti micro/macro-economici (singole persone, imprese e famiglie, associazione e comunità, istituzioni locali e centrali) vivono e prendono decisioni all'interno di un ambiente in cui la cultura ha un ruolo importante sul corso della vita economica. Ma si può pensare anche al rapporto contrario: relazioni e processi culturali esistono all'interno di un ambiente economico e che possono essere interpretati in termini di valori economici. Per di più, l’ambiente economico può fungere da mezzo veicolatore di valori e conoscenze culturali, nonché di stili di vita. Si conferma quindi una profonda interazione tra economia e cultura anche sulle nozioni parallele di valore (capitale) economico e valore (capitale) culturale. Un’azione simile può essere vista nel protagonismo dei mercanti italiani e delle Repubbliche marinare nel corso di ciò che può essere considerata come la prima grande globalizzazione durante il Rinascimento italiano. In una fase di espansione economica continentale, essi erano anche portatori della particolare molteplicità della cultura “italiana” localista di allora, verso realtà lontane esterne all’Europa, nell’incontro con culture diverse. Ma che attraverso il contatto e la conoscenza diretta e reciproca, permettevano la contemporanea realizzazione uno scambio di beni materiali e di valori culturali e di modi di vita. Così lo sono oggi molti imprenditori italiani che diffondono i propri prodotti e servizi. La globalizzazione odierna, soprattutto per gli enormi flussi di merci, servizi e lavoro interessati, mette in rapporto continuo agenti economici di paesi con culture, religioni e stili di vita diversi e quindi la dimensione inter-culturale diventa necessariamente centrale. L’internazionalizzazione di un’impresa comporta anche un’operazione di mediazione culturale oltre che di partnership commerciale e produttiva e d’investimento. Il valore culturale, inoltre, non è solo presente nei prodotti e servizi ma è presente nella stessa impresa. In particolare, la cultura d’impresa è un valore che è sempre presente in un’impresa che sa internazionalizzarsi, cultura che deve arricchire il territorio in cui l’impresa va a insediarsi e a sua volta venire “contaminata” dal territorio, interagendo quindi con esso non solo in termini strettamente economici, ma appunto, anche culturali. L’imprenditore, in quanto agente di sviluppo, assume anche un ruolo di mediatore culturale. E, in tal senso, risulta determinante il contributo della cultura allo sviluppo sociale ed economico, promuovendo una spinta all’innovazione e alla competitività, giungendo a promuovere l’integrazione delle differenti componenti della società (Carpano, 2005). Il rapporto tra cultura ed economia lo si ritrova quindi anche nel raggiungimento dell’equilibrio tra la liberalizzazione dei mercati e lo sviluppo civile della società, considerando che la promozione delle attività culturali e ambientali, come già in precedenza osservato, è un rilevante volano di occupazione e di sviluppo. Senza dimenticare l’apporto che il binomio economia/cultura procura allo sviluppo sostenibile in termini d’integrazione rispetto alle diversità esistenti. La valorizzazione della componente culturale dei prodotti e dei servizi per un paese come l’Italia è dedicata a promuovere lo sforzo di proiezione delle imprese italiane all’estero è basilare, anche perché la componente culturale è un elemento fondamentale – anche se a volte non adeguatamente valorizzato – di buona parte del Made in Italy. Questo diventa l’immagine dell’Italia e del prodotto italiano, caratterizzato da tratti distintivi (tradizione e modernità, artigianalità e tecnologia, estetica e funzionalità) che ne fanno un marchio di eccellenza. A favore del Sistema Italia, anche in periodi difficili come quello che stiamo attraversando, vi è una crescente corrispondenza tra i valori che l’imprenditore italiano offre attraverso i suoi prodotti, legati a una tradizione culturale e alla qualità (e in qualche modo emozionalmente legati anche alla storia e alla cultura del nostro paese), e i bisogni anche immateriali emersi nei paesi in cui egli va a operare.