Recensione

Transcript

Recensione
LA SICILIA
MERCOLEDÌ 30 MARZO 2011
26. lo SPETTACOLO
AL BANO: «HO AVUTO UN TUMORE ALLA PROSTATA»
ERIC CLAPTON E PINO DANIELE IL 24 GIUGNO A CAVA DEI TIRRENI
Al Bano Carrisi è stato operato per un tumore alla prostata all’ospedale San Raffaele di Milano. Lo rivela
lo stesso cantante pugliese, 67 anni, in un’intervista a un settimanale.«L’ho scoperto a dicembre dello
scorso anno - racconta Al Bano - Sono venuto a ritirare il referto, e mi sono sentito dire: “Hai un
tumore”. Tumore. Suona male, no?». Il cantante du Cellino San Marco dice di averlo riferito solo ai suoi
figli più grandi. «A Loredana Lecciso l’hanno detto i figli. Romina? Non so se sia stata informata.
Purtroppo non c’è più un canale diretto di comunicazione. Parliamo soprattutto attraverso gli
avvocati. Siamo ancora in ballo tra tribunali e carte bollate per le sue assurde richieste economiche».
L’evento dell’anno per gli amanti della musica di qualità è quello del 24 giugno allo stadio di Cava de’ Tirreni
(Salerno): sul palco saliranno (per la prima volta insieme) due grandi chitarristi e allo stesso tempo due voci
uniche, Pino Daniele & Eric Clapton, che suoneranno tutti i loro più grandi successi per una serata di grande
musica live (in una location che è stata teatro di memorabili concerti, dai Pink Floyd a Sting, da Prince ai Dire
Straits, da Pat Metheny allo stesso Pino Daniele). “L’Uomo in Blues” e “The Man of the Blues” o “Slowhand”
(come lo ebbe a definire uno che di queste cose se ne intende, Chuck Berry) si esibiranno esattamente un
anno dopo il loro primo incontro, avvenuto a Chicago in occasione del Crossroads Guitar Festival.
CONCERTI. Lunedì inaugurata la rassegna catanese «Classica&Dintorni»
«Via Crucis» da Borsellino a Neda
Il diario di viaggio sonante e parlante dei Fratelli Mancuso tra sacro e profano
CARMELITA CELI
CATANIA. Corpo contro corpo, voci e controvoci, cuore contro cuore. E suono come Storia. Che vibra e “dice”, appassiona,
stupisce, ri-conosce. E racconta l’umiltà
antica e nobilissima di un sir Galahad siciliano e apolide che, qui ed ora, ha strumenti di carne in Enzo e Lorenzo Mancuso, aedi-filosofi - non senza il necessario
respiro musicale di Ketti Teriaca al pianoforte ed Elena Sciamarelli al violoncello - in una personalissima e universale
“Via dolorosa” che ha inaugurato ieri l’altro, al Centro Zo, la stagione di primavera di “Classica&dintorni” secondo un
progetto fortemente voluto dall’Associazione Darshan di Mario Gulisano.
“Via dolorosa” è via crucis “laica” soltanto perché, invece di concentrarsi sull’unico, immenso Cristo, percorre i tanti
Calvari della nostra isola-mondo. E della
nostra isola-isola, la Sicilia, che “da Borsellino a Neda” (e assai prima) è garitta
d’avvistamento di dolore, “spartenze”,
ritorni.
Non è facile leggere il “diario di viaggio” dei Mancuso - diario sonante e parlante giacché, Enzo non esita dirlo, parola e note hanno la stessa dignità, la stessa urgenza: se musica è verso, il verbo è
melodia pensante. Perciò da “Ti preu
Maria”, mirabolante e “a cappella” alla
maniera dei Mancuso , a “Sacciu chi parli a la luna” (quasi un “rispetto” tra Trecento e Terzo Millennio) trova naturale
cittadinanza la poesia tout court. Come
la visionaria “Userò il verbo morire solo
tre volte” di Ruggero Cappuccio (autentico poliglotta della scrittura, tra dramma
e romanzo) che immagina di “monitorare” i pensieri di Borsellino agonizzante in
una via D’Amelio microcosmo di devastazione. Enzo la “dice”, con pudore vero di vera preghiera. Sui volti lirici dei
Mancuso, così naturalmente e finemen-
[PRIMETV
te ricchi di “teatron”, dolente e rabbioso
a un tempo, c’è una “topografia” musicale è chiara ma articolatissima. E’ figlia di
una Sicilia terragna e ombrosa (la Sutera
della processione del Venerdì Santo di
“Lamentazione”, strepitoso requiem in
sedicesimo), è madre di nord e sud, nello stesso spasimo (“Bella Maria”) in cui la
ghironda assume sonorità da Braveheart,
è sorella di virtuosi “vocalese” arabeg-
O «TU ES CHRISTUS»
Wojtyla cantato da Bocelli e Domingo
ROMA. Dodici anni dopo la pubblicazione di Abbà Pater,
l’acclamato cd musicale del 1999 con la Voce di Papa
Giovanni Paolo II, Sony Music Italia annuncia la
pubblicazione di “Tu Es Christus”, un nuovo cd che unisce
diversi stili musicali, composizioni inedite e
arrangiamenti originali che accompagnano preghiere,
omelie, salmi e discorsi di Papa Giovanni Paolo II in sei
lingue, provenienti dalle registrazioni effettuate durante
il lungo pontificato da Radio Vaticana. Il cd contiene nove
brani con la Voce del Santo Padre e quattro omaggi
inediti di Andrea Bocelli, Placido Domingo, The Priests e
Don Marcos Pavan/Yasemin Sannino.
PLACIDO DOMINGO
gianti da creatura di sabbia (“Cercatori di
tracce”, “Sacrificio”).
Non sono soli, i Mancuso. Intorno, il
loro piccolo “recinto” sonoro (chitarre,
saz, harmonium, ghironda, darabouka,
violino) che accoglie due corpi uniti nel
lirico abbraccio che ormai è la loro cifra
e cattedrale di suoni (“Tu vidè ti nni va”,
“Timidi l’isuli su”, “Margarita”…). Ma
con loro e “per” loro c’è una delle voci più
blasonate della musica del ’900, Marco
Betta (“Andante notturno”, “Cori miu”)
tanto moderno da riuscire ancora a predicarsi di un “melos” atemporale e identitario.
Risposta travolgente e commossa, alla fine, che sembrava quasi intonarsi alle parole di “Vo Van Ai” a proposito di
Antonino Uccello, riportate alla luce da
un recente, catturante lavoro di Gaetano
Pennino: «Pur sotto l’oppressione della
mafia, la Sicilia continua il suo canto perché il turchino ineffabile del cielo resta
(…)e anche perché il canto dei pastori regna ancora nell’anima sacra dell’isola».
]
E’ calato il buio
del noir svedese
su Montalbano
F
I FRATELLI MANCUSO DURANTE LA SERATA DI LUNEDÌ AL CENTRO ZO DI CATANIA
di FILIPPO ARRIVA
azio perplesso mormora:
«C’è qualcosa di strano,
qualcosa che mi fa paura».
«Anche a me», replica turbato
Montalbano. Una sorta di buio si
è infiltrato nei telefilm (e ancor
prima nei libri) del commissario
più amato dagli italiani, elementi
esplosi nell’episodio “La caccia al
tesoro” (Raiuno, lunedì, 21.10).
Camilleri fa i conti con il cinema
e la letteratura poliziesca
(soprattutto quella svedese,
spesso presa in giro) in cui fiumi
di sangue annaffiano serial killer
dediti alle più perverse
consumazioni delittuose, ossessi
che nutrono corpo e spirito con
perverse visioni religiose. A
maneggiar tale materia occorre
equilibrio e tratto leggero.
Elementi che Camilleri non
possiede più da un pezzo e di
conseguenza anche i telefilm. E’
così che Vigàta perde luce e
solarità, dimentica paesaggi e
sole riducendoli a veloci
passaggi e privilengiando interni
stracolmi di crocifissi e stanze di
commissariato. La Sicilia, carta
vincente dei telefilm, è diventata
quasi una fastidiosa scenografia.
Il tempo distrugge tutto,
soprattutto le fiction italiane a
lunga durata. La trama di “Caccia
al tesoro” è alquanto
sconclusionata, e lo era già nel
libro. Ma gli sceneggiatori
trattano Camilleri come la
Bibbia. Intoccabile. Forse, certe
volte, nel passaggio dalla pagina
alla tv, un ritocco andrebbe fatto.
Ci sono due vecchi che vivono in
un appartamento stracolmo di
crocifissi, state di Madonna e
tengono nel letto una bambola di
plastica, e poi non si capisce
dova vada a finire questo tema,
se non per qualche piccola
citazione; c’è un barbone ucciso
che cita Poe prima di morire:
qualcuno mi dica a che serve
nella storia! Lo “scontro
mentale” tra Montalbano e lo
psicopatico è banale e
prevedibile. Non c’è clima e
descrizione di caratteri attorno
alla loro storia. E poi,
permettetemi, il commissario
legato nudo mi sembra più in
pericolo di ridicolo che di
assassino. Camilleri abbandona il
clima del Maigret mediterraneo
per tentare incastri alla Ed
McBain o angosce alla Kurt
Wallander (commissario
svedese). Smarrita semplicità
nelle storie e spessore
psicologico nei personaggi,
Montalbano affonda. Nonostante
l’abilità del protagonista (a tratti
stucchevole). Gi attori
completano l’opera: perduti i
forti caratteristi di un tempo,
oggi scorrono attori, soprattutto
giovani, che sembrano
appartenere alla lista dei bocciati
di una scuola di recitazione da
provincia. Regge, magnifico
d’arte e ironia, testimone
omerico di una antica eredità,
Marcello Perracchio.
[email protected]