seminario mancuso 13 novembre 2010

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seminario mancuso 13 novembre 2010
SEMINARIO VITO MANCUSO
13 NOVEMBRE 2010
AUDIO 2
(00:50 a 11,32)
Nella prima pagina del catechismo dei giovani c’è una bellissima
citazione di E. Kant “ L’Illuminismo è uscire dallo stato di minorità”,
cioè
“abbi
il
coraggio
di
servirti
della
tua
propria
intelligenza”.
La verità non l’hanno scritta gli apostoli e gli evangelisti, al
contrario,
essi
hanno
scritto
ciò
che
hanno
scritto
perché
corrisponde al vero. Questa è un’enorme differenza, cambia
radicalmente il principio d’autorità e di autenticità. Se dico “questa
frase è vera perché è scritta nei vangeli” ragiono sul principio di
autorità e non ho un rapporto diretto con la cosa stessa, con la vita.
Se invece ragiono al contrario, cioè dico che le cose scritte sono
vere in sé, allora sono sfidato dal contenuto stesso a indagarlo e
avrò un rapporto diretto e non mediato. Ecco che, in quest’ottica,
deve finire l’epoca dei cristiani “sotto tutela”.
Credo fermamente in una massima di Albert Schweitzer nato nel
1875 in Alsazia morto nel 1965, nobel per la pace, filosofo, teologo
che andò in Africa equatoriale a fare il medico: “la sincerità è il
fondamento della vita spirituale”. Qual è il segreto per trovare
la verità? Non mentire mai! Dove ciò significa non essere conforme
all’esperienza concreta, non recitare una parte, non forzare il
pensiero.
Citando anche Withet, questo filosofo scrisse a proposito della
religione “ La religione è ciò che l’individuo fa della propria
solitudine”. Così si è veramente religiosi nel senso nobile del
termine, si lega se stessi al principio di tutte le cose, la solitudine è
tale da non contenere menzogna, tale da non mentire mai. Questa
è la profondità della vera vita spirituale.
(11:59 a 15:39)
Domanda “Che cosa ti ha dato il confronto con Augias?”
Mancuso:
Ho un rapporto molto bello e di stima nei suoi confronti. Ho capito
che, ciò che unisce gli uomini, più che i contenuti sono i
metodi. Mi sono trovato a credere per un motivo che non so, come
chi non crede magari non sa perché non crede, è un fatto e basta.
E’ meno importante per un essere umano ciò che dice rispetto al
COME, al modo; è decisivo l’atteggiamento di profonda onestà e
apertura che contiene il dubbio ma va oltre il dubbio stesso.
AUDIO 3
(00:50 a 21:14)
Il mistero del dolore è stato affrontato e studiato da diverse
religioni. L’atto dello spiegare è un’attività della mente; noi siamo
intessuti di razionalità e di relazionalità, siamo fatti di atomi che
sono in relazione con le molecole che a loro volta sono in relazione
con le cellule, con i tessuti, con gli organi, e poi con i sistemi, con
gli apparati e con gli organismi.
Questa è la logica della relazione. Logica significa “il movimento
dell’essere nella misura in cui produce esseri e fenomeni ordinati”.
Quindi, il bisogno di capire (mentale) è un’esigenza profonda
perché noi siamo LOGOS, unità.
Nella chiesa si parla di dolore colpevole e di dolore necessario: io le
rifiuto entrambe perché producono vittime e generano più dolore.
1) Il dolore colpevole. Dal libro di Giobbe si vede la teologia
maggioritaria del tempo in cui Dio è onnipotente, giusto. Se
una persona subisce una malattia, c’è un colpevole (si legge
che Dio punisce fono alla quarta generazione). Questa è una
prospettiva ancora molto diffusa non solo nel mondo cristiano
ma anche e soprattuto islamico ed ebraico. Nel Vangelo è
presente in Giovanni, capitolo nove, nell’episodio del cieco
nato quando i discepoli nel vederlo domandano a Gesù “chi è il
colpevole?” (perché è nato così?). Ci deve essere per forza
una colpa che deve essere punita, ma Gesù risponde che né
lui né i suoi genitori ce l’hanno.
2) Il dolore necessario. E’ inaccettabile. E’ ancora in vigore nel
catechismo, nei discorsi di certi papi l’idea che Dio non voglia
il male ma lo permette per trarne maggior bene. Le malattie
genetiche Dio non le vuole direttamente ma le permette.
Perché? E’ un mistero. E’ un dolore necessario perché il nostro
mondo venga redento e ci sia più amore. Ma tutto ciò è
illogico. Se permetto una cosa è perché la voglio.
Per Mancuso il dolore è innocente, nel senso di non voluto ma
capitato, non è né colpevole né necessaio né strumentalizzato
(sarebbe moralmente inaccettabile che il fine giustifichi i mezzi).
Non il male al fine del bene.
La natura è abitata dal caso, dalla fatalità, dall’assurdo, non è
governata ma in balia di sé. Prova è l’evoluzione che viene dal
basso, non scende dall’alto, non è qualcosa di lineare, ordinato. Si
ha l’evoluzione anche grazie alle malattie genetiche altrimenti
sarebbe
un
ripetersi
della
stessa
struttura,
saremmo
fermi
all’ameba originaria. Il dolore non è inutile per l’ordine del
mondo ma prendere coscienza del carico di dolore della vita
è utile per generare lo spirito, cioè la volontà di aderire alla
verità del mondo e trascenderla allo stesso tempo. Occorre creare
una coscienza allargata. Noi siamo figli del ‘900 che non è stato
solo un secolo di genocidi ma anche il secolo della parità dei diritti
degli esseri umani, anche se nascono in modo diverso dalla
fisiologia naturale. Questa è la presa di coscienza del dolore.
Domanda di Mauro “Dio ha creato o è creato dall’evoluzione?” (da
32:31 a 40:05)
Mancuso: Sono un fenomeno emergente le nostre immagini di Dio.
Esiste
una
logica
intrinseca
alla
percezione umana che ha portato
realtà
che
prescinde
ordine nel mondo
dell’apparizione della mente umana (homo sapiens sapiens).
Per il darsi della vita occorrono 4 elementi biochimici:
1) proteine
2) zuccheri
dalla
prima
3) grassi
4) acidi nucleici
Le proprietà contrarie al darsi della vita sono 10 elevato a 40.000,
quindi un n° cosmico. La nostra mente che produce queste
raffigurazioni sappiamo che è comparsa, è venuta dalla materia
(mater, madre). Il mistero della vita è che l’essere c’è da sempre,
Dio c’è ed è un mistero.
Domanda: “C’è affinità tra autenticità e purezza di cuore?”
Mancuso: certamente. Il cuore si collega all’integralità della
persona, alla volontà collegata alla mente. Purezza nel senso che
utilizza sapere e potere in modo puro e non egoistico.
Domanda: “ Il dubbio è la condizione per il miglioramento del sé?”
Mancuso: Se esercitare il dubbio è non per cercare la verità ma per
ritagliarsi un’isola beata in cui non legarsi a nulla, allora non lo è.
Domanda: “Che cos’è l’anima?”
Mancuso: non bisogna pensare di avere l’anima (come ho gli
occhiali) perché l’anima è uno stato dell’energia ed è la vita
stessa. Lo spirito è il frutto più bello del lavoro della materia.
Mancuso sulle parole “gioia e felicità”.
Noi siamo corpo, psiche e spirito. Lo stato di benessere del corpo si
adegua al piacere, il piacere è legato al nostro essere corpo. Felicità
è legata al nostro essere psiche. Il benessere dello spirito è ciò che
designa la gioia, che pone in uno stato di quiete. La gioia è più
contenuta
e
delicata
della
felicità
(che
porta
all’euforia,
al
movimento del corpo). Nei rari momenti in cui abbiamo benessere
sia di corpo sia di psiche sia di spirito siamo nell’allegria.
Domanda: “La verità è una categoria individuale o si costruisce col
dialogo ed il rapporto?”
Mancuso: la verità è una categoria individuale e si costruisce
col dialogo e con il rapporto.
AUDIO 1
(da 00:13 a 06:17)
Domanda: “A quale bisogno hanno dato risposta i tuoi libri?”
Mancuso: Il primo vero motivo riguarda il mistero dell’Anima,
interpellando prima l’esperienza concreta rispetto al concetto. Se è
l’esperienza fisica, della natura che ha fatto sorgere il concetto,
allora il concetto è vero altrimenti lo metto tra parentesi o lo
considero falso.
E poi l’uso di un linguaggio rigoroso ma non specialistico e di
interazione con altre discipline (filosofia, …) pensando alla gente
comune e non ai colleghi.
Terzo motivo, per il grande bisogno di spiritualità odierno che le
religioni, anche quella cattolica, non sono adeguate a rispondere.
Domanda: “Scegli un parere positivo e uno negativo che le persone
ti hanno rivolto in seguito alla lettura di uno dei tuoi libri”
Mancuso: (da 07:31 a 10:43) Rimango colpito soprattutto da chi
dice di essersi allontanato dal discorso religioso e che dopo la
lettura
di
alcune
mie
pagine
decide
di
ritornare
a
questa
dimensione.
In negativo, mi ferisce di più la calunnia, di essere considerato alla
stregua di un ateo.
Domanda: “Non ogni vita, per il solo fatto di essere vissuta, è
autentica: a volte può esserlo a volte no. Qual è il criterio per
stabilire se una vita è autentica o non lo è?” (da 18:34 a 22:53)
Mancuso: Che cos’è l’autenticità? Dal greco “autòs” che significa se
stesso. Una persona autentica è una persona fedele a se
stessa, che non recita, che non porta la maschera, non ha doppi
fini. Il punto è che dal Sé nasce anche l’inautenticità, nascono le
calunnie, le invidie, le menzogne, la falsità, tutto ciò che appartiene
all’essere umano.
Quindi devo anche diffidare del mio sé, sorvegliarlo, disciplinarlo. Il
criterio è vedere il rapporto che ogni uomo ha con se stesso,
ciascuno di noi lo sa se in quel momento è fedele alla realtà o se
sta recitando. Ed è un criterio individuale. È un gioco, dramma,
tragedia che si chiama libertà che ci fa essere autentici o ci fa
deragliare.
Domanda: “Che rapporto c’è tra autenticità e verità?”
(da 23:03 a 35:27)
Mancuso: La dialettica della libertà la si vince dedicandosi a
qualcosa di più grande di sé volontariamente e liberamente.
Il termine “religione” ha questo significato: religio=legame, si
relaziona l’intimità di noi stessi ad una sfera dell’essere più
importante di noi, la dimensione del sacro.
Che cos’è la verità? Di solito la identifichiamo con esattezza che non
è sbagliato ma esiste una dimensione che è più della semplice
conformità alla situazione reale, la verità dice l’armonia dei
rapporti. Il vero e profondo concetto di verità non ha a cuore la
fotografia della realtà che non è mai ferma ma è in continua
evoluzione, non ha a che fare con la mente ma col cuore,
l’integralità dell’essere umano. E’ al servizio delle relazioni in modo
armoioso portando luce; a volte si può giungere persino a dire delle
bugie o il contrario delle nostre affermazioni solo allo scopo di
servire la verità relazionale dell’essere. Si può avere anche un uso
cinico della verità, come a volte non si deve dire tutto per un senso
di
pudore
e
di
rispetto
verso
una
persona,
proprio
per
salvaguardarne il rapporto.
Nel Vangelo di Giovanni Gesù diceva “fare la verità”. E’ qualcosa
di pratico la verità, non di teoretico; solo chi fa la verità viene
alla luce. Tutto è lavoro, energia (da “en ergo” = al lavoro).
Domanda: “Il dubbio: che cos’è per te e quale forza si può trarre da
esso?”
(da 35:35 a 45:48)
Mancuso: E’ la condizione per entrare nella dimensione della verità,
è il momento in cui facciamo entrare la vita dentro di noi. E’
inevitabile crescere con dei condizionamenti, ma poi arriva l’impatto
con la vita e le dottrine con cui siamo cresciuti devono esporsi alla
verità. Chi dubita sempre è uno scettico, non fa scelte, è un modo
di vivere legittimo ma discutibile. C’è un’altra modalità di dubitare
che vuole costruire
e affermare qualcosa, non solo negare.
Cartesio dice che per cercare la verità bisogna dubitare di
tutto, ed è vero per poter essere se stessi veramente.
Ogni
giorno
sono
ottomila
i
bambini
che
nascono
malati
geneticamente (quasi 10.000 tipi di malattie): da qui il dubbio,
perché nascono così? Da qui le riflessioni che hanno portato a
scrivere il primo libro con cui ho iniziato l’esercizio del pensiero.