Press book DEF - Opificio delle Pietre Dure

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Press book DEF - Opificio delle Pietre Dure
GIOTTO IN SANTA CROCE
PRESS BOOK
focus on:
CAMPAGNA INDAGINI DIAGNOSTICHE PER LE CAPPELLE
BARDI E PERUZZI IN SANTA CROCE A FIRENZE
OPERA DI SANTA CROCE
OPIFICIO DELLE PIETRE DURE
THE GETTY FOUNDATION
con
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze
Ufficio Stampa: Ku.Ra, Rosi Fontana
T. 0509711343 – Fax 050-9711317
[email protected] – www.rosifontana.it
Comunicato Stampa
GIOTTO IN SANTA CROCE: STRAORDINARIO RISULTATO DELLE INDAGINI ALLE PITTURE
MURALI NELLA CAPPELLA PERUZZI CAMBIERA’ IL CORSO DEGLI STUDI SUL MAESTRO.
VOLUMI, DISEGNI E DECORI DEL MAESTRO SONO VISIBILI A DISTANZA DI SECOLI.
Firenze 26 febbraio 2010. A distanza di secoli appaiono, rivelandosi per la prima volta ai
nostri occhi, volumi, decori e disegni che costituiscono buona parte dell’opera giottesca
nella Cappella Peruzzi della Basilica di Santa Croce.
Dalla proficua collaborazione fra l’Opera di Santa Croce, l’Opificio delle Pietre Dure e la
Getty Foundation di Los Angeles scaturisce la straordinaria scoperta riguardante le
pitture murali di Giotto nella Cappella adiacente l’altare maggiore.
La campagna diagnostica cui è stata sottoposta la Cappella Peruzzi ha ottenuto
sorprendenti, quanto fondamentali e ragguardevoli, risultati che cambieranno il corso
degli studi su Giotto.
Là dove, oggi, l’occhio umano nulla o quasi può vedere, le lampade UV svelano la grandiosità
delle composizioni riguardanti le storie di San Giovanni Battista (parete di sinistra) e di San
Giovanni Evangelista (parete di destra), basati su una composizione che esalta la
monumentalità delle architetture, i preziosi scenari e la gravità delle figure, caratterizzate da
solida semplicità e classicità dei gesti.
La straordinaria costruzione dei volumi, i ricchi panneggi e i decori sontuosi delle vesti, preziosi
particolari delle architetture, oggetti cerimoniali e decorativi, volti che tornano leggibili, posture
segnate da sorprendente naturalismo, sono le meraviglie dell’arte giottesca apparse alla luce
degli UV ai ricercatori e restauratori. Il cantiere è aperto, infatti, per indagini diagnostiche
condotte dall’Opificio delle Pietre Dure e co-finanziate da The Getty Foundation, dall’Opera di
Santa Croce e dallo stesso Opificio.
L’immagine delle pitture, molto simili a come erano in origine, surreale quanto suggestiva e
preziosa per le novità di studio e le ricerche su Giotto che possono scaturirne, si svela
mostrando in alta percentuale ciò che, pur perduto per sempre, ritorna per un coinvolgente
attimo nel presente.
Giotto nella Cappella Peruzzi dipinge a secco ed è proprio per questo che oggi è possibile
vedere ciò che non è più visibile sulla superficie pittorica. I raggi ultravioletti catturando la
materia organica (i leganti con cui si componevano i colori: tempera a uovo, caseina o olio)
ricompongono nello spazio immateriale della luce i molti e sorprendenti particolari pittorici e
compositivi.
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E’ stato spesso detto che Giotto dipingesse nella Peruzzi a secco perché essendo impegnato in
altri cantieri, probabilmente anche fuori Firenze, poteva così diluire il tempo necessario alla
realizzazione del ciclo pittorico. Contrariamente a questa più consueta interpretazione, si può
invece ipotizzare che la sua sia stata una vera e propria scelta artistica volta ad ottenere effetti
pittorici più simili a quelli della pittura su tavola. Giotto vuole riprodurre le luminescenze della
seta, differenziare il brillare degli ori da quello degli argenti, creare effetti di slontanamento in
alcuni inusitati paesaggi aperti. Questo accanto al progredire delle sue caratteristiche istanze
volumetriche e chiaroscurali, ancor più evidenti e studiate rispetto a quelle della Cappella degli
Scrovegni a Padova. Attraverso il chiaroscuro, che torna evidente grazie alle indagini in UV, si
riscoprono i volumi importanti e imponenti che conferiscono alle figure una presenza realistica e
una presa di possesso dello spazio quasi tridimensionale.
La pittura a secco è per il Maestro, presumibilmente in questo caso, dunque, ricerca e
sperimentazione: i volumi, la luce, il naturalismo che egli intendeva ricreare nella pittura murale
sono impossibili nell’affresco, poiché il colore viene inglobato nell’intonaco dal processo di
carbonatazione.
Dalle attuali indagini affiorano in particolare le bellissime raffigurazioni dei lunettoni: lo scultoreo
Cristo apocalittico mietitore; il panneggio del San Giovanni Evangelista a Patmos, quasi enfiato
dal vento dello Spirito Santo; la splendida Donna col Bambino in culla avvolto in panni, forse
anticipatorio della celeberrima immagine degli Innocenti di Luca della Robbia.
Inoltre, i decori della scena del Banchetto di Erode: dalla veste del suonatore di liuto, alle
suppellettili sulla mensa; le vesti di Salomè ed Erodiade, di perduti e luminescenti cangiantismi.
Nella Scena della Resurrezione di Drusiana e della Assunzione di San Giovanni Evangelista
riacquistano corpo e volume gli straordinari gruppi degli astanti e diviene finalmente
comprensibile e visualizzabile immediatamente la loro importanza come scuola mentale per
Masaccio alla Brancacci e per Michelangelo.
L’importanza dell’utilizzo della tecnologia e delle campagne diagnostiche, nel caso specifico
non invasive, ai fini di studio, ricerca e preservazione del patrimonio storico-artistico è
confermata ulteriormente da queste importanti scoperte.
La squadra che sta lavorando alle pitture murali di Giotto è composta da 34 persone, tra storici
dell’arte, restauratori e ricercatori e le operazioni diagnostiche dureranno ancora per due anni e
mezzo per ambedue le cappelle, Peruzzi e Bardi, ma sulla seconda non si potrà ripetere questa
sorprendente esperienza poiché le pitture sono state realizzate a fresco.
Patrimonio fondamentale per gli studi e la maggiore comprensione dell’arte del Maestro,
l’attuale campagna di indagini potrebbe portare addirittura ad una revisione delle cronologie
nell’opera complessiva di Giotto e potrà essere fruibile agli studiosi e al pubblico mondiale
soltanto dopo una esaustiva campagna fotografica e video messa a disposizione in forma
virtuale.
Poiché non era prevedibile un risultato così importante, nell’attuale campagna diagnostica non
vi sono, al momento, i fondi necessari, valutabili in circa 200.000,00 euro, per la realizzazione
dei materiali scientifici e divulgativi al momento celati all’occhio umano. Trattandosi di un
Maestro universale come Giotto, si auspica il sostegno di Istituzioni pubbliche o private mondiali
e, dunque, la possibilità di continuare la campagna fotografica e diagnostica in UV al fine di
renderla patrimonio di tutti.
D’altronde, le competenze scientifiche e professionali dell’Opificio delle Pietre Dure non
possono che garantire ulteriori e importanti risultati. L’istituzione fiorentina, volta alla
salvaguardia del patrimonio nazionale storico-artistico, può contare su un’esperienza di oltre 60
anni per ciò che riguarda Giotto. Le Cappelle Bardi e Peruzzi, infatti, già negli anni ’50 venivano
restaurate da Leonetto Tintori sotto l’egida dell’allora “Gabinetto Restauri” della
Soprintendenza, poi diventato uno dei laboratori portanti dell’attuale Opificio, sotto la direzione
di Ugo Procacci; negli anni ’70, sotto la guida di Umberto Baldini, si ebbe infatti, insieme alla
istituzione del Ministero per i Beni Culturali, anche la fondazione dell’Opificio in istituzione
ministeriale dedicata alla ricerca e al restauro.
Oltre alle pitture di Santa Croce, nuovamente oggetto di lavoro, l’Opificio delle Pietre Dure negli
ultimi anni ha condotto diverse campagne di restauro su Giotto: la Madonna di Borgo San
Lorenzo, la Madonna di San Giorgio alla Costa, la Croce di Santa Maria Novella e, attualmente,
nei laboratori della Fortezza da Basso, sede operativa dell’Opificio, è in restauro la Croce di
Ognissanti.
Grande soddisfazione è stata espressa dalla Getty Foundation e dalle parole della sua
Direttrice Deborah Marrow si evince come la Fondazione: “E’ da 25 anni di grande sostegno
alle operazioni e alle ricerche volte alla conservazione del patrimonio artistico e culturale
mondiale. Un punto chiave della nostra filosofia di lavoro è sempre stato riconoscere che gli
interventi di restauro, per essere efficaci, devono basarsi su una pianificazione e una
diagnostica integrate. Per questo siamo particolarmente felici di poter aiutare finanziariamente
lo studio di opere d'arte di importanza unica al mondo come le pitture murali della Cappella
Bardi e della Cappella Peruzzi a Santa Croce". E ancora, Antoine Wilmering, Program Officer
della Getty Foundation, aggiunge: "La diagnostica integrata di questi due cicli
pittorici è rappresentativa della migliore metodologia con cui affrontare una ricerca nel campo
dello studio delle tecniche artistiche e della conservazione. L'Opificio delle Pietre Dure ha
creato uno straordinario gruppo di lavoro, che utilizzerà tecnologie diagnostiche
all'avanguardia nello studio di queste delicate superfici pittoriche dipinte da Giotto. I risultati
permetteranno certo una migliore comprensione della tecnica artistica del grande maestro".
La Presidente dell’Opera di Santa Croce, Professoressa Stefania Fuscagni, tiene a sottolineare
come queste due cappelle rappresentino la prima pagina di una straordinaria enciclopedia che,
in Santa Croce, con Cimabue e tutta la grande scuola di Giotto racconta la nascita della pittura
italiana ed illustra in estesi cicli pittorici il nuovo universo di pensiero del secondo millennio:
“Siamo convinti che quanto gli studi su queste pitture ci possono restituire in conoscenza potrà
non solo garantire una migliore conservazione delle opere, ma anche recuperare e restaurare
significati ormai dispersi e dimenticati per il grande pubblico che visita questi luoghi: un restauro
del passato, quindi, per rinnovare anche il presente”.
DATI GENERALI
Ente conservatore
Opera di Santa Croce O.n.l.u.s. P.zza Santa Croce, 16 - 50122 Firenze – Italy
Proprietà del Sito
Ministero dell'Interno - Fondo Edifici di Culto - Piazza Viminale 1 – 00184 Roma (RM) – Italy
Sito
Complesso Monumentale di S. Croce, P.za Santa Croce, 16 - 50122 Firenze – Italy
Cappella Bardi e Cappella Peruzzi
Ente di tutela
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale
della città di Firenze, Via della Ninna, 5 - 50122, Firenze - Italy
Ammontare del finanziamento, The Getty Foundation
$ 75.000,00 - conversione in euro al cambio attuale: € 55.000,00
Co-finanziamento:
Opera di Santa Croce: € 30.000,00
Opificio delle Pietre Dure: € 60.000,00 + ore uomo (cioè gli stipendi del personale interno), le
attrezzature e i materiali per la diagnostica
Tipologia dell’intervento
Campagna di indagini diagnostiche e conoscitive sulle pitture murali di Giotto nelle Cappelle Bardi e
Peruzzi finalizzate allo studio della tecnica di esecuzione e dello stato di conservazione.
Orari di accesso al pubblico del complesso monumentale di Santa Croce in Firenze
Giorni di apertura della Basilica e del Complesso Museale al pubblico:
Giorni feriali: ore 9.30-17.30
Domenica e festività cattoliche di precetto (6 gennaio, 15 agosto, 1 novembre, 8 dicembre): ore 13.0017.30
Lunedì dell'Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno: ore 9.30-17.30
Chiusura cassa e ultimo ingresso: ore 17.00
Giorni di chiusura:
1 gennaio, Pasqua, 13 giugno, 4 ottobre, 25 e 26 dicembre. Durante le partite del calcio storico
fiorentino.
I ponteggi delle Cappelle Peruzzi e Bardi, durante i lavori di indagine diagnostica, NON sono
accessibili al pubblico.
LA CHIESA E L’ARCHITETTURA*
La Basilica di Santa Croce sorse sul luogo delle primitiva chiesa francescana di Firenze, a partire dal
1295. Dal 3 maggio di quell’anno, quando fu posta la prima pietra, la costruzione finanziata dalla città
procedette dal presbiterio verso la facciata, verosimilmente secondo il progetto di Arnolfo di Cambio; il
più grande architetto dell’epoca, al quale facevano capo i maggiori cantieri cittadini, dal Palazzo dei
Priori alla Cattedrale, alle mura urbiche.
Al momento della sua morte, avvenuta in una data imprecisata fra il 1302 e il 1310, la costruzione della
zona presbiteriale doveva essere ben avviata, se nel 1314 si copre con travi dipinte il transetto, e il suo
braccio destro era già in uso nel 1318.
Le cappelle che fiancheggiano il coro a sud erano allora necessariamente costruite. Fra queste le
cappelle dei Bardi e dei Peruzzi: due delle quattro che le fonti antiche ricordano Giotto dipinse in Santa
Croce.
LA CAPPELLA PERUZZI
La volta quadripartira è decorata da clipei con i simboli degli evangelisti. Della parete della finestra si
conserva solo l’Agnus dei sopra lo strombo. Sulla parete sinistra sono rappresentate storie di san
Giovanni Battista: la Annuncio a Zaccaria nella lunetta, La nascita e l’imposizione del nome e Il convito
di Erode nei due registri sottostanti. Sulla parete destra quelle di san Giovanni evangelista: La visione
apocalittica nell’isola di Patmos nella lunetta, la Resurrezione di Drusiana e l’Ascensione di san
Giovanni in basso.
Della loro realizzazione non si hanno notizie dirette e chiare. Sappiamo solo che Donato di Arnaldo
Peruzzi, il committente, nel testamento del 1292 stabilì una cifra da destinare alla costruzione della sua
cappella nella futura chiesa francescana, operazione che sarebbe dovuta avvenire entro 10 anni dalla
morte (nel 1299 era ancora vivo). L’esecutore testamentario e quindi il committente degli affreschi
dovette essere il nipote, Giovanni di Rinieri Peruzzi.
L’ipotesi finora prevalente è che le pitture siano state eseguite intorno ala metà del secondo
decennio del Trecento. Essa si fonda esclusivamente su considerazioni compositive e
morfologiche, le sole che concede il precario stato di conservazione. Le pitture rivelano ancora
l’eco della cappella degli Scrovegni (1303-1305) e possono essere lette come uno sviluppo della
cappella della Maddalena (agganciata alla notizia di Giotto ad Assisi nel 1309). Verso gli anni
centrali del secondo decennio sembrerebbero orientare anche freschi ricordi di monumenti di
Roma (la torre delle milizie nel Convito di Erode), dove Giotto è documentato nel 1313.
Il punto di vista è centralizzato sulla soglia della cappella. Per questa lettura di scorcio le scene sono
organizzate in diagonale e scandite da architetture disposte ad angolo. La grandiosità delle idee
compositive si riscontra nella monumentalità delle architetture e nella preziosità degli scenari; nella salda
volumetria e nella gravità delle figure; nella solida semplicità ed espressività dei loro gesti che
costituiscono il fulcro figurativo e un sicuro modello per le generazioni future: ne è una riprova il celebre
disegno che il giovane Michelangelo trae da un particolare marginale dall’Assunzione di san Giovanni
evangelista ora al Louvre.
Queste caratteristiche si riscontrano anche in varie pitture su tavola, a partire da quello che
probabilmente fu il polittico dell’altare della cappella: conservato al North Carolina Museum of Art di
Raleigh, presenta al centro Cristo benedicente fra Maria e Giovanni evangelista a sinistra, e a destra
Giovanni Battista e Francesco. Analogamente si potrebbe far riferimento alla Croce di Ognissanti,
databile anch’essa intorno alla metà del decennio, e, specificatamente per il rapporto tendente al
naturalistico delle figure con le architetture nonché per la loro costruzione e disposizione, allo scomparto
raffigurante San Giovanni Battista in carcere della Gemäldegalerie di Dresda, uscito dalla bottega
giottesca prima che si manifestino gli elementi gotici che segneranno l’arte giottesca in prossimità del
1320.
Le pitture furono occultate, probabilmente nel Settecento, e quindi riscoperte da Antonio Marini e
Gaetano Bianchi fra il 1841 e l’inizio degli anni sessanta. La rimozione dello scialbo e le ridipinture
successive hanno compromesso la conservazione della pittura, realizzata per la gran parte a secco. Nel
restauro del 1958-1961, di Leonetto Tintori sotto la direzione di Ugo Procacci, furono rimosse le
ridipinture e valorizzato quanto di originale era rimasto della pittura originale.
LA CAPPELLA BARDI
La cappella dei Bardi è introdotta sulla fronte dalle Stigmate di san Francesco e da due figure in clipeo,
probabilmente Adamo ed Eva. La volta quadripartira è decorata da clipei con le allegorie della Povertà a
ovest, della Castità a Sud e dell’Obbedienza a Nord, completate probabilmente da san Francesco in
gloria andato distrutto. Ai lati dello strombo della finestra, quattro nicchie, distribuite su due livelli,
ospitavano altrettante figure stanti: a sinistra, san Ludovico di Tolosa in alto e santa Chiara in basso, a
destra santa Elisabetta d’Ungheria e un altro santo ora perduto. Sulle pareti laterali sono rappresentate
sei storie francescane: a sinistra verso il coro, la Rinuncia agli averi nella lunetta, l’Apparizione al
capitolo di Arles e la Verifica delle stigmate nei due registri sottostanti; a destra, la Conferma della
regola nella lunetta, la Prova del fuoco di fronte al sultano e l’Apparizione a frate Agostino e al vescovo
di Assisi in basso.
Il committente è da identificare in Ridolfo, figlio di Bartolo de’Bardi già priore nel 1282. Non si hanno
tuttavia indicazioni precise per la datazione degli affreschi.
Una cronologia approssimativa si può ricavare dalla combinazione di diversificati elementi indiretti. La
presenza di san Ludovico di Tolosa, canonizzato nel 1317, segna il terminus post quem. I riflessi
individuabili in pitture toscane della fine del terzo decennio e nei pochi lacerti delle opere di Giotto stesso
a Napoli, li dimostrano invece anteriori 1328, anno in cui il maestro si trasferisce a Napoli fino al 1333. Si
può pertanto ritenere che gli affreschi furono eseguiti nel corso del terzo decennio e verosimilmente
verso la metà, ovvero negli anni nei quali Giotto è con più continuità documentato a Firenze: ottobre
1320 e gennaio 1322 e poi tra il 1325 e il 1326.
Entro i raffinati raggiungimenti dispositivi e spaziali (pensati per un osservatore stante al centro della
cappella) si osservano curiosità descrittive e le sottigliezze cromatico-luministiche di ascendenza gotica
che avevano qualificato opere quali il Polittico Stefaneschi per la Basilica di San Pietro in Vaticano. Tale
declinazione stilistica è comunque riassorbita, attraverso una stesura sobria e veloce, in una
disposizione figurativa più pacata ed essenziale che aggiorna la semplicità razionale e la chiarezza
formale proprie della pittura di Giotto.
Un corrispettivo stilistico su tavola si può riconoscere nel santo Stefano del Museo Horne di Firenze, che
poteva far parte di una delle «quattro tavole» che le fonti antiche ricordano Giotto dipinse per la stessa
chiesa francescana. Di questo stesso momento sono anche espressione i maggiori allievi di Giotto; che
da Taddeo Gaddi a Bernardo Daddi, al giovane Maso, si sono voluti identificare fra gli artefici che
parteciparono al cantiere.
Data l’applicazione rigorosa della tecnica del buon fresco, è anche rimarchevole la modernità della
stesura, la pienezza luministica e le qualità ‘di pelle’, affatto semplici da ottenere sull’intonaco fresco.
Scialbati nel Settecento, scoperti nel 1852 e subito ampiamente reintegrati da Gaetano Bianchi, gli
affreschi divennero uno dei simboli dell’Italia comunale cara al Risorgimento e di quella di Dante
celebrata da letterati e viaggiatori. Nelle sue Mornings in Florence del 1876, John Ruskin rievoca la visita
agli affreschi e significativamente li addita ad opera esemplare di Giotto.
Nel 1937, in occasione del settimo centenario della morte di Giotto, furono tolte le ridipinture dalla scena
delle Stigmate e acquisite le conoscenze che avrebbero consentito la pulitura della fine degli anni
Cinquanta, operata da Leonetto Tintori sotto la direzione di Ugo Procacci (che aveva curato anche il
restauro del 1937).
Dove sono situate
La Cappella Bardi e la Cappella Peruzzi sono, rispettivamente, la prima e la seconda cappella del
transetto meridionale di Santa Croce, immediatamente adiacenti alla Cappella Maggiore.
* parte storica a cura di Alessio Monciatti
ENTE PREPOSTO ALLA CAMPAGNA DI INDAGINE E RESTAURO
Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro, Via degli Alfani, 78, 50121 - Firenze, Italy;
Viale F. Strozzi, 1 (Fortezza da Basso), 50129 – Firenze, Italy
Web: www.opificiodellepietredure.it
Soprintendente: Isabella Lapi Ballerini
Responsabile del progetto
Cecilia Frosinini, Storico dell’arte Direttore Coordinatore, Opificio delle Pietre Dure, Firenze
Ricercatori responsabili
Alfredo Aldrovandi, Direttore del Laboratorio di Fisica, Opificio delle Pietre Dure, Firenze
Fabrizio Bandini, Restauratore Conservatore Direttore, specializzato in pitture murali, Opificio delle
Pietre Dure
Mariarosa Lanfranchi, Restauratore Conservatore Direttore, specializzato in pitture murali, Opificio delle
Pietre Dure
Alberto Felici, Restauratore Conservatore specializzato in pitture murali, Opificio delle Pietre Dure
Paola Ilaria Mariotti, Restauratore Conservatore specializzato in pitture murali, Opificio delle Pietre Dure
Carlo Galliano Lalli, vice-direttore del Laboratori di Chimica, Opificio delle Pietre Dure
Francesca Piquè – Consulente, Opificio delle Pietre Dure
LA SQUADRA DI LAVORO
OPIFICIO DELLE PIETRE DURE:
Roberto Bellucci - Alfredo Aldrovandi - Marco Ciatti - Sergio Cipriani - Fabrizio Bandini - Alberto Felici Mariarosa Lanfranchi - Paola Ilaria Mariotti - Roberto Boddi - Carlo Galliano Lalli - Giancarlo Lanterna Monica Galeotti - Isetta Tosini - Maria Rizzi.
CONSULENTI ESTERNI:
G. Brunetto Brunetti - Natalia Cavalca - Massimo Chimenti - Maria Perla Colombini - Luca Lupi Cristiana Massari - Costanza Miliani - Pietro Moioli - Alessio Monciatti - Roberto Olmi - Luca Pezzati Marcello Picollo - Guido Roche - Claudio Seccaroni - Antonio Sgamellotti - Francesca Piquè - Cristiano
Riminesi – Ottaviano Caruso.
ISTITUZIONI PARTNER
Università di Firenze (Facoltà di Fisica e Facoltà di Chimica); Università di Perugia (Facoltà di Chimica);
Università di Pisa (Facoltà di Chimica); Università del Molise (Facoltà di Lettere); INO-CNR; IFAC-CNR;
ENEA - La Casaccia (Roma)
PER L’OPERA DI SANTA CROCE
Presidente: Stefania Fuscagni
Dirigente: Giuseppe De Micheli
Archivio storico e documentazione: Claudia Timossi
Coordinamento tecnico: Marco Pancani
PER LA SOPRINTENDENZA SPECIALE PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO E PER IL POLO
MUSEALE DELLA CITTÀ DI FIRENZE
Soprintendente: Cristina Acidini
Funzionario responsabile: Brunella Teodori
Fotografie: Antonio Quattrone
Foto speciali: Sergio Cipriani (OPD) e Ottaviano Caruso
Documentazione e fruizione: Culturanuova sas di Massimo Chimenti
Propositi del progetto
L’obiettivo del progetto è ottenere le informazioni necessarie per lo sviluppo futuro del programma di
conservazione che includerà trattamenti e conservazione preventiva.di relativi alle due delle più famose
e importanti cappelle nella Basilica di Santa Croce, entrambe dipinte da Giotto.
Dopo un primo sondaggio globale di diagnostica fotografica non invasiva e la contemporanea
osservazione autoptica da parte dei conservatori, il team di esperti sceglierà due scene (una per
cappella) che forniranno due case-studies, comprensivi delle principali caratteristiche tecniche e
problemi di conservazione dei due cicli di dipinti. Analisi più approfondite (sia non invasive che invasive)
saranno eseguite su queste due scene, allo scopo di ottenere una maggiormente specifica e completa
conoscenza delle tecniche artistiche e dei problemi di conservazione dei due cicli. Il risultato sarà usato
nella futura campagna di investigazioni globali e trattamenti conservativi dei dipinti murali di Giotto.
Inoltre il progetto fornirà un’opportunità di tirocinio per studenti in scienze della conservazione e altre
attività di disseminazione e valorizzazione che includono la comunità locale.
Inoltre, il progetto fornirà un utile esempio di ricerca sistematica e documentata.
Principi di conservazione e metodologia guida del progetto diagnostico
Il progetto proposto è un’iniziativa di ricerca rivolta a sviluppare un programma di conservazione per
dipinti murali nel rispetto dei principi fondamentali di conservazione e della metodologia adottata
dall’Opificio delle Pietre Dure. I programmi di conservazione sono basati sui principi del mantenimento
dei valori estetici, storici e scientifici delle opere d’arte, attraverso il principio guida del minimo intervento,
della reversibilità e compatibilità dei materiali. La filosofia seguita favorisce la conservazione preventiva
e la individuaziti in tempi utili dei trattamenti necessari.
Per questo è necessario capire il tipo di deterioramento che interessa i dipinti e la sue cause attraverso il
complesso processo di pianificazione e scelta della più appropriata diagnostica scientifica. A questo
scopo il progetto proposto include la caratterizzazione dei materiali (sia quelli originali che quelli
aggiunti), lo studio delle condizioni ambientali, lo studio del deterioramento e della sua distribuzione sulle
superfici murarie e in profondità.
L’identificazione dei materiali è sicuramente un passo essenziale nello sviluppo delle tecniche di
conservazione. Le tecniche dei dipinti sono sempre molto complesse e realizzate attraverso stadi
differenti e differenti tipi di materiali. Inoltre, passati interventi e materiali aggiunti ai dipinti, rendono la
situazione anche più complessa. Il processo di caratterizzazionedei materiali sarà condotto seguendo
una metodologia integrata che inizia con una diagnostica di tipo non invasivo e continua con studi microinvasivi (campionamento delle problematiche da esaminare chimicamente).
La diagnostica non invasiva prevede una prima fase relativa alla applicazione di tecniche cosiddette di
IMAGING, che permettono una mappatura totale della superficie dell’opera d’arte, così da poter essere
utili ad una prima diagnostica dei materiali e dello stato di conservazione. Vengono ad essere collocabili
sulla riproduzione virtuale dell’opera d’arte una serie vera e propria di mappe tematiche relative alle varie
caratteristiche e alle problematiche conservative.
Dalla lettura delle mappe di IMAGING scaturiscono le principali domande cui cercare di dare risposta
attraverso successive indagini, inizialmente anche esse non invasive, non più applicate all’opera nel suo
intero, ma a punti specifici.
Solo in una terza fase di approfondimento, dopo l’elaborazione dei risultati di quanto indagato e
osservato fino a questo momento, si può passare ad una diagnostica di tipo micro-invasivo, che preveda
il campionamento di porzioni infinitesimali di materiale da analizzare attraverso indagini di tipo chimico. A
questo punto, nel processo sistematico di avvicinamento alla conoscenza delle problematiche dell’opera
d’arte, l’invasività sarà limitata nel numero di prelievi e coerentemente volta a scegliere la zona in cui
effettuarli sulla base della rappresentatività della domanda.
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Opificio delle Pietre Dure
L’Opificio delle Pietre Dure nasce come Istituto a competenza nazionale nel 1975, dall'unione di due diverse
realtà attive da tempo nel campo della produzione artistica e della conservazione delle opere d'arte a Firenze:
l'antico e rinomato Opificio, fondato nel 1588 come manifattura di corte e trasformato in istituto di restauro
verso la fine dell'Ottocento e il Gabinetto Restauri, fondato da Ugo Procacci all'interno della Soprintendenza
nel 1932, grandemente poi sviluppatosi nella nuova sede della Fortezza da Basso in seguito all’alluvione di
Firenze del 1966.
Attualmente l’Opificio è uno degli Istituti centrali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
La sua attività si esplica in tre settori principali: la conservazione propriamente detta, tramite gli undici settori
specialistici di restauro ed i circa 60 restauratori, eseguita in forma diretta o indiretta, cioè con consulenze,
progettazioni e direzioni dei lavori; la ricerca, sia pura sia applicata ai casi in corso di restauro, spesso anche
svolta attraverso collaborazioni e consulenze in sedi nazionali e internazionali ; la didattica tramite la Scuola di
Alta Formazione e un’intensa attività di stage in rapporto con analoghi istituti italiani e internazionali.
I LABORATORI DI RESTAURO
L’attività di restauro, conservazione e consulenza sui beni culturali si struttura in undici settori specialistici, i
laboratori di restauro, che sono dislocati in tre sedi operative
Nella sede storica di Via degli Alfani:
Bronzi e armi antiche;
Materiali ceramici e plastici;
Materiali lapidei;
Oreficerie;
Mosaico e commesso in pietre dure.
Nella sede della Fortezza da Basso:
Dipinti su tela e tavola;
Materiali cartacei e membranacei;
Pitture murali;
Sculture lignee policrome;
Materiali tessili.
Nel salone delle bandiere di Palazzo Vecchio:
Arazzi e tappeti.
DIAGNOSTICA, ANALISI E RICERCA
L'attività connessa alle discipline scientifiche applicate allo studio e alla conservazione dei beni culturali rappresenta una
rilevante e ben consolidata realtà all'interno dell'Istituto e si concretizza nel Laboratorio Scientifico e nel servizio di
Climatologia e conservazione preventiva.
LA SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE
L'attuale scuola di restauro attiva presso l'Opificio delle pietre Dure di Firenze ha avviati i propri corsi nel 1978
ricevendo un riconoscimento giuridico ufficiale nel 1992.
Ha durata quinquennale, con corsi articolati in quattro anni di insegnamenti fondamentali e in un anno dedicato alla
tesi.
DOCUMENTAZIONE E ARCHIVI
L'attività di documentazione dell'Istituto comprende la Biblioteca, l’Archivio dei restauri e l’Archivio
storico, con sede in Via degli Alfani; e il Laboratorio fotografico con sede nella Fortezza da Basso.
IL SERVIZIO DI PROMOZIONE CULTURALE
Il Servizio cura la comunicazione istituzionale dell’Istituto.
Indirizzo di posta elettronica: [email protected]
IL SERVIZIO DI INFORMATICA APPLICATA
Il Servizio svolge attività di consulenza, progettazione, gestione, manutenzione e didattica inerente
l’informatica e le sue applicazioni nel campo della conservazione dei Beni Culturali e delle attività
amministrative correlate.
Il Museo
Il Museo dell’Opificio è diretta filiazione della manifattura artistica antica, caratterizzata dalla lavorazione delle
pietre dure, che fu ufficialmente fondata nel 1588 da Ferdinando I de’ Medici.
La fisionomia del Museo non corrisponde ad una precisa volontà collezionistica, ma è piuttosto riflesso della
vita e delle vicende della secolare attività produttiva.
Le creazioni più prestigiose, oggetto sovente di dono da parte dei granduchi fiorentini, sono conservate nelle
regge e nei musei di tutta Europa, mentre nei laboratori di produzione sono rimaste opere incompiute o
risultato di modifiche e smontaggi successivi, e quanto è sopravvissuto alle dispersioni ottocentesche, che
ebbero termine nel 1882 con la musealizzazione della raccolta. Questa, che comprende esemplari di grande
suggestione e raffinatezza, è comunque sufficiente a delineare un percorso storico della manifattura che si
snoda attraverso tre secoli. Resta inoltre una importante riserva di marmi antichi e di pietre dure raccolte in
funzione della tecnica del commesso.
Il Museo è stato ristrutturato, su progetto di Adolfo Natalini, nel 1995.
Sede storica, Via degli Alfani n.78
Tel. + 39 055 26511; fax +39 055 287123
Biblioteca: lunedì 9.00 – 16.30; martedì 14.00 – 16.30; mercoledì 9.00 – 13.00.
Archivio dei restauri: martedì e giovedì 8.30 – 13.00.
Archivio storico: giovedì 9.00 – 13.00.
Segreteria della Scuola: lunedì 9.00 – 11.00; martedì, giovedì e sabato 9.00 – 13.00.
Museo: dal lunedì al sabato 8.15 – 14.00; giovedì 8.15 – 19.00.
Sede della Fortezza da Basso, viale Filippo Strozzi, n. 1.
Tel. + 39 055 46254; fax + 39 055 4625448
Sede di Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria
Tel. + 39 055 2768429;fax + 39 055 2658307.
Opificio delle Pietre Dure, Firenze
Sito Internet: www.opificiodellepietredure.it
Posta elettronica: [email protected]
Per informazioni
Ufficio Promozione Culturale: tel. 055 2651347; [email protected]