La “Madonna d`Ognissanti” di Giotto

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La “Madonna d`Ognissanti” di Giotto
Maria nei secoli
La “Madonna
d’Ognissanti” di Giotto
Realizzata attorno al 1310, su richiesta della potente
comunità degli Umiliati, fu posta sull’altare maggiore
della chiesa fiorentina di Ognissanti. Oggi è conservata
nella Galleria degli Uffizi.
S
econdo la versione più accreditata,
Giotto, figlio di Bondone, era nato
verso il 1267 a Vespignano, presso Vicchio nel Mugello. Il padre era un contadino e in un primo momento lo allogò
come apprendista nell’Arte della lana a
Firenze, permettendogli di frequentare la
bottega di Cimabue. Poi, vista l’inclinazione del figlio, si risolse di mandarlo dal
pittore senza altra occupazione.
I suoi primi impegni sono tutti ipotetici:
forse lavorò nella decorazione della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi,
affrescando alcuni episodi tratti dall’Antico Testamento.
Nel frattempo, è quasi certo che abbia
compiuto un viaggio a Roma, dove ampliò la sua cultura artistica avvicinando le
opere dell’antichità classica, le pitture di
Pietro Cavallini e le sculture di Arnolfo da
Cambio. Ritornò, poi, ad Assisi, dove affrescò le storie di San Francesco, sempre
nella Basilica Superiore. È, forse, di questo
periodo il frammento in San Giovanni in
Laterano, dove Giotto rappresentò Papa
Bonifacio VIII che indice il primo giubileo
della storia.
a seRvizio degli scRovegni
e di RoBeRto d’angiÒ
Dal 1303 iniziò a lavorare agli affreschi
della cappella degli Scrovegni, a Padova.
Il committente era Enrico degli Scrovegni.
Il ricco banchiere patavino aveva fatto co-
8 settembre-ottobre 2012
struire una cappella di famiglia sui resti
dell’antica arena cittadina. Terminati i lavori, Giotto tornò a Roma per attendere
ai cartoni del mosaico della Navicella in
San Pietro. Lavorò, poi, a Firenze, in Santa
Croce, alle cappelle Peruzzi e Bardi. Fu al
servizio di Roberto D’Angiò a Napoli, ma
non resta nulla che possa ragguagliarci
sui progressi del maestro nell’arte sua, se
non un segno evidente nella produzione
dei pittori locali. Il 18 luglio 1334 pose le
fondamenta del campanile della cattedrale fiorentina. Ma non giunse a vederne la
conclusione; morì l’8 gennaio 1337 e fu
sepolto con tutti gli onori in Santa Reparata, l’antica cattedrale di Firenze.
La Maestà fu realizzata attorno al 1310
e posta sull’altare maggiore della chiesa
fiorentina di Ognissanti. Committente era
la potente comunità degli Umiliati, che si
erano stabiliti in quella zona fuori dalle
mura cittadine ed erano dediti, oltre che
alla perfezione religiosa, alla lavorazione
della lana e del vetro.
una novità assoluta
nella pittuRa dell’epoca
Nonostante la presenza di arcaismi, come
il fondo oro e la proporzione gerarchizzata delle figure, la Maestà di Giotto è
di una novità assoluta nell’ambito della
pittura fiorentina del primo Trecento. In
quest’opera, il pittore recupera la spazialità tridimensionale empirica propria
degli antichi e supera la frontalità tipica
delle icone bizantine. Le innovazioni interessano anche le figure di Maria e del
piccolo Gesù, che hanno una solidità mai
vista in opere precedenti. Anche il chiaroscuro dei panni è netto e teso a dare
“verità alle vesti”. Maria è seduta su un
trono cuspidato, di schietto gusto gotico con aperture a bifore trilobate, creato
con una prospettiva che rimanda al seggio della Madonna di Santa Trinità di Cimabue, oppure al trono della “Giustizia”
nella Cappella degli Scrovegni, affrescato
dallo stesso Giotto; è decorato con marmi variegati e con ornamenti vicini alla
produzione cosmatesca.
Gli sguardi di tutti i personaggi che la
affiancano, sono rivolti alla Vergine; gli
angeli in primo piano recano doni: i primi due hanno vasi colmi di fiori (primi
esempi, in ambito medioevale, di “natura
morta”), metafore della purezza e della
santità di Maria, i successivi una corona
e un cofano, simboli della sua regalità.
Interessanti sono i due personaggi che si
intravvedono nelle due aperture ai fianchi del trono: creano una sorta di trittico,
del quale occupano i due sportelli laterali.
Differenziandosi dalle pitture più antiche,
Giotto colloca le diverse figure di contorno spaziate, le une dietro le altre, non appiattite su un unico piano e, se pur ancora rigidamente simmetriche, tutte hanno
una fisionomia ben definita. La tavola è
conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze, dove è collocata vicina a due analoghe composizioni, una di Cimabue (la
Madonna di Santa Trinità), l’altra di Duccio di Buoninsegna (Madonna Rucellai).
natale Maffioli
[email protected]
marIa NeI secoLI
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