sab 11 ore 16 solistes [12]

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sab 11 ore 16 solistes [12]
Torino
Chiesa di San Filippo
Sabato 11.IX.2010
ore 16
FestivalJosquin
Ensemble Solistes XXI
Rachid Safir direttore
Dufay
Des Près
MITO SettembreMusica
Quarta edizione
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con la creazione e tutela di
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Vallone in Provincia di Milano,
e in Madagascar.
Guillaume Dufay
(1397 ca-1474)
Missa L’homme armé
Kyrie, Gloria, Credo, Santus, Benedictus, Agnus Dei
Josquin Des Près
(1450 ca-1521)
Mottetti
Iubilate Deo, Psalmus 99 (100)
Praeter rerum seriem
Missa L’homme armé super voces musicales
Kyrie, Gloria, Credo, Santus, Benedictus, Agnus Dei
Ensemble Solistes XXI
Lucile Richardot, mezzosoprano
Damien Brun, Bruno Le Levreur, controtenori
Laurent David, Philippe Froeliger, tenori
Jean-Christophe Jacques, Jean-Louis Paya, bassi
Rachid Safir, direttore
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Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino
Iubilate Deo
Iubilate Deo omnis terra, servite Domino in laetitia;
Introite in conspectu eius in exsultatione.
Scitote quoniam Dominus ipse est Deus;
Ipse fecit nos, et non ipsi nos: populus eius et oves pascuae eius.
Introite portas eius in confessione, atria eius in hymnis;
Confitemini illi, laudate nomen eius.
Quoniam suavis Dominus, in aeternum misericordia eius,
Et usque in generationem et generationem veritas eius.
Praeter rerum seriem
Praeter rerum seriem
Parit Deum hominem
Virgo mater.
Nec vir tangit virginem,
Nec prolis originem
Novit pater.
Virtus Sancti Spiritus
Opus illud cœlitus
Operatur.
Initus et exitus
Partus tui penitus
Quis scrutatur?
Dei providentia,
Quae disponit omnia
Tam suave.
Tua puerperia
Transfer in mysteria,
Mater, ave.
Acclamate il Signore
Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi: suo popolo e gregge del suo pascolo.
Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome.
Poiché buono è il Signore, eterna è la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione.
Al di là di ogni ordine delle cose
Al di là di ogni ordine delle cose,
una vergine madre
ha partorito il Dio fatto uomo.
Nessun uomo ha toccato la vergine
e il padre non conosce
il genitore della sua prole.
La virtù dello Spirito Santo
ha operato
quell’opera celeste.
Chi comprende fino in fondo
l’origine e il fine
del tuo parto?
La provvidenza di Dio,
che tutto dispone
così dolcemente.
O Madre, salve,
il tuo parto
ascrivi al mistero.
ieto e fortunato giorno deve proclamare il musicofilo quello in cui, per scelta o
L
per caso, metta piede nella chiesa dove risuonano le Messe L’homme armé di
Dufay e Josquin Des Près. Memorabile certo gli riuscirà l’esperienza di ascoltare
nella stessa occasione due immensi capolavori, che marcano il passaggio dal declinante Medioevo del gotico flamboyant all’anelito di armonica perfezione della cultura cinquecentesca, seppur, nel caso presente, ancor sensibile al gusto della complessità e della sfida tecnica propria dell’età immediatamente precedente. D’altra
parte, come le storie della musica non mancano mai di ripetere, L’homme armé era
una sfida: da quando i primi grandi manipolatori quattrocenteschi di polifonia quali
Busnois e per l’appunto Dufay avevano dato la luce a una Messa basata su questa
chanson, scrivere una Messa L’homme armé era diventato una sorta di banco di
prova per i musicisti, che sanzionava la capacità di salire sulle spalle dei giganti che
li avevano preceduti, di misurarsi con loro e, perché no, di vedere più lontano. Nel
giro di circa 150 anni, oltre 35 sono le intonazioni dell’Ordinario della Messa che
si avvalgono della melodia dell’uomo armato, squadrata e orecchiabile, tonalmente piuttosto moderna, caratterizzata da passaggi atti a far da fondamento armonico
a una grande struttura polifonica.
L’homme armé di Dufay fa parte della trionfante serie di Messe della maturità del
compositore. Accoglie tutti gli accorgimenti che si erano affacciati nella Messa Se la
face ay pale: fondante presenza del cantus firmus nella voce di tenor, utilizzo di un
“motto”, cioè di un motivo melodico ricorrente nel superius in apertura di ogni
“tempo” (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Benedictus, Agnus Dei) e in numerosi punti
sensibili. Ma le novità sono eclatanti. Frammenti della melodia base traboccano ora
in tutte le voci, talché quelle riconoscibilissime tessere avvolgono l’intero edificio
sonoro; lo stesso motto dimostra chiaramente la sua derivazione dal cantus firmus.
La melodia base diviene davvero la cellula generatrice dalla quale si sviluppa il
discorso musicale, permeandolo in ogni sua parte, e, mentre lo snodarsi del contrappunto dà l’idea di un flusso continuo, l’orecchio è continuamente ricondotto a
un’unitarietà di fondo, che dà il senso di una possente architettura nella quale la
fantasia si è sbizzarrita, fiorendo sopra solidissime fondamenta. Persino quando
il tema è riproposto a valori diversi e in forma retrograda, ne cogliamo agevolmente l’eco.
Come diverrà tipico, qua e là la voce di tenor tace (ad esempio manca nelle sezioni Pleni sunt e Benedictus del quarto “tempo”, il Sanctus); qui, l’assottigliarsi dello
spessore sonoro (il Benedictus è affidato a due sole voci) e il temporaneo ritrarsi del
cantus firmus creano un suggestivo effetto di pieni e vuoti che più volte si ritrova
nei vari duetti e terzetti sparsi nel corso dell’opera.
A circa cinquant’anni più tardi dovrebbe risalire la prima delle due Messe L’homme
armé composte da Josquin Des Près. Immensa fu la sua fama: quando nel 1502
Ottaviano Petrucci, il più grande stampatore di musica del Rinascimento, pubblica
per la prima volta una raccolta di Messe polifoniche (e questo è il primo libro musicale dedicato all’opera di un unico compositore), sceglie le Messe di Josquin e apre
il volume con L’homme armé super voces musicales. Tale è il titolo con cui si distingue dall’altra, detta Sexti toni, pure stampata da Petrucci a conclusione della raccolta.
Il carattere esemplare e dimostrativo, allora insito in una Messa L’homme armé,
spinge Josquin a sposare la fantasia con le tecniche contrappuntistiche più complesse. L’artificio sommamente singolare – quello da cui la Messa prende il nome –
consiste nel presentare il cantus firmus nel tenor a un’intonazione sempre più alta,
percorrendo l’intero esacordo. L’esacordo è la struttura musicale di sei suoni sulla
quale era fondato l’insegnamento della musica: ut re mi fa sol la erano le sei voces
musicales da cui era composto. Questo espediente ha due conseguenze. La prima è
che la melodia appare per così dire sempre deformata, dal momento che in ciascun
movimento assume nel tenor una struttura modo-tonale differente. L’altra è che
viene proiettata sempre più all’acuto, finché nell’ultimo Agnus Dei (il terzo) viene
data in carico eccezionalmente alla voce più acuta, che la proclama a valori molto
prolungati.
Le più raffinate tecniche canoniche si sprecano: canoni regolari (le voci cantano
contemporaneamente la stessa melodia, ma cominciando in momenti diversi),
canoni enigmatici (viene data una sola voce e le altre devono essere ricavate da questa, risolvendo un enigma espresso da una frase in latino), canoni cancrizzanti (la
melodia è presentata in senso retrogrado), canoni proporzionali (le voci eseguono la
stessa linea melodica con diversa mensurazione), spesso combinati.
Come Dufay, anche Josquin non limita strettamente il cantus firmus al tenor; sezioni della melodia passano nelle altre voci e in futuro egli svilupperà al massimo
grado questa concezione compositiva; ad esempio, nell’altra Messa L’homme armé
l’utilizzo dei frammenti tratti dal cantus firmus sarà incredibilmente fantasioso
(praticamente nessuno si ripropone uguale, ma viene sottoposto a cambi di ritmo
ed elaborazioni melodiche). Magistralmente costruito, l’edificio sonoro alterna pieni e vuoti grazie alla frequente alternanza dell’intero organico con brevi momenti
a due o tre voci.
Fra le Messe, il programma inserisce due Mottetti sempre di Josquin: due esempi
del genere musicale in cui toccò le vette più alte.
Iubilate Deo è la gloriosa intonazione del Salmo 99 (100), il celebre inno di lode che
nel Salterio conclude la serie dei canti del regno di Jahvé; sussiste oggi fra gli studiosi qualche dubbio sull’autenticità della sua attribuzione a Josquin.
Praeter rerum seriem, una delle più famose e sicuramente più originali creazioni
dell’autore, per oltre un secolo modello per i musicisti, è un mottetto quale categoria generale, ma specificamente si tratta di una sequenza. Come è noto, le sequenze medievali avevano un testo poetico a strofe; le strofe venivano musicate a coppie, nel senso che la melodia della prima strofa era ripetuta sulla seconda, la melodia della terza risuonava sulla quarta e così via. Josquin ha trattato polifonicamente varie sequenze, sforzandosi da una parte di rispettarne la tradizionale struttura,
dall’altra di introdurre variazioni ad ogni ripetizione, dando luogo a quelle che sono
state definite “sequenze con serie di variazioni”; così avviene in questo mottetto a
sei parti, la cui fortunata melodia era già stata trattata a più voci dai musicisti di
Notre-Dame.
Angelo Rusconi
Fondato nel 1988 da Rachid Safir con lo scopo di fare della musica da camera vocale, l’Ensemble Solistes XXI include nel proprio repertorio la polifonia dell’Alto
Medioevo, del Rinascimento e del primo Barocco, ma anche partiture contemporanee di compositori di tutto il mondo, mettendo a confronto epoche e stili diversi.
Secondo Rachid Safir occorre lavorare la voce e il canto d’insieme come uno strumento o una formazione da camera. Ma, contrariamente ai gruppi strumentali, i
Solistes XXI non lavorano senza direttore. «Un orecchio esterno è fondamentale»
constata Rachid Safir. L’Ensemble Solistes XXI adotta un suono/timbro differente
a seconda dell’opera che eseguirà e del luogo. Per entrare a far parte del gruppo non
è tuttavia sufficiente avere una bella voce. La polifonia, in particolare quella a voci
sole, necessita di qualità da solista, ma parallelamente anche di un senso dell’ascolto che riguarda l’insieme. «Negli anni Settanta – ricorda Rachid Safir – ho capito l’importanza del repertorio della polifonia, di cui non si sentiva mai parlare e che
era effettivamente poco eseguito, poiché esigeva eccellenza». Accade così che, a partire dalla prima formazione (Les Jeunes Solistes, all’epoca) il gruppo abbia sempre
annoverato cantori dalle grandi qualità vocali, che attualmente si trovano ad esibirsi sulle scene più prestigiose.
A partire dal 1989 a Royaumont, l’Ensemble Solistes XXI ha iniziato a guadagnarsi un’invidiabile reputazione nel campo delle prime esecuzioni di musica contemporanea. Questa attività ha permesso a Safir e al suo ensemble di intessere relazioni e legami importanti con numerosi compositori. L’Ensemble e il suo direttore si
interessano alle più moderne tecniche di composizione, di diffusione e di trasformazione del suono in tempo reale, tanto da collaborare tra gli altri con l’IRCAM.
Sono infatti nate diverse grandi pagine di musica della fine del XX secolo e dell’inizio
del XXI, come Angels di Jonathan Harvey, Miserere Hominibus di Klaus Huber, Das
Theater der Wiederholungen di Bernhard Lang o Yvonne, princesse de Bourgogne di
Philippe Boesmans.
L’Opéra di Parigi intrattiene una partnership con l’Ensemble, che ha quindi potuto
tenervi il proprio ciclo di concerti durante la stagione 2006/2007.
L’estate scorsa, l’Ensemble Solistes XXI si esibito più volte al Festival di Salisburgo,
unico ensemble vocale francese a essere stato invitato fino a oggi in questo contesto di grande prestigio.
Quest’autunno il gruppo lavorerà con il compositore Philippe Leroux e con l’italiano Matteo Franceschini; si prepara inoltre a un ritorno ai mottetti di Bach, ai madrigali di Claudio Monteverdi e alla musica francese dell’inizio del XX secolo, in
particolare Debussy, Ravel e Poulenc.
L’Ensemble Solistes XXI è sostenuto dal Ministero della Cultura
e della Comunicazione – DRAC Île-de-France e da Sacem e Spedidam.
Mécénat Musical Société Générale è sponsor principale dell’Ensemble.
Rachid Safir ha trascorso la propria infanzia ad Algeri, dove ha studiato il latino
e i classici al liceo, abbastanza, dice, da poter cantare le grandi opere del repertorio in latino. «Non è difficile – precisa – conformarsi ai costumi cristiani. È così che
mi sono reso conto molto presto che la musica antica va al di là del fatto religioso». Il padre, professore di lettere moderne (arabo e francese), direttore artistico di
Radio Algeri in lingua araba e kabyla e incaricato della ricerca delle musiche e delle
orchestre magrebine, ha portato con sé i figli e Rachid stesso durante le proprie
ricerche, cosa che ha spinto quest’ultimo a familiarizzare con le musiche andaluse
e popolari e a seguire i musicisti in tournée.
Rachid Safir ha cominciato a suonare il violino e a tenere i primi concerti con
l’Orchestra Sinfonica di Radio Algeri, assistendo ai concerti settimanali radiofonici,
a quelli del Conservatorio e delle Jeunesses Musicales de France. Parallelamente ha
proseguito lo studio del violino al Conservatorio di Algeri e poi all’Università di
Lille; a 24 anni è entrato in una corale amatoriale, ha studiato canto e ha seguito
uno stage con Alfred Deller. Tenore, poi controtenore, ha cantato con Charles
Ravier nell’Ensemble Polyphonique de Paris.
Nel 1977 fonda con Bernard Fabre Garrus e Régis Oudot il gruppo A Sei Voci,
ensemble che incontra subito un buon successo. Lo stesso anno entra nel coro di
Radio France, collabora con il Groupe Vocal de France, con il Clemencic Consort e
lo Studio der Frühen Musik.
Dal 1985 si interessa di pedagogia, insegnando canto corale al Conservatorio Nazionale Superiore di Musica di Lione. Nel 1988 Rachid Safir rinuncia al canto e fonda
quello che sarà poi l’Ensemble Solistes XXI. L’anno successivo assume la direzione
del Centre Polyphonique de Paris e organizza delle sessioni di formazione professionale di canto. Oggi Safir si dedica esclusivamente alla direzione di gruppi vocali, in particolar modo dei Solistes XXI alla cui guida ha eseguito circa una cinquantina di produzioni in vent’anni, in Francia e all’estero.