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Piesse: Sfogliando s’impara - QT n. 3, 8 febbraio 2003
Santi espianti
La collezione di reliquie del duomo di Trento si arricchisce: arriva un osso di S. Paolina.
di Carlo “Tòs” Dogheria
Racconta lo storico Johann Huizinga: "Quando il cadavere di S. Elisabetta di Turingia (1207-1231) non era ancora sepolto,
un gruppo di devoti non solo tagliò o strappò pezzi dei panni che avvolgevano il suo volto, ma tagliò anche i capelli e le
unghie, e persino parte delle orecchie e i capezzoli". E un antico cronista, Adamo di Eynsham, ci dimostra come un tale
comportamento non fosse prerogativa di fedeli scalmanati a caccia di preziose reliquie: persino un vescovo poi proclamato
santo, Ugo di Lincoln (1140-1200), si comportava allo stesso modo.
Durante una visita all’abbazia di Fécamp, si fece mostrare un braccio di santa Maria Maddalena, strettamente avvolto in
bende che i monaci non avevano mai osato svolgere. Ugo non esitò a squarciare con un coltello la fasciatura, cercando poi di
staccare un frammento d’osso. Non riuscendovi, addentò un dito "prima con gli incisivi e alla fine con i molari", e con questo
sistema riuscì a procurarsi due frammenti. Replicando alle proteste dei monaci, Ugo osservò: "Se poco fa ho toccato con le
dita il sacro corpo del Signore (nell’eucarestia, n.d.r.) nonostante la mia indegnità, e ne ho presa una parte con le labbra e i
denti, perché non dovrei trattare nello stesso modo le ossa dei santi?".
Si era, insomma, in piena ortodossia: fin dal IV secolo Vittricio, vescovo di Rouen, aveva proclamato che "i santi non
subiscono alcun danno dalla divisione dei loro resti", dunque fare uno spezzatino era lecito, e soprattutto conveniente,
giacché - teorizza qualche anno dopo Teodoro di Ciro - "anche se i corpi sono divisi, è tuttavia immanente la loro grazia
indivisa, ed ogni reliquia, per quanto insignificante e minuscola, ha la medesima forza del corpo intatto di un martire".
Usanze decisamente barbare di altri tempi - pensammo fino a qualche tempo fa, ritenendo che oggi questi macabri interventi
chirurgici disgustino anche i fedeli più tradizionalisti: passi per la reliquia di un abito, ma fare a pezzi un cadavere…
Credevamo dunque che la Chiesa avesse lasciato cadere nel dimenticatoio questa forma di devozione, pur senza nulla
rinnegare del passato. E del resto non ce n’era bisogno: il culto delle reliquie è molto più innocuo di tante pratiche condotte
un tempo in nome della fede.
Poi, nel gennaio del 1995, dovemmo ricrederci: in occasione della beatificazione del vescovo di Trento Giovanni Nepomuceno
de Tschiderer, la traslazione del corpo dalla cripta del duomo al nuovo sarcofago fu accompagnata infatti dall’espianto di
alcune vertebre lombari del defunto, che furono donate al pontefice in occasione della sua visita al capoluogo.
E adesso la storia si ripete, come ci racconta il Trentino di sabato 1° febbraio, annunciando che il duomo di Trento accoglierà
una reliquia di Madre Paolina del Cuore di Gesù Agonizzante (al secolo Amabile Visintainer, 1865-1942), figlia di emigrati
trentini, canonizzata nel maggio scorso.
Leggiamo sul giornale le modalità della "scomposizione" della sua salma: "Se in Brasile… sono rimaste le parti più
significative (fra cui il teschio), un avambraccio della santa è custodito nella chiesa di Vigolo Vattaro (suo paese natale), e
un mignolo presso la casa aperta in paese dalle sue suore, mentre altre piccole reliquie sono custodite in varie case della
congregazione. ‘L’ossicino di un dito – racconta don Dallabrida – era stato dato anche a mons. Bortolameotti nel 1991, in
occasione della beatificazione".
Ancora non si sa se la reliquia di santa Paolina ("un osso incastonato in un blocco di pietra") sarà collocato su un altare o in
una nicchia, perché "manca ancora il parere tecnico-artistico"; andrà comunque ad arricchire la pregevole collezione del
duomo, che già comprende la testa di S. Massenza, un dente di S. Apollonia, una costola di S. Giovanni, un femore di S.
Flaviano, il cranio di uno dei Santi Innocenti, un piede di S. Gerolamo, un dito di S. Filippo, un piede di S. Biagio, un dito di S.
Giacomo, ossicini vari di S. Celestina, S. Pietro, S. Caterina, S. Bartolomeo, ecc. ecc.
Niente da obiettare; ma quando ci verrà la tentazione di definire in modo spregiativo certi strani o ripugnanti costumi di altre
religioni o culture, beh, ricordiamo che anche noi abbiamo delle bizzarrie da farci perdonare e cerchiamo dunque di far
prevalere la tolleranza e la comprensione.