Piodermite cane
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Piodermite cane
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA DIPARTIMENTO DI MEDICINA VETERINARIA Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria Settore Scientifico Disciplinare VET/07 ELABORATO DELLA PROVA FINALE ONE VET®: UNA MISCELA DI FITOTERAPICI PER LA TERAPIA DELLE PIODERMITI DEL CANE: STUDIO PRELIMINARE ONE VET®: A PHYTOHERAPIC MIX FOR THE MANAGEMENT OF PYODERMITIS IN DOGS: PRELIMINARY STUDY Laureando Relatore Sig.na Silvia Salvatori _______________________________ Prof.ssa Giorgia della Rocca ________________________________ Correlatore Dott.ssa Fiorella Carnevali ______________________________ Anno Accademico 2012-2013 1 Indice 1) INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI .............................................................................................................................................3 2) CENNI DI ANATOMIA CUTANEA ......................................................................................................................................................4 EPIDERMIDE ........................................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito. DERMA ................................................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito. ANNESSI CUTANEI ............................................................................................................. Errore. Il segnalibro non è definito. FUNZIONI DELLA CUTE ........................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito. ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA CUTE ............................................................................................................5 3) FISIOLOGIA DELLA RIPARAZIONE CUTANEA ............................................................................................................................7 FASI DEL PROCESSO CICATRIZIALE ...........................................................................................................................................8 FASE INFIAMMATORIA ....................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito. FASE PROLIFERATIVA ......................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito. FASE DI MATURAZIONE ED EPITELIZZAZIONE (RIMODELLAMENTO) .......................... Errore. Il segnalibro non è definito. 4) FISIOPATOLOGIA DELLA RIPARAZIONE TISSUTALE ..............................................................................................................10 5) PIODERMITE NEL CANE ............................................................................................................................................................12 CLASSIFICAZIONE ......................................................................................................................................................................12 DIAGNOSI ....................................................................................................................................................................................17 TERAPIA CONVENZIONALE ......................................................................................................................................................18 TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA .........................................................................................................................................18 TERAPIA TOPICA .......................................................................................................................................................................20 TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI SUPERFICIALI ..............................................................................................................21 TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI PROFONDE: .................................................................................................................22 TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI RICORRENTI ................................................................................................................22 ANTIBIOTICO RESISTENZA .......................................................................................................................................................23 6) LA RICERCA IN ENEA: IL BREVETTO MIX 557 .........................................................................................................................27 HYPERICUM PERFORATUM O ERBA DI S.GIOVANNI ..............................................................................................................28 AZADIRACHTA INDICA O ALBERO DEL NEEM ........................................................................................................................30 IL “MIX 557” / 1 Primary Wound Dressing ®, ONE VET®......................................................................................................32 Il MIX 557 per uso veterinario: ONE VET® ..............................................................................................................................44 7) PARTE SPERIMENTALE ..................................................................................................................................................................50 MATERIALI E METODI ..................................................................................................................................................................50 RISULTATI E DISCUSSIONE ...........................................................................................................................................................52 DISCUSSIONE ...............................................................................................................................................................................57 CONCLUSIONI ..............................................................................................................................................................................63 BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................................................................64 2 1) INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI La piodermite batterica come causa di malattia della pelle canina è seconda solo alla dermatite allergica da pulci, ma diventa la prima malattia della cute del cane nei paesi in cui lo sviluppo delle pulci è sfavorito. Si può quindi affermare che tale patologia rappresenta una delle malattie con maggior incidenza nel cane. Esistono molti tipi di piodermite, in base alle diverse e numerose infezioni batteriche cutanee, ciascuna con aspetti clinici e istopatologici specifici: troviamo quelle di superficie, superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) determinate nella maggior parte dei casi dallo Staphylococcus intermedius, da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione batterica secondaria. La diagnosi si basa sull’anamnesi, l’esame clinico e sull’esito degli esami complementari, mentre per quanto riguarda la terapia convenzionale, questa prevede l’uso di antibiotici per via sistemica e locale, spesso correlato all’insorgenza di gravi e diffuse resistenze agli antibiotici da parte dei batteri responsabili di detta malattia, oltreché dei batteri saprofiti residenti all’interno dei pazienti. Scopo di questa tesi è valutare l’efficacia del medicamento ONE VET®, fitoterapico per uso topico, costituito da una miscela al 50% di estratto oleoso di iperico e neem con effetti cicatrizzante, biocida e repellente per la cura e risoluzione delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura, per il trattamento delle piodermiti del cane in alternativa alla terapia antibiotica, anche al fine di identificare una alternativa terapeutica che permetta di ridurre il rischio di insorgenza di antibiotico resistenza nei germi residenti, potenzialmente patogeni della specie canina Ciò è stato realizzato attraverso uno studio sperimentale retrospettivo non controllato di cui si riportano i risultati. 3 2) CENNI DI ANATOMIA CUTANEA La cute e gli annessi cutanei rappresentano un organo che riveste tutta la superficie corporea e che si trova in continuità con mucose e orifizi naturali. Creano quindi una barriera anatomica e fisiologica essenziale tra l’ambiente esterno e quello interno oltre a riflettere lo stato di salute e il buon funzionamento dell’organismo. Nel cane la cute e i suoi annessi, spesso risultano essere specie-specifici: basti pensare che in tale specie lo spessore cutaneo è compreso tra 0,5 e 5 millimetri, ed è maggiore su dorso e parte prossimale degli arti, mentre è minore sull’addome e parte distale degli arti; inoltre esiste una differenza di spessore anche tra le diverse razze canine (l’esempio classico è rappresentato dallo Sharpei con cute molto spessa) e in base allo stato di salute dell’animale. La cute è un organo complesso in quanto è costituito da 3 strati diversi per origine embrionale, struttura e funzione: epidermide, derma e ipoderma (Creed, 1958, Scott et al.,1995). Immagine tratta da: DSP.AUSIBO.IT OMISSIS 4 ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA CUTE L’epidermide comprende tre tipi di barriera: la fisica, che comprende principalmente nello strato corneo, giunzioni tra le cellule e proteine del citoscheletro; la chimica/biochimica, che consta di sostanze antimicrobiche e immunità innata, rappresentate da lipidi, acidi, enzimi idrolitici, peptidi antimicrobici e macrofagi; la immunologica adattativa, che comprende costituenti umorali e cellule del sistema immunitario (Proksch et al., 2008). E’ implicito, dunque, che in caso di dermatiti si abbia un alterazione della funzione di barriera della pelle. L’alterazione della barriera cutanea nella fisiopatologia delle malattie dermiche può essere suddivisa in tre condizioni: ALTERAZIONI DELLA BARRIERA COME PROCESSO PRIMARIO O INTRINSECO: questa condizione è strettamente collegata alla perdita di continuità ed integrità anatomica dell’epidermide che si verifica, infatti, nella dermatite irritativa e/o allergica da contatto, nelle ustioni, nelle ulcere ischemiche (vascolare, diabetica), nei disturbi bollosi per attrito o per anomalie della cheratina, nella pelle del neonato prematuro e nell’ittiosi (Proksch et al., 2008). ANOMALIE IMMUNOLOGICHE: possono derivare da cause endogene o esogene. Quelle su base endogena sono su base autoimmune come si verifica nel linfoma a cellule T (Micosi fungoide) e nelle malattie bollose autoimmuni, quelle da cause esogene si verificano a seguito di reazioni allergiche sistemiche o da contatto (le dermatiti irritanti e/o allergiche da contatto), alimentari (dermatite atopica) e la psoriasi (Proksch et al., 2008). Una compromissione lieve della barriera cutanea si ritrova in malattie monogenetiche dove si ha una differenziazione epidermica alterata o una compromissione lipidica, senza infiammazione, come ad esempio l’ittiosi vulgaris (mutazioni filaggrina) (Palmer et al., 2006, Smith et al., 2006, Proksch et al., 2008) mentre le malattie con interruzioni della barriera più pronunciate sono malattie infiammatorie molto più gravi e problematiche da trattare (come la dermatite atopica e la psoriasi). Le lesioni cutanee infiammatorie si presentano ricoperte da scaglie o croste secche come risultato dell’alterazione della differenziazione epidermica, e principalmente dello strato corneo, che non ha più l’intrinseca capacità di trattenere l’acqua.. Nella dermatite da contatto, il deterioramento della barriera da sostanze irritanti e allergeni, rappresenta l’evento primario, seguito da sensibilizzazione, infiammazione, aumento della proliferazione epidermica e cambiamenti nella differenziazione epidermica. Nella dermatite atopica e nella psoriasi non è ben chiaro se la perturbazione della permeabilità della barriera sia seguita da infiammazione o se sia l’infiammazione stessa a portare ai 5 cambiamenti epidermici riscontrati (Proksch et al,2008). In conclusione si può dire che la barriera cutanea è un complesso sistema formato da una miriade di componenti inter-correlati e una qualsiasi modificazione di tale equilibrio comporta un’alterazione della funzione di barriera. Pertanto, l’alterazione della funzione di barriera è un evento centrale in varie malattie della pelle soprattutto in riferimento alle piodermiti (Guaguere e Prelaud, 2005, Proksch et al., 2008). 6 3) FISIOLOGIA DELLA RIPARAZIONE CUTANEA La perdita o la distruzione di un tessuto, da qualunque causa prodotta, viene riparata mediante la sostituzione delle strutture tissutali scomparse o alterate, con tessuto vivente di nuova formazione. (Marcato P.S., 1977). Il processo riparativo può avvenire in due modi: 1. Rigenerazione o ricostruzione del tessuto distrutto, mediante sostituzione con tessuto identico, per proliferazione delle cellule rimaste indenni alla periferia della lesione; 2. Riparazione connettivale, ossia mediante sostituzione con tessuto connettivo, attraverso la formazione di tessuto di granulazione che evolve in tessuto cicatriziale (cicatrizzazione), quando le cellule differenziate circonvicine non hanno la capacità di proliferare. La sequenza degli eventi biologici che derivano dalla lesione di un organo e dalla infiammazione che essa provoca, dipende non solo dalla natura e dall’intensità dello stimolo lesivo, ma anche dalla capacità delle varie cellule sopravvissute di proliferare e ripopolare l’area danneggiata. (Mcgee J., 1994) La maggior parte delle popolazioni cellulari è in grado di ripopolare rapidamente le aree danneggiate e sulla base della loro attività proliferativa in condizioni fisiologiche normali, esse possono essere classificate in due gruppi: 1) Popolazioni cellulari rinnovabili (cellule labili), come l’epitelio squamoso stratificato e l’epitelio gastrointestinale. Non cessano di proliferare durante la vita adulta, per la continua necessità di sostituire le cellule in seguito alla persistente esfoliazione in superficie di elementi differenziati in senso terminale dopo la mitosi (sono comprese anche le cellule emopoietiche ); 2) Popolazioni cellulari potenzialmente rinnovabili (cellule stabili). Mostrano uno scarso ritmo di proliferazione cellulare, ma sono in grado di replicare velocemente in seguito alla perdita di elementi cellulari dello stesso tipo. Sono incluse le cellule epiteliali di quasi tutte le ghiandole del corpo come gli epatociti, le cellule dei tubuli renali e degli acini prostatici, cellule dei tessuti connettivi (fibroblasti, condrociti, osteociti), cellule dell’endotelio vascolare, muscolari lisce e viscerali. Il ripristino della funzione e della struttura normale dell’organo danneggiato dipende non soltanto dalla capacità replicativa delle cellule sopravvissute, ma anche dalla preservazione dello stroma di sostegno, la cui integrità può permettere la sostituzione ordinate delle cellule. Una membrana basale intatta assicura la presenza dell’impalcatura necessaria per orientare la corretta sostituzione delle cellule parenchimali perdute. Quando le membrane basali sono distrutte, le cellule epiteliali proliferano in modo casuale, formando masse disorganizzate che non mostrano alcuna somiglianza con la struttura originaria. 7 Condizioni più gravi, come un’ischemia permanente possono causare una mancata risposta rigenerativa e la graduale sostituzione di tessuto necrotico con tessuto fibroso (cicatrizzazione). (Mcgee J., 1994) Nella guarigione di una ferita della cute e del tessuto sottocutaneo, la formazione di tessuto cicatriziale si associa alla rigenerazione epidermica, quindi, questa risposta è considerata il prototipo della guarigione delle ferite. Le varie differenze nei tessuti riguardano essenzialmente l’entità del fenomeno, piuttosto che la sua natura. E’ divenuta ormai consuetudine, considerare separatamente la guarigione di una ferita da incisione netta, con margini giustapposti, dalla guarigione di ferite con notevole perdita di tessuto. (Mcgee J., 1994). Questa distinzione viene comunemente indicata come Guarigione per prima intenzione (ferite nette e non complicate con margini perfettamente giustapposti) e Guarigione per seconda intenzione (perdita di sostanza più o meno estesa e profonda con formazione di tessuto cicatriziale in sostituzione delle parti di tessuto e annessi distrutte) (Mcgee J., 1994). La prima si ottiene prontamente, con fenomeni infiammatori praticamente assenti e con la minima produzione di tessuto cicatriziale. (Micheletto B., 1980), la seconda presenta un decorso più lento di quella per prima intenzione, in quanto si instaura su lesioni di continuo caratterizzate da ampia perdita di sostanza, perdita che può essere “primitiva”, “immediata” cioè istantaneamente realizzata da un agente traumatico, o “secondaria” se conseguente all’eliminazione di elementi tessutali degenerati (per azione tossica ritardata, per insufficiente trofismo), o colliquati (per processi suppurativi insorti a seguito di infezione del focolaio). (Micheletto B., 1980). FASI DEL PROCESSO CICATRIZIALE La riparazione tessutale è un processo dinamico ed interattivo che avviene normalmente nel nostro organismo e che coinvolge mediatori solubili, matrice extracellulare, cellule ematiche e parenchimali. Il processo fisiologico di riparazione tessutale viene comunque tradizionalmente suddiviso in tre fasi. Fase infiammatoria Fase proliferativa Fase di maturazione ed epitelizzazione ( rimodellamento) 8 Andamento delle componenti cellulari durante le fasi del processo di riparazione tissutale Prospetto degli eventi e delle componenti cellulari durante le fasi del processo di riparazione tissutale OMISSIS 9 4) FISIOPATOLOGIA DELLA RIPARAZIONE TISSUTALE Quando la lesione non evolve verso le tappe fisiologiche della riparazione tessutale e quindi verso la guarigione, si ha la cronicizzazione della lesione che può diventare piaga o ulcera. Esistono vari fattori che possono ostacolare la riparazione tessutale, sistemici e locali. Omissis Complicazioni infettive: giocano un ruolo importante nel ritardo del processo di guarigione delle ferite e ne sono la complicazione più frequente e pericolosa. Un’elevata carica batterica sembra giocare un ruolo importate nell’alterare il processo di guarigione delle lesioni. I batteri sono in grado di ridurre le proteasi che possono degradare i fattori di crescita compromettendo la cicatrizzazione (Robson,1997, Sibbald et al- 2006). La carica batterica sulla superficie di una lesione cutanea che sia ferita, piaga o ulcera, può variare in maniera molto significativa. E’ molto importante individuare se una lesione è infetta, contaminata o colonizzata da agenti patogeni perché da questa valutazione dipendono le scelte terapeutiche locali e/o sistemiche che si dovranno intraprendere. Una carica microbica intorno ai livelli di 105 per grammo di tessuto, rappresenta la semplice colonizzazione batterica. Più specificamente si distingue: Contaminazione: Presenza di microrganismi sulla superficie senza moltiplicazione. Colonizzazione: Presenza di microrganismi sulla superficie che si moltiplicano senza però indurre reazione da parte dell’ospite. Colonizzazione critica: Notevole sviluppo di flora batterica con adesione ai tessuti e lieve reazione tissutale infiammatoria (infezione superficiale). Infezione:Presenza di microrganismi che si moltiplicano, invadono i tessuti profondi con successivo danno ed inducono una risposta infiammatoria tissutale perilesionale persistente e prolungata. L'infezione è sempre accompagnata dai segni clinici tumor (gonfiore), rubror (arrossamento), dolor (dolore) e calor (ipertermia della parte). 10 L’individuazione dei microrganismi responsabili dell’infezione mediante esame culturale e la valutazione in vitro degli antibiotici sensibili o resistenti ai batteri isolati rappresenta un aspetto fondamentale per un corretto trattamento farmacologico. Il prelievo di materiale da sottoporre a cultura microbiologica può essere effettuato con tre differenti modalità: tampone, prelievo dell’essudato con siringhe e biopsia tessutale. Con l’esame culturale viene individuato il microrganismo/i responsabile/i dell’infezione. Questo viene quindi testato nel terreno di coltura con una serie di antibiotici in modo da individuare quello o quelli a cui il batterio è più sensibile. Il resoconto di questo studio viene riportato nell’antibiogramma dove vengono elencati gli antibiotici testati, la relativa efficacia (sensibili o resistenti) e la concentrazione minima inibente. 11 5) PIODERMITE NEL CANE Per piodermite si intende un’infezione cutanea piogena, molto importante nel cane per la sua frequenza, grande variabilità clinica e difficoltà diagnostica e terapeutica (Ihrke, 2005). La piodermite batterica come causa di malattia della pelle canina è seconda solo alla dermatite allergica da pulci ma diventa la prima malattia della cute del cane nei paesi in cui lo sviluppo delle pulci è sfavorito (Ihrke, 2005). Le ragioni di elevata incidenza di questa malattia non sono note, ma possono riguardare diversi fattori dell'ospite che potrebbero causare maggiore una suscettibilità alle infezioni (Ihrke 1987; Hill and Moriello 1994, Ihrke, 2005). Questi fattori possono includere: fattori microbiologici: come la specifica flora batterica residente; fattori istologici: come lo strato corneo sottile, lo scarso film idrolipidico superficiale e l’ assenza di un tappo follicolare; fattori igienici come pulizia insufficiente o leccamento patologico; fattori epidemiologici: quali elevata incidenza di malattie dermatologiche pruriginose responsabili di microtraumi autolesionistici che permettono la penetrazione dei batteri; elevata incidenza di dermatite atopica con rottura della barriera immunologica ed attivazione della reazione infiammatoria che è associata anche ad un aumento dell’adesione degli stafilococchi alle cellule epidermiche; fattori iatrogeni: come eccessiva somministrazione di glucocorticoidi per via sistemica o pulizia con prodotti inadeguati irritanti; CLASSIFICAZIONE Esistono molti tipi di piodermite, in base alle diverse e numerose infezioni batteriche cutanee (Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001), ciascuna con aspetti clinici e istopatologici specifici (Hill et al-1994). La distinzione rispetto ad altre patologie dermatologiche primarie come la dermatite atopica del cane su base allergica (Hillier and Griffin, 2001, Sousa and Marsella, 2001, Olivry et al. 2010) è molto difficile sfociando spesso l’una nell’altra per sovrapposizione e complicazione batterica. Le piodermiti sono molto spesso secondarie ad altre patologie. Come è facile immaginare, esistono molte classificazioni, sia cliniche che eziologiche, ma ad oggi quella mantenuta è rappresentata dalla classificazione anatomo-clinica di Peter Ihrke del 1983, successivamente adattata da Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti nel 1988 che si basa sulla profondità e sulla distribuzione delle lesioni. Attraverso tale classificazione si distinguono piodermiti di superficie, superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione batterica secondaria (Fourrier et al.,1988, Bensignor, 2001). PIODERMITI DI SUPERFICIE Vengono così chiamate proprio perché interessano solo lo strato superficiale dell’epidermide senza 12 oltrepassare la membrana basale e quindi senza coinvolgere il derma. Nella maggior parte dei casi l’infezione viene determinata dallo staphylococcus intermedius. Tra questa classe di piodermiti abbiamo una sottoclassificazione che vede la distinzione in: INTERTRIGINI/PIODERMITI DELLE PIEGHE: sono delle infiammazioni delle pieghe cutanee tipiche di cani obesi e di alcune razze come lo Sharpei e il Pechinese. Le pieghe cutanee creano un ambiente caldo e umido ideale per lo sviluppo di batteri, oltre a trovarsi soprattutto nella vicinanza delle sedi di produzione di lacrime, saliva e deiezioni (piaghe labiali, facciali, vulvare e caudale). Sono caratterizzate da un essudato sieroso che si tramuta poi in mucoso e infine in purulento, che crea un conglomerato con i peli e sigilla la cute che al principio appare sottile ed eritematosa e in seguito spessa, lignificata e iperpigmentata; il fenomeno può sfociare in ulcere ed erosioni ricoperte da croste purulente ed emorragiche. Il tutto naturalmente accompagnato da un forte odore sgradevole. DERMATITE ACUTA UMIDA: la dermatite acuta umida o dermatite piotraumatica o “hot spot”, un tempo denominata anche eczema acuto umido, in cui si assiste ad una proliferazione batterica eccessiva confinata ad un’area localizzata di cute, generalmente a seguito di transito ed accumulo di tossine (principalmente di origine alimentare) che scatenano una reazione infiammatoria acuta ed imponente, che a sua volta determina, per l’intenso grattamento, lesioni da autotraumatismo. Le lesioni insorgono tipicamente in maniera improvvisa “da un giorno all’altro” e sono caratterizzate da aree alopeciche, di dimensioni diverse, in corrispondenza delle quali la cute appare estremamente arrossata, dolente e bagnata per l’intensa essudazione; tagliando il pelo alla periferia della lesione si evidenzia una netta demarcazione tra la cute interessata e quella sana. La localizzazione di tali lesioni è quanto mai variabile in base anche alla causa predisponente, tuttavia spesso si riscontrano in corrispondenza della regioni lombo-dorsale o ai lati del collo. SINDROME DA SOVRACRESCITA BATTERICA: in tale patologia i batteri presenti sulla superficie cutanea si moltiplicano attivamente ma non penetrano nell’epidermide e portano alla formazione di ferite cutanee per rilascio di esotossine (da parte degli stafilococchi). Inizialmente coinvolge aree umide e facilmente macerabili (pieghe del collo, regione ascellare, arti), per poi diffondere a torace e addome. Sono caratteristiche alopecia ed eritema che evolvono in lichenificazione, iperpigmentazione e cattivo odore associati a prurito intenso. PIODERMITI SUPERFICIALI Comprende il gruppo di piodermiti che coinvolgono gli strati dell’epidermide e/o il lume follicolare. Anche qui, come nella precedente esiste una sottoclassificazione che comprende: PIODERMITE MUCO-CUTANEA: è piuttosto rara e potrebbe essere confusa con l’intertrigine facciale, anche se in realtà non appare all’interno della piega labiale ma sulla superficie delle labbra. Le cause sono sconosciute e vi è predisposto il Pastore Tedesco. Può ritrovarsi meno frequentemente anche su narici, vulva, prepuzio e ano. Compare inizialmente come una tumefazione eritematosa delle labbra con erosioni e ulcere ricoperte da croste fino ad allargarsi ed interessare le pieghe labiali. Si può anche 13 osservare una depigmentazione muco-cutanea (Gross et al., 2005). IMPETIGINI: si tratta di piodermiti superficiali non follicolari, caratterizzate da pustole follicolari di varie dimensioni. Nel soggetto giovane sono molto frequenti, mentre in quello adulto sono meno comuni e, solitamente, sono secondarie a malattie sistemiche o dermatologiche predisponenti. Tuttavia anche nel giovane si possono avere cause predisponenti che ne aumentano l’incidenza, come malattie virali (cimurro) o parassitarie (ascaridi), alimentazione inadeguata e scarsa igiene. Le lesioni, sotto forma di pustole, compaiono prevalentemente a livello addominale, inguinale e ascellare e sono piuttosto numerose. La lesione iniziale è una pustola a contenuto chiaro, con base eritematosa, che poi si rompe dando origine alla fuoriuscita di liquido giallastro che forma delle croste color miele; infine si generano erosioni essudative, circinate, con bordi a collaretto per distacco dell’epidermide, accompagnate da prurito di intensità variabile. Tra le impetigini figurano quella: BOLLOSA: si accompagna spesso ad un cattivo stato di salute e di frequente è secondaria all’iperadrenocorticismo. Le tipiche lesioni sono pustole non follicolari di grosse dimensioni, generalizzate, molto fragili e ripiene di pus denso e maleodorante, che si rompono facilmente lasciano il posto a collaretti epidermici ed aree alopeciche post-infiammatorie, erosive e iperpigmentate. PUSTOLOSA: solitamente secondaria a microtraumi multipli, caratterizzata da pustole non follicolari di piccole dimensioni nelle sedi maggiormente esposte a traumi (collo, spalle, torace, ventre). FOLLICOLITI: si definiscono come infezioni purulente del follicolo pilifero e degli annessi. Ne esistono diversi tipi, ma nel loro insieme hanno in comune la presenza di infiammazione e la formazione di microascessi nella parte superiore del follicoli piliferi, senza rottura degli stessi. L’ostio dei follicoli piliferi si riempie di un infiltrato di granulociti (neutrofili e eosinofili) associati a batteri. Tutto ciò da origine a delle papule e in seguito pustole follicolari, che per via della grande fragilità e sottigliezza dell’epidermide che le riveste, si rompono rapidamente lasciando il posto a croste e collaretti epidermici. Tali follicoliti vengono suddivise in: FOLLICOLITE DEL CANE GIOVANE: molto frequente prima della pubertà (cause ormonali) e spesso associata a traumi. Compare soprattutto sulla superficie ventrale del corpo sottoforma di papule eritematose, che poi si trasformano in piccole pustole follicolari pruriginose, che si estendono rapidamente. FOLLICOLITE DEL CANE A PELO CORTO: tipica di razze a pelo raso come Pointer, Bracco tedesco, Sharpei, Alano, dove si riscontrano, soprattutto sulla parte ventrale del corpo, papule seguite da pustole follicolari centrate su un pelo che poi evolvono in un collaretto epidermico che circonda un’area eritematosa ed alopecica o una crosta (“mantello tarmato” ovvero costellato di aree alopeciche). Il prurito è variabile e scompare dopo la guarigione. FOLLICOLITI SECONDARIE: sono piuttosto frequenti e come dice il nome, complicano una malattia già esistente di tipo dermatologico o sistemico. Tra le malattie dermatologiche che possono dare 14 origine secondariamente ad una follicolite troviamo ad esempio ectoparassitosi (demodicosi) o forme allergiche (dermatite da pulci, dermatite atopica), che causando alterazioni strutturali o prurito, permettono ai batteri residenti di penetrare nell’epidermide grazie alla comparsa di porte d’ingresso a livello cutaneo. Esistono però anche casi in cui la patologia primaria causa una modificazione dell’equilibrio cutaneo, permettendo ai batteri di aderire più facilmente allo strato corneo e colonizzarlo, comportandosi così da germi patogeni e determinando la malattia; ciò succede nell’ittiosi, nella seborrea primaria idiopatica, nelle malattie allergiche o ormonali. L’aspetto delle lesioni è caratterizzato inizialmente da papule, seguite da pustole follicolari che rapidamente lasciano il posto a collaretti epidermici ed eventualmente croste. Spesso la forma è generalizzata e accompagnata da prurito.(Mason e Lloyd, 1990). FOLLICOLITI PROFONDE: sono chiamate anche dermatiti da leccamento, spesso secondarie a forme allergiche (dermatite atopica cronica), a disturbi comportamentali o a problemi neurologici (instabilità lombo-sacrale). Interessa soprattutto carpo e tarso e appaiono come placche dure, singole o multiple, erosive, essudative ed eritematose. FOLLICOLITE PIOTRAUMATICA: è tipica di cani giovani di grossa taglia (Pastore tedesco, San Bernardo) e nei Retriver (Labrador e Golden) ed è generalmente conseguente a prurito intenso ad eziologia sconosciuta. Coinvolge soprattutto gola e faccia laterale del collo e sono caratterizzate dalla comparsa di una placca dura, edematosa ed essudativa, circondata da papule e pustole follicolari “satelliti”. Successivamente compaiono fistole emorragiche che drenano un essudato purulento. Il prurito è molto intenso e causa un grattamento continuo. PIODERMITE SUPERFICIALE DIFFUSIVA: Non è stato ancora dimostrato, ma si pensa sia dovuta ad un ipersensibilità nei confronti degli stafilococchi. Interessa soprattutto l’addome ed è caratterizzata da una triade di lesioni quali placche seborroiche, bolle emorragiche e collaretti epidermici. La lesione iniziale è sempre una pustola con margini molto eritematosi che poi evolve rapidamente con la comparsa di lesioni a bersaglio, eritematose, esfoliative ed alopeciche, circolari e centrifughe il cui centro è iperpigmentato. Frequentemente si osservano aree alopeciche focali multiple, che possono confluire creando vaste aree alopeciche del diametro di decine di centimetri (Scott et al., 1978). PIODERMITI PROFONDE Nelle forme profonde, l’infezione coinvolge derma e/o sottocute, oltrepassando la membrana basale. Per questo ci può essere un interessamento dello stato generale dell’animale con febbre, calo dell’appetito, reazione linfonodale e in casi estremi setticemia. Per questo, pur essendo meno frequente, è molto più grave delle forme superficiali. Anche qui il principale agente batterico causante è lo Staphylococcus intermedius ma spesso si rinvengono anche Proteus spp, Pseudomonas spp ed Escherichia coli. Spesso sono secondarie ad altre patologie come demodicosi, iperadrenocorticismo, 15 ipotiroidismo o ostruzione dei follicoli piliferi per sfregamento, callosità o cause di altro genere. Anche qui, come nelle piodermiti superficiali, abbiamo una classificazione specifica: FORUNCOLOSI: caratterizzate da pustole profonde o foruncoli, risultato della rottura e necrosi dei follicoli piliferi distesi dal pus e della persistenza dei residui piliferi rimasti nel derma e di focolai di infezione in cui le cellule infiammatorie fanno fatica a penetrare. Ciò consente la diffusione del processo infettivo nel derma perifollicolare, accompagnato da una reazione infiammatoria molto marcata. Esistono diversi tipi di foruncolosi: ACNE: compare soprattutto in cani adulti di giovane età e in razze predisposte (Boxer, Alano, Dobermann). La causa è ancora sconosciuta ma potrebbe derivare da un difetto primario della corneo genesi e/o del follicolo pilifero, complicati rapidamente da un’infezione batterica. Si manifesta con comedoni, papule o pustole follicolari e foruncoli localizzati al mento e alle labbra, associati talvolta ad edema del mento e fistolizzazione dei foruncoli. Quando cronicizzano si osserva lichenificazione e iperpigmentazione delle ferite. FORUNCOLOSI LOCALIZZATE: spesso secondarie a traumi ripetuti, sono causate dalla rottura del follicolo pilifero che induce una reazione da corpo estraneo nel derma, seguita da infezione rapida. La localizzazione è caratteristica, nella foruncolosi nasale le lesioni compaiono su dorso del naso e palpebre (pustole e foruncoli dolorosi);si osserva inoltre la foruncolosi del collo per via dello sfregamento da collare, foruncolosi degli spazi interdigitali e dei calli d’appoggio dovute al continuo sfregamento nei cani pesanti. FORUNCOLOSI GENERALIZZATE: rare e solitamente secondarie a follicoliti generalizzate non trattate, che si estendono e penetrano in profondità. Appare con numerose pustole profonde, caratterizzate da abbondante essudato purulento ed ematico,che tendono a fistolizzare e ricoprirsi di croste. CELLULITI: sono caratterizzate della disseminazione del processo infettivo a tutto spessore del derma e del sottocute, spesso per la coalescenza di foruncoli e sono caratterizzate clinicamente da necrosifistolizzazione e suppurazione. A volte la causa che determina la disseminazione dell’infezione è evidenziabile ed è naturale che in questo caso la prognosi sia migliore che nei casi in cui non è possibile risalire al fattore scatenante (cellulite idiopatica) e in cui si rischia la setticemia. Le celluliti vengono classificate in: CELLULITI LOCALIZZATE: tutte le foruncolosi localizzate si possono trasformare in celluliti localizzate se non vengono effettuate diagnosi e/o terapie adeguate. Sono caratterizzate da una triade di lesioni quali necrosi, fistole e ulcere. La cellulite dei calli d’appoggio è secondaria ad una foruncolosi e si manifesta in cani di grosse dimensioni che presentano callosità su gomiti, anche e garretti come una placca fistolizzata, infiammata, edematosa e dolorosa. La cellulite perianale si manifesta con ulcere di dimensioni variabili ai margini dell’ano che provocano forte dolore e tenesmo nell’animale, spesso aggravati dal 16 leccamento. Le celluliti podali sono spesso secondarie e presentano un’eziologia multifattoriale, aggravata da irritazione, sfregamento e traumi ripetuti. Tra le cause predisponenti abbiamo demodicosi, iperadrenocorticismo, malattie allergiche. Clinicamente si rinviene eritema ed alopecia, con rapida comparsa di fistole ed ulcere associate ad edema e forte dolore, causa di zoppia. CELLULITI GENERALIZZATE: sono le piodermiti profonde e più gravi, causa spesso di risentimento generale dell’organismo e setticemia. Le cause determinanti sono molto numerose: iatrogene (terapia con glucocorticoidi), demodicosi, endocrinopatie (ipotiroidismo, Cushing, diabete mellito), malattie sistemiche (erlichiosi, leishmaniosi) e neoplasie. Si manifestano con la comparsa di necrosi cutanea che appare di colore emorragico e friabile. Comincia generalmente dalla faccia laterale delle cosce e dei fianchi per poi estendersi a tutto il corpo. Le ulcere e le fistole sono talvolta profonde,molto dolorose e circondate da iperpigmentazione. Spesso vi sono croste che ricoprono le ulcere. DIAGNOSI La diagnosi si basa sull’anamnesi, l’esame clinico e sull’esito degli esami complementari. CITOLOGIA: l’esame citologico del contenuto delle pustole o delle ulcere è essenziale in corso di piodermite, oltre ad essere rapido e economico. Infatti permette una diagnosi differenziale grazie all’aspetto talvolta tipico del contenuto: intertrigini: si osservano granulociti neutrofili non degenerati, cocchi o bacilli in sede extracellulare, ma anche granulociti neutrofili degenerati e cocchi intracellulari fagocitati. impetigini e follicoliti: si osservano granulociti neutrofili degenerati, pallidi e gonfi, con nuclei ipersegmentati e picnotici e cocchi intracellulari fagocitati in numero ridotto, ma sempre presenti. Sono abbondanti anche i cocchi extracellulari e si possono rinvenire granulociti eosinofili. Importante è capire se si tratti solo di una fagocitosi superficiale (batteri non necessariamente patogeni) o profonda (batteri patogeni veri e propri). foruncolosi e celluliti: qui è difficile rinvenire batteri o segni di fagocitosi, mentre è costantemente presente la reazione pio-granulomatosa caratterizzata dalla presenza di macrofagi, plasmacellule e granulociti neutrofili e eosinofili. BIOPSIE CUTANEE: non vengono effettuate di frequente in caso di piodermiti, a meno che la diagnosi differenziale rappresenti un problema. impetigine:si evidenziano pustole non follicolari. follicoliti: si osservano pustole follicolari. piodermiti superficiali estese: si notano grandi pustole spongiotiche superficiali. foruncolosi: si osservano reazioni pio-granulomatose intradermiche nodulari con distruzione degli annessi. cellulite: si evidenziano reazioni pio-granulomatose intradermiche diffuse con distruzione degli annessi (Gross et al.,2005). 17 ESAME COLTURALE BATTERIOLOGICO: si effettua da una pustola intatta per confermare la presenza di uno stafilococco patogeno, spesso rappresentato dallo Staphylococcus intermedius. Viene prelevato il contenuto da una lesione intatta e posto in un mezzo di coltura adeguato, fino al trasferimento entro poche ore in laboratorio, dove viene effettuato l’esame colturale batteriologico assieme all’antibiogramma. E’ indicato per la maggior parte delle piodermiti dalle più profonde e gravi croniche o ricorrenti a quelle superficiali. DIAGNOSI EZIOLOGICA: la diagnosi della malattia sistemica o dermatologica predisponente è essenziale per prevenire le recidive della piodermite. Ciò è possibile grazie all’impiego di esami complementari specifici (raschiati cutanei, esami di funzionalità ormonali). Escludendo le cause conosciute, si può diagnosticare anche una piodermite idiopatica (Guaguere e Prelaud, 2005). TERAPIA CONVENZIONALE Attualmente la terapia delle piodermiti si basa sull’uso di sostanze che inibiscono la crescita o uccidono i batteri patogeni quali antibiotici e/o antisettici. Per prevenire l’insorgenza di recidive deve essere assicurata la rimozione delle cause che ne sono alla base e deve essere evitato l’uso di glucocorticoidi che, pur riducendo l’infiammazione e il prurito, sono i principali responsabili delle frequenti recidive e dell’estensione in profondità dell’infezione. La terapia antibiotica può essere sistemica o topica. TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA Sia nelle piodermiti superficiali che in quelle profonde è sempre consigliato l’uso di antibiotici per via sistemica, mentre nelle piodermiti di superficie è generalmente sufficiente l’uso di una terapia topica. Solitamente nelle forme superficiali il farmaco ad attività antibiotica viene somministrato per la durata di 4-6 settimane, mentre in quelle profonde la terapia dura dalle 6 alle 12 settimane. In tutti i casi è sempre bene protrarre il trattamento per 2 settimane dopo l’avvenuta guarigione clinica nelle forme superficiali e per 4 settimane nelle profonde. Solitamente si consiglia la somministrazione di antibiotici per via orale, spesso per lunghi periodi, mentre la somministrazione parenterale è sconsigliata, data la frequente inosservanza del trattamento da parte del proprietario del cane. Dall’apparato digerente, dove viene assorbito, l’antibiotico si distribuisce a livello cutaneo. Dato il tipo di vascolarizzazione cutanea, molti antibiotici non hanno un buon potere di concentrazione. I fluorochinoloni e i lincosamidi sono quelli che hanno una buona diffusione cutanea. Come già detto, nel 90% dei casi la piodermite del cane è determinata dallo Staphylococcus intermedius (Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001), va da se che si dovrà aver cura di utilizzare un antibiotico attivo contro questo germe. Ma la scelta dell’antibiotico dipende anche dalla profondità e 18 dall’estensione delle lesioni. Deve preferirsi un antibiotico ad attività battericida piuttosto che batteriostatica e che presenti una buona diffusione cutanea e sottocutanea, buona biodisponibilità e di facile somministrazione (una o due somministrazioni giornaliere). Inoltre data la lunga durata del periodo di cura, è bene che sia anche economico e poco tossico. La terapia antibiotica deve essere prolungata oltre la completa scomparsa delle lesioni ed è compito del veterinario stabilire, mediante visite di controllo regolari ogni 15-20 giorni, quando interrompere il trattamento. Ciò permette di adattare la terapia in funzione dell’evoluzione clinica ed eventualmente di ripetere alcuni esami complementari (esame citologico,esame colturale batteriologico con antibiogramma) e soprattutto di evitare errori terapeutici. Gli antibiotici possono essere batteriostatici o battericidi. Tra i batteriostatici più utilizzati per combattere le piodermiti ci sono: Macrolidi e Lincosamidi: agiscono inibendo la traslocazione a livello ribosomiale . Sono basi deboli con buona concentrazione nelle cellule e distribuzione nei tessuti, fortemente legati alle proteine plasmatiche ed eliminati attraverso la bile. Hanno un effetto batteriostatico tempo-dipendente e uno stretto spettro d’azione contro i gram+. Le resistenze sono relativamente frequenti e crociate. Tra questi troviamo ad esempio la Clindamicina e la Lincomicina. Tra i battericidi i più usati sono: Penicilline penicillati resistenti: agiscono inibendo la sintesi della parete batterica. Sono acidi deboli, idrofile con buona distribuzione nell’ambiente extracellulare ed eliminate rapidamente soprattutto attraverso i reni. Hanno un effetto tempo-dipendente e uno spettro d’azione variabile. Raramente si hanno delle resistenze. Tra queste le più utilizzate sono le associazioni tra amoxicillina e acido clavulanico. Cefalosporine: agiscono distruggendo la parete batterica. Le caratteristiche fisico-chimiche sono le stesse delle precedenti. Hanno un effetto tempo-dipendente ad ampio spettro d’azione con resistenze variabili. La più utilizzata è la Cefalessina. Fluorochinoloni: agiscono inibendo la replicazione del DNA con un effetto concentrazionedipendente. Sono anfoteri con buona diffusione cellulare debole fissazione alle proteine plasmatiche e buona diffusione nei tessuti. Hanno un ampio spettro d’azione e le resistenze sono rare, ma ad oggi in aumento. Tra questi i più utilizzati sono la Enrofloxacina, Marbofloxacina, Ibafloxacina, Difloxacina e la Ciprofloxacina. Rifamicine: agiscono inibendo la RNA-polimerasi DNA-dipendente nelle cellule batteriche alla sua sub unità beta prevenendo la trascrizione dell’RNA e la conseguente traduzione in proteine. Hanno buona e rapida diffusione all’interno della cellula superano la membrana emato-encefalica (per questo vengono usate nella meningite). Vengono facilmente assorbite dal tratto gastro-intestinale per poi essere eliminate attraverso la bile. Sono attive contro stafilococchi, streptococchi e micobatteri e spesso danno origine a farmaco-resistenza. La più utilizzata nella piodermite del cane è la Rifampicina. 19 Associazione Sulfamidici-Diaminopirimidine: agiscono per inibizione del metabolismo batterico impedendo la sintesi dell’acido folico. Sono acidi deboli (sulfamidici) e basi deboli (diaminopirimidine) con buona diffusione nel liquido extracellulare, variabile fissazione alle proteine plasmatiche e eliminati soprattutto attraverso le urine. Hanno un ampio spettro d’azione e danno raramente origine a delle resistenze. Tra le associazioni più utilizzate ritroviamo Trimethoprim-sulfadiazina e sulfametossazolo-dazina di trimethoprim (Ihrke,1986). EFFETTI COLLATERALI/TOSSICITA’ L’utilizzazione degli antibiotici sistemici non è esente da effetti collaterali, ad esempio: Betalattamine e Cefalosporine provocano: vomito, diarrea, reazioni avverse ai farmaci. Macrolidi e Lincosamidi provocano: vomito e diarrea. Fluorochinoloni provocano: vomito, diarrea, degenerazioni delle cartilagini articolari nei soggetti di taglia grande in crescita. Tetracicline provocano: vomito, aplasia dello smalto dentale. Rifamicine provocano: epatite, sindrome respiratoria, arrossamento, prurito, rush, lacrimazione, brividi, febbre, nausea, vomito e diarrea. Sulfamidici-diaminopirimidine provocano: cherato-congiuntivite secca, glomerulopatia, poliartrite, trombocitopenia e reazioni avverse ad altri farmaci(Schwarz e Noble,1999; Lloyde et al.,1999). TERAPIA TOPICA Sia nelle piodermiti superficiali che nelle profonde l’uso di antibatterici topici sembra esser essenziale ed insostituibile. E’ sempre bene tosare l’animale o tolettare perfettamente le aree interessate dalla patologia cutanea per assicurare il contatto del medicamento con le parti lese e consentire di esplicare l’azione topica. La terapia topica può essere a base antisettica/disinfettante o antibiotica. Le formulazioni disponibili sul mercato sono diverse: shampoo, lozioni, gel e creme. Tra gli antisettici topici si trovano: PEROSSIDO DI BENZOILE: è un potente ossidante e agisce inducendo la formazione di ossigeno nascente nella cute, oltre a produrre interazioni tra radicali benzoilperossi- con gruppi idrossi- e sulfossi. Ciò provoca un’alterazione della permeabilità di membrana con successiva rottura delle pareti batteriche. Possiede inoltre attività cheratolitica, antipruriginosa e antiseborroica. Ma per la spiccata attività ossidante può presentare effetti collaterali come eritema, prurito, dolore e secchezza cutanea nel punto di applicazione e dovrebbe essere evitato nelle aree cutanee molto infiammate e disepitelizzate, per il forte bruciore che può causare. Esiste in forma di shampoo al 2,5% o gel al 5% applicabile ogni 2-3 giorni con risciacquo lungo, accurato e completato dall’applicazione di un emolliente. CLOREXIDINA: si tratta di un antisettico ad ampio spettro contro funghi e batteri. Ad elevate 20 concentrazioni coagula le proteine citoplasmatiche batteriche, mentre a basse concentrazioni distrugge le membrane citoplasmatiche batteriche, che non sono più in grado di svolgere la loro funzione osmotica. Gli effetti collaterali sono legati alla attività coagulante sulle proteine: irritazione, eritema e prurito. E’ disponibile in commercio come shampoo al 2% o al 4% e lozioni a diversa concentrazione, applicabile ogni 2-3 giorni con risciacquo lungo, accurato e completato dall’applicazione di un emolliente. DERIVATI DELLO IODIO: il più usato ad oggi è lo iodio povidone, dove lo iodio si trova associato a dei tensioattivi che ne permettono una maggior penetrazione a livello cutaneo, svolgendo un’azione battericida e fungicida. Spesso determina effetti collaterali tra cui:irritazione nelle aree in cui la cute è molto sottile (scroto), secchezza cutanea e dermatite da contatto. E’ formulato come shampoo al 2% da somministrare 2-3 volte alla settimana fino al miglioramento clinico con risciacquo accurato e associato a degli emollienti per limitare la secchezza cutanea. LATTATO DI ETILE: è un antibatterico liposolubile in grado di penetrare nel follicolo pilifero e nella ghiandola sebacea dove viene idrolizzato ad acido lattico ed etanolo dalle lipasi batteriche; l’acido lattico provoca una riduzione del ph e l’inibizione delle lipasi batteriche stesse, mentre l’etanolo solubilizza i grassi e diminuisce la secrezione sebacea. Raramente può determinare irritazione, prurito ed eritema. E’ formulato come shampoo al 10% da applicare 2-3 volte alla settimana inizialmente e 1 volta alla settimana in seguito al miglioramento clinico con risciacquo abbondante. TRICLOSAN: battericida bi fenolico poco attivo contro lo Staphylococcus intermedius è presente sul mercato come shampoo allo 0,5% in unione a zolfo e acido salicilico. ANTIBIOTICI PER USO TOPICO -RISERVATI SOLO AL TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI LOCALIZZATEMUPIROCINA: è un antibiotico ad azione esclusivamente locale che, agendo sull’enzima isoleuciltransfer-RNA-sintetasi batterico, provoca una deplezione intracellulare di isoleucina con arresto della sintesi di RNA e delle proteine batteriche. Provoca così la morte del germe in 24-48 ore. E’ disponibile sottoforma di gel al 2%,con una base di glicole propilenico da applicare 1-2 volte al giorno fino alla guarigione su ogni singola lesione. ACIDO FUSIDICO: è un antibiotico della famiglia delle fusidamine, utilizzato come sale (fusidato), da solo o associato ad antinfiammatori. Inibisce un fattore necessario all’allungamento della catena polipeptidica batterica con azione più batteriostatica che battericida. E’ disponibile come pomata al 2% da applicare 1-2 volte al giorno fino alla guarigione. TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI SUPERFICIALI La terapia delle piodermiti superficiali sarà sia topica (shampoo con clorexidina o lattato di etile) che sistemica con antibiotici attivi contro lo Staphylococcus intermedius per una durata minima di 4-6 21 settimane con l’aggiunta di altre 2 settimane oltre la guarigione clinica. Verso la fine del trattamento antibiotico è bene rivalutare lo stato delle lesioni, in caso di mancata guarigione va riconsiderata la diagnosi e la terapia con un esame colturale batteriologico con antibiogramma e talvolta biopsia cutanea. TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI PROFONDE: Anche in questo caso la terapia sarà sia sistemica che topica (shampoo con clorexidina o perossido di benzoile) con antibiotici attivi contro Staphylococcus intermedius dotati di una buona penetrazione cutanea ad ampio spettro ed economici data la lunga durata del trattamento (6-12 settimane più 3-4 settimane dalla guarigione clinica). E’ necessario un accurato esame colturale batteriologico con antibiogramma scegliendo con cura l’area dove eseguire il prelievo e prediligendo lesioni ancora integre. Per effettuare il prelievo è bene tosare l’animale (ma anche per rendere più semplice ed efficace il trattamento topico), talvolta è necessario anestetizzarlo, dato che in molti casi le lesioni sono dolenti. Nel corso del trattamento, l’animale va sottoposto a visite di controllo, ogni 3 settimane, durante le quali si valuta il miglioramento delle lesioni e si ripetono gli esami citologici ed eventualmente batteriologici. TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI RICORRENTI Il trattamento in questo caso è molto più impegnativo data la continua ricomparsa delle lesioni e nonostante che la terapia venga applicata correttamente. Si consiglia una terapia antisettica regolare (1-2 volte alla settimana con shampoo con clorexidina) associata ad una terapia antibiotica sistemica da applicare alla ricomparsa delle lesioni per 4-6 settimane. Esiste però anche una terapia antibiotica intermittente che consiste nella somministrazione regolare di antibiotici per brevi periodi al fine di ridurre la carica batterica cutanea e diminuire la frequenza delle recidive. Occorre evitare lo sviluppo di resistenze, scegliendo con cura l’antibiotico più efficace, possibilmente battericida con minimi effetti collaterali. I più indicati per tale terapia sono generalmente le cefalosporine e l’associazione amoxicillina-acido clavulanico per una durata media di 3-4 mesi dopo la guarigione clinica senza mai ridurre la dose e la frequenza di somministrazione, per evitale lo sviluppo di ceppi batterici resistenti. Si può, inoltre associare un antibiotico ad uso topico in gel a base di acido fusidico al fine di ridurre la carica batterica stafilococcica nel cane. E’ bene, inoltre, stimolare il sistema immunitario dell’animale e ciò è possibile attraverso l’uso di diverse molecole come la cimetidina, il levamisolo, l’interferone. In questo caso si tratta di un’immunomodulazione aspecifica mentre con l’uso di antigeni batterici si può indurre un’immunomodulazione specifica. Tra questi ritroviamolo Staphoid A-B (batterina di Staphilococcus intermedius mescolata a tossine a e b da somministrare a dosi crescenti per via sottocutanea o intradermica. E’ stato condotto uno studio (Curtis et al, 2006) per valutare l’efficacia di tale batterina, 22 reclutando dieci cani con almeno tre precedenti episodi di piodermite superficiale. Dopo aver accertato l’assenza di ectoparassiti e funghi e dopo aver somministrato una dieta specifica senza alcun segno di miglioramento, gli animali sono stati sottoposti ad una terapia antibatterica per via sistemica. Sono state utilizzate colture di Staphylococcus intermedius prese dalle lesioni degli stessi animali, per produrre una batterina autogena per ciascun di essi. I dieci cani sono stati riuniti in due gruppi da cinque (gruppo 1 e 2) ed è stato assegnato loro un “punteggio di lesione” in base alla gravità della forma infettiva. Entrambi i gruppi hanno ricevuto una terapia di 4 settimane di antibiotico. Il gruppo 1 è stato però sottoposto ad una concomitante somministrazione sottocutanea di batterina, protratta fino alla decima settimana, mentre il gruppo 2 non ha ricevuto alcuna terapia aggiuntiva. Tutti i cani sono stati esaminati e analizzati alla quinta e decima settimana e in fine,una volta confrontati i diversi risultati tra i due gruppi è emerso che alla decima settimana il gruppo controllo mostrava punteggi delle lesioni significativamente più alti rispetto al gruppo che aveva ricevuto la batterina. Nessun animale ha mostrato reazioni avverse alla batterina. Questa può fornire una metodo sicuro ed efficace per il controllo della piodermite superficiale ricorrente canina come confermato da ulteriori studi che hanno utilizzano gruppi di cani più numerosi e per un periodo di trattamento più lungo (Curtis et al, 2006). Altri immunostimolatori molto importanti sono l’Immunoregulin (sospensione di Propionibacterium acnes inattivato da somministrare per via endovenosa) e lo Staphage Lysate (preparato a partire dalla lisi da parte di batteriofagi di 2 ceppi di Staphylococcus aureus da somministrare per via sottocutanea (Guaguere e Prelaud, 2005). ANTIBIOTICO RESISTENZA L’uso di antibiotici per periodi prolungati determina la comparsa di resistenze e questo fenomeno è molto frequente nel trattamento delle piodermiti (Bergan, 1981). Tale fenomeno è legato alla presenza o all’acquisizione di geni che codificano per gli enzimi che distruggono gli antibiotici (ad esempio le penicillasi per le penicilline), che modificano i “target” dell’antibiotico (ad esempio la modificazione dei ribosomi per l’eritromicina) o che codificano per le proteine batteriche che non sono più attaccabili dall’antibiotico (per esempio la produzione di una DNA girasi non attaccabile dai fluorochinoloni). Le resistenze batteriche sono di due tipi: le resistenze intrinseche o naturali, e le resistenze acquisite per mutazioni genetiche del DNA cromosomico batterico e/o per acquisizione di un plasmide di resistenza trasferibile. La resistenza intrinseca è innata e prevedibile. Si tratta di una caratteristica stabile di alcune specie batteriche nei confronti di un antimicrobico. La resistenza cromosomica è, invece, rara e spontanea, ma non indotta dall’uso dell’antibiotico. Nella resistenza plasmidica, un plasmide (frammento di DNA extracromosomico) che regola la sintesi di enzimi che disattivano l’antibiotico, si innesta nel patrimonio genetico del batterio (per coniugazione, per trasduzione, o attraverso dei batteriofagi). Questo trasferimento può avvenire tra batteri della stessa specie o di specie differenti. E’ 23 per questo motivo che in presenza di piodermite, occorre evitare la somministrazione di antibiotici non strettamente necessari e prediligere l’uso di un antibiotici adatti che vanno regolarmente cambiati, per evitare di selezionare popolazioni batteriche resistenti. E’ ormai chiaro che il principale agente eziologico nella piodermite del cane è lo Staphylococcus intermedius (Ihrke, 1987). Tale germe fa parte della normale flora batterica residente del cane e può essere isolato in cani sani, soprattutto dalla regione anale (Devriese, DePelsmaeker 1987), ma è anche un importante patogeno della pelle, nella stessa specie (Medleau et al. 1986).. A causa del sempre più diffuso utilizzo degli antibiotici per curare svariate patologie, comprese le specifiche patologie infiammatorio/infettive della cute che rientrano nel capitolo delle piodermiti, gli stafilococchi canini normalmente residenti sulla cute del cane hanno sviluppato e continuano a sviluppare insidiose e preoccupanti antibiotico-resistenze (Noble, Kent 1992, Lloyd et al. 1996, Werckenthin et al. 2001, Holm et al. 2002, Rantala et al. 2004, Loeffler et al. 2007). I batteri della normale flora intestinale, come anche Escherichia coli e Enterococcus spp, possono facilmente acquisire e trasferire i geni della resistenza. Tali batteri possono quindi essere impiegati come indicatori di variazioni di resistenza microbica (Caprioli et al. 2000). In medicina veterinaria sono stati creati dei programmi di monitoraggio per la resistenza batterica agli antibiotici specialmente in animali da produzione (Martel et al. 2001), ma sono stati portati avanti degli studi riguardo anche nei cani, seppure più limitati (Hirsh et al. 1980, Monaghan et al. 1981, Devriese et al., 1996, van Belkum et al. 1996). Tra questi ne spicca uno condotto da un gruppo di medici veterinari (Rantala et al., 2004) presso la facoltà di Medicina Veterinaria dell’università di Helsinki in Finlandia. Lo scopo di tale studio è stato quello di valutare se i batteri della normale flora intestinale dei cani, che hanno ricevuto antimicrobici per il trattamento dei disturbi dermatologici cronici, siano più resistenti della corrispettiva flora intestinale del gruppo di controllo non trattato. I cani con disturbi dermatologici cronici (n=22) trattati con antimicrobici nel corso di 6 mesi precedenti allo studio, sono stati campionati in quello chiamato “gruppo trattato”; il trattamento è stato terminato almeno 2 settimane prima del campionamento. Il gruppo di controllo era rappresentato da 56 cani che non avevano ricevuto trattamenti con antimicrobici da almeno 6 mesi prima del campionamento. Sono stati raccolti una serie di dati da tutti i pazienti: razza, età, sesso, antimicrobici dati nei precedenti 6 mesi e durata del trattamento. I campioni sono stati raccolti presso l’ospedale veterinario dell’università di Helsinki e presso 2 cliniche veterinarie nella stessa zona, tra dicembre del 1997 e luglio del 1998. Per l’isolamento degli stafilococchi è stato utilizzato un tampone sterile posto sulla mucosa perineale, rapidamente trasportato all’istituto nazionale veterinario di ricerca alimentare di Helsinki in Finlandia e sottoposto ad analisi batteriologica immediata, oppure a distanza di 2 giorni, per quelli prelevati nel finesettimana, ma mantenuti ad una temperatura di +4° C. Per l’isolamento degli stafilococchi, i campioni sono stati strisciati su un terreno agar contenente un 5% di sangue bovino e Staphylococcus medium 110 (Difco Laboratories, Detroit, Michigan, USA) e incubati a +37° C per 18-24 ore. Infine, una 24 volta identificati attraverso metodi tradizionali (Quinn et al. 1994), 2 colonie di stafilococchi sono state conservate in BHI integrato con glicerolo a -70° C. Una volta fatto ciò, segue il test di suscettibilità antimicrobica sui germi isolati rappresentato da un test di diffusione su agar isosensitest agar (CM471,Oxoid, Basingstoke, UK) secondo standard NCCLS (1997). I diametri delle zone break-point utilizzati nello studio e le relative concentrazioni minime inibenti (MIC) se disponibili sono riportate in tabella 1. Table 1. Susceptibility breakpoint zone diameters (mm) used in the study.Staphylococci¨ Respective MIC -value for susceptible srains Betalactams Penicillin G 10 IU ≥29 ≤0.12 μg /ml Ampicillin 10 μg ≤8 μg /ml Amoxillin-clavulanate (2:1) 30 μg ≥17 Cephalotin 30 μg ≥18 ≤8 μg /ml ≥13 ≤2 μg /ml Cefotaxime 30 μg Oxacillin 1 μg Macrolides and lincosamides Erythromycin 15 μg ≥16 Clindamycin 2 μg ≥21 ≤0.5 μg /ml Aminoglycosides Streptomycin 10 μg ≥15 Gentamicin 10 μg ≥19 Others Chloramphenicol 30 μg Enrofloxacin 5 μg Trimethoprim/sulfamethoxazole ≤0.25 μg /ml ≥16 ≤2/38 μg /ml 1.25/23.75 mg (SXT) Tetracycline 30 μg ≥21 Vancomycin 30 μg *The respective MIC-value is, if found, from the NCCLS standards. Susceptibility breakpoints are those used by The National Veterinary and Food Research Institute at the time this study was made, and they partly differed from the NCCLS (1997) standards. Un isolato è definito multiresistente quando mostra resistenza a 3 o più differenti classi di antimicrobici. Le β-lattamasi sono enzimi prodotti da alcuni batteri responsabili della loro resistenza 25 agli antibiotici beta-lattamici come le penicilline, le cefamicine e cefalosporine. Questi antibiotici hanno un elemento in comune nella loro struttura molecolare: un anello a quattro atomi noto come betalattame. L'enzima lattamasi idrolizza l'anello beta-lattamico, inattivando le proprietà antibatteriche della molecola, in due fasi: acilazione (che avviene attraverso l'attacco covalente al beta-lattame ad opera della serina70) e deacilazione. La produzione di beta-lattamasi nello S. intermedius canino è risultato essere molto diffuso, infatti il 50-90% degli isolati produce beta-lattamasi (Noble & Kent 1992, Pedersen & Wegener 1995, Kruse et al. 1996, Lloyd et al. 1996, 1999, Holm et al. 2002). studi analoghi sono stati condotti anche in Norvegia (Kruse et al. 1996), Svezia (Holm et al. 2002), Francia (Pellerin et al. 1998), Danimarca (Pedersen & Wegener 1995), Stati Uniti d'America, Regno Unito e Germania (Werckenthin et al. 2001) dando dei risultati analoghi. Nonostante un ampio uso di cefalosporine di prima generazione e altri antibiotici beta-lattamici nella pratica veterinaria canina, la resistenza all’oxacillina è ancora piuttosto rara (Pedersen & Wegener, 1995, Kruse et al. 1996, Lloyd et al. 1996), sebbene sia stata riscontrata resistenza alla meticillina (Piritz et al. 1996, Gortel et al. 1999, Pak et al. 1999), ricordando però che il disco di diffusione di routine test non è ottimale per rilevare la meticillina-resistenza (Gortel et al. 1999). Inoltre, è risultata più comune l‘antibiotico-resistenza al Trimethoprim/sulfamethoxazole in stafilococchi isolati da cani trattati (57%) rispetto al gruppo di controllo (25%) (Pellerin et al., 1998). Per quanto riguarda la resistenza a macrolidi e lincosamidi (in media 20%), questa è risultata essere molto elevata nello S. intermedius canino, e ciò potrebbe essere spiegato da un maggior uso di tali antimicrobici nei cani negli ultimi decenni (dal 1987 al 1994 è aumentata in Norvegia dal 3% al 25%) (Kruse et al. 1996). In Francia la resistenza ai macrolidi e lincosamidi in stafilococchi canini era intorno al 40 % (Pellerin et al. 1998). In conclusione, i risultati dei vari studi supportano il fatto che l'uso di antimicrobici e lo sviluppo di resistenza antimicrobica tra i batteri sono collegati tra loro. Sebbene nei batteri indicatori l’antibiotico-resistenza rilevata risultasse piuttosto bassa, lo sviluppo della resistenza antimicrobica negli stafilococchi contro antibiotici comunemente utilizzati è molto diffusa. Sulphatrimethoprim e macrolidi rischiano di rivelarsi totalmente inefficaci dato che tra gli stafilococchi canini sono presenti molti ceppi multi resistenti. 26 6) LA RICERCA IN ENEA: IL BREVETTO MIX 557 La ricerca di sempre nuove sostanze caratterizzate da tossicità limitata, grande efficacia nel favorire i processi riparativi, associate ad un rischio ridotto di induzione di antibiotico-resistenza, hanno spinto due ricercatori dell'Enea a concentrare gli studi nel campo della fitoterapia. Questa è una pratica terapeutica, comune a tutte le culture e le popolazioni sin dalla preistoria, che prevede l’utilizzo di piante o estratti di piante per la cura di molte malattie. Durante la sperimentazione sull’impiego terapeutico di sostanze naturali ad attività antiparassitaria nei confronti di alcune ectoparassitosi (quali la pediculosi, le infestazioni da larve di ditteri ecc.) negli animali da fibra, i due ricercatori, Fiorella Carnevali, Medico Veterinario e Stephen Andrew van der Esch, Biologo, hanno formulato una miscela di estratti naturali da Neem (Azadirachta indica, var. A.Juss) e Iperico (Hypericum perforatum), priva di effetti collaterali, che ha rivelato proprietà biocide repellenti e cicatrizzanti per la cura delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura, inizialmente denominata “MIX 557.” L'Iperico (Hypericum perforatum) è una pianta che suscita da tempo notevole interesse scientifico. Attualmente le conoscenze e le evidenze cliniche si sono concentrate sull’attività terapeutica dell’estratto in toto della pianta di iperico (estratti idrofilici) nel trattamento dei disturbi depressivi da lievi a moderati. In realtà, l’olio di Iperico (estratto lipofilico delle sommità fiorite) è stato per secoli uno dei rimedi tradizionali per il trattamento delle ferite, delle ustioni e di varie forme di infiammazione della cute, adiuvato da attività antibatterica e cicatrizzante. L'albero del Neem (Azadirachta indica), è conosciuto da tempi immemori nella tradizione ayurvedica quale produttore di principi biologicamente attivi di estremo interesse (azadiractina, gedunina ecc.) per l’agricoltura (fonte di biopesticidi), per la medicina in generale e per la salute pubblica (controllo dei vettori biologici responsabili di malattie socialmente problematiche: malaria, blue tongue ecc.) oltre che per le sue innumerevoli proprietà, tra cui la capacità di favorire la guarigione di diverse lesioni cutanee, manifestando anche attività antinfiammatoria, analgesica e antimicrobica verso batteri, virus, dermatofiti e parassiti degli animali e delle piante. Il medicamento, messo a punto dai ricercatori ENEA, si caratterizza in particolare per spiccate propriet à antidisidratative e lenitive che favorirebbero lo svolgimento dei processi chimico-istologici-cicatrizia li associando un’attività repellente e biocida verso gli insetti e batteri ed evitando la deposizione delle uova sulle ferite e lo sviluppo delle larve di ditteri miasigeni (mosche che depositano uova o larve sui t essuti vivi o su tessuti in decomposizione). Il preparato favorisce la formazione, in tempi rapidi, del tes suto di granulazione, dalla qualità del quale dipende, non solo la guarigione e la formazione di una buo na cicatrice, ma anche il perfezionamento rapido della barriera temporanea di fibroblasti attivi e della rete vascolare trofica ed impermeabile, che si oppone all'attacco dei germi sulla superficie lesa. I risultati ottenuti in veterinaria hanno portato alla sperimentazione del medicamento in medicina um ana sia sulle lesioni acute che su quelle croniche con risultati sovrapponibili e alla sua registrazione co 27 me dispositivo medico di classe II-b per uso topico. In questo capitolo verranno esaminate in maniera approfondita le proprietà delle componenti vegetali del brevetto ENEA ed i risultati clinici ottenuti utilizzando il prodotto commerciale derivante da detto brevetto chiamato 1 Primary Wound Dressing per la medicina umana e ONE VET per uso veterinario. HYPERICUM PERFORATUM O ERBA DI S.GIOVANNI L’iperico (famiglia delle Guttiferae) è una piccola pianta erbacea perenne originaria dell’Europa e dell’Asia occidentale (figura sotto). La flora italiana ne annovera circa una ventina di specie. L’Hypericum perforatum è una specie spontanea molto diffusa sulla nostra penisola, che vive negli incolti stepposi adattandosi anche in suoli asciutti e poveri, dal mare alla montagna. I fusti, alti circa 60cm, presentano due creste longitudinali che distinguono la pianta da altre specie di iperico. Le foglie sono ovali, intere, opposte e presentano delle ghiandole traslucide che controluce appaiono come una fitta perforazione. I fiori, formati da cinque petali di colore giallo brillante, sono raccolti in corimbi alla sommità degli scapi. Tutta la pianta, ma in particolare i fiori, sono cosparsi da una fitta punteggiatura bruna costituita da ghiandole secretrici ricche di un pigmento rosso vinoso, rappresentato in prevalenza da ipericina. (Boncompagni, Mercati, 2008). Il nome con cui l’iperico è conosciuto in tutto il mondo è “St. John’s Worth” o Erba di S. Giovanni e si deve all’antica tradizione popolare che voleva che la pianta fosse colta nella notte tra il 23 e il 24 giugno, giorno della festa di S. Giovanni Battista. Oltre alle valenze magico-religiose e propiziatorie di questo antico rituale, è interessante notare che questa ricorrenza corrisponde proprio al periodo iniziale della fioritura ed è il momento in cui la pianta è più ricca di sostanze farmacologicamente attive. (Boncompagni, Mercati, 2008). Per tutte le prerogative attribuitegli, meritò il nome di fugademonum (cacciadiavoli) in quanto nella medicina popolare era utilizzato sotto forma di infuso per la malinconia, gli sbalzi d’umore, l’agitazione nervosa, l’isterismo, le nevralgie, gli stati infiammatori dei bronchi e delle vie genito-urinarie, come antidiarroico (probabilmente per l’azione astringente dei tannini), contro l’enuresi notturna, i reumatismi, mentre come estratto oleoso (oleolito di iperico) era utilizzato per la cicatrizzazione di piaghe, fistole, scottature ed ulcere. (Boncompagni, Mercati,2008). Da Li meravigliosi secreti di medicina e chirurgia, 1581: “Le virtù di questo olio sono miracolose ed infinite: giova alle ferite penetranti, come quelle del capo, quando l’osso è scoperto, del petto e del ventre versandolo dentro. Scioglie il sangue raffermo e porta via il pus. Leva il dolore, impedisce l’infiammazione e salda le ferite interne. Giova alle 28 ferite delle giunture, della pelle tagliata, delle piaghe, delle fistole profonde. Guarisce la tigna; ungendo una volta al giorno la testa con pezze intrise di questo olio, aiuta a far ricrescere i capelli”(Boncompagni, Mercati,2008). L’olio di iperico è stato per secoli uno dei rimedi tradizionali più popolari in Europa per il trattamento delle scottature e delle ferite e le pubblicazioni moderne, inerenti studi sperimentali sull’efficacia terapeutica dell’olio di iperico, supportano la validità dei tradizionali utilizzi fitoterapici del preparato come antinfiammatorio, antibatterico e cicatrizzante per il trattamento topico di ferite, ustioni e varie forme di infiammazioni della cute. OMISSIS In conclusione, tra le proprietà dell’ H. Perforatum, le più importanti e di maggiore interesse clinico sono: Attività antimicrobica nei confronti dei batteri Gram (+) e Gram (-), in particolare nei confronti di S. Aureus poliantibiotico-resistenti; Attività di rigenerazione tissutale e riepitelizzazione delle ferite chirurgiche; Modulazione di alcuni fattori di crescita, in particolare attività di riduzione del TGF-β, soppressore della crescita delle cellule epiteliali e dell’Attivatore del Plasminogeno Urochinasi, enzima che attiva il TGF-β. 29 AZADIRACHTA INDICA O ALBERO DEL NEEM Descrizione botanica ed impieghi tradizionali Conosciuto in India da più di quattromila anni e altamente apprezzato dalla tradizione ayurvedica, parimenti venerato da indù e musulmani, la pianta del neem (Figure sotto riportate) si è meritato l’appellativo di sarva roga nivarini, ossia guaritore di tutti i malanni. I primi scritti in sanscrito, riferiscono i benefici dei frutti, dei semi, dell’olio, delle foglie, delle radici e della corteccia del neem, tanto che per le sue innumerevoli proprietà curative, veniva definita “la farmacia del villaggio”. Ghandi raccomandava di studiarne le proprietà per far rivivere la medicina tradizionale indiana e oggigiorno ha meritato dalle Nazioni Unite, l’appellativo di “Albero del ventunesimo secolo” (Colorni, Laniado, 2006). Immagine tratta da: http://www.ideegreen.it/olio-di-neem L’albero del neem è imponente, può raggiungere l’altezza di 25 metri e il tronco può raggiungere il diametro di un metro e può vivere fino a 200 anni. Le foglie, di color verde pallido, sono ellittiche, lanceolate, seghettate, asimmetriche e leggermente curve. La corteccia è di colore variabile dal grigio al marrone scuro; le foglie, pinnate, misurano 20-40 cm e si ramificano in foglioline lanceolate da 3 a 8 cm di lunghezza. I fiori sono piccoli, bianchi e profumati, le infiorescenze a forma di pannocchia, raggiungono i 25 cm di lunghezza. I frutti sono drupe con la forma e le dimensioni di un’oliva, di sapore dolce-amaro e racchiudono un nocciolo oblungo, lunghi 1-2 cm, diventano gialli quando maturano (Colorni, Laniado, 2006). E’ un albero sempreverde che fiorisce abbondantemente durante la primavera e il suo legno è resistente alle termiti. Cresce in terreni poco fertili e sassosi ed è stato utilizzato in Somalia per arrestare l’avanzata del deserto e in Indonesia per consolidare il terreno nelle zone soggette ad erosione. I semi e le foglie sono le parti più utilizzate e quelle più ricche di principi attivi. Contengono circa settanta limonoidi 30 (triterpenoidi), tra cui l’azadiractina, concentrata soprattutto nei semi, è uno dei principali componenti, attivo tra l’altro contro più di duecento specie di insetti (interferisce nel processo metamorfico delle larve anche a concentrazione estremamente bassa). Sono presenti anche tannini, composti fenolici, carotenoidi, steroidi, chetoni e flavonoidi. Le altre parti della pianta presentano gli stessi principi attivi, ma in diversa concentrazione e proporzione (Colorni, Laniado, 2006). E’ interessante notare che l’albero del neem presenta più di 33 sinonimi nella letteratura Ayuverdica che ne definiscono i molteplici utilizzi clinici. Alcuni esempi: Arista, in quanto cura diverse malattie; Kakaphala, per le sue attività antiemetiche; Puyari, per le attività antinfiammatorie; Krimighna, per la capacità antiparassitarie e di curare le malattie della pelle; In India viene utilizzata ogni parte dell’albero(Fox et al., 2001). Parte dell’albero Preparazione FRUTTO Crudo o decotto SEME OLIO DEI SEMI FOGLIE Indicazioni Costipazione, attività emolliente, purgante, efficace per le emorroidi e le malattie urinarie Antidoto per le intossicazioni, Non definita tubercolosi, odontalgia, oftalmopatia, distocia, malattie prenatali Prevenzione della calvizie e Uso topico ingrigimento dei capelli Infusione calda o tintura per Contusioni, distorsioni, dolori muscolari uso topico Cenere Calcoli urinari Succo Ittero, prurito, dismenorrea, ripristino della struttura e funzionalità uterina dopo il parto Dolori neuromuscolari, riduzione dei radicali liberi, punture di insetti Stimolo dell’’appetito, tosse, debilitazione Ittero Non definita FIORI Secchi CORTECCIA (GAMBO E RADICE) Decotto Non definito Antiemetico, dolori mestruali, astringente, coliche e malattie epatiche, stanchezza, tosse, disoressia, poliuria, bronchite, otalgia, sifilide 31 OMISSIS Ricordando le attività e le proprietà di questa pianta, le più importanti e di maggiore interesse medico sono: Attività antivirale, antibatterica, antifungina e antiparassitaria nei confronti di molti microrganismi che provocano malattie ed infezioni molto gravi nell’uomo e negli animali; Attività antiedemigena, antinfiammatoria e analgesica, valido supporto per evitare complicazioni nella riparazione delle ferite come gli autotraumatismi; Attività immunostimolante con miglioramento della risposta umorale, immuno-mediata e dell’attività fagocitaria dei macrofagi, che incrementa le attività difensive contro le infezioni anche in soggetti anziani, debilitati, immunodepressi; Attività antiossidante e di riparazione delle ferite e delle ustioni, anche croniche ed infette, con possibilità di risoluzione di lesioni complicate da patologie endocrine, circolatorie e dolore. IL “MIX 557” / 1 Primary Wound Dressing ®, ONE VET® Il “ MIX 557, è un medicamento per uso topico costituito da una miscela al 50% di estratto oleoso di iperico e neem. Il prodotto è stato brevettato dall’ENEA nel 2004, con la dicitura "composizione fitoterapica con effetti cicatrizzanti biocida e repellente per la cura e la risoluzione delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura". Nel 2007 ha ottenuto la concessione europea di brevetto e nel 2008 ha completato la procedura per il rientro nazionale del brevetto europeo con il N° 48211BE/2008 Fiorella Carnevali – medico veterinario - e Stephen Andrew Van Der Esch – biologo - ricercatori Enea, sono gli inventori di questa composizione fitoterapica che ha permesso di raggiungere risultati straordinari per la cura di ferite, prima in diverse specie animali (caprini, ovini, alpaca, cani, gatti, cavalli) e poi sull’uomo. Il medicamento messo a punto dai ricercatori presenta tutte le caratteristiche 32 di un rimedio “ALL IN ONE” grazie alle spiccate proprietà cicatrizzanti, antibatteriche, antidisidratative, lenitive e repellenti nei confronti degli insetti miasigeni e non e biocide nei confronti di parassiti (larve di ditteri). Può essere applicato sin dai primi stadi del trauma e fino alla completa risoluzione, associato o meno a fasciatura protettiva. Nel sito ufficiale dell'Enea è presente una intervista rilasciata dagli inventori in occasione della premiazione "Eccellenze all'Enea" del 2008 in cui i due inventori sono stati premiati per la ricerca sul medicamento "ALL IN ONE".(http://titano.sede.enea.it). In sostanza l'intervista riferisce che inizialmente sperimentato su diverse specie animali con ottimi risultati, il MIX 557 è stato poi testato sull’uomo dove sono stati ottenuti risultati eccellenti, visibili sin dalle prime medicazioni, sia sulle lesioni acute che su quelle croniche. Per la sperimentazione sugli animali è stato adottato il “regime di compassione”, una modalità presa dai protocolli oncologici per pazienti umani terminali, e applicata agli animali destinati ad essere soppressi a causa della gravità delle ferite, previo consenso dei proprietari. Tutti i casi trattati hanno avuto esito positivo. Questo ha permesso di estendere la sperimentazione anche a ferite meno devastanti e su molte altre specie animali, soprattutto cavalli. Sui cavalli il successo del MIX come cicatrizzante di eccellenza è ancora più sorprendente in quanto questi animali soffrono di una specialissima difficoltà di cicatrizzazione (nota come reazione cheloidea), che invece viene perfettamente controllata da questo medicamento. Questi animali, che sono estremamente sensibili al dolore, mostrano grande giovamento dalla utilizzazione del MIX permettendo la gestione delle ferite senza dover ricorre alla sedazione quotidiana per effettuare la medicazione. In sostanza il MIX 557 permette la gestione di ferite importanti anche in assenza di adeguate condizioni igienico-sanitarie, senza dolore e con decorso senza complicazioni. E se questo è vero per la veterinaria, lo è ancora di più per la medicina umana dove le lesioni esterne, principalmente di natura cronica, sono in costante aumento e i cui costi di gestione pesano sul sistema sanitario nazionale sempre più pesantemente. Il MIX 557 ha dimostrato di poter essere utilizzato sulle lesioni umane con risultati uguali, e spesso superiori, a tutti i presidi e medicamenti avanzati attualmente esistenti. Il MIX 557 viene completamente assorbito dai tessuti lesionati coordinando e regolando sin dalle primissime applicazioni la reazione infiammatoria acuta e le successive fasi del processo cicatriziale (formazione del tessuto di granulazione e riepitelizzazione). I sintomi di dolore acuto che accompagnano le ferite sono principalmente dovuti alla reazione infiammatoria iniziale che, in caso di infezioni, persiste fino a che non si debella l’infezione. La combinazione dell’effetto barriera contro i batteri presenti nell’ambiente (specie nelle condizioni igienico-sanitarie carenti o inesistenti) e dell’effetto antidisidratativo sulla rete vascolare e sulle cellule che stanno riparando la lesione, consentono il rapido passaggio dalla prima fase (quella dolorosa e infiammata) alla fase del tessuto di granulazione, non dolorosa e ricostruttiva. Il risultato è una migliore formazione di fibre connettivali collagene con recupero massimo dell’elasticità cutanea e con massima qualità della cicatrice finale. 33 Il MIX 557 - mettendo in sincronia tutti gli eventi che si verificano nelle tre fasi della riparazione delle ferite: processo infiammatorio, granulazione, ri-epitelizzazione - è da considerarsi un prodotto ALL-INONE, nel senso che non necessita dell’interazione con altri farmaci o sostanze e che è da solo sufficiente a determinare la guarigione di qualunque ferita sin dal momento del trauma. Promette una reale rivoluzione nella cura delle ferite, specie nelle ustioni di grande estensione. 34 Attività sperimentale in vivo Per la dimostrazione degli effetti del medicamento MIX 557 i ricercatori/inventori dell'Enea in collaborazione con le Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari e di Matelica hanno condotto una sperimentazione (comunicazione personale) nella quale sono state impiegate 5 pecore di circa 50 kg di peso corporeo sulle quali si è proceduto all’exeresi di quattro tasselli cutanei circolari del diametro di 6 cm nella regione lombare . Ogni lesione di ciascuna pecora è stata trattata con le diverse componenti del medicamento MIX 557 (neem e iperico separati) con il MIX 557 completo mentre il quarto tassello è servito da controllo ed è stato trattato solo con disinfettante a base di amuchina al 5%. La scelta di utilizzare un blando disinfettante nasceva dall'esigenza di avere un controllo che non andasse incontro a complicazioni infettive che avrebbero alterato i tempi di cicatrizzazione e compromesso la possibilità di confronto con i tasselli trattati con il medicamento in toto o con le sue componenti separate Da ogni tassello, previa adeguata sedazione degli animali, sono state effettuate biopsie settimanali sulle quali sono stati effettuati esami istologici e immuno-istochimici relativi ai processi cicatriziali. In particolare, su ogni campione bioptico sono stati valutati: La morfologia del tessuto e dei processi riparativi tramite colorazione H&E di routine; Istochimica tricromica Mallory, Van Gieson per lo studio dei processi di connettivizzazione; Immunoistochimica per i seguenti marckers: Espressione Epidermal Growth Factor (EGF); Espressione Fibroblast Growth Factor (FGF); Espressione Fattore VIII (conta dei microvasi); Espressione CD 31 (conta dei microvasi); Espressione CD 61 (platelet glycoprotein IIIa); Espressione pan-Cadherin (molecole di adesione per “restoring” dell’epitelio); Espressione di un pannello anticorpale per la fenotipizzazione dell’infiltrato infiammatorio e della risposta immunitaria (CD3, CD21, CD79, CD4, CD8, NK, CD68, CD25); Espressione di un pannello di citocheratine per la caratterizzazione dell’epitelio (Pancitokeratins); Espressione di un pannello di anticorpi per la valutazione dell’attività mitotica (PCNA, Mib-1); Espressione di un pannello di anticorpi per la caratterizzazione della matrice (metalloproteinasi e inibitori, collagene di tipo I, II, III, IV e XIII); Valutazione citochine (TGF-β, TNF-α, IFN-γ, IL-1 β, IL-4, IL-12, IL-8, IL-6). Ad intervalli settimanali mediante camera digitale sono stati effettuati i rilievi fotografici di tutti i tasselli con inserimento di un riferimento in centimetri che sono stati utilizzati per il calcolo della velocità di cicatrizzazione secondo l'equazione di Gilman (Gorin et al., 1996). Questo studio ha dimostrato che: • non ci sono state differenze significative nei tempi di cicatrizzazione dei tasselli cutanei in tutti i gruppi trattati, controllo compreso, mentre sono state evidenziate differenze individuali nella velocità di cicatrizzazione indipendentemente dal trattamento effettuato. Tre delle cinque 35 pecore sperimentali hanno completato la cicatrizzazione dei tasselli in quattro settimane mentre le rimanenti 2 pecore hanno completato la cicatrizzazione dei tasselli in sei settimane. Nessun tassello ha presentato complicazioni infettive dimostrando che il medicamento MIX 557 e le sue componenti non compromettono il processo cicatriziale fisiologico ma consentono un decorso cicatriziale privo di complicazioni infettive/batteriche senza l'utilizzazione di disinfettati o antimicrobici; le migliori prestazioni cicatriziali sono state ottenute in maniera significativamente superiore solo nei tasselli trattati con il MIX 557 in toto, mentre le peggiori sono state riscontrate nei tasselli di controllo. I tasselli trattati con le diverse componenti del MIX 557 hanno presentato performance inferiori al MIX 557 completo dimostrando che dalla miscelazione delle due componenti si ottiene un prodotto adatto ad essere utilizzato in tutte le fasi del decorso cicatriziale. In definitiva il MIX 557, induce lo svolgimento in tempi fisiologici di un processo riparativo qualitativamente superiore, in cui sono favorite una maggiore vascolarizzazione del tessuto di granulazione, un’elevata produzione di collagene III, una ridotta fibroplasia e migliore qualità della cicatrice finale. La sperimentazione è stata oggetto di una tesi sperimentale nel 2010 e i risultati sono stati presentati al Congresso Nazionale Della Società di Chirurgia Veterinaria (SICV) del 2010. 36 Ulteriori Studi sperimentali sono stati effettuati sull’uomo. Uno tra questi è lo studio effettuato da Severin Läuchli, University Hospital Zurich, Switzerland President, Swiss Association for Wound Care (SAfW)nel 2012 in diversi ospedali Svizzeri dove sono stati analizzati 105 casi ( 37 ferite acute, 68 ferite croniche), (tabelle sotto riportate) dove il trattamento con 1 Primary Wound Dressing ® ha favorito la guarigione di 63 lesioni su 105 (31 acute, 32 croniche). 37 In questo studio è stato evidenziato che in 57 casi su 105 (54%) la fase di granulazione è stata indotta più velocemente rispetto ai risultati ottenuti in altri recenti studi clinici, è stato registrato un notevole miglioramento della cute peri-lesionale e osservato che l’applicazione del 1 Primary Wound Dressing® promuove la rimozione di fibrina. 38 Un secondo studio ha dimostrato che si ottiene una perfetta guarigione con spettacolare induzione di tessuto di granulazione anche sulle escissioni di tumori cutanei a livello del cuoio capelluto. Lo studio retrospettivo effettuato su pazienti volontari conclude: Questo studio retrospettivo suggerisce che 1 Primary Wound Dressing® è molto semplice da usare, sicuro ed efficace. Può rappresentare una potenziale terapia per il trattamento delle lesioni del cuoio capelluto anche per lesioni con osso esposto. 39 40 Un ulteriore studio retrospettivo, qui di seguito riportato, conclude che lo spray 1Primary Wound Dressing® è una medicazione non-touch, maneggevole ed efficace per la cicatrizzazione per seconda intenzione sia di piccole che di grandi Sinus Pilonidali. 41 Il seguente studio, effettuato presso una casa di cura per anziani, ha dimostrato che 1 Primary Wound Dressing® è semplice e salubre da usare per il trattamento topico delle ferite difficili ed ha un ottimo rapporto costo-beneficio. 42 Infine un recente studio sulle ustioni su pazienti pediatrici ha mostrato che 1 Primary Wound Dressing® è efficace nel trattamento delle ustioni di secondo grado come medicazione primaria senza necessità di associare l’utilizzazione di antimicrobici/disinfettanti istiolesivi, determinando la guarigione delle lesioni nei tempi fisiologici di tre settimane e riducendo il dolore di base e alla medicazione, con notevole sollievo dei pazienti trattati (Mainetti e Carnevali, 2013). 43 Il MIX 557 per uso veterinario: ONE VET® Il medicamento per uso veterinario prende il nome di ONE VET ed è il corrispettivo commerciale di 1 Primary Wound Dressing®. VET Come già riportato il primo lavoro pubblicato sulla efficacia di ONE VET è l’esperimento effettuato sulla specie ovina. Attualmente l’unica pubblicazione in campo veterinario è rappresentato da una comunicazione al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013 , di cui si riporta integralmente l’abstract, intitolata: Managing Second-Intention Horse Wounds Presenting With Exuberant Granulation Tissue Using a Plant-Derived Wound Dressing: A Retrospective Non-Controlled Study Objective: To evaluate the healing performances of traumatic horse wounds at the distal part of the limbs, presenting with Exuberant Granulation Tissue (EGT), using a plant-derived wound dressing (ONE, Phytoceuticals, Zurich) in association, when feasible, with a permanent semi-occlusive bandaging. Methods: A retrospective analysis was conducted on 25 horses presenting with accidental wounds at the distal part of the limbs and treated with a plant-derived wound dressing associated, when feasible, with permanent semi-occlusive bandaging, daily changed. The presence of the EGT was evaluated using the Score System (EGT-SS) indicated by Ducharme-Desjarlais et al. (Am J Vet Res, 2005, 66, 1133-1139,). Initial Wound Area (IWA - cm2) (calculated using a scaled digital photograph or a wound contour traced on plastic film) and Time To Heal (TTH- days) were used for calculating the Epithelialisation Rate (ER - cm/days), 44 (Stashak, 1991, Equine Wound Management. First Edition pp 1-18). Wound Appearance was recorded weekly as inflamed or healthy on the basis of a scoring scale (WA score) as indicated by Silveira et al. (Am J Vet Res, 2010, 71, 229-234). Time of First Epithelium appearance (TFE -days) was evaluated weekly, Cosmetic Aspect of the final Scar (CAS score) (Ketzner et al. Austr Vet J, 2009, 87 (9), 368) was evaluated at the end of the healing process. Pain, complications, number of surgical EGT resections and ease of handling were recorded and evaluated. Main Results and Conclusions: Based on the EGT-SS, all of the 25 analyzed wounds presented EGT formation, the mean size (IWA) varying from 12,90±4,51 cm2 (wounds <25 cm2) to 62,76±26,55 cm2 (wounds >25 cm2). TTH showed a mean value of 79±54,32 days, ER was 0,0742±0,0342 cm/day and TFE was 18 days. The WA score showed that the majority of the wounds reached a healthy wound state during the second week (15 days). At the 30th day, and during the whole remaining period, all wounds presented a healthy wound state, no clinical signs of infection were observed, not even in those wounds in which bone was exposed (n=3). Bandaged Wounds (n=16) presented better CAS score performances (88% excellent, 12% good, 0% hypertrophic scar) than Not Bandaged Wounds (n=9) (43%, 24%, 32%). Surgical resection was never necessary, but the wound surface slightly protruded the skin level when wounds were left un-bandaged. Horses became confident with medication without sign of discomfort or pain all over the time courses. Usually equine wounds, complicated by the EGT, have low healing performances and poor scar quality. The plant-derived wound dressing shows the capacity to regulate the EGT formation, obtaining a high quality final scar, particularly when a permanent bandage is associated. It is simple to use and safe. Detto studio retrospettivo effettuato su 25 cavalli in collaborazione tra ENEA e i servizi Veterinari dei Carabinieri a cavallo, dei Corazzieri e dell’ospedale Militare di Montelibretti, ha dimostrato che ONE Vet® permette di gestire ferite complicate da cheloide nel cavallo con tendenza a svilupparlo, senza necessità di ricorrere alla resezione chirurgica ricorrente ne all’uso di causticanti /corrosivi, limitando al contempo le complicazioni infettive pur non utilizzando antibiotici locali e/o generali. La qualità della cicatrice finale è superiore a qualunque terapia convenzionale attualmente in uso. 45 Risultati di qualità della cicatrice finale valutata secondo Ketzner et al. (Austr Vet J, 2009, 87 (9), 368) valutata a fine decorso per le ferite trattate con ONE VEt con bendaggio e senza bendaggio. Not Bandaged Wounds (n=9) 43% excellent, 24% good 32% hypertrophic scar Bandaged Wounds (n=16) 88% excellent, 12% good, 0% hypertrophic scar 46 Uno dei casi trattati con ONE VET e riferiti al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013: Ferita traumatica alla parte distale dell’arto. Elevata qualità della cicatrice finale. Time course: 3 months 47 Altri casi trattati con ONE VET riferiti al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013: Ferita traumatica alla parte distale dell’arto con tendenza allo sviluppo del cheloide, regressione della protuberanza del tessuto di granulazione e qualità elevata della cicatrice finale. 48 49 7) PARTE SPERIMENTALE Scopo di questa sperimentazione è stato valutare la possibilità di utilizzare il medicamento ONE VET® derivante dal brevetto ENEA per il trattamento delle piodermiti del cane in alternativa alla terapia antibiotica per diminuire o sostituire l’impiego di antibiotici e ridurre il rischio di insorgenza di antibiotico resistenza nei germi residenti, potenzialmente patogeni della specie canina. Allo scopo sono state analizzate retrospettivamente i risultati ottenuti in 10 cani trattati esclusivamente con la medicazione primaria ONE VET® a seguito di comparsa di lesioni cutanee ascrivibili a Piodermite superficiale in forma di HOT spot o diffusa. MATERIALI E METODI 10 soggetti, di proprietà o ricoverati presso rifugi per cani abbandonati, sono stati trattati alla comparsa dei sintomi di piodermite esclusivamente con ONE VET® spray, previa tolettatura dell’area perilesionale alla prima visita, detersione con soluzione fisiologica prima del trattamento effettuato quotidianamente. Tutti i cani, ad eccezione di 1 (Caso n. 10 lesione persistente da tre mesi trattata convenzionalmente senza esito) sono stati trattati sin dal primo momento della comparsa della patologia. Nessuno di questi aveva manifestato tale patologia in precedenza, un paziente (Caso n. 1) ha presentato una recidiva della stessa forma di piodermite a distanza di un anno dal precedente episodio in altro punto del dorso, (Caso n. 7), un paziente presentava 3 grandi lesioni (Caso 2a, 2b e 2c) e il Caso n. 3 presentava numerose lesioni diffuse (circa 15) alla schiena e ai fianchi di ampiezza variabile tra 4 e 15 cm2 (in tabella indicate come 12cm2) (vedi Tabella 1). Dall’anamnesi dei singoli pazienti è emerso che la maggior parte di essi aveva avuto, nei giorni immediatamente precedenti all’episodio di piodermite, uno squilibrio alimentare o per cambio di alimentazione repentino ( Casi n. 1, 2, 3, 5, 7, 9) o per ingestione di quantità eccessive di cibo (accesso al mangime secco fuori controllo Casi n. 6, 8). I casi n. 4, 5 erano defedati e in cattive condizioni generali. Il Caso n. 10 era stato trattato convenzionalmente (antibiotici per via generale e disinfettante a base di iodio localmente) senza esito. Per la valutazione del decorso clinico sono stati presi in considerazione i parametri di “calor" perilesionale, essudazione della superficie lesa, presenza di essudato disidratato (crosta di superficie), epitelizzazione. Per la misurazione dell’estensione, le lesioni sono state fotografate utilizzando una camera digitale in cui è stato inserito un righello centimetrato di almeno 10 cm di lunghezza. Il rilevamento fotografico è stato ripetuto in alcuni casi quotidianamente in altri ad intervalli di 3-4 giorni. E’ stata considerata guarita la lesione al momento della completa epitelizzazione, quando però il pelo non era ancora ricresciuto. Per evitare il leccamento e/o auto traumatismi a livello della lesione da parte del paziente, è stato applicato il collare elisabettiano o una musetta/museruola, che sono stati mantenuti fino alla scomparsa del comportamento compulsivo a grattarsi. Il comportamento riferito al 50 grattamento delle lesioni da parte del paziente è stato valutato per almeno 10 minuti prima del rinnovo della medicazione quotidiana, lasciando il paziente relativamente libero (durante una passeggiata a guinzaglio o in prossimità dell’area di visita ambulatoriale) di raggiungere la/le lesioni con la bocca, attribuendo un punteggio di Massimo, Medio o Assente a seconda dell’intensità e ripetizione dei tentativi di grattamento/morsicamento. TABELLA 1: Elenco dei casi trattati CASO N. Caso 1 Caso 2 a Caso 2 b Caso 2 c Caso 3 Caso 4 Caso 5 Caso 6 Caso 7 Caso 8 Caso 9 Caso 10 Taglia piccola grande grande grande grande grande grande piccola piccola piccola grande grande Proprietà privato canile canile canile canile canile privato privato privato privato canile privato Tipo di Piodermite Hot spot hot spot hot spot hot spot Diffusa Hot spot Diffusa Hot spot Hot spot Hot spot Hot spot Profonda n. lesioni 1 1 1 1 15 1 3 1 1 1 1 1 Durata/Giorni 25 15 15 15 20 40 37 21 22 10 17 27 Area/cm2 88 63 34 32 12 132 nd 56 25 65 145 129 51 RISULTATI E DISCUSSIONE Tutti i pazienti hanno tollerato la terapia spray senza comparsa di alcun effetto collaterale o fallimenti di risoluzione. Tutte le lesioni sono giunte a guarigione in un tempo medio di 23,4 ± 9,3 giorni, con un minimo di 15 giorni (caso n.2) ed un massimo di 40 giorni (caso n. 4). In nessun caso si è resa necessaria la somministrazione di antibiotici sistemici ne di disinfettanti antimicrobici locali. E ciò perché tutti i casi hanno mostrato tendenza alla risoluzione sin dai primi giorni di trattamento con scomparsa della fase essudativa e infiammatoria entro la prima settimana di trattamento. La compulsione a grattarsi/mordersi era presente in tutti i pazienti a livello di punteggio “Massimo” rilevato al momento della prima visita e si è mantenuto tale nelle prime 24-48 ore dall’inizio del trattamento con ONE VET® spray. Dal secondo-terzo giorno in poi il punteggio è sceso a livello medio per raggiungere il punteggio “Assente” (scomparsa completa del prurito) in tutti i pazienti a partire dal quarto giorno di trattamento. In contemporanea alla scomparsa del prurito, si è osservata una riduzione del grado di essudazione della lesione, diminuzione del "calor" perilesionale, riduzione sostanziale dell’area disepitelizzata e presenza di piccole aree con essudato disidratato adeso alla lesione residuale. Dalla seconda - terza settimana la riepitelizzazione si è estesa a tutta la superficie completando la guarigione della lesione. Di seguito vengono riportate le sequenze fotografiche dei pazienti più significativi per una visione particolareggiata del decorso individuale. Caso n. 1: Piodermite HOT SPOT 1° giorno 3 giorno 8° giorno 21° giorno 52 Caso n° 2 1° giorno 6° giorno 15° giorno Caso n. 3: Piodermite diffusa 1° giorno 4° giorno 7° giorno 21° giorno 53 Caso n. 4: Piodermite Hot Spot 1° giorno 4° giorno 15° giorno 35° giorno Esame microbiologico e relativo antibiogramma del caso n. 4: al momento della prima visita in data 12 marzo 2010 (positivo per Staphylococcus aureus) e dopo due settimane (22 marzo 2010) da cui si evince la scomparsa dell’infezione sulla superficie della lesione. 54 Caso n. 6: Piodermite Hot spot 1° giorno 7° giorno 15° giorno 4° giorno 7° giorno 21° giorno Caso n. 7 Piodermite Hot Spot 1° giorno 15° giorno Caso. n. 9: Piodermite Hot Spot 1° giorno 3° giorno 11° giorno 17° giorno 55 Caso n. 10: Piodermite precedentemente trattata convenzionalmente senza esito, poi trattata con ONE VET® spray. 1° giorno 4° giorno 15° giorno 21° giorno 56 DISCUSSIONE Come già riferito nel capitolo “Piodermiti” si distinguono piodermiti di superficie, superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione batterica secondaria (Ihrke, 1983, Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti, 1988, Fourrier et al.,1988, Bensignor, 2001, Guaguere E. e Prelaud P, 2005). In base a questa classificazione possiamo affermare che tutti i casi trattati in questo studio erano affetti da Piodermite di superficie prevalentemente in forma di Hot Spot rispondenti perfettamente ai criteri eziologico-diagnostici riferiti dagli autori qui di seguito riportati: DERMATITE ACUTA UMIDA: la dermatite acuta umida o dermatite piotraumatica o “hot spot”, un tempo denominata anche eczema acuto umido, in cui si assiste ad una proliferazione batterica eccessiva confinata ad un’area localizzata di cute, generalmente a seguito di transito ed accumulo di tossine (principalmente di origine alimentare) che scatenano una reazione infiammatoria acuta ed imponente, che a sua volta determina, per l’intenso grattamento, lesioni da autotraumatismo. Le lesioni insorgono tipicamente in maniera improvvisa “da un giorno all’altro” e sono caratterizzate da aree alopeciche, di dimensioni diverse, in corrispondenza delle quali la cute appare estremamente arrossata, dolente e bagnata per l’intensa essudazione; tagliando il pelo alla periferia della lesione si evidenzia una netta demarcazione tra la cute interessata e quella sana. La localizzazione di tali lesioni è quanto mai variabile in base anche alla causa predisponente, tuttavia spesso si riscontrano in corrispondenza della regioni lombo-dorsale o ai lati del collo. Come riferito dalla letteratura, il trattamento di elezione delle piodermiti sia superficiali che profonde è la somministrazione sistemica di antibiotici per periodi prolungati da proseguire per 2-4 settimane dopo la scomparsa della sintomatologia clinica, accompagnato da trattamenti topici disinfettanti (Ihrke, 1983, Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti, 1988. Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001). Pochissimi autori (Scott et al. 2006) riportano risoluzione terapeutica in meno di 40 giorni utilizzando antibiotici (in questo articolo è riportato l'Orbifloxacina). E’ noto però che questa utilizzazione prolungata porta allo sviluppo di ceppi di germi resistenti agli antibiotici che non possono più essere debellati, in un circolo vizioso che comporta un progressivo aggravamento delle condizioni cliniche dei pazienti che sempre più frequentemente vanno incontro a recidive via via sempre più gravi e irrisolvibili (Bergan, 1981, (Noble and Kent 1992, Quinn et al., 1994, Lloyd et al. 1996, 1999, Werckenthin et al. 2001, Holm et al. 2002, Rantala et al. 2004, Loeffler et al. 2007). La selezione di ceppi patogeni resistenti riguarda sia l’agente eziologico delle piodermiti vale a dire Staphylococcus spp (intermedius, aureus, ecc.) (Medleau et al., 1986, Noble and Kent 1992, Pak et al., 1999, Loeffler et al, 2001) che la flora microbica saprofita normalmente residente nell’intestino, specificamente Escherichia coli, ma anche Klebsiella o Enterococchi o Pseudomonas e Serratia (Hirsh 57 et al., 1980, Monaghan et al., 1981, Van Belkum et al., 1996). Questo ha una gravissima ricaduta non solo in campo veterinario, come sottolineato dagli autori previamente citati, ma anche in campo umano, la cui selezione e diffusione di ceppi gram negativi – multi resistenti sta diventando un problema planetario di difficilissima soluzione e grande preoccupazione sociale (Donskey et al., 2004, Paterson, et al., 2005, Ben-Ami et al., 2006, Rossi et al., 2006, Lee et al., 2006, Schwaber et al., 2006, Pop-Vicas et al., 2008). La possibilità di tenere a bada e/ o risolvere per via terapeutica patologie sostenute da batteri, come le piodermiti, senza innescare processi negativi come l’antibiotico resistenza, è fortemente auspicabile e desiderabile, ma attualmente di difficilissima realizzazione vista l’estensione del fenomeno piodermite e l’assenza di alternative alla utilizzazione degli antibiotici per il controllo di dette patologie (Pop-Vicas et al. 2008). Le piodermiti ed il loro prolungato trattamento terapeutico a base di antibiotici stanno sostenendo ed amplificando il problema della antibiotico-resistenza, specie se non si riuscirà a trovare soluzioni alternative per il trattamento di questa diffusissima patologia della cute del cane. I risultati di questo studio preliminare, retrospettivo e senza controllo, sembrano rispondere perfettamente a questa necessità di limitare e/o evitare l’utilizzo degli antibiotici. Il medicamento ONE VET® sembrerebbe rispondere efficacemente all'esigenza di risolvere le piodermiti del cane in tempi rapidi e senza impiego di antibiotici, in tempi notevolmente inferiori a quelli riferiti dalla letteratura esaminata o simili alla letteratura in cui la patologia si è risolta più velocemente con utilizzo di antibiotici fluorochinolonici (Scott et al., 2006) . Questo significa che se, anche si dovessero avere recidive nello stesso paziente, per persistenza dei fattori scatenanti, quali allergie o intolleranze alimentari, predisposizioni genetiche e di conformazione della cute, il trattamento con ONE VET® porterebbe a risoluzione il problema in tempi notevolmente inferiori a quelli osservati con le terapie convenzionali e soprattutto non causerebbe nessuno strascico collaterale come la selezione di ceppi resistenti agli antibiotici. Questo effetto antimicrobico di ONE VET® è stato riscontrato anche nel corrispettivo 1 Primary Wound Dressing® per uso umano, come si evince dai dati riferiti da Mainetti e Carnevali riguardo alla terapia delle ustioni senza uso di antibiotici (Mainetti e Carnevali, 2013). Ma questo effetto antimicrobico era stato già riferito in occasione di una comunicazione a Congresso da Carnevali et al (EWMA 2011) in cui una paziente con ulcera a gambaletto, persistente da oltre 17 anni e colonizzata da oltre due anni da Acinetobacter baumanni e calcoaceticus, entrambi multi-resistenti, aveva mostrato una variazione della popolazione batterica residente da multi resistente a sensibile dopo un mese di trattamento topico con il medicamento, per cui si è potuto procedere al trapianto di cute 58 sull’intera ulcera con un successo di attecchimento del 100%. Di seguito si riporta l’abstract presentato al suddetto Congresso del 2011. Case Report accettato al congresso EWMA, Bruxelles 25-27 maggio 2011 Questo effetto antimicrobico era stato osservato anche in precedenza quando ancora il medicamento MIX 557 non aveva una veste commerciale ed era in fase di sperimentazione. Infatti come si evince dall’abstract presentato al Convegno EWMA (Glascow, 2007) si era notato che trattando un ulcera infetta da oltre un milione e mezzo di Unità Facenti Colonia (UFC) di S. aureus, entro tre giorni dal trattamento, si riscontrava una riduzione drastica e duratura della carica microbica di superficie pari a 4.000 Unità Facenti Colonie (UCF) che non corrispondono più ad una infezione in corso, ma ad una normale e controllabile "colonizzazione" della superficie lesa. La diminuzione della colonizzazione batterica era accompagnata anche da riduzione del dolore causato dalla persistenza 59 dell’infiammazione, a dimostrazione che il controllo della carica batterica permette alla lesione di procedere verso la fase di granulazione con riduzione del dolore infiammatorio. EWMA, Glascow 2 Come nei case report appena citati, anche in questo studio sulle piodermiti del cane è stato osservato un abbattimento della carica microbica sostenuta da Staphylococcus aureus, parzialmente resistente agli antibiotici, residente sulla lesione del caso n° 4 (vedi risultati analisi microbiologica cane Carmela del 12 marzo e del 22 marzo) senza utilizzazione di terapia antibiotica, sistemica o locale. Purtroppo in nessun altro dei casi presentati era stato possibile effettuare indagini microbiologiche che possano confermare quanto osservato in umana e in quest’unico caso testato. Comunque, a conferma dell’azzeramento della carica microbica responsabile della sintomatologia e del quadro clinico e della evoluzione positiva delle lesioni trattate con ONE VET® verso la fase di granulazione, sono la scomparsa della compulsione a grattarsi nell’arco di 24-48 ore (sintomo che indica la persistenza della infiammazione e quindi dell’infezione e che viene perfettamente controllato dal trattamento topico con ONE VET®), la riduzione del grado di essudazione sin dai primi giorni di trattamento (l’essudazione superficiale è sintomo che indica la persistenza di infiammazione/infezione e quindi la sua riduzione è indicatore della ripresa della permeabilità vascolare fisiologica per scomparsa dello stato infiammatorio) e la riepitelizzazione dell’area lesionata (la riepitelizzazione indica che il processo di riparazione è costante e conseguente ad una granulazione fisiologica, per cui si deduce che infezione e/o infiammazione sono scomparse). 60 Sicuramente sono necessari altri studi in cui sia effettuata la caratterizzazione microbiologica durante il decorso della terapia, per confermare i risultati di questo studio preliminare. E’ comunque incoraggiante l’osservazione che sia in umana che in veterinaria le lesioni della cute possono essere efficacemente trattate senza dover necessariamente ricorrere alla somministrazione di antibiotici. Il meccanismo antimicrobico che sta alla base di questi effetti riscontrati utilizzando ONE VET® risiede nelle proprietà degli acidi grassi a media e lunga catena mono e poli-insaturi contenuti nel medicamento stesso, che come riferito da Drake et al- (2008) e Desbois and Smith (2010) sono dei potenti agenti antimicrobici. In questi articoli si ribadisce che gli acidi grassi polinsaturi sono la componente principale dei lipidi prodotti dalle ghiandole adipose della pelle, sono composti che si sono evoluti nella scala zoologica con la funzione di protezione della cute dalle aggressioni batteriche, sono presenti sia nel mondo animale che vegetale (Omega 3, Omega 6). Questi acidi grassi, quando vengono applicati sul derma esposto come medicazione primaria (come per ONE VET®) ostacolano la proliferazione batterica, si ossidano inglobando e sequestrando i radicali liberi al posto delle strutture di membrana delle cellule vive e, mantenendo la giusta idratazione superficiale, facilitano la cicatrizzazione (formazione di uno strato semipermeabile che impedisce la disidratazione) dimostrando che sono il cicatrizzante ideale. Lo spettro di azione antibatterico dei cisFFAs (acidi grassi a catena medio-lunga saturi ed insaturi) è molto ampio ed ha una modalità di azione non specifica: effetto di disgregazione del doppio strato lipidico della membrana cellulare batterica analoga all’azione svolta dai free fatty acids presenti sull’epidermide della maggior parte dei mammiferi, uomo compreso con funzioni antimicrobiche. Si riportano le immagini del meccanismo di azione dei FFAs (Free Fatty Acids) riportata nell’articolo di Desbois and Smith (2012) e la rappresentazione grafica dei più comuni acidi grassi di cui sono state riscontrate attività antimicrobica. 61 62 CONCLUSIONI Le piodermiti nel cane sono una patologia frequente ed in costante crescita da tenere sotto stretta osservazione a causa della correlazione stretta con l’insorgenza di gravi e diffuse resistenze agli antibiotici da parte dei batteri responsabili di detta malattia, oltreché dei batteri saprofiti residenti nei pazienti, specialmente i gram negativi ospitati a livello intestinale. Contrariamente a quanto riferito dalla letteratura qui analizzata, e in base ai risultati ottenuti in questo studio preliminare, potrebbero non essere più così problematiche in quanto possono essere efficacemente trattate senza dover ricorrere alla somministrazione di antibiotici sistemici o locali. Se questo fosse confermato da futuri studi, il problema dell’antibiotico resistenza potrebbe cominciare ad avere una riduzione dell’allarme che sta fino ad ora creando all’interno della comunità internazionale. 63 BIBLIOGRAFIA Baker B.B., Maibach H.I., Park R.D. et al. 1973. Epidermal cell renewal in the dog. American Journal of Veterinary Research, 34, 93; Ben-Ami R., Schwaber M.J., Navon-Venezia S., Schwartz D., Giladi M., Chimelnistky I., Leavit A., Carmeli Y. 2006. Influx of extended-spectrum beta-lactamase-producing Enterobacteriaceae into the hospital. Clin Infect Dis, 42, 925–934; Bergan T. 1981: Pharmocokinetics of tissue penetration of antibiotics. Rev Infect Dis, 3, 45-66; Besignor E. 2001.Atlas des pyodermites canines. Paris: MedCom; Blazej A., Galatik A., Galatik J. et al. 1989.Atlas of microscopic structures of fur skin 1. 1st ed. Amsterdam: Elsevier, 204-7; Bodeker G. Burford G. 2002. 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