Piodermite cane

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Piodermite cane
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA
DIPARTIMENTO DI MEDICINA VETERINARIA
Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria
Settore Scientifico Disciplinare VET/07
ELABORATO DELLA PROVA FINALE
ONE VET®: UNA MISCELA DI FITOTERAPICI PER LA TERAPIA
DELLE PIODERMITI DEL CANE: STUDIO PRELIMINARE
ONE VET®: A PHYTOHERAPIC MIX FOR THE MANAGEMENT OF
PYODERMITIS IN DOGS: PRELIMINARY STUDY
Laureando Relatore
Sig.na Silvia Salvatori
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Prof.ssa Giorgia della Rocca
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Correlatore
Dott.ssa Fiorella Carnevali
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Anno Accademico 2012-2013
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Indice
1) INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI .............................................................................................................................................3
2) CENNI DI ANATOMIA CUTANEA ......................................................................................................................................................4
EPIDERMIDE ........................................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
DERMA ................................................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
ANNESSI CUTANEI ............................................................................................................. Errore. Il segnalibro non è definito.
FUNZIONI DELLA CUTE ........................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA CUTE ............................................................................................................5
3) FISIOLOGIA DELLA RIPARAZIONE CUTANEA ............................................................................................................................7
FASI DEL PROCESSO CICATRIZIALE ...........................................................................................................................................8
FASE INFIAMMATORIA ....................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
FASE PROLIFERATIVA ......................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
FASE DI MATURAZIONE ED EPITELIZZAZIONE (RIMODELLAMENTO) .......................... Errore. Il segnalibro non è definito.
4) FISIOPATOLOGIA DELLA RIPARAZIONE TISSUTALE ..............................................................................................................10
5) PIODERMITE NEL CANE ............................................................................................................................................................12
CLASSIFICAZIONE ......................................................................................................................................................................12
DIAGNOSI ....................................................................................................................................................................................17
TERAPIA CONVENZIONALE ......................................................................................................................................................18
TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA .........................................................................................................................................18
TERAPIA TOPICA .......................................................................................................................................................................20
TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI SUPERFICIALI ..............................................................................................................21
TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI PROFONDE: .................................................................................................................22
TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI RICORRENTI ................................................................................................................22
ANTIBIOTICO RESISTENZA .......................................................................................................................................................23
6) LA RICERCA IN ENEA: IL BREVETTO MIX 557 .........................................................................................................................27
HYPERICUM PERFORATUM O ERBA DI S.GIOVANNI ..............................................................................................................28
AZADIRACHTA INDICA O ALBERO DEL NEEM ........................................................................................................................30
IL “MIX 557” / 1 Primary Wound Dressing ®, ONE VET®......................................................................................................32
Il MIX 557 per uso veterinario: ONE VET® ..............................................................................................................................44
7) PARTE SPERIMENTALE ..................................................................................................................................................................50
MATERIALI E METODI ..................................................................................................................................................................50
RISULTATI E DISCUSSIONE ...........................................................................................................................................................52
DISCUSSIONE ...............................................................................................................................................................................57
CONCLUSIONI ..............................................................................................................................................................................63
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................................................................64
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1) INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
La piodermite batterica come causa di malattia della pelle canina è seconda solo alla dermatite
allergica da pulci, ma diventa la prima malattia della cute del cane nei paesi in cui lo sviluppo delle
pulci è sfavorito. Si può quindi affermare che tale patologia rappresenta una delle malattie con
maggior incidenza nel cane. Esistono molti tipi di piodermite, in base alle diverse e numerose infezioni
batteriche cutanee, ciascuna con aspetti clinici e istopatologici specifici: troviamo quelle di superficie,
superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) determinate nella maggior parte dei casi dallo
Staphylococcus intermedius, da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione batterica
secondaria. La diagnosi si basa sull’anamnesi, l’esame clinico e sull’esito degli esami complementari,
mentre per quanto riguarda la terapia convenzionale, questa prevede l’uso di antibiotici per via
sistemica e locale, spesso correlato all’insorgenza di gravi e diffuse resistenze agli antibiotici da parte
dei batteri responsabili di detta malattia, oltreché dei batteri saprofiti residenti all’interno dei pazienti.
Scopo di questa tesi è valutare l’efficacia del medicamento ONE VET®, fitoterapico per uso topico,
costituito da una miscela al 50% di estratto oleoso di iperico e neem con effetti cicatrizzante, biocida e
repellente per la cura e risoluzione delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura, per il
trattamento delle piodermiti del cane in alternativa alla terapia antibiotica, anche al fine di
identificare una alternativa terapeutica che permetta di ridurre il rischio di insorgenza di antibiotico
resistenza nei germi residenti, potenzialmente patogeni della specie canina
Ciò è stato realizzato attraverso uno studio sperimentale retrospettivo non controllato di cui si
riportano i risultati.
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2) CENNI DI ANATOMIA CUTANEA
La cute e gli annessi cutanei rappresentano un organo che riveste tutta la superficie corporea e che si
trova in continuità con mucose e orifizi naturali. Creano quindi una barriera anatomica e fisiologica
essenziale tra l’ambiente esterno e quello interno oltre a riflettere lo stato di salute e il buon
funzionamento dell’organismo.
Nel cane la cute e i suoi annessi, spesso risultano essere specie-specifici: basti pensare che in tale
specie lo spessore cutaneo è compreso tra 0,5 e 5 millimetri, ed è maggiore su dorso e parte
prossimale degli arti, mentre è minore sull’addome e parte distale degli arti; inoltre esiste una
differenza di spessore anche tra le diverse razze canine (l’esempio classico è rappresentato dallo
Sharpei con cute molto spessa) e in base allo stato di salute dell’animale.
La cute è un organo complesso in quanto è costituito da 3 strati diversi per origine embrionale,
struttura e funzione: epidermide, derma e ipoderma (Creed, 1958, Scott et al.,1995).
Immagine tratta da: DSP.AUSIBO.IT
OMISSIS
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ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA CUTE
L’epidermide comprende tre tipi di barriera:
la fisica, che comprende principalmente nello strato corneo, giunzioni tra le cellule e proteine del
citoscheletro;
la chimica/biochimica, che consta di sostanze antimicrobiche e immunità innata, rappresentate da
lipidi, acidi, enzimi idrolitici, peptidi antimicrobici e macrofagi;
la immunologica adattativa, che comprende costituenti umorali e cellule del sistema immunitario
(Proksch et al., 2008).
E’ implicito, dunque, che in caso di dermatiti si abbia un alterazione della funzione di barriera della
pelle. L’alterazione della barriera cutanea nella fisiopatologia delle malattie dermiche può essere
suddivisa in tre condizioni:
ALTERAZIONI DELLA BARRIERA COME PROCESSO PRIMARIO O INTRINSECO: questa condizione è
strettamente collegata alla perdita di continuità ed integrità anatomica dell’epidermide che si verifica,
infatti, nella dermatite irritativa e/o allergica da contatto, nelle ustioni, nelle ulcere ischemiche
(vascolare, diabetica), nei disturbi bollosi per attrito o per anomalie della cheratina, nella pelle del
neonato prematuro e nell’ittiosi (Proksch et al., 2008).
ANOMALIE IMMUNOLOGICHE: possono derivare da cause endogene o esogene. Quelle su base
endogena sono su base autoimmune come si verifica nel linfoma a cellule T (Micosi fungoide) e nelle
malattie bollose autoimmuni, quelle da cause esogene si verificano a seguito di reazioni allergiche
sistemiche o da contatto (le dermatiti irritanti e/o allergiche da contatto), alimentari (dermatite
atopica) e la psoriasi (Proksch et al., 2008).
Una compromissione lieve della barriera cutanea si ritrova in malattie monogenetiche dove si ha una
differenziazione epidermica alterata o una compromissione lipidica, senza infiammazione, come ad
esempio l’ittiosi vulgaris (mutazioni filaggrina) (Palmer et al., 2006, Smith et al., 2006, Proksch et al.,
2008) mentre le malattie con interruzioni della barriera più pronunciate sono malattie infiammatorie
molto più gravi e problematiche da trattare (come la dermatite atopica e la psoriasi).
Le lesioni cutanee infiammatorie si presentano ricoperte da scaglie o croste secche come risultato
dell’alterazione della differenziazione epidermica, e principalmente dello strato corneo, che non ha più
l’intrinseca capacità di trattenere l’acqua.. Nella dermatite da contatto, il deterioramento della barriera
da sostanze irritanti e allergeni, rappresenta l’evento primario, seguito da sensibilizzazione,
infiammazione, aumento della proliferazione epidermica e cambiamenti nella differenziazione
epidermica. Nella dermatite atopica e nella psoriasi non è ben chiaro se la perturbazione della
permeabilità della barriera sia seguita da infiammazione o se sia l’infiammazione stessa a portare ai
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cambiamenti epidermici riscontrati (Proksch et al,2008).
In conclusione si può dire che la barriera cutanea è un complesso sistema formato da una miriade di
componenti inter-correlati e una qualsiasi modificazione di tale equilibrio comporta un’alterazione
della funzione di barriera. Pertanto, l’alterazione della funzione di barriera è un evento centrale in
varie malattie della pelle soprattutto in riferimento alle piodermiti (Guaguere e Prelaud, 2005, Proksch
et al., 2008).
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3) FISIOLOGIA DELLA RIPARAZIONE CUTANEA
La perdita o la distruzione di un tessuto, da qualunque causa prodotta, viene riparata mediante la
sostituzione delle strutture tissutali scomparse o alterate, con tessuto vivente di nuova formazione.
(Marcato P.S., 1977).
Il processo riparativo può avvenire in due modi:
1. Rigenerazione o ricostruzione del tessuto distrutto, mediante sostituzione con tessuto
identico, per proliferazione delle cellule rimaste indenni alla periferia della lesione;
2. Riparazione connettivale, ossia mediante sostituzione con tessuto connettivo, attraverso la
formazione di tessuto di granulazione che evolve in tessuto cicatriziale (cicatrizzazione),
quando le cellule differenziate circonvicine non hanno la capacità di proliferare.
La sequenza degli eventi biologici che derivano dalla lesione di un organo e dalla infiammazione che
essa provoca, dipende non solo dalla natura e dall’intensità dello stimolo lesivo, ma anche dalla
capacità delle varie cellule sopravvissute di proliferare e ripopolare l’area danneggiata. (Mcgee J.,
1994) La maggior parte delle popolazioni cellulari è in grado di ripopolare rapidamente le aree
danneggiate e sulla base della loro attività proliferativa in condizioni fisiologiche normali, esse
possono essere classificate in due gruppi:
1) Popolazioni cellulari rinnovabili (cellule labili), come l’epitelio squamoso stratificato e
l’epitelio gastrointestinale. Non cessano di proliferare durante la vita adulta, per la continua
necessità di sostituire le cellule in seguito alla persistente esfoliazione in superficie di elementi
differenziati in senso terminale dopo la mitosi (sono comprese anche le cellule emopoietiche );
2) Popolazioni cellulari potenzialmente rinnovabili (cellule stabili). Mostrano uno scarso ritmo
di proliferazione cellulare, ma sono in grado di replicare velocemente in seguito alla perdita di
elementi cellulari dello stesso tipo. Sono incluse le cellule epiteliali di quasi tutte le ghiandole
del corpo come gli epatociti, le cellule dei tubuli renali e degli acini prostatici, cellule dei tessuti
connettivi (fibroblasti, condrociti, osteociti), cellule dell’endotelio vascolare, muscolari lisce e
viscerali.
Il ripristino della funzione e della struttura normale dell’organo danneggiato dipende non soltanto
dalla capacità replicativa delle cellule sopravvissute, ma anche dalla preservazione dello stroma di
sostegno, la cui integrità può permettere la sostituzione ordinate delle cellule.
Una membrana basale intatta assicura la presenza dell’impalcatura necessaria per orientare la corretta
sostituzione delle cellule parenchimali perdute. Quando le membrane basali sono distrutte, le cellule
epiteliali proliferano in modo casuale, formando masse disorganizzate che non mostrano alcuna
somiglianza con la struttura originaria.
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Condizioni più gravi, come un’ischemia permanente possono causare una mancata risposta
rigenerativa e la graduale sostituzione di tessuto necrotico con tessuto fibroso (cicatrizzazione).
(Mcgee J., 1994)
Nella guarigione di una ferita della cute e del tessuto sottocutaneo, la formazione di tessuto cicatriziale
si associa alla rigenerazione epidermica, quindi, questa risposta è considerata il prototipo della
guarigione delle ferite.
Le varie differenze nei tessuti riguardano essenzialmente l’entità del fenomeno, piuttosto che la sua
natura.
E’ divenuta ormai consuetudine, considerare separatamente la guarigione di una ferita da incisione
netta, con margini giustapposti, dalla guarigione di ferite con notevole perdita di tessuto. (Mcgee J.,
1994). Questa distinzione viene comunemente indicata come Guarigione per prima intenzione
(ferite nette e non complicate con margini perfettamente giustapposti) e Guarigione per seconda
intenzione (perdita di sostanza più o meno estesa e profonda con formazione di tessuto cicatriziale in
sostituzione delle parti di tessuto e annessi distrutte) (Mcgee J., 1994). La prima si ottiene
prontamente, con fenomeni infiammatori praticamente assenti e con la minima produzione di tessuto
cicatriziale. (Micheletto B., 1980), la seconda presenta un decorso più lento di quella per prima
intenzione, in quanto si instaura su lesioni di continuo caratterizzate da ampia perdita di sostanza,
perdita che può essere “primitiva”, “immediata” cioè istantaneamente realizzata da un agente
traumatico, o “secondaria” se conseguente all’eliminazione di elementi tessutali degenerati (per azione
tossica ritardata, per insufficiente trofismo), o colliquati (per processi suppurativi insorti a seguito di
infezione del focolaio). (Micheletto B., 1980).
FASI DEL PROCESSO CICATRIZIALE
La riparazione tessutale è un processo dinamico ed interattivo che avviene normalmente nel nostro
organismo e che coinvolge mediatori solubili, matrice extracellulare, cellule ematiche e parenchimali.
Il processo fisiologico di riparazione tessutale viene comunque tradizionalmente suddiviso in tre fasi.
Fase infiammatoria
Fase proliferativa
Fase di maturazione ed epitelizzazione ( rimodellamento)
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Andamento delle componenti cellulari durante le fasi del processo di riparazione
tissutale
Prospetto degli eventi e delle componenti cellulari durante le fasi del processo di
riparazione tissutale
OMISSIS
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4) FISIOPATOLOGIA DELLA RIPARAZIONE TISSUTALE
Quando la lesione non evolve verso le tappe fisiologiche della riparazione tessutale e quindi verso
la guarigione, si ha la cronicizzazione della lesione che può diventare piaga o ulcera. Esistono vari
fattori che possono ostacolare la riparazione tessutale, sistemici e locali.
Omissis
Complicazioni infettive: giocano un ruolo importante nel ritardo del processo di guarigione delle
ferite e ne sono la complicazione più frequente e pericolosa. Un’elevata carica batterica sembra
giocare un ruolo importate nell’alterare il processo di guarigione delle lesioni. I batteri sono in
grado di ridurre le proteasi che possono degradare i fattori di crescita compromettendo la
cicatrizzazione (Robson,1997, Sibbald et al- 2006).
La carica batterica sulla superficie di una lesione cutanea che sia ferita, piaga o ulcera, può variare
in maniera molto significativa. E’ molto importante individuare se una lesione è infetta,
contaminata o colonizzata da agenti patogeni perché da questa valutazione dipendono le scelte
terapeutiche locali e/o sistemiche che si dovranno intraprendere. Una carica microbica intorno ai
livelli di 105 per grammo di tessuto, rappresenta la semplice colonizzazione batterica. Più
specificamente si distingue:
Contaminazione: Presenza di microrganismi sulla superficie senza moltiplicazione.
Colonizzazione: Presenza di microrganismi sulla superficie che si moltiplicano senza però
indurre reazione da parte dell’ospite.
Colonizzazione critica: Notevole sviluppo di flora batterica con adesione ai tessuti e lieve
reazione tissutale infiammatoria (infezione superficiale).
Infezione:Presenza di microrganismi che si moltiplicano, invadono i tessuti profondi con
successivo danno ed inducono una risposta infiammatoria tissutale perilesionale persistente e
prolungata.
L'infezione è sempre accompagnata dai segni clinici tumor (gonfiore), rubror (arrossamento),
dolor (dolore) e calor (ipertermia della parte).
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L’individuazione dei microrganismi responsabili dell’infezione mediante esame culturale e la
valutazione in vitro degli antibiotici sensibili o resistenti ai batteri isolati rappresenta un aspetto
fondamentale per un corretto trattamento farmacologico. Il prelievo di materiale da sottoporre a
cultura microbiologica può essere effettuato con tre differenti modalità: tampone, prelievo
dell’essudato con siringhe e biopsia tessutale.
Con l’esame culturale viene individuato il microrganismo/i responsabile/i dell’infezione. Questo
viene quindi testato nel terreno di coltura con una serie di antibiotici in modo da individuare
quello o quelli a cui il batterio è più sensibile. Il resoconto di questo studio viene riportato
nell’antibiogramma dove vengono elencati gli antibiotici testati, la relativa efficacia (sensibili o
resistenti) e la concentrazione minima inibente.
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5) PIODERMITE NEL CANE
Per piodermite si intende un’infezione cutanea piogena, molto importante nel cane per la sua
frequenza, grande variabilità clinica e difficoltà diagnostica e terapeutica (Ihrke, 2005). La piodermite
batterica come causa di malattia della pelle canina è seconda solo alla dermatite allergica da pulci ma
diventa la prima malattia della cute del cane nei paesi in cui lo sviluppo delle pulci è sfavorito (Ihrke,
2005).
Le ragioni di elevata incidenza di questa malattia non sono note, ma possono riguardare diversi fattori
dell'ospite che potrebbero causare maggiore una suscettibilità alle infezioni (Ihrke 1987; Hill and
Moriello 1994, Ihrke, 2005). Questi fattori possono includere:
fattori microbiologici: come la specifica flora batterica residente;
fattori istologici: come lo strato corneo sottile, lo scarso film idrolipidico superficiale e l’ assenza di
un tappo follicolare;
fattori igienici come pulizia insufficiente o leccamento patologico;
fattori epidemiologici: quali elevata incidenza di malattie dermatologiche pruriginose responsabili di
microtraumi autolesionistici che permettono la penetrazione dei batteri; elevata incidenza di
dermatite atopica con rottura della barriera immunologica ed attivazione della reazione infiammatoria
che è associata anche ad un aumento dell’adesione degli stafilococchi alle cellule epidermiche;
fattori iatrogeni: come eccessiva somministrazione di glucocorticoidi per via sistemica o pulizia con
prodotti inadeguati irritanti;
CLASSIFICAZIONE
Esistono molti tipi di piodermite, in base alle diverse e numerose infezioni batteriche cutanee (Harvey
et al. 1996; Paradis et al. 2001), ciascuna con aspetti clinici e istopatologici specifici (Hill et al-1994).
La distinzione rispetto ad altre patologie dermatologiche primarie come la dermatite atopica del cane
su base allergica (Hillier and Griffin, 2001, Sousa and Marsella, 2001, Olivry et al. 2010) è molto
difficile sfociando spesso l’una nell’altra per sovrapposizione e complicazione batterica. Le piodermiti
sono molto spesso secondarie ad altre patologie.
Come è facile immaginare, esistono molte classificazioni, sia cliniche che eziologiche, ma ad oggi quella
mantenuta è rappresentata dalla classificazione anatomo-clinica di Peter Ihrke del 1983,
successivamente adattata da Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti nel 1988 che si basa sulla
profondità e sulla distribuzione delle lesioni. Attraverso tale classificazione si distinguono piodermiti
di superficie, superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) da distinguere dalle pseudo
piodermiti dovute ad infezione batterica secondaria (Fourrier et al.,1988, Bensignor, 2001).
PIODERMITI DI SUPERFICIE
Vengono così chiamate proprio perché interessano solo lo strato superficiale dell’epidermide senza
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oltrepassare la membrana basale e quindi senza coinvolgere il derma. Nella maggior parte dei casi
l’infezione viene determinata dallo staphylococcus intermedius. Tra questa classe di piodermiti
abbiamo una sottoclassificazione che vede la distinzione in:
INTERTRIGINI/PIODERMITI DELLE PIEGHE: sono delle infiammazioni delle pieghe cutanee tipiche
di cani obesi e di alcune razze come lo Sharpei e il Pechinese. Le pieghe cutanee creano un ambiente
caldo e umido ideale per lo sviluppo di batteri, oltre a trovarsi soprattutto nella vicinanza delle sedi di
produzione di lacrime, saliva e deiezioni (piaghe labiali, facciali, vulvare e caudale). Sono caratterizzate
da un essudato sieroso che si tramuta poi in mucoso e infine in purulento, che crea un conglomerato
con i peli e sigilla la cute che al principio appare sottile ed eritematosa e in seguito spessa, lignificata e
iperpigmentata; il fenomeno può sfociare in ulcere ed erosioni ricoperte da croste purulente ed
emorragiche. Il tutto naturalmente accompagnato da un forte odore sgradevole.
DERMATITE ACUTA UMIDA: la dermatite acuta umida o dermatite piotraumatica o “hot spot”, un
tempo denominata anche eczema acuto umido, in cui si assiste ad una proliferazione batterica
eccessiva confinata ad un’area localizzata di cute, generalmente a seguito di transito ed accumulo di
tossine (principalmente di origine alimentare) che scatenano una reazione infiammatoria acuta ed
imponente, che a sua volta determina, per l’intenso grattamento, lesioni da autotraumatismo. Le
lesioni insorgono tipicamente in maniera improvvisa “da un giorno all’altro” e sono caratterizzate da
aree alopeciche, di dimensioni diverse, in corrispondenza delle quali la cute appare estremamente
arrossata, dolente e bagnata per l’intensa essudazione; tagliando il pelo alla periferia della lesione si
evidenzia una netta demarcazione tra la cute interessata e quella sana. La localizzazione di tali lesioni
è quanto mai variabile in base anche alla causa predisponente, tuttavia spesso si riscontrano in
corrispondenza della regioni lombo-dorsale o ai lati del collo.
SINDROME DA SOVRACRESCITA BATTERICA: in tale patologia i batteri presenti sulla superficie
cutanea si moltiplicano attivamente ma non penetrano nell’epidermide e portano alla formazione di
ferite cutanee per rilascio di esotossine (da parte degli stafilococchi). Inizialmente coinvolge aree
umide e facilmente macerabili (pieghe del collo, regione ascellare, arti), per poi diffondere a torace e
addome. Sono caratteristiche alopecia ed eritema che evolvono in lichenificazione, iperpigmentazione
e cattivo odore associati a prurito intenso.
PIODERMITI SUPERFICIALI
Comprende il gruppo di piodermiti che coinvolgono gli strati dell’epidermide e/o il lume follicolare.
Anche qui, come nella precedente esiste una sottoclassificazione che comprende:
PIODERMITE MUCO-CUTANEA: è piuttosto rara e potrebbe essere confusa con l’intertrigine facciale,
anche se in realtà non appare all’interno della piega labiale ma sulla superficie delle labbra. Le cause
sono sconosciute e vi è predisposto il Pastore Tedesco. Può ritrovarsi meno frequentemente anche su
narici, vulva, prepuzio e ano. Compare inizialmente come una tumefazione eritematosa delle labbra
con erosioni e ulcere ricoperte da croste fino ad allargarsi ed interessare le pieghe labiali. Si può anche
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osservare una depigmentazione muco-cutanea (Gross et al., 2005).
IMPETIGINI: si tratta di piodermiti superficiali non follicolari, caratterizzate da pustole follicolari di
varie dimensioni. Nel soggetto giovane sono molto frequenti, mentre in quello adulto sono meno
comuni e, solitamente, sono secondarie a malattie sistemiche o dermatologiche predisponenti.
Tuttavia anche nel giovane si possono avere cause predisponenti che ne aumentano l’incidenza, come
malattie virali (cimurro) o parassitarie (ascaridi), alimentazione inadeguata e scarsa igiene. Le lesioni,
sotto forma di pustole, compaiono prevalentemente a livello addominale, inguinale e ascellare e sono
piuttosto numerose. La lesione iniziale è una pustola a contenuto chiaro, con base eritematosa, che poi
si rompe dando origine alla fuoriuscita di liquido giallastro che forma delle croste color miele; infine si
generano erosioni essudative, circinate, con bordi a collaretto per distacco dell’epidermide,
accompagnate da prurito di intensità variabile.
Tra le impetigini figurano quella:
BOLLOSA: si accompagna spesso ad un cattivo stato di salute e di frequente è secondaria
all’iperadrenocorticismo. Le tipiche lesioni sono pustole non follicolari di grosse dimensioni,
generalizzate, molto fragili e ripiene di pus denso e maleodorante, che si rompono facilmente lasciano
il posto a collaretti epidermici ed aree alopeciche post-infiammatorie, erosive e iperpigmentate.
PUSTOLOSA: solitamente secondaria a microtraumi multipli, caratterizzata da pustole non follicolari
di piccole dimensioni nelle sedi maggiormente esposte a traumi (collo, spalle, torace, ventre).
FOLLICOLITI: si definiscono come infezioni purulente del follicolo pilifero e degli annessi. Ne esistono
diversi tipi, ma nel loro insieme hanno in comune la presenza di infiammazione e la formazione di
microascessi nella parte superiore del follicoli piliferi, senza rottura degli stessi. L’ostio dei follicoli
piliferi si riempie di un infiltrato di granulociti (neutrofili e eosinofili) associati a batteri. Tutto ciò da
origine a delle papule e in seguito pustole follicolari, che per via della grande fragilità e sottigliezza
dell’epidermide che le riveste, si rompono rapidamente lasciando il posto a croste e collaretti
epidermici. Tali follicoliti vengono suddivise in:
FOLLICOLITE DEL CANE GIOVANE: molto frequente prima della pubertà (cause ormonali) e spesso
associata a traumi. Compare soprattutto sulla superficie ventrale del corpo sottoforma di papule
eritematose, che poi si trasformano in piccole pustole follicolari pruriginose, che si estendono
rapidamente.
FOLLICOLITE DEL CANE A PELO CORTO: tipica di razze a pelo raso come Pointer, Bracco tedesco,
Sharpei, Alano, dove si riscontrano, soprattutto sulla parte ventrale del corpo, papule seguite da
pustole follicolari centrate su un pelo che poi evolvono in un collaretto epidermico che circonda
un’area eritematosa ed alopecica o una crosta (“mantello tarmato” ovvero costellato di aree
alopeciche). Il prurito è variabile e scompare dopo la guarigione.
FOLLICOLITI SECONDARIE: sono piuttosto frequenti e come dice il nome, complicano una malattia
già esistente di tipo dermatologico o sistemico. Tra le malattie dermatologiche che possono dare
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origine secondariamente ad una follicolite troviamo ad esempio ectoparassitosi (demodicosi) o forme
allergiche (dermatite da pulci, dermatite atopica), che causando alterazioni strutturali o prurito,
permettono ai batteri residenti di penetrare nell’epidermide grazie alla comparsa di porte d’ingresso a
livello cutaneo. Esistono però anche casi in cui la patologia primaria causa una modificazione
dell’equilibrio cutaneo, permettendo ai batteri di aderire più facilmente allo strato corneo e
colonizzarlo, comportandosi così da germi patogeni e determinando la malattia; ciò succede nell’ittiosi,
nella seborrea primaria idiopatica, nelle malattie allergiche o ormonali. L’aspetto delle lesioni è
caratterizzato inizialmente da papule, seguite da pustole follicolari che rapidamente lasciano il posto a
collaretti epidermici ed eventualmente croste. Spesso la forma è generalizzata e accompagnata da
prurito.(Mason e Lloyd, 1990).
FOLLICOLITI PROFONDE: sono chiamate anche dermatiti da leccamento, spesso secondarie a forme
allergiche (dermatite atopica cronica), a disturbi comportamentali o a problemi neurologici (instabilità
lombo-sacrale). Interessa soprattutto carpo e tarso e appaiono come placche dure, singole o multiple,
erosive, essudative ed eritematose.
FOLLICOLITE PIOTRAUMATICA: è tipica di cani giovani di grossa taglia (Pastore tedesco, San
Bernardo) e nei Retriver (Labrador e Golden) ed è generalmente conseguente a prurito intenso ad
eziologia sconosciuta. Coinvolge soprattutto gola e faccia laterale del collo e sono caratterizzate dalla
comparsa di una placca dura, edematosa ed essudativa, circondata da papule e pustole follicolari
“satelliti”. Successivamente compaiono fistole emorragiche che drenano un essudato purulento. Il
prurito è molto intenso e causa un grattamento continuo.
PIODERMITE SUPERFICIALE DIFFUSIVA:
Non è stato ancora dimostrato, ma si pensa sia dovuta ad un ipersensibilità nei confronti degli
stafilococchi. Interessa soprattutto l’addome ed è caratterizzata da una triade di lesioni quali placche
seborroiche, bolle emorragiche e collaretti epidermici. La lesione iniziale è sempre una pustola con
margini molto eritematosi che poi evolve rapidamente con la comparsa di lesioni a bersaglio,
eritematose, esfoliative ed alopeciche, circolari e centrifughe il cui centro è iperpigmentato.
Frequentemente si osservano aree alopeciche focali multiple, che possono confluire creando vaste
aree alopeciche del diametro di decine di centimetri (Scott et al., 1978).
PIODERMITI PROFONDE
Nelle forme profonde, l’infezione coinvolge derma e/o sottocute, oltrepassando la membrana basale.
Per questo ci può essere un interessamento dello stato generale dell’animale con febbre, calo
dell’appetito, reazione linfonodale e in casi estremi setticemia. Per questo, pur essendo meno
frequente, è molto più grave delle forme superficiali. Anche qui il principale agente batterico causante
è lo Staphylococcus intermedius ma spesso si rinvengono anche Proteus spp, Pseudomonas spp ed
Escherichia coli. Spesso sono secondarie ad altre patologie come demodicosi, iperadrenocorticismo,
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ipotiroidismo o ostruzione dei follicoli piliferi per sfregamento, callosità o cause di altro genere. Anche
qui, come nelle piodermiti superficiali, abbiamo una classificazione specifica:
FORUNCOLOSI: caratterizzate da pustole profonde o foruncoli, risultato della rottura e necrosi dei
follicoli piliferi distesi dal pus e della persistenza dei residui piliferi rimasti nel derma e di focolai di
infezione in cui le cellule infiammatorie fanno fatica a penetrare. Ciò consente la diffusione del
processo infettivo nel derma perifollicolare, accompagnato da una reazione infiammatoria molto
marcata. Esistono diversi tipi di foruncolosi:
ACNE: compare soprattutto in cani adulti di giovane età e in razze predisposte (Boxer, Alano,
Dobermann). La causa è ancora sconosciuta ma potrebbe derivare da un difetto primario della corneo
genesi e/o del follicolo pilifero, complicati rapidamente da un’infezione batterica. Si manifesta con
comedoni, papule o pustole follicolari e foruncoli localizzati al mento e alle labbra, associati talvolta ad
edema del mento e fistolizzazione dei foruncoli. Quando cronicizzano si osserva lichenificazione e
iperpigmentazione delle ferite.
FORUNCOLOSI LOCALIZZATE: spesso secondarie a traumi ripetuti, sono causate dalla rottura del
follicolo pilifero che induce una reazione da corpo estraneo nel derma, seguita da infezione rapida. La
localizzazione è caratteristica, nella foruncolosi nasale le lesioni compaiono su dorso del naso e
palpebre (pustole e foruncoli dolorosi);si osserva inoltre la foruncolosi del collo per via dello
sfregamento da collare, foruncolosi degli spazi interdigitali e dei calli d’appoggio dovute al continuo
sfregamento nei cani pesanti.
FORUNCOLOSI GENERALIZZATE: rare e solitamente secondarie a follicoliti generalizzate non
trattate, che si estendono e penetrano in profondità. Appare con numerose pustole profonde,
caratterizzate da abbondante essudato purulento ed ematico,che tendono a fistolizzare e ricoprirsi di
croste.
CELLULITI: sono caratterizzate della disseminazione del processo infettivo a tutto spessore del derma
e del sottocute, spesso per la coalescenza di foruncoli e sono caratterizzate clinicamente da necrosifistolizzazione e suppurazione. A volte la causa che determina la disseminazione dell’infezione è
evidenziabile ed è naturale che in questo caso la prognosi sia migliore che nei casi in cui non è
possibile risalire al fattore scatenante (cellulite idiopatica) e in cui si rischia la setticemia. Le celluliti
vengono classificate in:
CELLULITI LOCALIZZATE: tutte le foruncolosi localizzate si possono trasformare in celluliti
localizzate se non vengono effettuate diagnosi e/o terapie adeguate. Sono caratterizzate da una triade
di lesioni quali necrosi, fistole e ulcere.
La cellulite dei calli d’appoggio è secondaria ad una foruncolosi e si manifesta in cani di grosse
dimensioni che presentano callosità su gomiti, anche e garretti come una placca fistolizzata,
infiammata, edematosa e dolorosa. La cellulite perianale si manifesta con ulcere di dimensioni
variabili ai margini dell’ano che provocano forte dolore e tenesmo nell’animale, spesso aggravati dal
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leccamento. Le celluliti podali sono spesso secondarie e presentano un’eziologia multifattoriale,
aggravata da irritazione, sfregamento e traumi ripetuti. Tra le cause predisponenti abbiamo
demodicosi, iperadrenocorticismo, malattie allergiche. Clinicamente si rinviene eritema ed alopecia,
con rapida comparsa di fistole ed ulcere associate ad edema e forte dolore, causa di zoppia.
CELLULITI GENERALIZZATE: sono le piodermiti profonde e più gravi, causa spesso di risentimento
generale dell’organismo e setticemia. Le cause determinanti sono molto numerose: iatrogene (terapia
con glucocorticoidi), demodicosi, endocrinopatie (ipotiroidismo, Cushing, diabete mellito), malattie
sistemiche (erlichiosi, leishmaniosi) e neoplasie. Si manifestano con la comparsa di necrosi cutanea
che appare di colore emorragico e friabile. Comincia generalmente dalla faccia laterale delle cosce e dei
fianchi per poi estendersi a tutto il corpo. Le ulcere e le fistole sono talvolta profonde,molto dolorose e
circondate da iperpigmentazione. Spesso vi sono croste che ricoprono le ulcere.
DIAGNOSI
La diagnosi si basa sull’anamnesi, l’esame clinico e sull’esito degli esami complementari.
CITOLOGIA: l’esame citologico del contenuto delle pustole o delle ulcere è essenziale in corso di
piodermite, oltre ad essere rapido e economico. Infatti permette una diagnosi differenziale grazie
all’aspetto talvolta tipico del contenuto:
intertrigini: si osservano granulociti neutrofili non degenerati, cocchi o bacilli in sede extracellulare,
ma anche granulociti neutrofili degenerati e cocchi intracellulari fagocitati.
impetigini e follicoliti: si osservano granulociti neutrofili degenerati, pallidi e gonfi, con nuclei
ipersegmentati e picnotici e cocchi intracellulari fagocitati in numero ridotto, ma sempre presenti.
Sono abbondanti anche i cocchi extracellulari e si possono rinvenire granulociti eosinofili. Importante
è capire se si tratti solo di una fagocitosi superficiale (batteri non necessariamente patogeni) o
profonda (batteri patogeni veri e propri).
foruncolosi e celluliti: qui è difficile rinvenire batteri o segni di fagocitosi, mentre è costantemente
presente la reazione pio-granulomatosa caratterizzata dalla presenza di macrofagi, plasmacellule e
granulociti neutrofili e eosinofili.
BIOPSIE CUTANEE: non vengono effettuate di frequente in caso di piodermiti, a meno che la diagnosi
differenziale rappresenti un problema.
impetigine:si evidenziano pustole non follicolari.
follicoliti: si osservano pustole follicolari.
piodermiti superficiali estese: si notano grandi pustole spongiotiche superficiali.
foruncolosi: si osservano reazioni pio-granulomatose intradermiche nodulari con distruzione degli
annessi.
cellulite: si evidenziano reazioni pio-granulomatose intradermiche diffuse con distruzione degli
annessi (Gross et al.,2005).
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ESAME COLTURALE BATTERIOLOGICO: si effettua da una pustola intatta per confermare la presenza
di uno stafilococco patogeno, spesso rappresentato dallo Staphylococcus intermedius. Viene prelevato
il contenuto da una lesione intatta e posto in un mezzo di coltura adeguato, fino al trasferimento entro
poche ore in laboratorio, dove viene effettuato l’esame colturale batteriologico assieme
all’antibiogramma. E’ indicato per la maggior parte delle piodermiti dalle più profonde e gravi croniche
o ricorrenti a quelle superficiali.
DIAGNOSI EZIOLOGICA: la diagnosi della malattia sistemica o dermatologica predisponente è
essenziale per prevenire le recidive della piodermite. Ciò è possibile grazie all’impiego di esami
complementari specifici (raschiati cutanei, esami di funzionalità ormonali). Escludendo le cause
conosciute, si può diagnosticare anche una piodermite idiopatica (Guaguere e Prelaud, 2005).
TERAPIA CONVENZIONALE
Attualmente la terapia delle piodermiti si basa sull’uso di sostanze che inibiscono la crescita o
uccidono i batteri patogeni quali antibiotici e/o antisettici. Per prevenire l’insorgenza di recidive deve
essere assicurata la rimozione delle cause che ne sono alla base e deve essere evitato l’uso di
glucocorticoidi che, pur riducendo l’infiammazione e il prurito, sono i principali responsabili delle
frequenti recidive e dell’estensione in profondità dell’infezione.
La terapia antibiotica può essere sistemica o topica.
TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA
Sia nelle piodermiti superficiali che in quelle profonde è sempre consigliato l’uso di antibiotici per via
sistemica, mentre nelle piodermiti di superficie è generalmente sufficiente l’uso di una terapia topica.
Solitamente nelle forme superficiali il farmaco ad attività antibiotica viene somministrato per la durata
di 4-6 settimane, mentre in quelle profonde la terapia dura dalle 6 alle 12 settimane. In tutti i casi è
sempre bene protrarre il trattamento per 2 settimane dopo l’avvenuta guarigione clinica nelle forme
superficiali e per 4 settimane nelle profonde.
Solitamente si consiglia la somministrazione di antibiotici per via orale, spesso per lunghi periodi,
mentre la somministrazione parenterale è sconsigliata, data la frequente inosservanza del trattamento
da parte del proprietario del cane. Dall’apparato digerente, dove viene assorbito, l’antibiotico si
distribuisce a livello cutaneo. Dato il tipo di vascolarizzazione cutanea, molti antibiotici non hanno un
buon potere di concentrazione. I fluorochinoloni e i lincosamidi sono quelli che hanno una buona
diffusione cutanea.
Come già detto, nel 90% dei casi la piodermite del cane è determinata dallo Staphylococcus
intermedius (Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001), va da se che si dovrà aver cura di utilizzare un
antibiotico attivo contro questo germe. Ma la scelta dell’antibiotico dipende anche dalla profondità e
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dall’estensione delle lesioni. Deve preferirsi un antibiotico ad attività battericida piuttosto che
batteriostatica e che presenti una buona diffusione cutanea e sottocutanea, buona biodisponibilità e di
facile somministrazione (una o due somministrazioni giornaliere). Inoltre data la lunga durata del
periodo di cura, è bene che sia anche economico e poco tossico. La terapia antibiotica deve essere
prolungata oltre la completa scomparsa delle lesioni ed è compito del veterinario stabilire, mediante
visite di controllo regolari ogni 15-20 giorni, quando interrompere il trattamento. Ciò permette di
adattare la terapia in funzione dell’evoluzione clinica ed eventualmente di ripetere alcuni esami
complementari (esame citologico,esame colturale batteriologico con antibiogramma) e soprattutto di
evitare errori terapeutici.
Gli antibiotici possono essere batteriostatici o battericidi. Tra i batteriostatici più utilizzati per
combattere le piodermiti ci sono:
Macrolidi e Lincosamidi: agiscono inibendo la traslocazione a livello ribosomiale . Sono basi deboli
con buona concentrazione nelle cellule e distribuzione nei tessuti, fortemente legati alle proteine
plasmatiche ed eliminati attraverso la bile. Hanno un effetto batteriostatico tempo-dipendente e uno
stretto spettro d’azione contro i gram+. Le resistenze sono relativamente frequenti e crociate. Tra
questi troviamo ad esempio la Clindamicina e la Lincomicina.
Tra i battericidi i più usati sono:
Penicilline penicillati resistenti: agiscono inibendo la sintesi della parete batterica. Sono acidi
deboli, idrofile con buona distribuzione nell’ambiente extracellulare ed eliminate rapidamente
soprattutto attraverso i reni. Hanno un effetto tempo-dipendente e uno spettro d’azione variabile.
Raramente si hanno delle resistenze. Tra queste le più utilizzate sono le associazioni tra amoxicillina e
acido clavulanico.
Cefalosporine: agiscono distruggendo la parete batterica. Le caratteristiche fisico-chimiche sono le
stesse delle precedenti. Hanno un effetto tempo-dipendente ad ampio spettro d’azione con resistenze
variabili. La più utilizzata è la Cefalessina.
Fluorochinoloni: agiscono inibendo la replicazione del DNA con un effetto concentrazionedipendente. Sono anfoteri con buona diffusione cellulare debole fissazione alle proteine plasmatiche e
buona diffusione nei tessuti. Hanno un ampio spettro d’azione e le resistenze sono rare, ma ad oggi in
aumento. Tra questi i più utilizzati sono la Enrofloxacina, Marbofloxacina, Ibafloxacina, Difloxacina e la
Ciprofloxacina.
Rifamicine: agiscono inibendo la RNA-polimerasi DNA-dipendente nelle cellule batteriche alla sua sub
unità beta prevenendo la trascrizione dell’RNA e la conseguente traduzione in proteine. Hanno buona
e rapida diffusione all’interno della cellula superano la membrana emato-encefalica (per questo
vengono usate nella meningite). Vengono facilmente assorbite dal tratto gastro-intestinale per poi
essere eliminate attraverso la bile. Sono attive contro stafilococchi, streptococchi e micobatteri e
spesso danno origine a farmaco-resistenza. La più utilizzata nella piodermite del cane è la Rifampicina.
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Associazione Sulfamidici-Diaminopirimidine: agiscono per inibizione del metabolismo batterico
impedendo la sintesi dell’acido folico. Sono acidi deboli (sulfamidici) e basi deboli (diaminopirimidine)
con buona diffusione nel liquido extracellulare, variabile fissazione alle proteine plasmatiche e
eliminati soprattutto attraverso le urine. Hanno un ampio spettro d’azione e danno raramente origine
a delle resistenze. Tra le associazioni più utilizzate ritroviamo Trimethoprim-sulfadiazina e
sulfametossazolo-dazina di trimethoprim (Ihrke,1986).
EFFETTI COLLATERALI/TOSSICITA’
L’utilizzazione degli antibiotici sistemici non è esente da effetti collaterali, ad esempio:
Betalattamine e Cefalosporine provocano: vomito, diarrea, reazioni avverse ai farmaci.
Macrolidi e Lincosamidi provocano: vomito e diarrea.
Fluorochinoloni provocano: vomito, diarrea, degenerazioni delle cartilagini articolari nei soggetti di
taglia grande in crescita.
Tetracicline provocano: vomito, aplasia dello smalto dentale.
Rifamicine provocano: epatite, sindrome respiratoria, arrossamento, prurito, rush, lacrimazione,
brividi, febbre, nausea, vomito e diarrea.
Sulfamidici-diaminopirimidine provocano: cherato-congiuntivite secca, glomerulopatia, poliartrite,
trombocitopenia e reazioni avverse ad altri farmaci(Schwarz e Noble,1999; Lloyde et al.,1999).
TERAPIA TOPICA
Sia nelle piodermiti superficiali che nelle profonde l’uso di antibatterici topici sembra esser essenziale
ed insostituibile. E’ sempre bene tosare l’animale o tolettare perfettamente le aree interessate dalla
patologia cutanea per assicurare il contatto del medicamento con le parti lese e consentire di esplicare
l’azione topica. La terapia topica può essere a base antisettica/disinfettante o antibiotica. Le
formulazioni disponibili sul mercato sono diverse: shampoo, lozioni, gel e creme. Tra gli antisettici
topici si trovano:
PEROSSIDO DI BENZOILE: è un potente ossidante e agisce inducendo la formazione di ossigeno
nascente nella cute, oltre a produrre interazioni tra radicali benzoilperossi- con gruppi idrossi- e
sulfossi. Ciò provoca un’alterazione della permeabilità di membrana con successiva rottura delle pareti
batteriche. Possiede inoltre attività cheratolitica, antipruriginosa e antiseborroica. Ma per la spiccata
attività ossidante può presentare effetti collaterali come eritema, prurito, dolore e secchezza cutanea
nel punto di applicazione e dovrebbe essere evitato nelle aree cutanee molto infiammate e
disepitelizzate, per il forte bruciore che può causare. Esiste in forma di shampoo al 2,5% o gel al 5%
applicabile ogni 2-3 giorni con risciacquo lungo, accurato e completato dall’applicazione di un
emolliente.
CLOREXIDINA: si tratta di un antisettico ad ampio spettro contro funghi e batteri. Ad elevate
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concentrazioni coagula le proteine citoplasmatiche batteriche, mentre a basse concentrazioni
distrugge le membrane citoplasmatiche batteriche, che non sono più in grado di svolgere la loro
funzione osmotica. Gli effetti collaterali sono legati alla attività coagulante sulle proteine: irritazione,
eritema e prurito. E’ disponibile in commercio come shampoo al 2% o al 4% e lozioni a diversa
concentrazione, applicabile ogni 2-3 giorni con risciacquo lungo, accurato e completato
dall’applicazione di un emolliente.
DERIVATI DELLO IODIO: il più usato ad oggi è lo iodio povidone, dove lo iodio si trova associato a dei
tensioattivi che ne permettono una maggior penetrazione a livello cutaneo, svolgendo un’azione
battericida e fungicida. Spesso determina effetti collaterali tra cui:irritazione nelle aree in cui la cute è
molto sottile (scroto), secchezza cutanea e dermatite da contatto. E’ formulato come shampoo al 2% da
somministrare 2-3 volte alla settimana fino al miglioramento clinico con risciacquo accurato e
associato a degli emollienti per limitare la secchezza cutanea.
LATTATO DI ETILE: è un antibatterico liposolubile in grado di penetrare nel follicolo pilifero e nella
ghiandola sebacea dove viene idrolizzato ad acido lattico ed etanolo dalle lipasi batteriche; l’acido
lattico provoca una riduzione del ph e l’inibizione delle lipasi batteriche stesse, mentre l’etanolo
solubilizza i grassi e diminuisce la secrezione sebacea. Raramente può determinare irritazione, prurito
ed eritema. E’ formulato come shampoo al 10% da applicare 2-3 volte alla settimana inizialmente e 1
volta alla settimana in seguito al miglioramento clinico con risciacquo abbondante.
TRICLOSAN: battericida bi fenolico poco attivo contro lo Staphylococcus intermedius è presente sul
mercato come shampoo allo 0,5% in unione a zolfo e acido salicilico.
ANTIBIOTICI
PER USO TOPICO
-RISERVATI
SOLO AL TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI
LOCALIZZATEMUPIROCINA: è un antibiotico ad azione esclusivamente locale che, agendo sull’enzima isoleuciltransfer-RNA-sintetasi batterico, provoca una deplezione intracellulare di isoleucina con arresto della
sintesi di RNA e delle proteine batteriche. Provoca così la morte del germe in 24-48 ore. E’ disponibile
sottoforma di gel al 2%,con una base di glicole propilenico da applicare 1-2 volte al giorno fino alla
guarigione su ogni singola lesione.
ACIDO FUSIDICO: è un antibiotico della famiglia delle fusidamine, utilizzato come sale (fusidato), da
solo o associato ad antinfiammatori. Inibisce un fattore necessario all’allungamento della catena
polipeptidica batterica con azione più batteriostatica che battericida. E’ disponibile come pomata al
2% da applicare 1-2 volte al giorno fino alla guarigione.
TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI SUPERFICIALI
La terapia delle piodermiti superficiali sarà sia topica (shampoo con clorexidina o lattato di etile) che
sistemica con antibiotici attivi contro lo Staphylococcus intermedius per una durata minima di 4-6
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settimane con l’aggiunta di altre 2 settimane oltre la guarigione clinica. Verso la fine del trattamento
antibiotico è bene rivalutare lo stato delle lesioni, in caso di mancata guarigione va riconsiderata la
diagnosi e la terapia con un esame colturale batteriologico con antibiogramma e talvolta biopsia
cutanea.
TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI PROFONDE:
Anche in questo caso la terapia sarà sia sistemica che topica (shampoo con clorexidina o perossido di
benzoile) con antibiotici attivi contro Staphylococcus intermedius dotati di una buona penetrazione
cutanea ad ampio spettro ed economici data la lunga durata del trattamento (6-12 settimane più 3-4
settimane dalla guarigione clinica). E’ necessario un accurato esame colturale batteriologico con
antibiogramma scegliendo con cura l’area dove eseguire il prelievo e prediligendo lesioni ancora
integre. Per effettuare il prelievo è bene tosare l’animale (ma anche per rendere più semplice ed
efficace il trattamento topico), talvolta è necessario anestetizzarlo, dato che in molti casi le lesioni sono
dolenti. Nel corso del trattamento, l’animale va sottoposto a visite di controllo, ogni 3 settimane,
durante le quali si valuta il miglioramento delle lesioni e si ripetono gli esami citologici ed
eventualmente batteriologici.
TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI RICORRENTI
Il trattamento in questo caso è molto più impegnativo data la continua ricomparsa delle lesioni e
nonostante che la terapia venga applicata correttamente. Si consiglia una terapia antisettica regolare
(1-2 volte alla settimana con shampoo con clorexidina) associata ad una terapia antibiotica sistemica
da applicare alla ricomparsa delle lesioni per 4-6 settimane. Esiste però anche una terapia antibiotica
intermittente che consiste nella somministrazione regolare di antibiotici per brevi periodi al fine di
ridurre la carica batterica cutanea e diminuire la frequenza delle recidive. Occorre evitare lo sviluppo
di resistenze, scegliendo con cura l’antibiotico più efficace, possibilmente battericida con minimi effetti
collaterali. I più indicati per tale terapia sono generalmente le cefalosporine e l’associazione
amoxicillina-acido clavulanico per una durata media di 3-4 mesi dopo la guarigione clinica senza mai
ridurre la dose e la frequenza di somministrazione, per evitale lo sviluppo di ceppi batterici resistenti.
Si può, inoltre associare un antibiotico ad uso topico in gel a base di acido fusidico al fine di ridurre la
carica batterica stafilococcica nel cane.
E’ bene, inoltre, stimolare il sistema immunitario dell’animale e ciò è possibile attraverso l’uso di
diverse molecole come la cimetidina, il levamisolo, l’interferone. In questo caso si tratta di
un’immunomodulazione aspecifica mentre con l’uso di antigeni batterici si può indurre
un’immunomodulazione specifica. Tra questi ritroviamolo Staphoid A-B (batterina di Staphilococcus
intermedius mescolata a tossine a e b da somministrare a dosi crescenti per via sottocutanea o
intradermica. E’ stato condotto uno studio (Curtis et al, 2006) per valutare l’efficacia di tale batterina,
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reclutando dieci cani con almeno tre precedenti episodi di piodermite superficiale. Dopo aver
accertato l’assenza di ectoparassiti e funghi e dopo aver somministrato una dieta specifica senza alcun
segno di miglioramento, gli animali sono stati sottoposti ad una terapia antibatterica per via sistemica.
Sono state utilizzate colture di Staphylococcus intermedius prese dalle lesioni degli stessi animali, per
produrre una batterina autogena per ciascun di essi. I dieci cani sono stati riuniti in due gruppi da
cinque (gruppo 1 e 2) ed è stato assegnato loro un “punteggio di lesione” in base alla gravità della
forma infettiva. Entrambi i gruppi hanno ricevuto una terapia di 4 settimane di antibiotico. Il gruppo 1
è stato però sottoposto ad una concomitante somministrazione sottocutanea di batterina, protratta
fino alla decima settimana, mentre il gruppo 2 non ha ricevuto alcuna terapia aggiuntiva. Tutti i cani
sono stati esaminati e analizzati alla quinta e decima settimana e in fine,una volta confrontati i diversi
risultati tra i due gruppi è emerso che alla decima settimana il gruppo controllo mostrava punteggi
delle lesioni significativamente più alti rispetto al gruppo che aveva ricevuto la batterina. Nessun
animale ha mostrato reazioni avverse alla batterina. Questa può fornire una metodo sicuro ed efficace
per il controllo della piodermite superficiale ricorrente canina come confermato da ulteriori studi che
hanno utilizzano gruppi di cani più numerosi e per un periodo di trattamento più lungo (Curtis et al,
2006).
Altri immunostimolatori molto importanti sono l’Immunoregulin (sospensione di Propionibacterium
acnes inattivato da somministrare per via endovenosa) e lo Staphage Lysate (preparato a partire dalla
lisi da parte di batteriofagi di 2 ceppi di Staphylococcus aureus da somministrare per via sottocutanea
(Guaguere e Prelaud, 2005).
ANTIBIOTICO RESISTENZA
L’uso di antibiotici per periodi prolungati determina la comparsa di resistenze e questo fenomeno è
molto frequente nel trattamento delle piodermiti (Bergan, 1981). Tale fenomeno è legato alla presenza
o all’acquisizione di geni che codificano per gli enzimi che distruggono gli antibiotici (ad esempio le
penicillasi per le penicilline), che modificano i “target” dell’antibiotico (ad esempio la modificazione
dei ribosomi per l’eritromicina) o che codificano per le proteine batteriche che non sono più attaccabili
dall’antibiotico (per esempio la produzione di una DNA girasi non attaccabile dai fluorochinoloni). Le
resistenze batteriche sono di due tipi: le resistenze intrinseche o naturali, e le resistenze acquisite per
mutazioni genetiche del DNA cromosomico batterico e/o per acquisizione di un plasmide di resistenza
trasferibile. La resistenza intrinseca è innata e prevedibile. Si tratta di una caratteristica stabile di
alcune specie batteriche nei confronti di un antimicrobico. La resistenza cromosomica è, invece, rara e
spontanea, ma non indotta dall’uso dell’antibiotico. Nella resistenza plasmidica, un plasmide
(frammento di DNA extracromosomico) che regola la sintesi di enzimi che disattivano l’antibiotico, si
innesta nel patrimonio genetico del batterio (per coniugazione, per trasduzione, o attraverso dei
batteriofagi). Questo trasferimento può avvenire tra batteri della stessa specie o di specie differenti. E’
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per questo motivo che in presenza di piodermite, occorre evitare la somministrazione di antibiotici
non strettamente necessari e prediligere l’uso di un antibiotici adatti che vanno regolarmente
cambiati, per evitare di selezionare popolazioni batteriche resistenti.
E’ ormai chiaro che il principale agente eziologico nella piodermite del cane è lo Staphylococcus
intermedius (Ihrke, 1987). Tale germe fa parte della normale flora batterica residente del cane e può
essere isolato in cani sani, soprattutto dalla regione anale (Devriese, DePelsmaeker 1987), ma è anche
un importante patogeno della pelle, nella stessa specie (Medleau et al. 1986).. A causa del sempre più
diffuso utilizzo degli antibiotici per curare svariate patologie, comprese le specifiche patologie
infiammatorio/infettive della cute che rientrano nel capitolo delle piodermiti, gli stafilococchi canini
normalmente residenti sulla cute del cane hanno sviluppato e continuano a sviluppare insidiose e
preoccupanti antibiotico-resistenze (Noble, Kent 1992, Lloyd et al. 1996, Werckenthin et al. 2001,
Holm et al. 2002, Rantala et al. 2004, Loeffler et al. 2007). I batteri della normale flora intestinale,
come anche Escherichia coli e Enterococcus spp, possono facilmente acquisire e trasferire i geni della
resistenza. Tali batteri possono quindi essere impiegati come indicatori di variazioni di resistenza
microbica (Caprioli et al. 2000). In medicina veterinaria sono stati creati dei programmi di
monitoraggio per la resistenza batterica agli antibiotici specialmente in animali da produzione (Martel
et al. 2001), ma sono stati portati avanti degli studi riguardo anche nei cani, seppure più limitati
(Hirsh et al. 1980, Monaghan et al. 1981, Devriese et al., 1996, van Belkum et al. 1996). Tra questi ne
spicca uno condotto da un gruppo di medici veterinari (Rantala et al., 2004) presso la facoltà di
Medicina Veterinaria dell’università di Helsinki in Finlandia. Lo scopo di tale studio è stato quello di
valutare se i batteri della normale flora intestinale dei cani, che hanno ricevuto antimicrobici per il
trattamento dei disturbi dermatologici cronici, siano più resistenti della corrispettiva flora intestinale
del gruppo di controllo non trattato. I cani con disturbi dermatologici cronici (n=22) trattati con
antimicrobici nel corso di 6 mesi precedenti allo studio, sono stati campionati in quello chiamato
“gruppo trattato”; il trattamento è stato terminato almeno 2 settimane prima del campionamento. Il
gruppo di controllo era rappresentato da 56 cani che non avevano ricevuto trattamenti con
antimicrobici da almeno 6 mesi prima del campionamento. Sono stati raccolti una serie di dati da tutti
i pazienti: razza, età, sesso, antimicrobici dati nei precedenti 6 mesi e durata del trattamento. I
campioni sono stati raccolti presso l’ospedale veterinario dell’università di Helsinki e presso 2
cliniche veterinarie nella stessa zona, tra dicembre del 1997 e luglio del 1998. Per l’isolamento degli
stafilococchi è stato utilizzato un tampone sterile posto sulla mucosa perineale, rapidamente
trasportato all’istituto nazionale veterinario di ricerca alimentare di Helsinki in Finlandia e sottoposto
ad analisi batteriologica immediata, oppure a distanza di 2 giorni, per quelli prelevati nel
finesettimana, ma mantenuti ad una temperatura di +4° C. Per l’isolamento degli stafilococchi, i
campioni sono stati strisciati su un terreno agar contenente un 5% di sangue bovino e Staphylococcus
medium 110 (Difco Laboratories, Detroit, Michigan, USA) e incubati a +37° C per 18-24 ore. Infine, una
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volta identificati attraverso metodi tradizionali (Quinn et al. 1994), 2 colonie di stafilococchi sono
state conservate in BHI integrato con glicerolo a -70° C. Una volta fatto ciò, segue il test di
suscettibilità antimicrobica sui germi isolati rappresentato da un test di diffusione su agar isosensitest agar (CM471,Oxoid, Basingstoke, UK) secondo standard NCCLS (1997). I diametri delle zone
break-point utilizzati nello studio e le relative concentrazioni minime inibenti (MIC) se disponibili
sono riportate in tabella 1.
Table 1. Susceptibility breakpoint zone diameters (mm) used in the study.Staphylococci¨
Respective MIC -value for susceptible srains
Betalactams
Penicillin G 10 IU
≥29 ≤0.12 μg /ml
Ampicillin 10 μg
≤8 μg /ml
Amoxillin-clavulanate (2:1) 30 μg
≥17
Cephalotin 30 μg
≥18
≤8 μg /ml
≥13
≤2 μg /ml
Cefotaxime 30 μg
Oxacillin 1 μg
Macrolides and lincosamides
Erythromycin 15 μg
≥16
Clindamycin 2 μg
≥21
≤0.5 μg /ml
Aminoglycosides
Streptomycin 10 μg
≥15
Gentamicin 10 μg
≥19
Others
Chloramphenicol 30 μg
Enrofloxacin 5 μg
Trimethoprim/sulfamethoxazole
≤0.25 μg /ml
≥16
≤2/38 μg /ml
1.25/23.75 mg (SXT)
Tetracycline 30 μg
≥21
Vancomycin 30 μg
*The respective MIC-value is, if found, from the NCCLS standards. Susceptibility breakpoints are those used by The
National Veterinary and Food Research Institute at the time this study was made, and they partly differed from the
NCCLS (1997) standards.
Un isolato è definito multiresistente quando mostra resistenza a 3 o più differenti classi di
antimicrobici. Le β-lattamasi sono enzimi prodotti da alcuni batteri responsabili della loro resistenza
25
agli antibiotici beta-lattamici come le penicilline, le cefamicine e cefalosporine. Questi antibiotici hanno
un elemento in comune nella loro struttura molecolare: un anello a quattro atomi noto come betalattame. L'enzima lattamasi idrolizza l'anello beta-lattamico, inattivando le proprietà antibatteriche
della molecola, in due fasi: acilazione (che avviene attraverso l'attacco covalente al beta-lattame ad
opera della serina70) e deacilazione. La produzione di beta-lattamasi nello S. intermedius canino è
risultato essere molto diffuso, infatti il 50-90% degli isolati produce beta-lattamasi (Noble & Kent
1992, Pedersen & Wegener 1995, Kruse et al. 1996, Lloyd et al. 1996, 1999, Holm et al. 2002). studi
analoghi sono stati condotti anche in Norvegia (Kruse et al. 1996), Svezia (Holm et al. 2002), Francia
(Pellerin et al. 1998), Danimarca (Pedersen & Wegener 1995), Stati Uniti d'America, Regno Unito e
Germania (Werckenthin et al. 2001) dando dei risultati analoghi.
Nonostante un ampio uso di cefalosporine di prima generazione e altri antibiotici beta-lattamici nella
pratica veterinaria canina, la resistenza all’oxacillina è ancora piuttosto rara (Pedersen & Wegener,
1995, Kruse et al. 1996, Lloyd et al. 1996), sebbene sia stata riscontrata resistenza alla meticillina
(Piritz et al. 1996, Gortel et al. 1999, Pak et al. 1999), ricordando però che il disco di diffusione di
routine test non è ottimale per rilevare la meticillina-resistenza (Gortel et al. 1999). Inoltre, è risultata
più comune l‘antibiotico-resistenza al Trimethoprim/sulfamethoxazole in stafilococchi isolati da cani
trattati (57%) rispetto al gruppo di controllo (25%) (Pellerin et al., 1998). Per quanto riguarda la
resistenza a macrolidi e lincosamidi (in media 20%), questa è risultata essere molto elevata nello S.
intermedius canino, e ciò potrebbe essere spiegato da un maggior uso di tali antimicrobici nei cani
negli ultimi decenni (dal 1987 al 1994 è aumentata in Norvegia dal 3% al 25%) (Kruse et al. 1996). In
Francia la resistenza ai macrolidi e lincosamidi in stafilococchi canini era intorno al 40 % (Pellerin et
al. 1998).
In conclusione, i risultati dei vari studi supportano il fatto che l'uso di antimicrobici e lo sviluppo di
resistenza antimicrobica tra i batteri sono collegati tra loro. Sebbene nei batteri indicatori
l’antibiotico-resistenza rilevata risultasse piuttosto bassa, lo sviluppo della resistenza antimicrobica
negli stafilococchi contro antibiotici comunemente utilizzati è molto diffusa. Sulphatrimethoprim e
macrolidi rischiano di rivelarsi totalmente inefficaci dato che tra gli stafilococchi canini sono presenti
molti ceppi multi resistenti.
26
6) LA RICERCA IN ENEA: IL BREVETTO MIX 557
La ricerca di sempre nuove sostanze caratterizzate da tossicità limitata, grande efficacia nel favorire i
processi riparativi, associate ad un rischio ridotto di induzione di antibiotico-resistenza, hanno spinto
due ricercatori dell'Enea a concentrare gli studi nel campo della fitoterapia. Questa è una pratica
terapeutica, comune a tutte le culture e le popolazioni sin dalla preistoria, che prevede l’utilizzo di
piante o estratti di piante per la cura di molte malattie.
Durante la sperimentazione sull’impiego terapeutico di sostanze naturali ad attività antiparassitaria
nei confronti di alcune ectoparassitosi (quali la pediculosi, le infestazioni da larve di ditteri ecc.) negli
animali da fibra, i due ricercatori, Fiorella Carnevali, Medico Veterinario e Stephen Andrew van der
Esch, Biologo, hanno formulato una miscela di estratti naturali da Neem (Azadirachta indica, var.
A.Juss) e Iperico (Hypericum perforatum), priva di effetti collaterali, che ha rivelato proprietà biocide
repellenti e cicatrizzanti per la cura delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura,
inizialmente denominata “MIX 557.”
L'Iperico (Hypericum perforatum) è una pianta che suscita da tempo notevole interesse scientifico.
Attualmente le conoscenze e le evidenze cliniche si sono concentrate sull’attività terapeutica
dell’estratto in toto della pianta di iperico (estratti idrofilici) nel trattamento dei disturbi depressivi da
lievi a moderati. In realtà, l’olio di Iperico (estratto lipofilico delle sommità fiorite) è stato per secoli
uno dei rimedi tradizionali per il trattamento delle ferite, delle ustioni e di varie forme di
infiammazione della cute, adiuvato da attività antibatterica e cicatrizzante.
L'albero del Neem (Azadirachta indica), è conosciuto da tempi immemori nella tradizione ayurvedica
quale produttore di principi biologicamente attivi di estremo interesse (azadiractina, gedunina ecc.)
per l’agricoltura (fonte di biopesticidi), per la medicina in generale e per la salute pubblica (controllo
dei vettori biologici responsabili di malattie socialmente problematiche: malaria, blue tongue ecc.)
oltre che per le sue innumerevoli proprietà, tra cui la capacità di favorire la guarigione di diverse
lesioni cutanee, manifestando anche attività antinfiammatoria, analgesica e antimicrobica verso
batteri, virus, dermatofiti e parassiti degli animali e delle piante.
Il medicamento, messo a punto dai ricercatori ENEA, si caratterizza in particolare per spiccate propriet
à antidisidratative e lenitive che favorirebbero lo svolgimento dei processi chimico-istologici-cicatrizia
li associando un’attività repellente e biocida verso gli insetti e batteri ed evitando la deposizione delle
uova sulle ferite e lo sviluppo delle larve di ditteri miasigeni (mosche che depositano uova o larve sui t
essuti vivi o su tessuti in decomposizione). Il preparato favorisce la formazione, in tempi rapidi, del tes
suto di granulazione, dalla qualità del quale dipende, non solo la guarigione e la formazione di una buo
na cicatrice, ma anche il perfezionamento rapido della barriera temporanea di fibroblasti attivi e della
rete vascolare trofica ed impermeabile, che si oppone all'attacco dei germi sulla superficie lesa.
I risultati ottenuti in veterinaria hanno portato alla sperimentazione del medicamento in medicina um
ana sia sulle lesioni acute che su quelle croniche con risultati sovrapponibili e alla sua registrazione co
27
me dispositivo medico di classe II-b per uso topico.
In questo capitolo verranno esaminate in maniera approfondita le proprietà delle componenti vegetali
del brevetto ENEA ed i risultati clinici ottenuti utilizzando il prodotto commerciale derivante da detto
brevetto chiamato 1 Primary Wound Dressing per la medicina umana e ONE VET per uso veterinario.
HYPERICUM PERFORATUM O ERBA DI S.GIOVANNI
L’iperico (famiglia delle Guttiferae) è una piccola pianta erbacea perenne originaria dell’Europa e
dell’Asia occidentale (figura sotto). La flora italiana ne annovera circa una ventina di specie.
L’Hypericum perforatum è una specie spontanea molto diffusa sulla nostra penisola, che vive negli
incolti stepposi adattandosi anche in suoli asciutti e poveri, dal mare alla montagna.
I fusti, alti circa 60cm, presentano due creste longitudinali che distinguono la pianta da altre specie di
iperico. Le foglie sono ovali, intere, opposte e presentano
delle ghiandole traslucide che controluce appaiono come
una fitta perforazione. I fiori, formati da cinque petali di
colore giallo brillante, sono raccolti in corimbi alla
sommità degli scapi. Tutta la pianta, ma in particolare i
fiori, sono cosparsi da una fitta punteggiatura bruna
costituita da ghiandole secretrici ricche di un pigmento
rosso vinoso, rappresentato in prevalenza da ipericina.
(Boncompagni, Mercati, 2008). Il nome con cui l’iperico è
conosciuto in tutto il mondo è “St. John’s Worth” o Erba di
S. Giovanni e si deve all’antica tradizione popolare che
voleva che la pianta fosse colta nella notte tra il 23 e il 24
giugno, giorno della festa di S. Giovanni Battista. Oltre alle
valenze magico-religiose e propiziatorie di questo antico rituale, è interessante notare che questa
ricorrenza corrisponde proprio al periodo iniziale della fioritura ed è il momento in cui la pianta è più
ricca di sostanze farmacologicamente attive. (Boncompagni, Mercati, 2008). Per tutte le prerogative
attribuitegli, meritò il nome di fugademonum (cacciadiavoli) in quanto nella medicina popolare era
utilizzato sotto forma di infuso per la malinconia, gli sbalzi d’umore, l’agitazione nervosa, l’isterismo, le
nevralgie, gli stati infiammatori dei bronchi e delle vie genito-urinarie, come antidiarroico
(probabilmente per l’azione astringente dei tannini), contro l’enuresi notturna, i reumatismi, mentre
come estratto oleoso (oleolito di iperico) era utilizzato per la cicatrizzazione di piaghe, fistole,
scottature ed ulcere. (Boncompagni, Mercati,2008). Da Li meravigliosi secreti di medicina e
chirurgia, 1581: “Le virtù di questo olio sono miracolose ed infinite: giova alle ferite penetranti, come
quelle del capo, quando l’osso è scoperto, del petto e del ventre versandolo dentro. Scioglie il sangue
raffermo e porta via il pus. Leva il dolore, impedisce l’infiammazione e salda le ferite interne. Giova alle
28
ferite delle giunture, della pelle tagliata, delle piaghe, delle fistole profonde. Guarisce la tigna; ungendo
una volta al giorno la testa con pezze intrise di questo olio, aiuta a far ricrescere i capelli”(Boncompagni,
Mercati,2008). L’olio di iperico è stato per secoli uno dei rimedi tradizionali più popolari in Europa per
il trattamento delle scottature e delle ferite e le pubblicazioni moderne, inerenti studi sperimentali
sull’efficacia terapeutica dell’olio di iperico, supportano la validità dei tradizionali utilizzi fitoterapici
del preparato come antinfiammatorio, antibatterico e cicatrizzante per il trattamento topico di ferite,
ustioni e varie forme di infiammazioni della cute.
OMISSIS
In conclusione, tra le proprietà dell’ H. Perforatum, le più importanti e di maggiore interesse clinico
sono:
Attività antimicrobica nei confronti dei batteri Gram (+) e Gram (-), in particolare nei
confronti di S. Aureus poliantibiotico-resistenti;
Attività di rigenerazione tissutale e riepitelizzazione delle ferite chirurgiche;
Modulazione di alcuni fattori di crescita, in particolare attività di riduzione del TGF-β,
soppressore della crescita delle cellule epiteliali e dell’Attivatore del Plasminogeno Urochinasi,
enzima che attiva il TGF-β.
29
AZADIRACHTA INDICA O ALBERO DEL NEEM
Descrizione botanica ed impieghi tradizionali
Conosciuto in India da più di quattromila anni e altamente apprezzato dalla tradizione ayurvedica,
parimenti venerato da indù e musulmani, la pianta del neem (Figure sotto riportate) si è meritato
l’appellativo di sarva roga nivarini, ossia guaritore di tutti i malanni.
I primi scritti in sanscrito, riferiscono i benefici dei frutti, dei semi, dell’olio, delle foglie, delle radici e
della corteccia del neem, tanto che per le sue innumerevoli proprietà curative, veniva definita “la
farmacia del villaggio”. Ghandi raccomandava di studiarne le proprietà per far rivivere la medicina
tradizionale indiana e oggigiorno ha meritato dalle Nazioni Unite, l’appellativo di “Albero del
ventunesimo secolo” (Colorni, Laniado, 2006).
Immagine tratta da:
http://www.ideegreen.it/olio-di-neem
L’albero del neem è imponente, può raggiungere l’altezza di 25 metri e il tronco può raggiungere il
diametro di un metro e può vivere fino a 200 anni.
Le foglie, di color verde pallido, sono ellittiche, lanceolate, seghettate, asimmetriche e leggermente
curve. La corteccia è di colore variabile dal grigio al marrone scuro; le foglie, pinnate, misurano 20-40
cm e si ramificano in foglioline lanceolate da 3 a 8 cm di lunghezza. I fiori sono piccoli, bianchi e
profumati, le infiorescenze a forma di pannocchia, raggiungono i 25 cm di lunghezza. I frutti sono
drupe con la forma e le dimensioni di un’oliva, di sapore dolce-amaro e racchiudono un nocciolo
oblungo, lunghi 1-2 cm, diventano gialli quando maturano (Colorni, Laniado, 2006). E’ un albero
sempreverde che fiorisce abbondantemente durante la primavera e il suo legno è resistente alle
termiti. Cresce in terreni poco fertili e sassosi ed è stato utilizzato in Somalia per arrestare l’avanzata
del deserto e in Indonesia per consolidare il terreno nelle zone soggette ad erosione. I semi e le foglie
sono le parti più utilizzate e quelle più ricche di principi attivi. Contengono circa settanta limonoidi
30
(triterpenoidi), tra cui l’azadiractina, concentrata soprattutto nei semi, è uno dei principali
componenti, attivo tra l’altro contro più di duecento specie di insetti (interferisce nel processo
metamorfico delle larve anche a concentrazione estremamente bassa). Sono presenti anche tannini,
composti fenolici, carotenoidi, steroidi, chetoni e flavonoidi. Le altre parti della pianta presentano gli
stessi principi attivi, ma in diversa concentrazione e proporzione (Colorni, Laniado, 2006). E’
interessante notare che l’albero del neem presenta più di 33 sinonimi nella letteratura Ayuverdica che
ne definiscono i molteplici utilizzi clinici.
Alcuni esempi:
Arista, in quanto cura diverse malattie;
Kakaphala, per le sue attività antiemetiche;
Puyari, per le attività antinfiammatorie;
Krimighna, per la capacità antiparassitarie e di curare le malattie della pelle;
In India viene utilizzata ogni parte dell’albero(Fox et al., 2001).
Parte dell’albero
Preparazione
FRUTTO
Crudo o decotto
SEME
OLIO DEI SEMI
FOGLIE
Indicazioni
Costipazione,
attività
emolliente, purgante, efficace
per le emorroidi e le malattie
urinarie
Antidoto per le intossicazioni,
Non definita
tubercolosi,
odontalgia,
oftalmopatia, distocia, malattie
prenatali
Prevenzione della calvizie e
Uso topico
ingrigimento dei capelli
Infusione calda o tintura per Contusioni, distorsioni, dolori
muscolari
uso topico
Cenere
Calcoli urinari
Succo
Ittero, prurito, dismenorrea,
ripristino della struttura e
funzionalità uterina dopo il
parto
Dolori
neuromuscolari,
riduzione dei radicali liberi,
punture di insetti
Stimolo dell’’appetito, tosse,
debilitazione
Ittero
Non definita
FIORI
Secchi
CORTECCIA (GAMBO E RADICE)
Decotto
Non definito
Antiemetico, dolori mestruali,
astringente, coliche e malattie
epatiche, stanchezza, tosse,
disoressia, poliuria, bronchite,
otalgia, sifilide
31
OMISSIS
Ricordando le attività e le proprietà di questa pianta, le più importanti e di maggiore interesse medico
sono:
Attività antivirale, antibatterica, antifungina e antiparassitaria nei confronti di molti
microrganismi che provocano malattie ed infezioni molto gravi nell’uomo e negli animali;
Attività antiedemigena, antinfiammatoria e analgesica, valido supporto per evitare
complicazioni nella riparazione delle ferite come gli autotraumatismi;
Attività immunostimolante con miglioramento della risposta umorale, immuno-mediata e
dell’attività fagocitaria dei macrofagi, che incrementa le attività difensive contro le infezioni
anche in soggetti anziani, debilitati, immunodepressi;
Attività antiossidante e di riparazione delle ferite e delle ustioni, anche croniche ed infette, con
possibilità di risoluzione di lesioni complicate da patologie endocrine, circolatorie e dolore.
IL “MIX 557” / 1 Primary Wound Dressing ®, ONE VET®
Il “ MIX 557, è un medicamento per uso topico costituito da una miscela al 50% di estratto oleoso di
iperico e neem. Il prodotto è stato brevettato dall’ENEA nel 2004, con la dicitura "composizione
fitoterapica con effetti cicatrizzanti biocida e repellente per la cura e la risoluzione delle lesioni esterne
di qualunque estensione e natura". Nel 2007 ha ottenuto la concessione europea di brevetto e nel 2008
ha completato la procedura per il rientro nazionale del brevetto europeo con il N° 48211BE/2008
Fiorella Carnevali – medico veterinario - e Stephen Andrew Van Der Esch – biologo - ricercatori Enea,
sono gli inventori di questa composizione fitoterapica che ha permesso di raggiungere risultati
straordinari per la cura di ferite, prima in diverse specie animali (caprini, ovini, alpaca, cani, gatti,
cavalli) e poi sull’uomo. Il medicamento messo a punto dai ricercatori presenta tutte le caratteristiche
32
di un rimedio “ALL IN ONE” grazie alle spiccate proprietà cicatrizzanti, antibatteriche,
antidisidratative, lenitive e repellenti nei confronti degli insetti miasigeni e non e biocide nei confronti
di parassiti (larve di ditteri). Può essere applicato sin dai primi stadi del trauma e fino alla completa
risoluzione, associato o meno a fasciatura protettiva. Nel sito ufficiale dell'Enea è presente una
intervista rilasciata dagli inventori in occasione della premiazione "Eccellenze all'Enea" del 2008 in cui
i
due
inventori
sono
stati
premiati
per
la
ricerca
sul
medicamento
"ALL
IN
ONE".(http://titano.sede.enea.it).
In sostanza l'intervista riferisce che inizialmente sperimentato su diverse specie animali con ottimi
risultati, il MIX 557 è stato poi testato sull’uomo dove sono stati ottenuti risultati eccellenti, visibili sin
dalle prime medicazioni, sia sulle lesioni acute che su quelle croniche. Per la sperimentazione sugli
animali è stato adottato il “regime di compassione”, una modalità presa dai protocolli oncologici per
pazienti umani terminali, e applicata agli animali destinati ad essere soppressi a causa della gravità
delle ferite, previo consenso dei proprietari. Tutti i casi trattati hanno avuto esito positivo. Questo ha
permesso di estendere la sperimentazione anche a ferite meno devastanti e su molte altre specie
animali, soprattutto cavalli. Sui cavalli il successo del MIX come cicatrizzante di eccellenza è ancora più
sorprendente in quanto questi animali soffrono di una specialissima difficoltà di cicatrizzazione (nota
come reazione cheloidea), che invece viene perfettamente controllata da questo medicamento. Questi
animali, che sono estremamente sensibili al dolore, mostrano grande giovamento dalla utilizzazione
del MIX permettendo la gestione delle ferite senza dover ricorre alla sedazione quotidiana per
effettuare la medicazione. In sostanza il MIX 557 permette la gestione di ferite importanti anche in
assenza di adeguate condizioni igienico-sanitarie, senza dolore e con decorso senza complicazioni. E se
questo è vero per la veterinaria, lo è ancora di più per la medicina umana dove le lesioni esterne,
principalmente di natura cronica, sono in costante aumento e i cui costi di gestione pesano sul sistema
sanitario nazionale sempre più pesantemente. Il MIX 557 ha dimostrato di poter essere utilizzato sulle
lesioni umane con risultati uguali, e spesso superiori, a tutti i presidi e medicamenti avanzati
attualmente esistenti. Il MIX 557 viene completamente assorbito dai tessuti lesionati coordinando e
regolando sin dalle primissime applicazioni la reazione infiammatoria acuta e le successive fasi del
processo cicatriziale (formazione del tessuto di granulazione e riepitelizzazione). I sintomi di dolore
acuto che accompagnano le ferite sono principalmente dovuti alla reazione infiammatoria iniziale che,
in caso di infezioni, persiste fino a che non si debella l’infezione. La combinazione dell’effetto barriera
contro i batteri presenti nell’ambiente (specie nelle condizioni igienico-sanitarie carenti o inesistenti)
e dell’effetto antidisidratativo sulla rete vascolare e sulle cellule che stanno riparando la lesione,
consentono il rapido passaggio dalla prima fase (quella dolorosa e infiammata) alla fase del tessuto di
granulazione, non dolorosa e ricostruttiva. Il risultato è una migliore formazione di fibre connettivali
collagene con recupero massimo dell’elasticità cutanea e con massima qualità della cicatrice finale.
33
Il MIX 557 - mettendo in sincronia tutti gli eventi che si verificano nelle tre fasi della riparazione delle
ferite: processo infiammatorio, granulazione, ri-epitelizzazione - è da considerarsi un prodotto ALL-INONE, nel senso che non necessita dell’interazione con altri farmaci o sostanze e che è da solo
sufficiente a determinare la guarigione di qualunque ferita sin dal momento del trauma. Promette una
reale rivoluzione nella cura delle ferite, specie nelle ustioni di grande estensione.
34
Attività sperimentale in vivo
Per la dimostrazione degli effetti del medicamento MIX 557 i ricercatori/inventori dell'Enea in
collaborazione con le Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari e di Matelica hanno condotto una
sperimentazione (comunicazione personale) nella quale sono state impiegate 5 pecore di circa 50 kg di
peso corporeo sulle quali si è proceduto all’exeresi di quattro tasselli cutanei circolari del diametro di
6 cm nella regione lombare . Ogni lesione di ciascuna pecora è stata trattata con le diverse componenti
del medicamento MIX 557 (neem e iperico separati) con il MIX 557 completo mentre il quarto tassello
è servito da controllo ed è stato trattato solo con disinfettante a base di amuchina al 5%. La scelta di
utilizzare un blando disinfettante nasceva dall'esigenza di avere un controllo che non andasse incontro
a complicazioni infettive che avrebbero alterato i tempi di cicatrizzazione e compromesso la possibilità
di confronto con i tasselli trattati con il medicamento in toto o con le sue componenti separate Da ogni
tassello, previa adeguata sedazione degli animali, sono state effettuate biopsie settimanali sulle quali
sono stati effettuati esami istologici e immuno-istochimici relativi ai processi cicatriziali.
In particolare, su ogni campione bioptico sono stati valutati:
La morfologia del tessuto e dei processi riparativi tramite colorazione H&E di routine;
Istochimica tricromica Mallory, Van Gieson per lo studio dei processi di connettivizzazione;
Immunoistochimica per i seguenti marckers:
Espressione Epidermal Growth Factor (EGF);
Espressione Fibroblast Growth Factor (FGF);
Espressione Fattore VIII (conta dei microvasi);
Espressione CD 31 (conta dei microvasi);
Espressione CD 61 (platelet glycoprotein IIIa);
Espressione pan-Cadherin (molecole di adesione per “restoring” dell’epitelio);
Espressione di un pannello anticorpale per la fenotipizzazione dell’infiltrato infiammatorio e
della risposta immunitaria (CD3, CD21, CD79, CD4, CD8, NK, CD68, CD25);
Espressione di un pannello di citocheratine per la caratterizzazione dell’epitelio
(Pancitokeratins);
Espressione di un pannello di anticorpi per la valutazione dell’attività mitotica (PCNA, Mib-1);
Espressione di un pannello di anticorpi per la caratterizzazione della matrice
(metalloproteinasi e inibitori, collagene di tipo I, II, III, IV e XIII);
Valutazione citochine (TGF-β, TNF-α, IFN-γ, IL-1 β, IL-4, IL-12, IL-8, IL-6).
Ad intervalli settimanali mediante camera digitale sono stati effettuati i rilievi fotografici di tutti i
tasselli con inserimento di un riferimento in centimetri che sono stati utilizzati per il calcolo della
velocità di cicatrizzazione secondo l'equazione di Gilman (Gorin et al., 1996).
Questo studio ha dimostrato che:
•
non ci sono state differenze significative nei tempi di cicatrizzazione dei tasselli cutanei in tutti i
gruppi trattati, controllo compreso, mentre sono state evidenziate differenze individuali nella
velocità di cicatrizzazione indipendentemente dal trattamento effettuato. Tre delle cinque
35
pecore sperimentali hanno completato la cicatrizzazione dei tasselli in quattro settimane mentre
le rimanenti 2 pecore hanno completato la cicatrizzazione dei tasselli in sei settimane. Nessun
tassello ha presentato complicazioni infettive dimostrando che il medicamento MIX 557 e le sue
componenti non compromettono il processo cicatriziale fisiologico ma consentono un decorso
cicatriziale privo di complicazioni infettive/batteriche senza l'utilizzazione di disinfettati o
antimicrobici;

le migliori prestazioni cicatriziali sono state ottenute in maniera significativamente superiore
solo nei tasselli trattati con il MIX 557 in toto, mentre le peggiori sono state riscontrate nei
tasselli di controllo. I tasselli trattati con le diverse componenti del MIX 557 hanno presentato
performance inferiori al MIX 557 completo dimostrando che dalla miscelazione delle due
componenti si ottiene un prodotto adatto ad essere utilizzato in tutte le fasi del decorso
cicatriziale. In definitiva il MIX 557, induce lo svolgimento in tempi fisiologici di un processo
riparativo qualitativamente superiore, in cui sono favorite una maggiore vascolarizzazione del
tessuto di granulazione, un’elevata produzione di collagene III, una ridotta fibroplasia e migliore
qualità della cicatrice finale. La sperimentazione è stata oggetto di una tesi sperimentale nel
2010 e i risultati sono stati presentati al Congresso Nazionale Della Società di Chirurgia
Veterinaria (SICV) del 2010.
36
Ulteriori Studi sperimentali sono stati effettuati sull’uomo. Uno tra questi è lo studio effettuato da
Severin Läuchli, University Hospital Zurich, Switzerland President, Swiss Association for Wound Care
(SAfW)nel 2012 in diversi ospedali Svizzeri dove sono stati analizzati 105 casi ( 37 ferite acute, 68
ferite croniche), (tabelle sotto riportate)
dove il trattamento con 1 Primary Wound
Dressing ® ha favorito la guarigione di 63
lesioni su 105 (31 acute, 32 croniche).
37
In questo studio è stato evidenziato che in 57 casi su 105 (54%) la fase di granulazione è stata indotta
più velocemente rispetto ai risultati ottenuti in altri recenti studi clinici, è stato registrato un notevole
miglioramento della cute peri-lesionale e osservato che l’applicazione del 1 Primary Wound
Dressing® promuove la rimozione di fibrina.
38
Un secondo studio ha dimostrato che si ottiene una perfetta guarigione con spettacolare induzione di
tessuto di granulazione anche sulle escissioni di tumori cutanei a livello del cuoio capelluto. Lo studio
retrospettivo effettuato su pazienti volontari conclude: Questo studio retrospettivo suggerisce che 1
Primary Wound Dressing® è molto semplice da usare, sicuro ed efficace. Può rappresentare una
potenziale terapia per il trattamento delle lesioni del cuoio capelluto anche per lesioni con osso
esposto.
39
40
Un ulteriore studio retrospettivo, qui di seguito riportato, conclude che lo spray 1Primary Wound
Dressing® è una medicazione non-touch, maneggevole ed efficace per la cicatrizzazione per seconda
intenzione sia di piccole che di grandi Sinus Pilonidali.
41
Il seguente studio, effettuato presso una casa di cura per anziani, ha dimostrato che 1 Primary Wound
Dressing® è semplice e salubre da usare per il trattamento topico delle ferite difficili ed ha un ottimo
rapporto costo-beneficio.
42
Infine un recente studio sulle ustioni su pazienti pediatrici ha mostrato che 1 Primary Wound
Dressing® è efficace nel trattamento delle ustioni di secondo grado come medicazione primaria senza
necessità di associare l’utilizzazione di antimicrobici/disinfettanti istiolesivi, determinando la
guarigione delle lesioni nei tempi fisiologici di tre settimane e riducendo il dolore di base e alla
medicazione, con notevole sollievo dei pazienti trattati (Mainetti e Carnevali, 2013).
43
Il MIX 557 per uso veterinario: ONE VET®
Il medicamento per uso veterinario prende il nome di ONE VET ed è il corrispettivo commerciale di 1
Primary Wound Dressing®.
VET
Come già riportato il primo lavoro pubblicato sulla efficacia di ONE VET è l’esperimento effettuato
sulla specie ovina. Attualmente l’unica pubblicazione in campo veterinario è rappresentato da una
comunicazione al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013 , di cui si riporta integralmente l’abstract,
intitolata:
Managing Second-Intention Horse Wounds Presenting With Exuberant Granulation Tissue
Using a Plant-Derived Wound Dressing: A Retrospective Non-Controlled Study
Objective: To evaluate the healing performances of traumatic horse wounds at the distal part of the limbs,
presenting with Exuberant Granulation Tissue (EGT), using a plant-derived wound dressing (ONE,
Phytoceuticals, Zurich) in association, when feasible, with a permanent semi-occlusive bandaging.
Methods: A retrospective analysis was conducted on 25 horses presenting with accidental wounds at the
distal part of the limbs and treated with a plant-derived wound dressing associated, when feasible, with
permanent semi-occlusive bandaging, daily changed. The presence of the EGT was evaluated using the
Score System (EGT-SS) indicated by Ducharme-Desjarlais et al. (Am J Vet Res, 2005, 66, 1133-1139,). Initial
Wound Area (IWA - cm2) (calculated using a scaled digital photograph or a wound contour traced on plastic
film) and Time To Heal (TTH- days) were used for calculating the Epithelialisation Rate (ER - cm/days),
44
(Stashak, 1991, Equine Wound Management. First Edition pp 1-18). Wound Appearance was recorded
weekly as inflamed or healthy on the basis of a scoring scale (WA score) as indicated by Silveira et al. (Am J
Vet Res, 2010, 71, 229-234). Time of First Epithelium appearance (TFE -days) was evaluated weekly,
Cosmetic Aspect of the final Scar (CAS score) (Ketzner et al. Austr Vet J, 2009, 87 (9), 368) was evaluated at
the end of the healing process. Pain, complications, number of surgical EGT resections and ease of handling
were recorded and evaluated. Main Results and Conclusions: Based on the EGT-SS, all of the 25 analyzed
wounds presented EGT formation, the mean size (IWA) varying from 12,90±4,51 cm2 (wounds <25 cm2) to
62,76±26,55 cm2 (wounds >25 cm2). TTH showed a mean value of 79±54,32 days, ER was 0,0742±0,0342
cm/day and TFE was 18 days. The WA score showed that the majority of the wounds reached a healthy
wound state during the second week (15 days). At the 30th day, and during the whole remaining period, all
wounds presented a healthy wound state, no clinical signs of infection were observed, not even in those
wounds in which bone was exposed (n=3). Bandaged Wounds (n=16) presented better CAS score
performances (88% excellent, 12% good, 0% hypertrophic scar) than Not Bandaged Wounds (n=9) (43%,
24%, 32%). Surgical resection was never necessary, but the wound surface slightly protruded the skin level
when wounds were left un-bandaged. Horses became confident with medication without sign of discomfort
or pain all over the time courses. Usually equine wounds, complicated by the EGT, have low healing
performances and poor scar quality. The plant-derived wound dressing shows the capacity to regulate the
EGT formation, obtaining a high quality final scar, particularly when a permanent bandage is associated. It is
simple to use and safe.
Detto studio retrospettivo effettuato su 25 cavalli in collaborazione tra ENEA e i servizi Veterinari dei
Carabinieri a cavallo, dei Corazzieri e dell’ospedale Militare di Montelibretti, ha dimostrato che ONE
Vet® permette di gestire ferite complicate da cheloide nel cavallo con tendenza a svilupparlo, senza
necessità di ricorrere alla resezione chirurgica ricorrente ne all’uso di causticanti /corrosivi, limitando
al contempo le complicazioni infettive pur non utilizzando antibiotici locali e/o generali. La qualità
della cicatrice finale è superiore a qualunque terapia convenzionale attualmente in uso.
45
Risultati di qualità della cicatrice finale valutata secondo Ketzner et al. (Austr Vet J, 2009, 87
(9), 368) valutata a fine decorso per le ferite trattate con ONE VEt con bendaggio e senza
bendaggio.
Not Bandaged
Wounds (n=9)
43% excellent,
24% good
32% hypertrophic
scar
Bandaged Wounds
(n=16)
88% excellent,
12% good,
0% hypertrophic
scar
46
Uno dei casi trattati con ONE VET e riferiti al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013: Ferita
traumatica alla parte distale dell’arto. Elevata qualità della cicatrice finale.
Time course: 3 months
47
Altri casi trattati con ONE VET riferiti al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013: Ferita
traumatica alla parte distale dell’arto con tendenza allo sviluppo del cheloide, regressione della
protuberanza del tessuto di granulazione e qualità elevata della cicatrice finale.
48
49
7) PARTE SPERIMENTALE
Scopo di questa sperimentazione è stato valutare la possibilità di utilizzare il medicamento ONE VET®
derivante dal brevetto ENEA per il trattamento delle piodermiti del cane in alternativa alla terapia
antibiotica per diminuire o sostituire l’impiego di antibiotici e ridurre il rischio di insorgenza di
antibiotico resistenza nei germi residenti, potenzialmente patogeni della specie canina.
Allo scopo sono state analizzate retrospettivamente i risultati ottenuti in 10 cani trattati
esclusivamente con la medicazione primaria ONE VET® a seguito di comparsa di lesioni cutanee
ascrivibili a Piodermite superficiale in forma di HOT spot o diffusa.
MATERIALI E METODI
10 soggetti, di proprietà o ricoverati presso rifugi per cani abbandonati, sono stati trattati alla
comparsa dei sintomi di piodermite esclusivamente con ONE VET® spray, previa tolettatura dell’area
perilesionale alla prima visita, detersione con soluzione fisiologica prima del trattamento effettuato
quotidianamente. Tutti i cani, ad eccezione di 1 (Caso n. 10 lesione persistente da tre mesi trattata
convenzionalmente senza esito) sono stati trattati sin dal primo momento della comparsa della
patologia. Nessuno di questi aveva manifestato tale patologia in precedenza, un paziente (Caso n. 1) ha
presentato una recidiva della stessa forma di piodermite a distanza di un anno dal precedente episodio
in altro punto del dorso, (Caso n. 7), un paziente presentava 3 grandi lesioni (Caso 2a, 2b e 2c) e il Caso
n. 3 presentava numerose lesioni diffuse (circa 15) alla schiena e ai fianchi di ampiezza variabile tra 4
e 15 cm2 (in tabella indicate come 12cm2) (vedi Tabella 1). Dall’anamnesi dei singoli pazienti è
emerso che la maggior parte di essi aveva avuto, nei giorni immediatamente precedenti all’episodio di
piodermite, uno squilibrio alimentare o per cambio di alimentazione repentino ( Casi n. 1, 2, 3, 5, 7, 9)
o per ingestione di quantità eccessive di cibo (accesso al mangime secco fuori controllo Casi n. 6, 8). I
casi n. 4, 5 erano defedati e in cattive condizioni generali. Il Caso n. 10 era stato trattato
convenzionalmente (antibiotici per via generale e disinfettante a base di iodio localmente) senza esito.
Per la valutazione del decorso clinico sono stati presi in considerazione i parametri di “calor"
perilesionale, essudazione della superficie lesa, presenza di essudato disidratato (crosta di superficie),
epitelizzazione. Per la misurazione dell’estensione, le lesioni sono state fotografate utilizzando una
camera digitale in cui è stato inserito un righello centimetrato di almeno 10 cm di lunghezza. Il
rilevamento fotografico è stato ripetuto in alcuni casi quotidianamente in altri ad intervalli di 3-4
giorni. E’ stata considerata guarita la lesione al momento della completa epitelizzazione, quando però
il pelo non era ancora ricresciuto. Per evitare il leccamento e/o auto traumatismi a livello della lesione
da parte del paziente, è stato applicato il collare elisabettiano o una musetta/museruola, che sono stati
mantenuti fino alla scomparsa del comportamento compulsivo a grattarsi. Il comportamento riferito al
50
grattamento delle lesioni da parte del paziente è stato valutato per almeno 10 minuti prima del
rinnovo della medicazione quotidiana, lasciando il paziente relativamente libero (durante una
passeggiata a guinzaglio o in prossimità dell’area di visita ambulatoriale) di raggiungere la/le lesioni
con la bocca, attribuendo un punteggio di Massimo, Medio o Assente a seconda dell’intensità e
ripetizione dei tentativi di grattamento/morsicamento.
TABELLA 1: Elenco dei casi trattati
CASO N.
Caso 1
Caso 2 a
Caso 2 b
Caso 2 c
Caso 3
Caso 4
Caso 5
Caso 6
Caso 7
Caso 8
Caso 9
Caso 10
Taglia
piccola
grande
grande
grande
grande
grande
grande
piccola
piccola
piccola
grande
grande
Proprietà
privato
canile
canile
canile
canile
canile
privato
privato
privato
privato
canile
privato
Tipo di
Piodermite
Hot spot
hot spot
hot spot
hot spot
Diffusa
Hot spot
Diffusa
Hot spot
Hot spot
Hot spot
Hot spot
Profonda
n. lesioni
1
1
1
1
15
1
3
1
1
1
1
1
Durata/Giorni
25
15
15
15
20
40
37
21
22
10
17
27
Area/cm2
88
63
34
32
12
132
nd
56
25
65
145
129
51
RISULTATI E DISCUSSIONE
Tutti i pazienti hanno tollerato la terapia spray senza comparsa di alcun effetto collaterale o fallimenti
di risoluzione. Tutte le lesioni sono giunte a guarigione in un tempo medio di 23,4 ± 9,3 giorni, con un
minimo di 15 giorni (caso n.2) ed un massimo di 40 giorni (caso n. 4). In nessun caso si è resa
necessaria la somministrazione di antibiotici sistemici ne di disinfettanti antimicrobici locali. E ciò
perché tutti i casi hanno mostrato tendenza alla risoluzione sin dai primi giorni di trattamento con
scomparsa della fase essudativa e infiammatoria entro la prima settimana di trattamento. La
compulsione a grattarsi/mordersi era presente in tutti i pazienti a livello di punteggio “Massimo”
rilevato al momento della prima visita e si è mantenuto tale nelle prime 24-48 ore dall’inizio del
trattamento con ONE VET® spray. Dal secondo-terzo giorno in poi il punteggio è sceso a livello medio
per raggiungere il punteggio “Assente” (scomparsa completa del prurito) in tutti i pazienti a partire dal
quarto giorno di trattamento. In contemporanea alla scomparsa del prurito, si è osservata una
riduzione del grado di essudazione della lesione, diminuzione del "calor" perilesionale, riduzione
sostanziale dell’area disepitelizzata e presenza di piccole aree con essudato disidratato adeso alla
lesione residuale. Dalla seconda - terza settimana la riepitelizzazione si è estesa a tutta la superficie
completando la guarigione della lesione.
Di seguito vengono riportate le sequenze fotografiche dei pazienti più significativi per una visione
particolareggiata del decorso individuale.
Caso n. 1: Piodermite HOT SPOT
1° giorno
3 giorno
8° giorno
21° giorno
52
Caso n° 2
1° giorno
6° giorno
15° giorno
Caso n. 3: Piodermite diffusa
1° giorno
4° giorno
7° giorno
21° giorno
53
Caso n. 4: Piodermite Hot Spot
1° giorno
4° giorno
15° giorno
35° giorno
Esame microbiologico e relativo antibiogramma del caso n. 4: al momento della prima visita in data 12
marzo 2010 (positivo per Staphylococcus aureus) e dopo due settimane (22 marzo 2010) da cui si
evince la scomparsa dell’infezione sulla superficie della lesione.
54
Caso n. 6: Piodermite Hot spot
1° giorno
7° giorno
15° giorno
4° giorno
7° giorno
21° giorno
Caso n. 7 Piodermite Hot Spot
1° giorno
15° giorno
Caso. n. 9: Piodermite Hot Spot
1° giorno
3° giorno
11° giorno
17° giorno
55
Caso n. 10: Piodermite precedentemente trattata convenzionalmente senza esito, poi trattata con ONE
VET® spray.
1° giorno
4° giorno
15° giorno
21° giorno
56
DISCUSSIONE
Come già riferito nel capitolo “Piodermiti” si distinguono piodermiti di superficie, superficiali e
profonde (derma e a volte sottocute) da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione
batterica secondaria (Ihrke, 1983, Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti, 1988, Fourrier et al.,1988,
Bensignor, 2001, Guaguere E. e Prelaud P, 2005). In base a questa classificazione possiamo affermare
che tutti i casi trattati in questo studio erano affetti da Piodermite di superficie prevalentemente in
forma di Hot Spot rispondenti perfettamente ai criteri eziologico-diagnostici riferiti dagli autori qui di
seguito riportati:
DERMATITE ACUTA UMIDA: la dermatite acuta umida o dermatite piotraumatica o “hot spot”, un
tempo denominata anche eczema acuto umido, in cui si assiste ad una proliferazione batterica
eccessiva confinata ad un’area localizzata di cute, generalmente a seguito di transito ed accumulo di
tossine (principalmente di origine alimentare) che scatenano una reazione infiammatoria acuta ed
imponente, che a sua volta determina, per l’intenso grattamento, lesioni da autotraumatismo. Le
lesioni insorgono tipicamente in maniera improvvisa “da un giorno all’altro” e sono caratterizzate da
aree alopeciche, di dimensioni diverse, in corrispondenza delle quali la cute appare estremamente
arrossata, dolente e bagnata per l’intensa essudazione; tagliando il pelo alla periferia della lesione si
evidenzia una netta demarcazione tra la cute interessata e quella sana. La localizzazione di tali lesioni
è quanto mai variabile in base anche alla causa predisponente, tuttavia spesso si riscontrano in
corrispondenza della regioni lombo-dorsale o ai lati del collo.
Come riferito dalla letteratura, il trattamento di elezione delle piodermiti sia superficiali che profonde
è la somministrazione sistemica di antibiotici per periodi prolungati da proseguire per 2-4 settimane
dopo la scomparsa della sintomatologia clinica, accompagnato da trattamenti topici disinfettanti
(Ihrke, 1983, Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti, 1988. Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001).
Pochissimi autori (Scott et al. 2006) riportano risoluzione terapeutica in meno di 40 giorni utilizzando
antibiotici (in questo articolo è riportato l'Orbifloxacina). E’ noto però che questa utilizzazione
prolungata porta allo sviluppo di ceppi di germi resistenti agli antibiotici che non possono più essere
debellati, in un circolo vizioso che comporta un progressivo aggravamento delle condizioni cliniche dei
pazienti che sempre più frequentemente vanno incontro a recidive via via sempre più gravi e
irrisolvibili (Bergan, 1981, (Noble and Kent 1992, Quinn et al., 1994, Lloyd et al. 1996, 1999,
Werckenthin et al. 2001, Holm et al. 2002, Rantala et al. 2004, Loeffler et al. 2007).
La selezione di ceppi patogeni resistenti riguarda sia l’agente eziologico delle piodermiti vale a dire
Staphylococcus spp (intermedius, aureus, ecc.) (Medleau et al., 1986, Noble and Kent 1992, Pak et al.,
1999, Loeffler et al, 2001) che la flora microbica saprofita normalmente residente nell’intestino,
specificamente Escherichia coli, ma anche Klebsiella o Enterococchi o Pseudomonas e Serratia (Hirsh
57
et al., 1980, Monaghan et al., 1981, Van Belkum et al., 1996). Questo ha una gravissima ricaduta non
solo in campo veterinario, come sottolineato dagli autori previamente citati, ma anche in campo
umano, la cui selezione e diffusione di ceppi gram negativi – multi resistenti sta diventando un
problema planetario di difficilissima soluzione e grande preoccupazione sociale (Donskey et al., 2004,
Paterson, et al., 2005, Ben-Ami et al., 2006, Rossi et al., 2006, Lee et al., 2006, Schwaber et al., 2006,
Pop-Vicas et al., 2008).
La possibilità di tenere a bada e/ o risolvere per via terapeutica patologie sostenute da batteri, come le
piodermiti, senza innescare processi negativi come l’antibiotico resistenza, è fortemente auspicabile e
desiderabile, ma attualmente di difficilissima realizzazione vista l’estensione del fenomeno piodermite
e l’assenza di alternative alla utilizzazione degli antibiotici per il controllo di dette patologie (Pop-Vicas
et al. 2008).
Le piodermiti ed il loro prolungato trattamento terapeutico a base di antibiotici stanno sostenendo ed
amplificando il problema della antibiotico-resistenza, specie se non si riuscirà a trovare soluzioni
alternative per il trattamento di questa diffusissima patologia della cute del cane.
I risultati di questo studio preliminare, retrospettivo e senza controllo, sembrano rispondere
perfettamente a questa necessità di limitare e/o evitare l’utilizzo degli antibiotici. Il medicamento ONE
VET® sembrerebbe rispondere efficacemente all'esigenza di risolvere le piodermiti del cane in tempi
rapidi e senza impiego di antibiotici, in tempi notevolmente inferiori a quelli riferiti dalla letteratura
esaminata o simili alla letteratura in cui la patologia si è risolta più velocemente con utilizzo di
antibiotici fluorochinolonici (Scott et al., 2006) . Questo significa che se, anche si dovessero avere
recidive nello stesso paziente, per persistenza dei fattori scatenanti, quali allergie o intolleranze
alimentari, predisposizioni genetiche e di conformazione della cute, il trattamento con ONE VET®
porterebbe a risoluzione il problema in tempi notevolmente inferiori a quelli osservati con le terapie
convenzionali e soprattutto non causerebbe nessuno strascico collaterale come la selezione di ceppi
resistenti agli antibiotici.
Questo effetto antimicrobico di ONE VET® è stato riscontrato anche nel corrispettivo 1 Primary
Wound Dressing® per uso umano, come si evince dai dati riferiti da Mainetti e Carnevali riguardo alla
terapia delle ustioni senza uso di antibiotici (Mainetti e Carnevali, 2013). Ma questo effetto
antimicrobico era stato già riferito in occasione di una comunicazione a Congresso da Carnevali et al
(EWMA 2011) in cui una paziente con ulcera a gambaletto, persistente da oltre 17 anni e colonizzata
da oltre due anni da Acinetobacter baumanni e calcoaceticus, entrambi multi-resistenti, aveva
mostrato una variazione della popolazione batterica residente da multi resistente a sensibile dopo un
mese di trattamento topico con il medicamento, per cui si è potuto procedere al trapianto di cute
58
sull’intera ulcera con un successo di attecchimento del 100%. Di seguito si riporta l’abstract
presentato al suddetto Congresso del 2011.
Case Report accettato al congresso EWMA, Bruxelles 25-27 maggio 2011
Questo effetto antimicrobico era stato osservato anche in precedenza quando ancora il medicamento
MIX 557 non aveva una veste commerciale ed era in fase di sperimentazione. Infatti come si evince
dall’abstract presentato al Convegno EWMA (Glascow, 2007) si era notato che trattando un ulcera
infetta da oltre un milione e mezzo di Unità Facenti Colonia (UFC) di S. aureus, entro tre giorni dal
trattamento, si riscontrava una riduzione drastica e duratura della carica microbica di superficie pari a
4.000 Unità Facenti Colonie (UCF) che non corrispondono più ad una infezione in corso, ma ad una
normale e controllabile "colonizzazione" della superficie lesa. La diminuzione della colonizzazione
batterica
era
accompagnata
anche
da
riduzione
del
dolore
causato
dalla
persistenza
59
dell’infiammazione, a dimostrazione che il controllo della carica batterica permette alla lesione di
procedere verso la fase di granulazione con riduzione del dolore infiammatorio.
EWMA, Glascow 2
Come nei case report appena citati, anche in questo studio sulle piodermiti del cane è stato osservato
un abbattimento della carica microbica sostenuta da Staphylococcus aureus, parzialmente resistente
agli antibiotici, residente sulla lesione del caso n° 4 (vedi risultati analisi microbiologica cane Carmela
del 12 marzo e del 22 marzo) senza utilizzazione di terapia antibiotica, sistemica o locale. Purtroppo in
nessun altro dei casi presentati era stato possibile effettuare indagini microbiologiche che possano
confermare quanto osservato in umana e in quest’unico caso testato.
Comunque, a conferma dell’azzeramento della carica microbica responsabile della sintomatologia e del
quadro clinico e della evoluzione positiva delle lesioni trattate con ONE VET® verso la fase di
granulazione, sono la scomparsa della compulsione a grattarsi nell’arco di 24-48 ore (sintomo che
indica la persistenza della infiammazione e quindi dell’infezione e che viene perfettamente controllato
dal trattamento topico con ONE VET®), la riduzione del grado di essudazione sin dai primi giorni
di
trattamento
(l’essudazione
superficiale
è
sintomo
che
indica
la
persistenza
di
infiammazione/infezione e quindi la sua riduzione è indicatore della ripresa della permeabilità
vascolare fisiologica per scomparsa dello stato infiammatorio) e la riepitelizzazione dell’area
lesionata (la riepitelizzazione indica che il processo di riparazione è costante e conseguente ad una
granulazione fisiologica, per cui si deduce che infezione e/o infiammazione sono scomparse).
60
Sicuramente sono necessari altri studi in cui sia effettuata la caratterizzazione microbiologica durante
il decorso della terapia, per confermare i risultati di questo studio preliminare. E’ comunque
incoraggiante l’osservazione che sia in umana che in veterinaria le lesioni della cute possono essere
efficacemente trattate senza dover necessariamente ricorrere alla somministrazione di antibiotici.
Il meccanismo antimicrobico che sta alla base di questi effetti riscontrati utilizzando ONE VET®
risiede nelle proprietà degli acidi grassi a media e lunga catena mono e poli-insaturi contenuti nel
medicamento stesso, che come riferito da Drake et al- (2008) e Desbois and Smith (2010) sono dei
potenti agenti antimicrobici.
In questi articoli si ribadisce che gli acidi grassi polinsaturi sono la componente principale dei lipidi
prodotti dalle ghiandole adipose della pelle, sono composti che si sono evoluti nella scala zoologica con
la funzione di protezione della cute dalle aggressioni batteriche, sono presenti sia nel mondo animale
che vegetale (Omega 3, Omega 6).
Questi acidi grassi, quando vengono applicati sul derma esposto come medicazione primaria (come
per ONE VET®) ostacolano la proliferazione batterica, si ossidano inglobando e sequestrando i radicali
liberi al posto delle strutture di membrana delle cellule vive e, mantenendo la giusta idratazione
superficiale, facilitano la cicatrizzazione (formazione di uno strato semipermeabile che impedisce la
disidratazione) dimostrando che sono il cicatrizzante ideale. Lo spettro di azione antibatterico dei cisFFAs (acidi grassi a catena medio-lunga saturi ed insaturi) è molto ampio ed ha una modalità di azione
non specifica: effetto di disgregazione del doppio strato lipidico della membrana cellulare batterica
analoga all’azione svolta dai free fatty acids presenti sull’epidermide della maggior parte dei
mammiferi, uomo compreso con funzioni antimicrobiche.
Si riportano le immagini del meccanismo di azione dei FFAs (Free Fatty Acids) riportata nell’articolo di
Desbois and Smith (2012) e la rappresentazione grafica dei più comuni acidi grassi di cui sono state
riscontrate attività antimicrobica.
61
62
CONCLUSIONI
Le piodermiti nel cane sono una patologia frequente ed in costante crescita da tenere sotto stretta
osservazione a causa della correlazione stretta con l’insorgenza di gravi e diffuse resistenze agli
antibiotici da parte dei batteri responsabili di detta malattia, oltreché dei batteri saprofiti residenti nei
pazienti, specialmente i gram negativi ospitati a livello intestinale.
Contrariamente a quanto riferito dalla letteratura qui analizzata, e in base ai risultati ottenuti in questo
studio preliminare, potrebbero non essere più così problematiche in quanto possono essere
efficacemente trattate senza dover ricorrere alla somministrazione di antibiotici sistemici o locali. Se
questo fosse confermato da futuri studi, il problema dell’antibiotico resistenza potrebbe cominciare ad
avere una riduzione dell’allarme che sta fino ad ora creando all’interno della comunità internazionale.
63
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