NATURA MORTA CON PANETTONE
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NATURA MORTA CON PANETTONE
NATURA MORTA CON PANETTONE Giovanni Battista Todeschini, olio su tela, post 1900 - ante 1938 Musei civici di Lecco (LC) L’OPERA L’opera raffigurata una tavola con tovaglia bianca su cui sono accatastati un panettone al centro, un tacchino, un’anitra e un gruppo di uccelli uccisi, uva, frutta e verdura fra cui mele, asparagi, una anguria, bottiglie. Lo sfondo è grigio; le altre tinte sono chiare e sfumate con molti toni di rosa, azzurro e giallo. La frutta e la verdura raffigurate appartengono a stagioni diverse: mele e uva sono autunnali, le arance invernali, asparagi e ciliegie primaverili, mentre l’anguria è un frutto estivo. Il panettone che troneggia al centro, invece, è un dolce tipico del periodo di Natale; è anche l’unico cibo che risulta già iniziato, e la fetta mancante permette di vedere la pasta gialla del dolce, con i tradizionali canditi. È possibile quindi che l’autore voglia alludere ad un pranzo di Natale talmente ricco da includere anche primizie fuori stagione, oppure che abbia semplicemente voluto dare un’impressione di opulenza “atemporale” confermata dalle bottiglie in secondo piano e dall’anitra, dal tacchino e dagli uccellini in primo piano, pronti per essere spiumati ed arrostiti. Giovanni Todeschini (1857-1938), lecchese e padre del pittore Lucio, ha lasciato parecchie opere a Lecco. IL PANETTONE Nel 1549 Cristoforo da Messisbugo, nel suo ricettario, cita dei “pani di latte e zuccaro”, che sono probabilmente gli antenati del nostro panettone: a loro volta discendono dalle ricette di dolci del Quattrocento, in cui per la prima volta lo zucchero si aggiunge all’impasto, invece di cospargerlo sul piatto come il sale. I pani di Messisbugo sono ancora bassi e privi di uvette e canditi, ma hanno in comune con i panettoni moderni la forma tonda e una lunga lievitazione . Il termine “panaton” (“pane grosso qual si suol fare il giorno di Natale”.) compare per la prima volta nel 1606, in un dizionario italiano – milanese. Di fatto, dal Seicento all’Ottocento, il panettone è un dolce associato al Natale, ma che si può consumare anche nel resto d ell’anno, con il nome di Panattonìn. Resta comunque un cibo per ricchi, per il costo degli ingredienti (burro, uova, farina fine, zucchero, canditi e uvette) e i tempi di lavorazione. Nel corso dell’Ottocento, nelle classi più abbienti si diffonde l’abitudine di regalare panettoni a Natale ad amici e persone con cui si hanno rapporti di lavoro, e il maggior consumo porta al proliferare di pasticcerie artigianali. Il panettone incomincia ad essere noto al di fuori di Milano, e Pellegrino Artusi inserisce una versione “personale” della ricetta, dove il cremor tartaro sostituisce il lievito madre, nel suo “ La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891). Nel 1919, Angelo Motta dà al panettone la sua forma attuale “a cilindro”. Sempre Motta, negli anni Venti e Trenta, nelle sue pubblicità associa in maniera indissolubile il panettone al Duomo di Milano e nel 1933 inaugura il primo stabilimento di produzione industriale con forno a catena, seguito a ruota dal suo diretto concorrente Gioacchino Alemagna (1937). FONTI IMMAGINI http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/G1050-00095/ BIBLIOGRAFIA Alessandro Marzo Magno, “Il genio del gusto”, Garzanti 2014: http://csbno.medialibrary.it/media/scheda.aspx?id=150035450 Ada Boni, Il talismano della felicità, Colombo 1999 Disponibile presso CSBNO