LEA VINAY Basta una carezza «Porto un cognome impegnativo

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LEA VINAY Basta una carezza «Porto un cognome impegnativo
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LEA VINAY
Basta una carezza
«Porto un cognome impegnativo!» sorride nel suo bel viso senza età Lea Vinay
la prima chirurga generale e ginecologa del mondo valdese. «Sì, Valdo e Tullio Vinay
erano cugini di mio padre e sentivamo spesso, specie con Tullio e sua moglie, per
telefono. Il nonno paterno, Jean Pierre Vinay, e suo fratello maggiore, Alexandre,
furono a lungo professori al Collegio Valdese di Torre Pellice; Alexandre fu il primo
preside dopo il pareggiamento, mentre nonno Jean Pierre vi insegnò per ben
quarant'anni, dal 1889 al 1929! Lui si era sposato con una fanciulla danese - ecco, il
bel viso nordico! Lea avrebbe potuto essere l'interprete di un film di Bergman o, simili
(prospettiva che le era stata offerta, ma che aveva rifiutato perché preferiva lo
studio!) - che aveva conosciuto quando da giovane era stato ad insegnare, in
Svizzera, a Ginevra, in un collegio per signorine di buona famiglia, dove la nonna e
sua sorella erano state mandate a studiare dal padre, medico danese. Professore e
allieva sì sono innamorati, ed è finita in matrimonio - racconta con un sorriso degli
occhi nocciola - La nonna è vissuta fino alla morte in una villetta che tutti ricordano
sulla collina di Torre Pellice, poco sotto il tempio del Ciabas: una casa fatta come
piaceva a lei, coi "colombages", era una cosa mai vista! Mio padre era ingegnere,
avrebbe voluto studiare da medico, ma la nonna glielo impedì, .perché ricordava con
angoscia la vita che aveva fatto suo padre, medico in Danimarca, quando di notte i
pescatori venivano a cercarlo e bisognava andare nella neve, attraversando i fiordi
con le barche, senza mai essere certi del ritorno. E così, il medico l'ho fatto io! Solo
dopo aver manifestato la mia scelta, mio padre mi ha rivelato questo suo desiderio
giovanile».
La famiglia di Lea vive in Spagna fino allo scoppio della guerra civile (e si salva
dal massacro solo perché il padre era amato dai suoi operai, che lui aiutava, e che lo
avvertirono all'ultimo momento di quanto stava per succedere, incitandolo a fuggire,
«Il che avvenne nella notte, abbandonando la casa e ogni cosa. Ci rifugiammo in
Portogallo, dove mio padre riprese il suo lavoro. Rientrammo in Italia poco prima
dello scoppio della guerra, proprio per rivedere nonno Jean Pierre, gravemente
malato, che morirà poco dopo». Dopo altri trasferimenti, dapprima a Pegli, in Liguria,
e poi a Montecatini Terme, i Vinay tornano alle Valli, dove il nonno materno, già
sindaco a Luserna S. Giovanni, aveva una casa; Lea frequenta le scuole medie, il
ginnasio e poi il liceo, al Collegio di Torre.
Per studiare medicina, poi, Lea si trasferisce a Torino con la famiglia. Si laurea a
ventiquattro anni, con 30/30, lode e «dignità dì stampa». «Penso di essere stata l'
unica donna, allora, a scegliere la chirurgia!» e va come assistente volontaria in clinica
chirurgica «dal grande Achille Mario Dogliotti», poi consegue la prima specialità, in
chirurgia plastica, nel '65 una seconda, in ostetricia e ginecologia, e, dopo anni di
lavoro volontario («facevo anche la guardia medica per non dover chiedere a mio
padre i soldi per il tram) nel '68 «finalmente il primo stipendio!» nota con
soddisfazione. «Sono andata a lavorare al CTO nel reparto di chirurgia plastica: ci
sono persone che ho operato, soprattutto per infortuni sul lavoro, e che mi sono
ancora affezionate (ricordo un operaio di vent'anni che lavorava nella gomma, e gli ho
salvato le due maní). Nel '72 mi hanno chiamata dal concistoro di Torino per andare a
lavorare all'Ospedale evangelico, che allora funzionava come casa di cura, e nel
frattempo continuavo ad aiutare anche all'Ospedale di Torre, sotto Arnaldo Eynard,
che divenne poi primario al Valdese di Torino, quando questo si organizzò con una
struttura operatoria. Nel '74 Arnaldo è morto tragicamente e per l'ospedale,è stata una
grossa perdita. Medici evangelici non ce n'è mai stati molti, ed é un peccato».
In quegli anni, inoltre, Lea consegue la terza specialità, in chirurgia generale.
«Avendo scelto la chirurgia, sono più portata per le cose pratiche, che per i grandi
discorsi teorici o teologici. Non è che vado predicando - sorride - ho sempre cercato di
fare, quando c'era bisogno, mi sono sempre prestata. E questo, non perché sono
valdese., anche se è importante il modo in cui sei stato educato. Ho una certa
insofferenza per alcuni medici che tante volte si sentono dei padreterni. Penso che il
malato non lo devi affliggere con ogni genere di prescrizioni, quando la sua salute è
nelle tue mani ... A me capita che. molte donne si confidano con me, perché sono una
donna... Il malato sì sente accolto se dimostri con la tua condotta di fare del bene: alle
volte basta una carezza. Adesso che sono andata in pensione, molti mi hanno detto:
“Non ci abbandonì"».
E cosi Lea continua a curare, come libera professionista, e a prestarsi per tutti. E
se nella chiesa di Susa abbiamo bisogno di un’organista, in qualche festività prende
l'auto e viene a suonare! Oppure va in giro con la corale della chiesa, di Torino, perché
«mette a disposizione» la sua bella voce, e le piace molto cantare
Piera Egidi: “Sguardi di donne” – Ed. Claudiana