Davis: per me i vagabondi sono come gli eroi

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Davis: per me i vagabondi sono come gli eroi
L’ECO DI BERGAMO
56 Spettacoli
SABATO 24 OTTOBRE 2015
Davis: per me i vagabondi
sono come gli eroi greci
Intervista. Il bluesman suona domani a Treviglio con Fabrizio Poggi
«Canto un mondo che vedo nella mia anima, coperto dalla polvere»
Dopo l’entusiasmante
performance di Richard Thompson, la rassegna «Touch Of Blues
& folk» passa dalla parte delle dodici battute per un paio di appuntamenti importanti. Ora tocca a
Guy Davis – in concerto domani
al Teatro Nuovo di Treviglio (inizio ore 21, ingresso 10 euro) –, una
sorta di ponte tra il tempo nostro
e il blues di tradizione, un filo
diretto tra il presente e Rober t
Johnson, Blind Lemon Jefferson.
Suona accompagnato dall’armonicista Fabrizio Poggi, con cui ha
inciso l’album «Joba Dance». In
qualche misura la dimostrazione
che il linguaggio del blues, anche
quello arcaico, è sempre attuale.
«Il blues rimarrà vivo sin tanto
che la gente continuerà a cantarne le canzoni», spiega il bluesman
americano. «Faccio del mio meglio per mantenere alto il livello
d’interesse. Quando suono certi
pezzi spero che chi ascolta provi
lo stesso entusiasmo che ho avvertito dentro quando li ho sentiti
la prima volta. Il mio rapporto con
questo mondo antico sta nell’originalità delle mie composizioni.
Il blues mi ha aperto un intero
mondo di musica e di storie, alcune ancora da scrivere, altre ancora
da cantare».
Ascoltando i suoi dischi ci si accorge
che è un grande appassionato di storie, raccattate sulle «strade blu», le
vie secondarie che attraversano la
provincia rurale americana. Cosa c’è
che l’attrae nelle storie che racconta?
«Racconto storie di vagabondi.
Con le parole che mi entrano facilmente in bocca. Per tutta la mia
vita ho ascoltato storie di carcerati, assassini e amanti a mezzanotte. Storie non meno eccitanti per
me che i miti greci o il teatro di
Shakespeare».
Lei viene da una famiglia di attori,
registi, attivisti impegnati nella lotta
per i diritti civili in America. Come
valuterebbero oggi la situazione
americana suo padre e sua madre?
«Se i miei genitori fossero vivi
oggi, nel vedere come va il mondo,
la violenza pervasiva, la continua
ineguaglianza economica e sociale, ne sarebbero amaramente dispiaciuti, non certo sorpresi».
Panoramica notturna di Città Alta BEDOLIS
Gli artigiani
di Città Alta in tv
Documentario su Rai 3
Un’opera di Luigi Giuliano
Ceccarelli, già direttore
artistico della stagione
di prosa al Donizetti
Guy Davis, 63 anni, bluesman americano
VolAteatro al Gavazzeni
Cinque
spettacoli
per bambini
a Seriate
«Ci saranno tappeti sonori e
marchingegni interattivi e multimediali che catturano lo spettatore invitandolo a diventare un
tutt’uno con la scena»: è questo
che promette di essere la nuova
edizione di VolAteatro organizzata dall’assessorato alla Cultura
del Comune di Seriate con la
direzione artistica e organizzativa di Teatro Prova. Cinque spettacoli per bambini dai tre ai
cinque anni da oggi al 27 febbraio 2016 al CineTeatro Gavazzeni
di via Marconi, sempre di sabato
alle ore 16, con l’eccezione di
mercoledì 6 gennaio e del doppio
spettacolo del 12 dicembre nell’occasione della festa di Santa
Lucia, con una replica alle 16 e
una alle 17,30 (ingresso: 2 euro
bambini, 3 euro over 14, per lo
spettacolo del 12 dicembre l’ingresso è a 1 euro per tutti; prevendita biglietti al Cineteatro
Gavazzeni, tel. 340.3479724, da
lunedì a venerdì dalle 20,30 alle
23, sabato e domenica dalle 14
alle 23). Insomma, a Seriate la
fantasia decolla con le meraviglie
del teatro per bambini secondo
un filo conduttore che gli organizzatori hanno individuato nella
messinscena di racconti pensati
per coltivare l’immaginazione
dei bambini e risvegliare quella
degli adulti. Il via oggi pomeriggio con lo spettacolo «Mondo di
silenzio» di Teatro Prova (dai 5
anni). La rassegna proseguirà
sabato 14 novembre con «Il cielo
degli orsi» di Teatro Gioco Vita di
Piacenza (dai 3 anni), per riprendere il 6 gennaio 2016 con «Il
bosco delle storie» di Accademia
Perduta Romagna Teatri (dai 3
anni) e il 27 febbraio con «Babayaga» della Compagnia T.P.O. di
Prato (dai 5 anni). AN. FR.
Le sue canzoni raccontano un’America che non sempre viene messa a fuoco dai media. Eppure resta un mondo
pieno di umanità.
«Le mie storie parlano di un mondo come lo vedo nella mia anima:
antico, e coperto dalla polvere di
molti anni. Anni in cui la gente ha
lottato per sopravvivere, in un
mondo in cui avere di che vivere
era spesso duro, in un mondo
freddo, razzista. Il blues ha aiutato a trovare una strada dove non
se ne vedeva una».
Uno dei suoi ultimi dischi, «Juba Dance», è stato registrato proprio a Bergamo. Negli studi «Suono vivo».
«Fabrizio Poggi ha prodotto quell’album, e lui ha scelto questo studio a Bergamo dell’amico Dario
Ravelli. Un tecnico e un musicista
bravo. Non solo si è occupato delle
registrazioni, ha anche cucinato
per noi per un paio di settimane,
e molto bene. Quanto a Fabrizio,
è un musicista come si deve; ha
chiesto solo di partecipare in alcune canzoni e il suo apporto si
sente».
Ugo Bacci
©RIPRODUZIONE RISERVATA
A Bergamo è stato, in
molti lo ricorderanno, direttore artistico della stagione di
prosa del teatro Donizetti,
nonché della «Casa delle Arti».
Se lui ha lasciato una traccia in
questa città, vale verosimilmente anche il reciproco: Bergamo ha lasciato, in lui, una
traccia sensibile. Alla bellezza
e fascino di Città Alta Luigi
Giuliano Ceccarelli ha dedicato un documentario, della durata di circa 25 minuti: «Storie
di Città Alta», andato in onda
su Rai 3, nella puntata di
Geo&Geo del 19 ottobre, e ancora visibile, su Rai Replay, fino
a domani. Oggi, la città sul colle, meta di turismo di massa e
sede residenziale di alto livello.
Sino a pochi decenni fa, ricorda
Ceccarelli, abitata invece da
gente spesso modesta, lavoratrice. Una città che ha una storia millenaria, testimonia una
stratificazione archeologica,
edilizia, urbanistica che va, almeno, dai romani ai giorni nostri. I maggiori spazio e attenzione sono dedicati, però, agli
artigiani, ai lavoratori di Città
Alta, a mestieri che stanno
scomparendo, incluso un artigianato alimentare in via
d’estinzione. «In cinque anni –
spiega Ceccarelli – una parte di
me è diventata bergamasca. Ha
adottato un modo di pensiero
che non mi apparteneva e che,
in qualche misura, ho introiettato. L’opera è successiva al
mio periodo bergamasco. Ne è,
in qualche modo, l’eredità. Un
tributo che mi sentivo di fare.
Mi sembrava sciocco racconta-
re io. Più interessante raccogliere, in forma corale, quello
che raccontano gli ultimi artigiani, quella comunità che va
un po’ scomparendo. Personaggi che lavoravano e lavorano in maniera assidua, talvolta
frenetica. Una forma, anche, di
riconoscenza, verso qualcosa
che sta cambiando, ma resta
del tutto affascinante». Chi
viene da fuori riesce ad apprezzare cose di cui il nativo, l’indigeno, magari, nemmeno si accorge. O tende a dare per scontate: «C’è un animus bergamasco che andava raccontato. Un
animus fatto, prima di tutto, di
rispetto. Questo ho apprezzato, soprattutto, della bergamaschità: rispetto per gli altri, il
lavoro, le cose, la fatica, la solidarietà. Questo quello che ho
trovato nella Bergamo migliore. Di cui si trova traccia evidente in questa piccola comunità, in questo centro storico
incantato», che, con sapienza
antica, cerca di adattarsi, ora, ai
ritmi e alle invasioni della globalizzazione. «Ora Bergamo
deve fare i conti con l’ondata
turistica. Però vedo che c’è una
capacità di adattamento, è una
sfida che si sta raccogliendo,
senza tante polemiche. Si cerca
di salvare il salvabile, adattarsi
a quello che inevitabilmente è
il progresso di una città che sta
diventando più cosmopolita e
meno antica». Sempre omaggi,
o incuriositi tributi, alla bergamaschità, due altri brevi documentari di Ceccarelli, andati in
onda, anch’essi, su Geo&Geo:
uno dedicato al «formai de
mùt», formaggio di monte,
prodotto simbolo della gastronomia orobica. L’altro al
«parüch», spinacio selvatico,
che qualcuno si è messo a coltivare con passione e lavoro.
Vincenzo Guercio
Lo «Stabat» di Rossini magnetizza il Donizetti
Dal Comunale di Bologna
CAROBBIO DEGLI ANGELI
STATALE BERGAMO-SARNICO
info: 340.8297571
QUESTA SERA
Sala 1 Liscio con orchestra
DEVIS BALLERINI
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Sala 2 Latino americano
Sala 3 Musica Dance 360°
L’ultima volta che orchestra e coro del Comunale di
Bologna furono al Teatro Donizetti era nel lontano 1998, per
una memorabile edizione di
Dom Sébastien, grand’operacapolavoro (uno dei tanti titoli
recuperati dal silenzio della storia) di Donizetti. Era il regalo finale delle celebrazioni 19971998, firmato da Daniele Gatti,
allora bacchetta in ascesa. Le
maestranze felsinee sono tornate al Donizetti per una serata capolavoro. Applaudita dall’eccezionale madrina Raina Kabai-
vanska, con un bel gruppo di
cronisti nazionali e internazionali al seguito, orchestra e coro
di Bologna hanno incantato, anzi magnetizzato il folto pubblico
accorso al Donizetti per una serata lirico-sinfonica più unica
che rara. Non solo per la qualità
– eccellente, spesso eccelsa – dei
due organici (l’orchestra sotto la
guida mirabile di Michele Mariotti, il coro, un gruppo di speciale qualità e compattezza preparato da Andrea Faidutti) e del
quartetto di formidabili solisti: il
soprano vellutato Yolanda Auyanet, il mezzo Veronica Simeoni, il tenore Antonino Siragusa e
Orchestra e coro del Comunale di
Bologna al Donizetti MARIA ZANCHI
il basso di carisma e sapienza
Michele Pertusi. Ma più ancora
valeva il «menù», lo «Stabat Mater» di Rossini storicamente intrecciato con Donizetti, «prima
bacchetta» voluta dallo stesso
pesarese per il debutto in Italia
nel 1842. Lo «Stabat» è una sorta
di «teatro sacro» di rara potenza
e sofisticati congegni, dove l’ingegno mescola Settecento e XIX
secolo, congelando i sentimenti
in un «assoluto» di rara eleganza
e densità. Sottigliezze e sagacia
architettonica s’intrecciano per
un affresco grandioso, che sfiora
i turbini spirituali dell’800.
Bernardino Zappa