2015-02-26 Acuto del Pennino

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2015-02-26 Acuto del Pennino
CLUB ALPINO ITALIANO
Sezione di Perugia G. Bellucci
Giovedì 26 febbraio 2015
ACUTO DEL PENNINO
Da Col Falcone alla Fonte delle Mattinate
Coordinatori logistici: F. Calistri - D. Crotti – G. Giubboni – U. Manfredini – V. Ricci
La morfologia generale degli Altipiani, siamo a Colfiorito, è
piuttosto regolare e si caratterizza per la presenza di conche con
fondo pianeggiante o debolmente inclinato che, nella parte più
depressa, racchiudono degli inghiottitoi a forma di imbuto – della
cavità naturali scavate in rocce solubili, dove drenano nel sottosuolo
le acque superficiali – alcuni dei quali di grandi dimensioni. Al
bordo di queste aree pianeggianti sono presenti estese conoidi,
formate da materiale detritico eroso dai pendii sovrastanti, che
raccordano dolcemente il fondo delle conche con i versanti limitrofi;
questi presentano pendici generalmente acclivi che, tuttavia, nelle
parti sommitali si addolciscono sino a divenire semipianeggianti od
a forma di cupola schiacciata. Da tali caratteristiche generali si discosta il Piano di Collecroce, sovrastato
dai ripidi versanti del Monte Pennino e del Col Falcone, che si contraddistingue per essere quasi
completamente ricoperto da accumuli detritici provenienti dai suddetti rilievi e che si presenta leggermente
ondulato, soprattutto lungo il bordo orientale. (D.C.)
L’ESCURSIONE – Si parte dal Cimitero di Colfiorito all‟inizio di
Val Vaccagna (762 m). Si opererà il trasbordo alla Fonte delle
Mattinate ove alcune vetture verranno colà portate prima della
partenza. Si sale lungo il SI attraversando l‟area SIC di Col Falcone,
la cui cima è posta a 1044 m. Da qui sempre in direzione nord si
raggiungono le pendici del M. Acuto; la forcella è sita a quota 1250
m circa. Qui la prima sosta: la salita e discesa alla cima dell‟Acuto,
1300 m, è opzionale). Da qui si penetra nella macchia scoscesa
lungo uno stretto ma suggestivo sentiero che si aprirà sul Piano della
Minutella e quindi scenderà alla Bocchetta della Scurosa a 1152 m,
sopra la F. Acqua Fresca. Si piega a destra verso est e quindi si sale
seguendo la direzione sud-est per raggiungere e superare varie quote con saliscendi sino ai 1136 m del M.
Corneto (o Corento?) e quindi ai 1110 del M. Scalette. Lungo il tragitto or ora citato la sosta più lunga. Da
qui si scende alla Fonte delle Mattinate posta a circa 733 m. Rientro come predisposto.
IN COLLABORAZIONE CON IL SERVIZIO PARCO DI COLFIORITO
Durata: 4,30 ore circa, più le soste
complessivo: 750 m circa
 Lunghezza: 13 km circa  Dislivello
 Quote tra i 760 ed i 1250 metri circa
NB: il percorso, su sentieri di montagna, richiede attenzione, sicurezza, impegno e buona preparazione
atletica. Comportarsi razionalmente di conseguenza.
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Partenza con mezzi propri alle ore 7,30 da Pian di Massiano (dietro alla stazione del minimetrò).
Incontro con i coordinatori a Collestrada bassa in piazzetta alle ore 7,50 con partenza immediata.
Rientro a Perugia nel pomeriggio.
Percorrenza auto: Perugia, Collestrada, superstrada per Foligno, Capodacqua, Piano di Ricciano,
Colfiorito, Cimitero di Colfiorito (KM 63).
Rif.: Franco Calistri 347 5751347 - Daniele Crotti 329 7336375 –
Giamberto Giubboni 329 2286695 – Ugo Manfredini 348 7666713 – Vincenzo Ricci 333 6372943
L’escursione odierna: alcuni… perché?
COL FALCONE
All‟altezza del cimitero di Colfiorito, in una zona attualmente divisa tra il territorio umbro e quello
marchigiano, emerge una porzione della dorsale basso-montana dell‟Appennino che, originando dal
monte Pennino, si dirige verso sud, fino presso l‟abitato di Colfiorito, a quote comprese tra 790 e
1.044 m. Si tratta di un‟area dominata dal COL FALCONE, che sovrasta il cimitero medesimo e
che compare già nella carta dell‟Umbria di E. Danti (1581, Gallerie Vaticane).
La successione litostratigrafica che si può qui osservare mostra la particolarità della presenza della
serie umbro-marchigiana di tipo “ridotta”, dove le formazioni affioranti si susseguono sempre in
continuità stratigrafica, ma con spessori estremamente ridotti e con termini litologici di passaggio
intermedi rispetto alla successione tipo, dove le formazioni come la corniola ed il rosso ammonitivo
risultano mancanti e/o sostanzialmente sostituite da una facies litologica eteropica, di passaggio, a
testimonianza di un ambiente di sedimentazione di raccordo tra i cosiddetti alti (rilievi sottomarini)
e bassi (bacino profondo) strutturali. Si tratta di una piccola anticlinale calcarea con pendici
piuttosto acclivi e sommità semipianeggianti, parzialmente ricoperta da paleo suoli fersiallitici che
danno origine ad un ambiente edafico a pH acido.
L‟area di Col Falcone è stata inserita nell‟elenco dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Qui
sono presenti un habitat prioritario della Direttiva CEE 92/43 “Habitat” (pascoli del FestucoBrometalia con stupenda fioritura di orchidee) ed uno non prioritario (boschi di cerro e carpino
bianco, con presenza di Taxus baccata e Ilex aquifolium). Va segnalata inoltre la contemporanea
presenza dell‟insieme delle sclerofille mediterranee-atlantiche-temperate Ruscus hypoglossum,
Hedera helix, Ruscus aculeatus, Daphne laureola, oltre alle due citate, che raramente in Umbria si
trovano consociate in un ambito molto limitato di superficie. La più estesa formazione forestale è
rappresentata dal bosco di cerro (Q. cerris), governato a ceduo matricinato, con elementi acidofili e
mesofili tipo Carpinus betulus, oltre ai precedenti riferiti. Ai margini del bosco sull‟ampio crinale
sono presenti pascoli a Bromus erectus, dell‟alleanza Phleo ambigui-Bromion erecti, talvolta
parzialmente circondati da piccoli cespuglietti riferiti alle alleanze Cytision sessilifolii e PrunoRubion ulmifolii.
Pochi ruderi di un edificio, che gli abitanti di Colfiorito identificano con la chiesa di S. Biagio di
Tolentino, sono ancora visibili sulla propaggine meridionale di Col Falcone nota in passato come
Monte di Tolentino, dal nome del villaggio medievale qui ubicato.
[in: “La Montagna di Foligno. Itinerari tra Flaminia e Lauretana”. A cura di F. Bettoni e M. R. Picuti, Edizioni Orfini
Numeister, Foligno, 2007]
MONTE ACUTO
[già M. Grillo]
Lo scoglio di Monte Acuto (q. 1.300), una delle cime del Pennino, compare nell‟atto del 1114 in
relazione ai confini del territorio appartenente al monastero di Landolina. Dalla sommità del Monte
Acuto si vede interamente l‟importante percorso, di sicura origine preromana, che si diparte dal
Piano di Collecroce, sono proprio l‟ottima visibilità e la difendibilità che rendono comprensibile la
scelta strategica per la sede di un CASTELLIERE d‟epoca preromana, presumibilmente databile
agli inizi del VI secolo a. C., come attesta il toponimo Castellare che conserva il ricordo delle
antiche funzioni. “Il Castellare di Monte Acuto, cioè l‟Ocrillo del Catasto Camerunese del secolo
XIII, toponimo che corrisponde a (colle, valle del) Grillo, è tra gli insediamenti, scrive M. Sensi,
oggi del tutto scomparsi.
Su di un‟altura, poi, posta alle estreme propaggini occidentali dell‟Acuto si localizza (q. 948) un
insediamento fortificato d‟epoca umbra a perimetro definito.
[in: “La Montagna di Foligno. Itinerari tra Flaminia e Lauretana”. A cura di F. Bettoni e M. R. Picuti, Edizioni Orfini
Numeister, Foligno, 2007]
FONTE DELLE MATTINATE
[o Matinate]
Posta nel comune di Serravalle di Chienti, la sua sorgente alimenta l‟acquedotto di Colfiorito. La
località è ben nota grazie al fontanile di acqua ristoratrice spesso affollato (massime nel periodo
estivo, ovviamente), allorché diviene un sito di piacevole e rinfrescante sosta. Luogo di incontro
non sempre piacevole, peraltro. Si pensi, ad esempio, al fatto del 9 luglio 1778 allorché “alcuni
passeggeri (furono) assaliti e derubati da una truppa di masnadieri nel Piano di Colfiorito”, un
“funesto avvenimento” il cui Ragguaglio fu dato alle stampe dal romano Cracas. “Giovedì 9 del
corrente dopo le ore 18 alle 20 partirono da Foligno alla volta di Sinigaglia un mercante di Terni a
cavallo, sei calessi da viaggio ed una sedia di cambiatura. Giunto il mercante ternano nel piano di
Colfiorito, e precisamente due miglia circa lontano dal sudetto castello, nel luogo detto la Fonte
delle Matinate, verso le ore 23 le si fece incontro una turba di malviventi armati di pistole, spade o
sia sciabole ed archibugi con baionetta in canna, e facendolo smontare da cavallo, bendatolo, lo
condussero indietro verso la selva detta dei Frati di Brogliano e quivi gettatolo boccone, a terra,
dopo averli legato le mani e piedi e ricoperto con il proprio mantello, lo derubarono di tutto il
danaro e diverse robe che aveva”. Il racconto, piuttosto complesso, potrebbe dilungarsi viepiù. Noi
ci fermiamo qui. Ma l‟eco, allora, fu vasta, e gli effetti dell‟avvenimento si protrassero a lungo nel
tempo. Pensate che, racconta Mario Sensi (1998), gli anziani di Colfiorito narrano che i banditi,
braccati dai soldati si dovettero dare ad una fuga precipitosa, ma prima di allontanarsi dall‟altopiano
avrebbero nascosto nel convento di Brogiano un TESORO, frutto delle loro rapine. Lo nascosero a
tanti passi dal campanile del convento e dal tronco di un albero sul quale infissero un grande
chiodo. Così, una volta tornati sul posto, avrebbero potuto facilmente recuperare il tesoro. Nessuno
però riuscì a sottrarsi alla giustizia e furono fatti tutti prigionieri. In carcere, prima della sentenza a
morte, uno di loro avrebbe confidato al carceriere il segreto. Questi, venne sul posto, ma nulla trovò
poiché non aveva potuto individuare l‟albero sul quale i banditi avevano conficcato il chiodo. La
leggenda continua. Si dice di un tale di Colfiorito che, negli anni ‟50 del secolo passato, avendo
abbattuto degli alberi in Brogliano ne trasferì i tronchi dinanzi a casa sua e quando cominciò a
spaccarli si imbatté in quel CHIODO. Ma non conosceva il numero esatto dei passi che si dovevano
fare, per cui il luogo non fu mai trovato.
Ma ci sono anche episodi giocosi legati a questi luoghi. Per saperne di più consultate il testo da cui
abbiamo tratto queste informazioni: “La Montagna di Foligno. Itinerari tra Flaminia e Lauretana”.
A cura di F. Bettoni e M. R. Picuti, Edizioni Orfini Numeister, Foligno, 2007).
PIANO DEL CASONE
[o Piano di Colfiorito, Piano di Plestia – planicie Pistie, planum Pistie]
- Lacus plestinum / Lago plestino / la Palude –
Ci affidiamo sempre al testo “La Montagna di Foligno. Itinerari tra Flaminia e Lauretana”. A cura
di F. Bettoni e M. R. Picuti (Edizioni Orfini Numeister, Foligno, 2007).
«I resti della città romana di Plestia si collocano presso il lacus Plestinus sull‟area dell‟abitato
preromano e vicino alla chiesa di Santa Maria di Pistia. Il lago plestino, che occupava il Piano di
Colfiorito o del Casone, venne prosciugato nel corso del II – I secolo a. C., periodo al quale,
secondo Luigi Sensi, risale presumibilmente il condotto sotterraneo che faceva defluire le acque
verso il fiume Chienti… fissare il suo abbandono attorno al VI – VII secolo d. C. L‟opera era
collegata ad un più ampio sistema di canalizzazione che prevedeva il prosciugamento del piano
mediante canali di drenaggio, probabilmente disposti a spina di pesce… Sappiamo per certo che
nella seconda metà del Quattrocento esso venne reduplicato da un altro condotto molto più ampio,
detto Botte dei Varano, perché realizzato… E‟ senza dubbio collegata all‟impaludamento dell‟area
la leggenda del passaggio degli apostoli Pietro e Paolo a Plestia, una leggenda che non sappiamo a
quando risalga, ma che va per certo spiegata con il desiderio di attribuire radici apostoliche
all‟evangelizzazione della zona. Essa servì a spiegare la distruzione della città e l‟allagamento del
piano, attribuendoli alla vendetta divina nei confronti di una città dove nessuno, tranne una coppia
di anziani coniugi, aveva voluto accogliere i due apostoli.»…
«Su di uno specchio d‟acqua denominato LAGO PLESTINO, la prima attestazione documentaria
nota fin qui risale al 1147, allorché i conti di Antignano acquistarono dei beni fondiari dislocati
entro un vasto spazio territoriale che, appunto, si estendeva fino alla metà del lacus plestinus… Una
tradizione raccolta (1625) dallo scrittore francescano irlandese Luke Wadding … poneva l‟accento
sul fatto che il sito lacuale-palustre fosse popolato di rane che emettevano suoni assordanti e che il
canneto generava miasmi… non mancava tuttavia (prim‟ancora, a. 1465) che parlando delle canne
seganalva una diffusa popolazione di rondini… Non sfugga al lettore che il testimone che
raccontava delle rondini ricordava anche il luogo dove venivano incanalate le acque del piano
plestino. Erano gli anni della bonifica operata dai signori di Camerino. Qualche secolo dopo…
l‟abate Mengozzi avrebbe scritto (1781): “Per saper poscia dove si estendesse questo lago o
piuttosto Palude, nulla più si richiede che girar lo sguardo sulla vasta pianura che forma la ricca
tenuta detta del Casone, ed alla più bassa verso Serravalle: e sarà facile comprendere che l‟antico
lago occupava quel non picciol tratto di terreno. Difatti le acque che vengono dai territori della
Rocchetta, Corneto, Popola, Cesi, quelle che scendono dai vicini monti e sorgono, eziandio, dalla
valle medesima non trovando l‟esito verso Serravalle per isboccare nel Chiento, per l‟obice del
terreno assai più alto, doveano per necessità stagnare nella divisata pianura; senon che un‟antica
voragine, di cui non ha guari con l‟abbassamento del terreno si è scoperta la bocca, ne assorbiva di
continuo una parte, senza di che ben presto tutta intera la valle ridotta sarebbesi a lago. Anche a
memoria de‟ vecchi di Colfiorito che tutt‟ora lo attestano, per essersi chiuso in fondo alla pianura
l‟antico emissario ond‟ora (le acque) hanno lo scolo, la parte bassa della tenuta del Casone tornò
lago qual prima. Le molte fosse però, che qui forme si chiamano, ond‟è intersecato quel piano, che
son forse queste stesse che vi si scavarono la prima volta per dissecare il lago, ed altre giunte in
appresso fanno sì che, tenendosi aperta l‟uscita alla estremità della valle, non vi sia più da temere
che l‟acqua ristagni”…»
Mario Sensi scrisse negli anni ‟60 del XX secolo che “le bonifiche del Piano di Pistia e quelle
parziali del lago di Colfiorito, ma anche periodi di siccità, se restituirono ad intervalli dei terreni,
questi indubbiamente erano adibiti poi alle varie colture, appezzamenti che la gente del posto ancor
chiama con i significativi termini di „scocciaie‟, „costarelle‟, l‟Altopiano di Colfiorito non avrebbe
offerto che pochissime centinaia di ettari atte alla coltura del grano… Se inoltre si considera che i
terreni migliori erano accentrati nelle mani di pochi, mentre i poveri che rappresentavano la
maggioranza della popolazione si spartivano fazzoletti di terra, per lo più disseminati lungo le coste
dei monti e quindi fortemente improduttivi, si comprende lo stato di disagio delle popolazioni
residenti sull‟Altopiano le quali, d‟altra parte, erano costrette dalla politica annonaria del comune di
Foligno a seminare grano”.