Raccogliere i Benefici della Globalizzazione: l`Importanza

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Raccogliere i Benefici della Globalizzazione: l`Importanza
Raccogliere i Benefici della Globalizzazione:
l’Importanza delle Politiche Pubbliche.
Osservazioni di
Angel Gurría,
Segretario Generale dell’OCSE
Commissione Esteri della
Camera dei Deputati, Italia
Roma, 22 febbraio 2007
Onorevoli Membri del Parlamento, Signore e Signori:
È un grande onore essere qui con voi per discutere del
tema della globalizzazione. Dai Romani ai Veneziani, tanti
secoli fa, alla sua partecipazione attiva al commercio
internazionale, o il suo campionato di calcio multinazionale,
l’Italia è un epicentro storico della globalizzazione.
Vorrei condividere con voi alcune osservazioni sulla natura
della globalizzazione, sull’importanza di adottare politiche
efficaci per trarne i maggiori vantaggi, e sul ruolo dell’OCSE.
La globalizzazione: una sinergia per il progresso
Se
guardiamo
attentamente
alla
globalizzazione
ci
rendiamo conto che si tratta di una grande forza positiva in
grado di apportare contributi significativi al progresso e alla
prosperità mondiali. Negli ultimi decenni, la globalizzazione
ha
contribuito
all'accrescimento
della
produttività
e
dell’occupazione, e aiutato milioni di persone ad affrancarsi
dalla povertà. Essa ha inoltre rivoluzionato le comunicazioni,
incoraggiato la competitività, dato impulso alla crescita
economica globale e alle interdipendenze tramite gli scambi
commerciali e gli Investimenti Stranieri Diretti, e agevolato le
scoperte scientifiche che permettono di aumentare le nostre
speranze di vita.
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La globalizzazione ha permesso inoltre: di migliorare
l'istruzione grazie alla possibilità di mettere a confronto i
sistemi dei diversi paesi; di denunciare la violazione dei diritti
umani negli angoli più remoti del pianeta; di promuovere la
cooperazione internazionale; di incrementare la migrazione
internazionale e i flussi di rimesse; Essa ha altresì permesso
di creare le basi per una maggiore consapevolezza
internazionale, con il moltiplicarsi di strumenti capitali come
gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e il progetto Laptop da
100$.
I vantaggi della globalizzazione sono misurabili,
numerosi e preziosi.
Tuttavia, gran parte della popolazione mondiale non
gode dei vantaggi della globalizzazione
Una buona fetta del pianeta non riesce a beneficiare delle
sinergie positive della globalizzazione, a causa di ostacoli e
difficoltà strutturali. Il mancato accesso ad un’istruzione di
qualità, la precarietà del lavoro e l’angoscia di vivere senza
un reddito fisso, impediscono alla grande maggioranza della
popolazione
mondiale
di
godere
dei
vantaggi
dalla
globalizzazione. Oltre 5 miliardi di persone vivono in paesi in
via di sviluppo e 2,8 miliardi vivono con meno di 2 dollari al
giorno.i Come ho ribadito in diverse occasioni, la povertà
rappresenta il maggiore rischio sistemico.
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Sebbene la globalizzazione abbia permesso di creare un
grande e maggiore benessere, sono allo stesso tempo
aumentate le disparità. Le disuguaglianze sono il segno
distintivo delle regioni dell'America Latina, e in modo
crescente anche di paesi come la Cina e l’India. Ma le
disparità stanno aumentando anche nei paesi industrializzati:
tra il 1994 e il 2003, i divari tra i redditi sono aumentati in 17
paesi dell’OCSE (su 20 paesi di cui siamo in possesso di
dati). Nell’era della globalizzazione “paesi poveri” del pianeta
sono quattro volte meno produttivi di quelli ricchi,ii e sono
afflitti da un calo del reddito, rispetto ai paesi più progrediti,
da una perdita di competitività, da una disoccupazione
strutturale, e da ingiustizie e insicurezza croniche.
Tuttavia, ciò non significa che la globalizzazione sia un
male in sé, ma che la misura con cui i paesi partecipano a
questo processo non è uniforme. A ciò si aggiunge il fatto
che non siamo riusciti a produrre politiche capaci di
responsabilizzare e di diminuire i rischi. La globalizzazione
non è stata, fino ad adesso, un processo inclusivo, e spetta a
noi creare gli strumenti adatti a tal fine.
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I primi segni di un ritorno indietro a livello mondiale?
Oggi, larghe fasce della popolazione dei paesi dell’OCSE
si sentono escluse. Come ha fatto notare Larry Summers in
un recente articolo, mentre le corporazioni transnazionali
hanno
ampiamente
beneficiato
della
globalizzazione,
associando tecnologia all’avanguardia e manodopera a
basso costo, molti lavoratori della classe media, e i loro
datori di lavoro, si sentono lasciati da parte, sia a Lima, che a
Tokyo o a Roma.iii Si tratta di un sentimento mondiale. Negli
Stati Uniti, il compenso medio di un alto dirigente è
aumentato da 40 volte lo stipendio medio americano nel
1985, a 110 volte nel 2005,iv mentre la crescita del reddito
familiare
medio
è
rallentata.
Secondo
un
sondaggio
effettuato dalla Gallup, il 76% dei cittadini dell’Europa
occidentale pensano che la globalizzazione tenda a favorire i
ricchi.v
Nei paesi dell’OCSE, per un numero crescente di
persone, globalizzazione è sinonimo di: crescente incertezza
e insicurezza nel mercato del lavoro; stipendi più bassi;
crescenti disuguaglianze; sfruttamento indiscriminato delle
risorse naturali insostituibili; trasferimento del potere politico
alle grosse multinazionali che operano al di fuori dei processi
democratici; sacrificio dei valori culturali e umani alle leggi
del mercato.
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Tali timori hanno motivato il rifiuto della Costituzione
Europea, i ritardi dell’Agenda Doha, o l’iniziativa di costruire
un muro tra gli Stati Uniti e il Messico. Le paure alimentano
anche
le
pressioni
per
innalzare
nuove
barriere
protezionistiche: Morgan Stanley ha di recente dichiarato
che, dal 2005, il Congresso Americano ha approvato 27
misure legislative anti-Cina;vi e anche l’UE sta manovrando
per proteggersi dalle importazioni di tessuti e abbigliamento
cinesi; mentre le trattative condotte dalla Germania per la
liberalizzazione del settore energetico in Europa si sono
arrestate la settimana scorsa.vii Tali barriere e forze
protezionistiche
potrebbero
non
scomparire
una
volta
superata questa tendenza regressiva.
La migrazione internazionale, uno degli aspetti più
complessi della globalizzazione, rivela non solo disparità
economiche,
ma
anche
l’affermarsi
di
un
senso
di
vulnerabilità sempre più diffuso tra la popolazione dei paesi
industrializzati. Tali preoccupazioni tendono a spingere i
responsabili politici a chiudere, o perlomeno tentare di
chiudere, le loro frontiere.
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Tali preoccupazioni sono spesso frutto dell'ignoranza.
Molti cittadini non si rendono conto che la globalizzazione è
un fenomeno che vivono, dal quale traggono vantaggio, e a
cui contribuiscono quotidianamente. Il problema è che i
responsabili politici non sono riusciti a spiegare cos’è la
globalizzazione in modo chiaro e comprensibile, e ciò può
avere risvolti negativi. Permettere che la globalizzazione
diventi un capro espiatorio può rivelarsi controproducente per
i governi, in particolare nel caso in cui i cittadini chiedano un
ritorno alle politiche protezionistiche che non farebbe che
peggiorare la situazione.
Sono le politiche che fanno la differenza, e non la
globalizzazione
Bisogna stare attenti a non addossare tutta la colpa degli
attuali mali alla globalizzazione. Gli approcci semplicistici
rischiano di ritardare le soluzioni efficaci. Accusare la Cina, o
l’India, o la Polonia,
di rubarci il lavoro può essere
politicamente affascinante, ma può condurci ad allontanare la
nostra attenzione dai veri problemi strutturali che è
necessario
risolvere.
Governare
implica
continui
aggiustamenti. Per minimizzare i costi di aggiustamento della
globalizzazione è necessario migliorare l'efficacia delle
politiche domestiche.
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È
difficile
valutare
l’impatto
delle
dinamiche
di
globalizzazione sull’occupazione e sulle disparità salariali.
Istruzione, tecnologia e mercato del lavoro hanno un ruolo
importante nell’attrarre o scoraggiare gli investimenti. Ciò è
particolarmente
vero
quando
si
promuovono
riforme
strutturali che implicano costi politici a breve termine. Come
L'Italia ha potuto sperimentare di recente, ritardare le riforme
conduce ad una scarsa performance economica.
La competitività globale mette in luce l’importanza di un
mercato del lavoro flessibile e dinamico, di un sistema di
previdenza sociale moderno, e di una forza lavoro ben
istruita. Liberare i mercati del lavoro (ad esempio, in Europa),
riformare il sistema sanitario (ad esempio, negli Stati Uniti) e
migliorare l'istruzione (praticamente ovunque), sono fattori
cruciali che influenzeranno il futuro sostegno pubblico alla
globalizzazione.
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Il ruolo dell’OCSE: un faro per la globalizzazione
In molte aree, l’OCSE è già diventata il fulcro della
globalizzazione. Copriamo l’intera gamma di aspetti connessi
agli investimenti stranieri diretti. Conduciamo la lotta alla
corruzione internazionale, e la Convenzione Anticorruzione
dell’OCSE serve da riferimento per altre iniziative. Il DAC
definisce le norme per le migliori pratiche nel promuovere lo
sviluppo attraverso l'aiuto internazionale. Il nostro Modello di
Convenzione Fiscale serve da base per 3.600 trattati fiscali
bilaterali nel mondo. Il nuovo Comitato di Statistica è già al
centro di una rete di organizzazioni statistiche. Il Programma
PISA è un riferimento per la valutazione degli standard
d’istruzione in tutto il mondo. Ci stiamo sforzando di
diventare più globali accogliendo tra i nostri membri nuovi
paesi, in modo da intensificare i dibattiti e le analisi politiche.
Osservazioni finali
Signore e signori, non è la globalizzazione che migliora la
nostra qualità di vita, ma la qualità delle politiche pubbliche.
Raccogliere tutti i benefici della globalizzazione richiederà
molto di più che aprire i mercati e spiegare come funzionano.
I governi devono avere un ruolo attivo, non solo fornendo reti
di sicurezza per i cosiddetti "perdenti" della globalizzazione,
ma anche preparando, in modo più intraprendente, le loro
società a partecipare e trarre vantaggio da questo processo
irreversibile.
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La globalizzazione non è "la madre di tutti i mali” .
Attribuire alla globalizzazione la colpa dei nostri problemi
personali, locali e nazionali sarebbe tanto stupido quanto
affermare che è una fonte automatica di progresso. Affinché
la globalizzazione diventi inclusiva e produca maggiore
prosperità per tutti, dobbiamo riequilibrarla, tramite politiche
pubbliche innovative e compromessi politici intelligenti che
favoriscano le riforme strutturali. L’unico modo per riuscirci è
di ridurre i timori sociali sulla globalizzazione. Dobbiamo
sdrammatizzare la globalizzazione.
L’OCSE è un laboratorio per il miglioramento delle
politiche pubbliche, un generatore di regole e di consenso
internazionali, ma anche una fonte importante di dibattito, di
analisi e di chiarimenti sulle principali sinergie della
globalizzazione. La nostra Organizzazione continuerà ad
assistere i responsabili politici come voi negli sforzi per
rendere la globalizzazione un processo più equilibrato e
umano.
Vi ringrazio infinitamente.
i
The World Bank, “Understanding poverty”. Vedi:
http://web.worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/TOPICS/EXTPOVERTY/0,,contentMDK:20153855~menuPK
:373757~pagePK:148956~piPK:216618~theSitePK:336992,00.html#trends
ii
OECD, “The ladder of Competitiveness: How to Climb it”, Development Centre Studies. 2006
iii
Larry Summers, “The Global Middle cries for Reassurance”, Financial Times, 29 October 2006. Vedi:
http://search.ft.com/ftArticle?queryText=Summers+middle+class&aje=true&id=061029003963
iv
Louka Kasteli, “The OECD Agenda for Globalisation – A contribution from the Development Centre”.
Directors’ Retreat, February 2007.
10
v
The Voice of the People 2006. Vedi:
http://www.worldpublicopinion.org/pipa/articles/btglobalizationtradera/273.php?nid=&id=&pnt=273&lb=btgl
vi
Stephen S. Roach, “Wrong time for gridlock”, Morgan Stanley, Global Economic Forum. Vedi:
http://www.morganstanley.com/views/gef/archive/2006/20061109-Thu.html
vii
Vedi: http://jurnalo.com/jurnalo/storyPage.do?story_id=18169
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