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DISPENSA DI PARI OPPORTUNITA’ DEFINIZIONE Con il termine PARI OPPORTUNITA’ s’indica quelle politiche dirette, in generale, ad equiparare politicamente e socialmente le donne agli uomini. Purtroppo il cammino per la reale parità è molto complesso, ancora oggi, influenzato da arcaici pregiudizi e da nuovi condizionamenti. PARI OPPORTUNITA’ è una nozione che nasce nell’ambito delle discriminazioni razziali negli Stati Uniti nella 2° metà del ‘900. Successivamente, il loro ambito di applicazione si espande fino a identificarsi con il tentativo di difesa rispetto alla diffusa discriminazione maschile in ambito professionale. L’OPPORTUNITA’ è una potenzialità che viene messa a disposizione e non un risultato garantito; quest’ultimo dipenderà da ciascuna persona interessata , responsabile delle scelte da fare che sfrutterà l’opportunità data. Quindi le PARI OPPORTUNITA’ sono un principio che regola i giochi e la competizione, assicurando ai concorrenti uguali punti di partenza e uguali condizioni di competizione. Con il termine PARI OPPORTUNITA’ s’intende la possibilità per gli appartenenti ad un gruppo svantaggiato di competere ad armi pari rispetto agli appartenenti ad un gruppo avvantaggiato. Dare Pari opportunità significa mettere i primi in una condizione tale da poter ottenere un risultato uguale ai secondi. Le politiche delle Pari opportunità hanno lo scopo di eliminare ogni forma di discriminazione tra le persone , attuando una parità di trattamento tra i cittadini dello Stato e predisponendo tutti gli strumenti necessari a rimuovere eventuali ostacoli economici e sociali. I principi delle PARI OPPORTUNITA’ sono contenuti nella: CONVENZIONE EUROPEA di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta dai Paesi facenti parte del Consiglio d’Europa nel 1950 e ratificata in Italia nel 1955; DICHIARAZIONE UNIVERSALE dei diritti dell’uomo approvata nel 1948 dagli Stati dell’ Unione Europea nel 2000; COSTITUZIONE ITALIANA; CODICE DELLE PARI OPPORTUNITA’ emanato con il decreto legislativo n. 198 del 2006. LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO Il testo approvato dagli Stati dell’ONU nel 1948 affermò l’universalità e l’inviolabilità dei diritti dell’uomo. Si riconosceva a tutti i membri della famiglia umana il diritto alla vita, alla dignità umana, all’uguaglianza di fronte alla legge, alla nazionalità, alla libertà d’espressione o di riunione ecc. Le norme della dichiarazione universale non sono giuridicamente vincolanti per gli Stati, ma costituiscono un ideale a cui tutti , stati e cittadini , devono ispirarsi nel concepimento dei loro atti e a cui la nostra costituzione si era già ispirata. La dichiarazione universale rimane una dichiarazione di princìpi a cui le legislazioni dei vari stati della comunità internazionale possono anche non adeguarsi. CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI E’ stata firmata a Roma il 04 novembre 1950 dagli Stati della Comunità Europea; essa è obbligatoria e riprende i princìpi espressi nella dichiarazione universale, rendendoli vincolanti. In caso di violazione di tali diritti, gli Stati membri e i singoli privati possono ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell’uomo per ottenere una condanna di risarcimento dei danni morali e materiali subìti. Tra i diritti tutelati dalla convenzione vi sono: IL DIRITTO ALLA VITA; IL DIRITTO ALLA DIGNITA’ UMANA; IL DIRITTO AD UN EQUO PROCESSO; IL DIRITTO ALLA VITA; LA LIBERTA’ DI PENSIERO; LA LIBERTA’ DI RELIGIONE; LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE. CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA E’ stata proclamata il 07 dicembre 2000, non è vincolante giuridicamente, ma raccoglie in un testo organico i princìpi in materia di diritti inviolabili riconosciuti dalle varie costituzioni degli Stati membri dell’Unione Europea e dalla Convenzione Europea del 1950. LA COSTITUZIONE I principi delle PARI OPPORTUNITA’ sono contenuti nella costituzione agli artt. 2-320-37-51 e 117. L’art. 2 della Costituzione prevede espressamente: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Ciascun individuo è titolare di una serie di diritti e doveri, rispettivamente garantiti e imposti dalla legge; vi è però, una categoria di diritti caratterizzati dal fatto che sono innati ed universali: si tratta dei cosiddetti diritti umani, cioè di quei diritti per i quali non è richiesto il riconoscimento della legge in quanto universali ed estesi naturalmente a tutta l’umanità. Ad essi viene riconosciuto il carattere di inviolabilità che ha un preciso significato giuridico: i diritti inviolabili non possono essere toccati nemmeno dal legislatore costituzionale. Pertanto i diritti umani sono inviolabili in quanto nemmeno una legge costituzionale può modificarli nel loro nucleo essenziale né tanto meno sopprimerli. La Corte Costituzione ha qualificato tali diritti inviolabili come principi supremi sui quali si fonda la costituzione italiana e non possono essere sostituiti o soppressi se non a seguito di una rottura rivoluzionaria. Inviolabilità vuol dire anche imprescrittibilità, cioè i diritti umani non sono soggetti a prescrizione anche se non vengono utilizzati dai loro titolari, e indisponibilità e alienabilità, cioè non possono essere respinti, venduti o sacrificati. In tal modo l’uomo e la dignità umana sono poste al di sopra dello stato e delle sue leggi. La Repubblica inoltre riconosce i diritti inviolabili di tutti gli uomini con i quali si relaziona, cittadini e stranieri; individui considerati sia singolarmente sia nelle formazioni sociali, quali la famiglia, associazioni, scuola, comunità religiose ecc ove si svolge la loro personalità. L’art. 2 impone però l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Attraverso la previsione di tali doveri, lo stato persegue il suo obiettivo primario che è quello di realizzare condizioni effettive di uguaglianza per tutti i cittadini, risolvendo i conflitti sociali e permettendo a ciascun individuo l’esercizio completo dei diritti astrattamente previsti dalla costituzione. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA Un altro principio fondamentale contenuto nella Costituzione è quello che afferma l’art. 3 ovvero il PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA DEI CITTADINI. L’art. 3 della Costituzione espressamente prevede: 1° comma: “Tutti i cittadini hanno PARI dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. (Principio di uguaglianza formale) 2° comma: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. (Principio di uguaglianza sostanziale). La norma contenuta nel 1° comma statuisce che il legislatore nell’elaborazione dei testi normativi, il giudice nel dirimere le questioni presentate d’innanzi a sé e l’amministratore nella gestione della cosa pubblica non possono operare discriminazioni, ma devono essere imparziali e operare nel rispetto del dettato costituzionale e del principio di uguaglianza. Ciò non significa però assoluta parità di trattamento, ma significa che la legge deve trattare situazioni uguali in modo uguale e situazioni diverse in modo diverso, secondo un criterio di imparzialità in ossequio al principio di ragionevolezza delle leggi. “Tutti gli uomini sono uguali” non vuole esprimere una condizione di fatto (gli uomini e le donne non sono uguali, sono diversi l’uno dall’altra, unici ciascuno ed insostituibili); l’espressione vuole invece imporre le regola di uguale trattamento al legislatore. L’uguaglianza dinnanzi alla legge ha il senso di impedire l’esistenza di privilegi che permettano a qualcuno di porsi al di sopra di essa. Il costituente, ritenendo correttamente che non è sufficiente stabilire tale principio quando esistono ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà dei cittadini, ha assegnato alla repubblica il compito di rimuovere siffatti ostacoli, affinché tutti siano posti sullo stesso punto di partenza, abbiano le stesse opportunità, al fine di godere alla pari dei medesimi diritti formalmente riconosciuti dalla legge. Per fare ciò lo Stato diventa stato sociale, cioè stato attento alle esigenze di tutti i cittadini con difficoltà. Il principio di uguaglianza sostanziale garantisce l’effettiva applicazione di gran parte delle norme costituzionali dedicate ai diritti dei cittadini; infatti la costituzione contiene articoli dedicati ai diritti e doveri dei cittadini come per esempio il diritto alla salute, il diritto al lavoro e il diritto allo studio. Nel momento in cui, però, parte dei cittadini non può accedere ai servizi sanitari, perché ad esempio indigente, non può lavorare perché mortificato da un handicap fisico, non può studiare perché i libri sono troppo costosi per l’economia familiare, viene a mancare il principio di uguaglianza formale e di parità di trattamento da parte dello stato. E’ a questo punto che lo stato interviene affinché tutti possano godere degli stessi diritti, ma soprattutto affinché tutti partano da una stessa posizione. LA NORMATIVA DELLE PARI OPPORTUNITA’ La normativa europea definisce il principio di PARI OPPORTUNITA’ con l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età e orientamento sessuale. Tali forme di discriminazione sono proibite in tutta l’Unione Europea poiché può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del Trattato CEE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone. Il principio di PARI OPPORTUNITA’ si è inizialmente applicato alle forme di discriminazione tra uomo e donna, in specie nel mondo del lavoro, successivamente si è estesa a tutte le altre forme di discriminazione operanti tra persone intese come individuo. Sin dalla sua creazione, la Comunità Europea ha riconosciuto il principio della parità di retribuzione e, su questa base, ha sviluppato un insieme coerente di leggi mirate a garantire pari diritti in materia di accesso all’occupazione, di formazione professionale, di condizioni di lavoro, anche in materia di protezione sociale. Nel 1984 con la raccomandazione del Consiglio delle Comunità Europee n° 635 sulla promozione di azioni positive a favore delle donne, le azioni positive diventano lo strumento operativo della politica europea per promuovere la partecipazione delle donne a tutti i livelli ed in tutti i settori dell’attività lavorativa. Le azioni positive possono essere classificate in azioni di natura promozionale, cioè volta al superamento di posizioni di svantaggio delle donne nel mondo del lavoro, e azioni di natura risarcitoria che propongono soluzioni alle discriminazioni in atto con particolare riferimento alle retribuzioni o alla carriera. Le azioni positive hanno lo scopo di: Eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell’accesso al lavoro, nella professione e nello svolgimento dell’attività lavorativa; Favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne, il loro accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale; Superare la distribuzione del lavoro in base al sesso, che provoca effetti negativi per le donne; Promuovere l’inserimento delle donne nelle attività in cui sono meno presenti e ai livelli di responsabilità; Favorire l’equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una loro migliore ripartizione fra i sessi. Nel 1989 è stata adottata dal parlamento Europeo la Carta Comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori con la quale viene ribadita la necessità di combattere ogni forma di discriminazione basata sul sesso. L’art 119 del Trattato di Maastricht sancisce l’applicazione del principio di parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per un medesimo lavoro, senza discriminazione fondata sul sesso , fermo restando la facoltà data a ogni stato di mantenere o adottare misure che prevedano vantaggi specifici intesi a facilitare l’esercizio di un’attività professionale da parte delle donne, ovvero a prevenire o compensare svantaggi nella loro ricerca personale e professionale. Il trattato di Amsterdam modifica il Trattato di Maastricht e gli articoli 2 – 3 – 13 – 118 e 119 richiamano i generai principi di parità e pari opportunità tra uomini e donne, l’eliminazione di ogni forma di ineguaglianza e discriminazione fondata sul sesso, razza e origine etnica, la religione o le convinzioni personali e gli handicap, età o tendenze sessuali, la parità tra uomini e donne di opportunità sul mercato del lavoro e di trattamento sul lavoro, di retribuzione. Il trattato sancisce l’impegno della comunità europea a sostenere quegli stati che applicano il principio della parità, della retribuzione a parità di lavoro. Nel 2000 viene sottoscritta la Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea con la quale viene ribadito il divieto di qualsiasi forma di discriminazione. In Italia la normativa sulle pari opportunità è anticipata dalla costituzione. I principi definiti dalla normativa europea sono stati recepiti in Italia con il decreto legislativo n° 215 del 2003 d.l. ° 216 del 2003 e la legge n° 67 del 2006. Tutte queste norme sono state raccolte in un unico testo del d.l. n° 198 del 2006 conosciuto come il codice delle pari opportunità tra uomo donna, che ha avuto il merito di raccogliere in un unico testo, senza apportare significative novità, le leggi precedentemente in vigore contenenti le disposizioni in materia di pari opportunità tra uomini e donne e le disposizioni vigenti per la prevenzione e a rimozione di ogni forma di discriminazione basata sul sesso. Il codice è suddiviso in 4 libri: Libro n° 1: detta disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna; Libro n° 2: pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico – sociali; Libro n° 3: pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici; Libro n° 4: pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti civili e politici.