Laboratorio pdf - Cattedra di Colloquio Clinico
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Laboratorio pdf - Cattedra di Colloquio Clinico
NARRARE ATTRAVERSO IL DISEGNO INTRODUZIONE Questo gruppo si è dedicato alla visione del film "Intervista" diretto da Federico Fellini nel 1987. All'interno di questa pellicola Fellini è intento alla realizzazione di due film: in uno racconta il suo esordio nel mondo del cinema, mentre l'altro è ispirato al romanzo "America" di Kafka. Allo stesso tempo egli inscena sè stesso oggetto di un' intervista da parte di una troupe giapponese, in cui ricorda le sue prime esperienze lavorative, in particolare l'intervista che il giovane giornalista fa ad una famosa diva dell'epoca. Il film infatti inizia con le domande incalzanti che la troupe rivolge a Fellini, il quale racconta del suo primo arrivo a Cinecittà sul tranvetto azzurro come un'esperienza avventurosa ed indimenticabile, in cui, tra fantasia e realtà , si alternano elefanti e tribù di indiani armati. Nel corso del film ricordo e presente si alternano e si confondono di continuo, aprendoci una finestra sul cinema dietro le quinte. Durante i provini per i protagonisti del film tratto dal romanzo di Kafka, da una finestra appare Mastroianni, che nei panni di Mandrake, sta girando una pubblicità. Nelle scene successive Sergio Rubini, che interpreta Fellini da giovane, insieme a Mastroianni e Fellini si recano alla villa di Anita Ekberg, nella periferia di Roma. Il nostro lavoro si incentra sull' esplorazione della modalità narrativa del regista; in particolare ci siamo focalizzate sul modo in cui Fellini rappresenta la dimensione onirica e relaziona mondo interno ed esterno, passato e presente, fantasia e realtà. Dalla visione del film emerge la particolare modalità del regista di rappresentare la relazione tra interno ed esterno, i cui confini appaiono molto sfumati; spesso, infatti, il ricordo del passato e la realtà del presente si confondono al punto tale da lasciare lo spettatore in una condizione di caos ed incertezza. Ancora ora, dopo vari confronti, ci risulta difficile capire se Fellini in alcune scene ci stia catapultando nei suoi ricordi raccontati in prima persona o li stia concretamente inscenando e riproducendo in qualità di regista, come fosse un film dentro un film. Ognuna di noi ha poi cercato di esprimere la propria narrazione del film attraverso un disegno accompagnato da un commento esplicativo e contenente il motivo per cui è stata scelta questa particolare forma narrativa. In un secondo momento abbiamo confrontato le nostre personali rappresentazioni, notando con sorpresa la loro diversità. Alcune di noi infatti si sono concentrate maggiormente su determinati aspetti del film piuttosto che su altri, talvolta invece ad uno stesso elemento, presente in tutti i casi, è stato attribuito un significato differente. La possibilità di esprimerci attraverso il disegno e metterci a confronto con le diverse modalità di narrare il film ci ha reso consapevoli dell'esistenza di infinite narrazioni possibili, anche partendo da uno stimolo apparentemente oggettivo. DISEGNI Disegno1 Questo disegno rappresenta la mia personale narrazione del film l' “Intervista” di Federico Fellini (1987); l'utilizzo della forma grafica mi ha permesso di illustrare gli elementi che ritengo più rappresentativi del film, ma anche di esprimere più facilmente il modo in cui l’ho vissuto emozionalmente, tenendo pur sempre a mente che si tratta del mio punto di vista, ovvero quello di una studentessa al primo anno del corso di laurea in Psicologia Clinica che partecipa al laboratorio del corso “Colloquio e Narrazione”. La consapevolezza di questi presupposti ha guidato il mio gruppo di lavoro nell’esplorazione della modalità narrativa del regista all'interno del film, ponendo particolare attenzione alla dimensione onirica e al modo di raccontare il mondo interno e il mondo esterno, la fantasia e la realtà, come punto di partenza per sviluppare noi stesse una narrazione personale sul film. Seguo a descrivere la struttura del disegno che ho effettuato: ho inserito centralmente un ritratto di Federico Fellini, diviso in due metà, una rappresenta l'interprete di Fellini giovane nel film, Sergio Rubini, l'altra rappresenta Fellini ai tempi in cui è stata girata la pellicola. Le due metà si fondono, o confondono, l’una nell'altra, come le due figure nel film. In alcune scene, infatti, Sergio Rubini è il giovane giornalista Fellini che si reca per la prima volta a Cinecittà, per lui un mondo magico, in altre è l'attore che interpreta il regista stesso da giovane e che interagisce dietro le quinte con lui. Il rapporto tra questi due personaggi è esemplificativo di come Fellini utilizzi dei confini molto labili quando racconta il suo passato ed il suo presente, lasciando spesso lo spettatore incerto sulla collocazione temporale di ciò che sta vedendo. Una scena in particolare secondo me mostra la confusione tra questi due livelli: Rubini si reca nella rulotte di una famosa diva da intervistare e mentre lo spettatore assiste al ricordo, Fellini scambia da fuori qualche battuta con l’attore che lo rappresenta, portandolo dalla dimensione del ricordo alla realtà. Talvolta infatti i personaggi sono due persone distinte che interagiscono tra di loro, talvolta invece uno incarna l'altro, come durante il viaggio verso Cinecittà nel tranvetto blu, quando Rubini è il giornalista Fellini alle prime armi. Per dirla in altri termini dunque il 1987 irrompe spesso nella rappresentazione del 1940. Tutt'intorno alle due metà di Fellini, unico grande protagonista del film, ho inserito degli elementi per me significativi presenti nella pellicola ed altri che rappresentano invece alcuni vissuti e fantasie suscitati in me dalla sua visione. Queste rappresentazioni sono inserite in maniera poco integrata e confusa all'interno del disegno, in parte la stessa confusione presente nella mia testa dopo aver visto il film, che ho cercato quindi di rappresentare graficamente. In alto a sinistra nel disegno ho inserito alcuni elementi che mi hanno fatto riflettere sulla modalità onirica di narrare del regista: gli elefanti e gli indiani. Entrambi appaiono per la prima volta durante il percorso verso Cinecittà e anche alla fine del film, quando una tribù di indiani va all’attacco contro la troupe cinematografica con in mano delle lance che non sono altro, in realtà, che delle antenne. Ritengo che il regista utilizzi questa modalità narrativa per rappresentare meglio il suo modo di categorizzare simbolicamente ed affettivamente gli eventi, in particolare per trasmettere l’emozione di grande avventura e impresa vissuta durante le sue prime esperienze a Cinecittà. Un altro personaggio che talvolta si presta ad essere un elemento onirico è Marcello Mastroianni: ad esempio quando si reca assieme a Fellini e Rubini a casa di Anita Ekberg e tira fuori una bacchetta magica che, in una nuvola di fumo, fa apparire uno schermo su cui è proiettata parte del film “La dolce vita”, i cui protagonisti sono proprio Mastroianni e la Ekberg. Strettamente vicino al mondo onirico ho deciso di inserire nel disegno un elemento che penso sia ad esso connesso, ovvero quello della musica. Ho notato infatti che in più momenti del film il regista la utilizzi con una grande forza evocativa, aumentando anche il livello dell’audio delle melodie rispetto a quello dei dialoghi, creando un’atmosfera di scompiglio, vivacità e colore. Ripensando al film, infatti, una delle caratteristiche che ricordo più facilmente è il clima generale, spesso caotico e confuso: voci, grida, risate sono sempre presenti. Questo aspetto ho cercato di rappresentarlo tramite le figure delle bocche, delle stelle filanti e dei coriandoli, per trasmettere come mi sono sentita coinvolta in questa grande “festa”, in cui gli attori, il regista, l’aiuto-regista, lo staff, le comparse non sono mai soli, ma sempre in interazione tra loro, come in una grande famiglia. Disegno 2 Trovo che aiutarsi con il disegno per resocontare un film di Fellini possa essere un mezzo per avvicinarsi al regista, che molto spesso ha utilizzato i suoi schizzi per esternare qualcosa. E' un po' come uno strumento che consente di parlare lo stesso linguaggio di Fellini: anch'egli spesso preferisce illustrare piuttosto che raccontare, o meglio preferisce illustrare per raccontare. Intervista è infatti un film in cui Fellini racconta molto di sè, e del quale io ho provato a descrivere la mia esperienza, prima attraverso il disegno, ed ora con le parole. Quando vidi il film la prima volta ero a casa del mio ragazzo, insieme ad un nostro amico. Era un mercoledì e non volevo nient'altro che rilassarmi un po' in compagnia, dopo tre giorni di alzatacce. Ero su un comodissimo divano, circondata da alcune delle persone a me più care mentre mangiavo popcorn: un clima perfetto per godersi completamente un film. Eppure nel disegno il mio ragazzo ed il mio amico non sono con me. Non avevo volontariamente scelto di non raffigurarli, anzi solo ora mi accorgo della discrepanza tra realtà e rappresentazione. Discrepanza che non posso ignorare e sulla quale sento la necessità di interrogarmi: quali sono le sue ragioni? E' vero, nel disegno non sono in compagnia, ma non sono neanche sola. I personaggi del film non vengono infatti rappresentati all'interno di un televisore, ma fluttuano nella stanza, ad un passo da me. Credo che ciò dica molto sulla modalità attraverso cui io ho esperito il film: ero completamente assorbita dal racconto felliniano, all' interno del quale mi sentivo più che semplice spettatrice. Non ero dunque coi miei compagni, ma nel film. A prima vista sembrerebbe che nel disegno non ci siano barriere tra me ed i personaggi, persino il televisore non è stato rappresentato.. Guardando però il mio schizzo con più attenzione noto che una ce n'è, anzi tre: si tratta di punti interrogativi posti tra me ed il resto del disegno. La confusione è stata infatti la lente attraverso la quale ritengo di aver guardato il film la prima volta. Fellini infatti, mi aveva stordita.. i confini tra realtà e fantasia in Intervista erano così labili che sembrava quasi di assistere ad un sogno! Forse per questo il mio disegno è così sfumato? Cercavo di capire, di rimettere ogni tassello al suo posto ed ogni volta che credevo di avercela fatta qualcosa scombinava i piani.. Paradossalmente la confusione si affievolì man mano che cominciavo ad accettarla, rendendola parte integrante ed imprescindibile del film, e quindi anche di me. Ma questo non avvenne certo ad un primo impatto con la pellicola. L'aspetto del film che invece ho cercato di trasmettere volontariamente attraverso il disegno è il metateatro. Effettivamente guardando Intervista si assiste ad un film in cui una troupe giapponese intervista Fellini, mentre questo è impegnato a girare (o a ricordare?) un film su se stesso da giovane che partecipa alle riprese di un film. E non è mai chiaro se quello che lo spettatore guarda sia ciò che Fellini riprende, ciò che egli ricorda o il risultato del documentario giapponese. Nel disegno vengono difatti rappresentati tutti questi personaggi: dietro Fellini che si racconta alla troupe, vi è un Fellini più giovane e tra i due ho deciso di raffigurare un elefante. Perchè proprio un elefante? Trovo che questo abbia un aspetto simbolico di estremo valore, come se in questa figura fosse rappresentata l'essenza intera del film. Inizialmente gli elefanti sembrano far parte di una scena in cui Fellini ricorda il suo passato, mentre successivamente si capisce che è una rappresentazione di tale passato e non un ricordo. Fellini sta filmando e non ricordando! Infatti il Fellini del passato lascia il posto a quello del presente che interviene sulla scena, proprio per fare un commento su uno dei vari elefanti. Ecco che ritornano dunque realtà è fantasia, presente e passato.. Non ho scelto invece di raffigurare altre scene del film perchè ritengo che seppur di rilievo non esaltino in maniera così netta gli aspetti sopracitati, che sono quelli che più di tutti hanno influenzato il mio modo di categorizzare affettivamente il film. Disegno 3 Disegnare è da sempre sinonimo di narrare, di raccontare ciò che di più profondo è insito nella nostra mente e nel nostro cuore. L’intervista, diretto da Federico Fellini nel 1987, è un film che descrive la magia e l’illusione del cinema raccontato da dietro la macchina da presa. La pressante curiosità di una troupe di giapponesi diviene il pretesto per dar inizio ad un film che rompe gli schemi abituali, che si dispiega e si evolve sul continuo alternarsi di passato e presente, di realtà e metafora. Il mio disegno può a primo impatto sembrare caotico, confusionario, senza filo logico, proprio come il film “L’intervista” mi è apparso quando mi sono cimentata nella sua visione per la prima volta. Il mio intento è stato quello di rappresentare una narrazione della narrazione ovvero raccontare di una ragazza che, seduta ad una scrivania, riflette sul film di Fellini cercando di assemblarne i ricordi e di coglierne il significato più nascosto; a sua volta, tra i suoi pensieri emerge in primo piano la figura di Fellini, il quale immagina la stesura di un nuovo film sul suo arrivo a Cinecittà negli anni ’40, quando, nelle vesti di un giovane e ancora inesperto giornalista, intervista per la prima volta una famosa ed eccentrica diva dell’epoca. Ho, inoltre, deciso di raffigurare nel mio disegno le scene che mi hanno maggiormente colpita e che, più di tutte, mi sono rimaste impresse dopo la visione del film, dando libero sfogo alla mia immaginazione; il disegno appare, così, seguire un’evoluzione onirica in cui la realtà si intreccia con la fantasia, richiamando ciò che Fellini fa col suo spettatore: fargli vivere le scene del film immergendolo in un sogno. Nel disegno Fellini ricorda ed immagina il suo primo viaggio verso Cinecittà; un viaggio avventuroso ed indimenticabile, in cui, per la prima volta, vede da vicino indiani ed elefanti, quegli stessi elefanti che gli indicheranno la strada per entrare nel magico mondo del cinema. Accanto alla mia personale rappresentazione dell’arrivo di Fellini a Cinecittà, ho voluto inserire una delle scene, secondo me, più emozionanti di tutto il film: l’incontro con Anita Ekberg. Nonostante gli anni passati Fellini riesce a donarle eleganza ed infinita dolcezza; ma soprattutto, grazie all’entrata in scena di Mastroianni, che con un colpo di bacchetta fa rivedere alcune delle scene più belle del film “La dolce vita”, Fellini riesce a coinvolgere lo spettatore nell’intensità di quel momento facendolo sentire parte integrante di quell’indimenticabile scena. Grazie a questo film, che parla del cinema e dei suoi segreti, Fellini come un abile prestigiatore, racconta e svela se stesso immergendo lo spettatore in una dimensione in cui la realtà sembra divenire finzione. RESOCONTO Confrontando i tre disegni realizzati e leggendone i rispettivi commenti abbiamo riscontrato sin da subito degli elementi che accomunavano le nostre narrazioni e degli altri che invece le distinguevano fortemente. Tuttavia, prima di iniziare a parlarne, ci sembra interessante pensare al modo in cui il lavoro in gruppo è stato gestito ed affrontato, dal momento che questo ha influito sulla realizzazione del nostro prodotto. E' necessario infatti partire dal contesto in cui il lavoro è nato e si è sviluppato: per accedere all'esame speciale del corso "Colloquio e Narrazione in Psicologia Clinica" è stata richiesta agli studenti la partecipazione ad un laboratorio da frequentare in piccoli gruppi. La nascita di questi quindi non è stata spontanea, ma regolata da un'esigenza produttiva: inizialmente infatti il gruppo è stato percepito come un mezzo per raggiungere uno scopo, piuttosto che come opportunità di confronto e scambio. Nonostante la nascita non volontaria di tale collaborazione, il primo approccio al compito è stato caratterizzato da entusiasmo e voglia di fare. Progressivamente però ci siamo scontrate con le prime difficoltà, dovute probabilmente alle aspettative di un lavoro più semplice di quello che si stava rivelando. Lavorare in gruppo infatti ci ha costrette da una parte a prendere sempre in considerazione il punto di vista dell'altro per integrarlo al proprio, dall'altra a trovare una modalità unica per esprimere un pensiero comune. Con l'avanzare dei corsi diventava sempre più difficile trovare uno spazio fisico e mentale da dedicare al gruppo, ma tanto più ignoravamo questa esigenza quanto più essa si presentava nei nostri pensieri. Poco dopo l'inizio del progetto inoltre, un membro del nostro gruppo ha deciso di non proseguire il lavoro. E' stato un evento inaspettato che ha suscitato in noi diverse domande: non era utile tale collaborazione? non valeva la pena portare avanti il lavoro? saremmo state ugualmente efficaci? Nonostante non sia stato possibile trovare una risposta a tali domande e sebbene tutt'ora non sappiamo come si sarebbe evoluto l'elaborato in presenza della collega, ci riteniamo soddisfatte di aver stabilito una buona collaborazione produttiva, imparando con il tempo ad utilizzare la nostra diversità come una risorsa ed un occasione per pensare a ciò che stavamo realizzando. E' innegabile che tutti questi fattori, connessi alla consapevolezza di una futura valutazione, abbiano svolto un ruolo determinante nella gestione del lavoro. Un aspetto emerso in tutti gli elaborati è la confusione provata a seguito della visione del film, che si concretizza in tre disegni poco strutturati e apparentemente senza un filo logico. I nostri lavori sembrano non rappresentare una storia unica ma piuttosto tante parti non connesse tra di loro; questo ci ha fatto pensare che Fellini sia riuscito nel suo intento di immergere lo spettatore in un clima onirico, in cui i contenuti sono poco definiti ed organizzati. Un elemento che invece ha differenziato i nostri disegni è la presenza/assenza dell'utilizzo del colore: due di noi hanno colorato, seppure in modo sfumato, le figure, con l'intento forse di rappresentare la vivace ed eccentrica atmosfera del film; una di noi, invece, ha deciso di lasciare il disegno in bianco e nero al fine di enfatizzare la costante influenza del passato sul presente all'interno della pellicola. Un'ulteriore criterio utilizzato per confrontare i disegni è quello relativo al coinvolgimento personale, ovvero alla rappresentazione di sè all'interno del disegno. Solo una di noi infatti non ha raffigurato se stessa, mentre le altre hanno preferito sottolineare maggiormente il loro punto di vista, con l'obiettivo principale di riportare nel disegno la modalità narrativa del regista che inscena una narrazione dentro una narrazione, un cinema nel cinema. Molto interessante ci è sembrata inoltre la contrapposizione tra Fellini giovane e Fellini adulto, che viene rappresentata nei tre disegni come una sorta di escalation: nel primo i due si fondono e si confondono dando addirittura vita ad un unico volto, nel secondo vengono raffigurati ma sono divisi e distinti chiaramente dalla figura dell'elefante, mentre nel terzo viene disegnato solo il Fellini adulto, per di più di spalle. Rispetto ai primi due disegni citati, non sembra essere un caso che proprio in quest' ultimo, in cui Fellini non sembra assumere il ruolo di protagonista principale, l'aspetto contestuale prevalga maggiormente. Chi lo guarda non può aver dubbi: il tutto sta accadendo a Cinecittà. Come se in tanta confusione, si volesse regalare a chi osserva almeno una certezza, qualcosa che non possa essere oggetto di interpretazioni. Abbiamo deciso di utilizzare il disegno come modalità narrativa al fine di far emergere le nostre emozioni ed i nostri stati d’animo più profondi. Infatti il disegno libero ed espressivo ci ha permesso di raccontare ciò che a parole non saremmo mai riuscite ad esprimere, ma soprattutto ci ha dato la possibilità di organizzare concettualmente le nostre idee e di far chiarezza sui nostri pensieri. Sebbene l’inizio di questo lavoro sia stato contrassegnato dal prevalere di sentimenti quali confusione, disorientamento e un briciolo di scetticismo, probabilmente sinonimi di un fallimento collusivo e quindi di un cambiamento che stava avvenendo in noi e nell’aula, col tempo si è rivelato essere un’esperienza profondamente formativa ed interessante, che oltre ad averci aperto le porte del mondo felliniano, ci ha dato l’opportunità di metterci in gioco e di dispiegare le nostre potenzialità.