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05/03/2011.
Roma. Aeroporto di Fiumicino. Gate G13. Ore 14.
Finalmente ho il tempo di sedermi e di scrivere. Questa settimana è stata tremenda. Ho preparato la
valigia solo ieri sera. Tutto il resto della settimana è stato dedicato a lasciare tutto organizzato
perché le cose procedessero anche in mia assenza. Ora finalmente posso raccontare.
Come ci si prepara per un viaggio in Giappone? Non lo so. È la prima volta che ci vado. Ed è il
mio primo volo intercontinentale fatto per lavoro. Ed è la mia prima missione come Assessore.
Quindi la domanda corretta è: come ci si prepara per un viaggio istituzionale in Giappone?
Innanzitutto spiego cosa c'entra Tokyo con Bitonto. L'abbinamento pare a prima vista azzardato. Ma
- in realtà - c'è qualcosa che ci unisce.
I giapponesi impazziscono per l'Opera. I giapponesi adorano l'Opera italiana.I giapponesi si sono
innamorati – grazie ad un maestro bitontino che lavora spesso con loro (ovvero Vito Clemente) – di
Tommaso Traetta, il nostro illustre concittadino e della sua musica.
Il direttore del Tokyo Opera Festival – che ha un nome complicatissimo da trascrivere – ha saputo
del nostro Traetta Opera Festival e ha deciso di organizzarne uno a Tokyo: Traetta Opera Festival
in Japan. Alla Prima Edizione, marzo 2011, tengono moltissimo che partecipi una delegazione
dell'Amministrazione comunale di Bitonto. A novembre hano invitato il Sindaco e l'Assessore alla
Cultura, nonché il prof. Nicola Pice, inventore del Festival.
A novembre – dopo alcuni giorni di riflessione - ho deciso di comprarmi il biglietto aereo. Ho
pensato che sarebbe stato molto più economico prenderlo alcuni mesi prima. E ho pensato che non
si sarebbe potuto mancare a un appuntamento del genere. Bitonto – come tutta l'Italia al momento –
è in una situazione economica non felice. Bitonto ha però una grande risorsa: se stessa. Ha un
centro storico meraviglioso, una cucina ottima e una produzione di prodotti agroalimentari
eccezionale. Tokyo è una possibilità ghiotta di contatti, di turismo, di ritorno alla vita.
E così, autotassandomi (figuriamoci se il comune potrà pagarmi questo viaggio, ho pensato) ho
deciso di cercare qualcosa in Oriente. Novella "Marco Polo", alla ricerca di mercati in mondi
lontani. Nel frattempo, cerco di organizzare una delegazione più nutrita. Ma alla fine, dopo molti ni
e qualche " adesso vediamo", si decide che la delegazione sarò io. Una per tutti e tutti per una.
Dopo qualche tempo, mi scrivono dall'IIC ovvero l'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo. Vogliono
organizzare una serata italiana, dato che sarò lì il 12. Vogliono che porti dei prodotti agroalimentari
della mia terra da far degustare ai giapponesi durante la serata, in modo da promuoverli. Ottima
possibilità, penso. E mi metto a cercare. Non conosco molte aziende. Cerco di spargere la voce tra
assessori e consiglieri che hanno a che fare con la realtà produttiva bitontina. All'inizio poche
risposte e vaghe. Poche settimane prima della partenza la situazione si sblocca. Trovo alcuni
possibili partner molto interessati, anzi entusiasti. Devono solo spedire alcuni dei loro prodotti
all'IIC. In quella sede io parteciperò alla serata e promuoverò le loro aziende. Mi dicono subito di sì.
Scopro che alcune nostre aziende già collaborano col Giappone e hanno lì dei loro magazzini. Un
altro sponsor decide di raggiungermi in Giappone per la data della presentazione.
Noto con piacere che Bitonto si muove e che ha ancora gente che ha voglia di rischiare. Di aprirsi al
nuovo. Dovremmo fare tutti così. Ma – mi rendo conto – non è facile. La gente in realtà ha paura
del cambiamento. È più facile gestire ciò che si conosce, che ciò che non si sa. Il nuovo fa paura.
Ma - fortunamente – alcuni di noi non si fanno fermare da questo.
Risolta la questione prodotti agroalimentari, penso a quello che è giusto che porti io come
rappresentante del Comune. Faccio preparare dei libri su Tommaso Traetta dalla Biblioteca
Comunale, alcuni orbicolari su Bitonto, altri libri con foto di Bitonto (dobbiamo far venire la voglia
ai giapponesi di venirci a trovare!). Penso che un poster della Prima Edizione del Festival potrebbe
essere un regalo graditissimo per il Direttore Artisitico di Tokyo. Poi mi ricordo di alcune belle
fotografie di Bitonto che ho visto una volta da un amico fotografo. Lo chiamo. Me ne porta alcune e
dei libri fotografici sui paesaggi pugliesi. Perfetto. Pagherò una valigia in più, ma così mi costa
meno che spedirli e sono abbastanza certa che arrivino con me.
Ora tocca pensare a me. Cosa metterò in valigia? Ho un sacco di domande e mobilito tutti gli amici
che sono stati già in Giappone. Leggo qualche blog su internet. Scrivo diverse mail a Vito Clemente
che è già lì da una settimana, per sapere come funziona in Giappone, se ci sono abitudini particolari,
qual è il programma delle mie visite ufficiali, chi dovrò incontrare, quali sono le temperature di
Tokyo...e un sacco di altre domande assurde che ti vengono in mente quando devi partire per un
luogo sconsciuto e lontano. Tipo: ci sono dei colori che non posso usare? Con che lingua potrò
comunicare? Ci sono delle usanze particolari, un'etichetta precisa che dovrò rispettare per le
occasioni ufficiali?
Vito mi risponde divertito. È tutto come da noi. Se parlo in italiano o in inglese troverò comunque
sempre qualcuno che mi tradurrà. L'inglese non lo parlano tutti o – comunque – non tutti bene.
Quasi quasi è meglio l'italiano.
Mi accenna al programma delle mie visite. Sarà una settimana intensa. Di sicuro devo essere
presente a tre concerti. Incontrerò un'importante Università musicale giapponese e altri contatti
importanti per Bitonto. E se mi avanzerà del tempo, penso che sarà il caso di cercarne di nuovi. Che
responsabilità. E che bella sfida.
Come mi vestirò? Tailleur? Di che colore? E le scarpe? Scarpe col tacco per le occasioni ufficiali,
ma anche scarpe comode. Pare che le distanze da coprire a Toyo siano enormi.
Ma - più che delle scarpe - tutti mi dicono di preoccuparmi delle calze. Qui in molte occasioni sei
invitato a sfilare le tue calzature. Se dovessi avere le calze in disordine, sarebbe poco carino.
Lì non so se il telefonino avrà campo. E non so quanto potrebbe costare telefonare. Compro una
scheda internazionale e mi porto il computer. Forse potrò chiamare con skype senza spendere un
soldo. Viva la teconologia!
Il viaggio aereo da Roma dura 12 ore. Devo protarmi qualcosa per far passare il tempo. Finalmente
avrò un pò di tempo per leggere. Coi ritmi stressanti degli utlimi mesi, leggere per me è diventato
difficile: di giorno non posso fermarmi, la sera – quando non ci son spettacoli a teatro o concerti o
altre manifestazioni- sono molto stanca e non riesco a concentrarmi.
Qual è il libro giusto da portarsi per un viaggio in Giappone? Spulcio tra i libri che avevo
cominciato a leggere e che ho lasciato a metà. Poi guardo quelli che vorrei iniziare da tempo e
quelli sulle tecniche teatrali che devo assolutamente finire di studiare. Penso che - in casi come
questi - ci vorrebbe un libro di Terzani. Per un viaggio, un libro sui viaggi ben scritto, dovrebbe
essere il massimo. Casa mia è stracolma di libri. Ma Terzani non lo trovo. Poteva ispirarmi per
questo diario. Non importa – penso. Si vede che non è destino.
Alla fine la mia scelta ricade su quattro libri. Sembrano molti, ma nell'ultimo viaggio
intercontinentale che ho fatto, all'andata ne ho letti e finiti due sull'aereo. Se tanto mi da tanto, con
due voli da 12 ore ( tra andata e ritorno) me ne potrebbero servire 4.
Mi porto: Confessioni di una maschera di Yukio Mishima . Sono ferma a un terzo del libro da un
pò. È giapponese. Lo porto.
Due libri di teoria teatrale che ho bisogno di continuare a studiare: Il lavoro dell'attore sul
personaggio di K. Stanslavski e L'analisi della piece e del ruolo mediante l'azione di Marja Knebel.
Dei libri che volevo leggere da tempo, un regalo avuto l'anno scorso, una biografia di Frida Kahlo
di Rauda Jamis.
Mi sembra di aver preso tutto. I soldi li cambierò al mio arrivo, in aeroporto a Tokyo.
Roma. Aeroporto di Fiumicino. Aereo Alitalia. Ore 14,55.
Prendere un aereo per Tokyo è molto meno difficile che prenderlo per gli Stati Uniti d'America.
Controlli normali e veloci. Per un momento mi sento giàa Tokyo. Sull'aereo la percentuale di
giapponesi è del 98%. Che sensazione strana.
Dunque, lì sono 8 ore avanti a noi. Parto di sabato alle 15 e arrivo domenica alle 13. Ma per il mio
orgnismo saranno le tre di notte. Alle 14.30 è previsto il primo concerto a cui dovrò presenziare. Si
prospetta una settimana molto intensa.
Una delle organizzatici giapponesi mi ha scritto una mail in un italiano simpaticissimo, dicendomi
che ci sarà una sua assistente a venirmi a prendere all'aeroporto di Narita. Mi ricorda del concerto il
giorno del mio arrivo. Me ne ricorderò.
Sto andando in Giappone per questo. Per la Musica. E questo mi fa pensare.
A quando si parla della cultura e dell'arte come del "volàno" che faccia decollare l'economia di un
Paese. Credo che si intenda questo, quando si dice volàno. Volàno di sviluppo. Qualcosa che faccia
sentire un giapponese simile a un bitontino. Che faccia venir voglia a due culture così antiche e
interessanti di incontrarsi. Di visitarsi, di scoprirsi. Di collaborare. Di arricchirsi vicendevolmente.
È questo che si intende, credo.
Quello che sto facendo io, che sta facendo Bitonto partendo su questo aereo con me, oggi.
L'hostess dice che dobbiamo spegnere il pc. L'aereo sta per decollare.
Allacciamo le cinture. Segno della croce.
Si parte.