i miserabili - Giovannino Guareschi

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i miserabili - Giovannino Guareschi
Ramperti, M.
Marco Ramperti,
da «Osservatorio», da «L’Illustrazione Italiana», 18 gennaio 1942, p. 65.
DUE UMORISTI. – È proprio necessario «definire» uno scrittore, per rimeritarlo? A me pare
di no. A me pare, anzi, che questo puntiglio, questa smania di voler incasellare ad ogni costo
un artista secondo un genere e una specie, come un insetto o un’erba da collezionare, aumenti
ancora, se possibile, la confusione di cui soffrono le povere lettere nostre. A proposito del nuovo libro di Mosca, ad esempio, avrò letto almeno dieci recensioni: tutte assolutamente svalutate,
proprio da quella fissazione di volerlo definire ad ogni costo. Ecco qua, Bontempelli, ad esempio, che dice di amare Mosca «perché antirettorico». Oh, guarda. E invece se c’è uno scrittore
che abbia, per l’appunto, una sua rettorica, amplificata ed ostentata sino all’umorismo – ma un
umorismo «involontario», ch’è piuttosto un lirismo comico, una sorta d’invasatura tutta medita
e tutta sua – quello è l’autore di Non è ver che sia la morte... «Rettorico», anzitutto, non è da dire
con dispregio in qualunque caso. Si può essere rettorici stupendamente, come il Guerrazzi,
oppure ridicolmente come Padre Bresciani. Comunque è indubbio che anche Mosca lo è: con
tutti i ricorsi, le maniere, i tropi, le figurazioni della rettorica più scolastica, naturalmente trasfigurata da un suo particolarissimo genio. Quanto poi a supporre che un artista simile, così
genuino, così candido, direi persino così inconscio, sia «anti» qualche cosa, significa non capire
l’ineffabilità, cioè la grazia dell’arte sua, ch’è così speciale e così bella appunto perché sfugge ad
ogni incasellamento, né soffre d’essere disseccata in un erbario o infilzata sopra uno spillo. Ogni pagina di Mosca ci passa innanzi come una ventata, od una nuvola. «Incatena una nuvola,
se puoi! ». Ora sì, è vero: gli aerologi tedeschi hanno tentato di fare anche questo, distinguendone ben trentasei specie fra strati, cumuli, nembi, mammato-cumuli, fractonembi ed altostrati,
nei loro atlanti ponderosi. Ma anche per le nuvole non può valere, in arte, la stessa meticolosità
ammessa nelle scienze. E la scrittura di Mosca è, nello stesso tempo, cumulo ed alto strato, zefiro d’alba e nembo di temporale. Sono le tre matte nuvoline in cima alle tre collinette su cui i
suoi vecchierelli vanno piantando stendardi virtuosi; sono i cirri d’una mestizia sognante e
pargoleggiante, fra cui appena è guizzato un lampo e già appare un arcobaleno. Così arcanamente primaverile è questa prosa, che tra nuvola e vento il lettore non può rimanere che stordito. Sente però l’aria che profuma; e come un fluido che l’attira; un fiato che lo solleva.
Ecco il mistero... Ecco l’arte. Ed ecco Mosca Il quale è, nello stesso tempo, spregiudicato e
moralissimo, beffardo e serio, ilare e accorato, cinico e riguardoso, placato come un angelo e
sveglio come un demonio. Tutti i diavoli e serafi della vorfriihling fanno trescone nel suo testo,
come in una ballata bürgeriana. Egli è stato maestro di scuola. Ma credete che, burlandosene,
se ne dimentichi? Rileggetele bene, quelle sue pretese parodie deamicisiane: saranno soltanto
gli scemi, a credere che siano canzonature. Egli fa dell’ironia. Ma credete che se ne accorga?
Come già v’ho detto, egli non fa che dell’umorismo involontario: ed è il suo segreto e la sua
forza. In lui un’incoscienza ch’è veggenza, un’insania ch’è lucidità. Ora il fascino nasce dal perfetto equilibrio di tali antinomie: e per ciò, poc’anzi, ho parlato di genio. Fra trasparenze e trasfigurazioni continue, così impossibili da definire come il cangiare duna seta, o, appunto, d’una
nuvola contro luce, oscilla l’animo suo: e il seguirlo, senza mai poterlo afferrare, è veramente
delizia rara, quale nessuno, dico nessuno fra i letterati italiani è oggi in caso di procurarci. Ma
fenomeno anche più curioso è questo: che intorno a lui, nei fogli umoristici ch’egli redige e dirige, la genialità s’irradia planetarmente, che nella costellazione del «Bertoldo» non c’è neppure un angolo oscuro. Leggete, ad esempio, la Scoperta di Milano del Guareschi, e sappiatemi
dire se non sia vero. C’è umore, spirito, salute, forza generosa, bonarietà emiliana, salubrità italiana in ogni riga: e la giocondità s’esprime per tratti che sembrano molli e grassi, mentre non
sono che meditati e riposanti: una sorta di sussiego maturo che trattiene lo slancio giovanile,
ma astutamente, per conferirgli più spicco e più effetto. Ora i buoni scrittori, mi chiederete,
sono soltanto quelli che scrivono per burla? Sempre così, amici miei, quando abbiano fatto il loro tempo quelli che scrivono sul serio.
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