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Commercio elettronico e
integrazione dei mercati:
l’approccio del diritto antitrust
europeo
Ginevra Bruzzone – Miriam Cassella
Associazione Antitrust Italiana
Roma, 31 maggio 2013
Sullo sfondo
L’Agenda digitale europea del 2010 e gli atti
successivi (Single Market Act I e II, piano
d’azione 2012 per il commercio elettronico)
individuano una serie di misure per
raddoppiare entro il 2015 le quote del
commercio elettronico sulle vendite al
dettaglio nell’UE e del settore internet sul Pil
europeo raggiunte nel 2010
Tra le misure considerate utili, vi è
l’applicazione rigorosa delle regole antitrust
sulla distribuzione selettiva nel contesto
online da parte della Commissione e delle
autorità nazionali di concorrenza
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Come si realizza il coordinamento tra
diritto antitrust e promozione del
commercio elettronico? (1)
a. Rilievo dell’obiettivo dell’integrazione dei
mercati nell’applicazione del diritto
antitrust europeo
Cfr. gli Orientamenti sulle restrizioni
verticali del 2010:
 l’obiettivo dell’art. 101 è evitare restrizioni
della concorrenza sul mercato a danno dei
consumatori … L’integrazione dei mercati
promuove la concorrenza nell’UE (§ 7)
(cfr. la giurisprudenza Glaxo)
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Come si realizza il coordinamento tra
diritto antitrust e promozione del
commercio elettronico? (2)
 gli effetti negativi delle intese verticali
sono: la preclusione anticoncorrenziale;
l’indebolimento della concorrenza
interbrand e intrabrand; l’agevolazione
della collusione; la creazione di ostacoli
all’integrazione dei mercati. Solo per i primi
tre viene esplicitato il collegamento con il
peggioramento delle variabili concorrenziali
rilevanti per i consumatori – prezzi, qualità,
varietà, innovazione (§§ 100 e 101)
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Come si realizza il coordinamento tra
diritto antitrust e promozione del
commercio elettronico? (3)
Quindi, per il profilo dell’integrazione dei
mercati non viene portata l’attenzione
sull’impatto effettivo o potenziale dell’intesa
sulle variabili concorrenziali, discostandosi
dall’approccio che collega la valutazione della
liceità della condotta a una theory of harm
antitrust
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Come si realizza il coordinamento tra
diritto antitrust e promozione del
commercio elettronico? (4)
b. Disponibilità di strumenti (restrizioni
fondamentali e per oggetto), associati a
presunzioni giuridiche che consentono un
approccio semplificato rispetto all’analisi caso
per caso dell’impatto
Ampiamente utilizzati per evitare restrizioni
territoriali:intransigenza sulle restrizioni alle
vendite passive (diritto del consumatore di
acquistare in altri SM); trattamento hardcore
delle restrizioni alle vendite attive e passive
nella distribuzione selettiva; le restrizioni alle
esportazioni tra SM sono tali “per oggetto” 6
Come si realizza il coordinamento tra
diritto antitrust e promozione del
commercio elettronico? (5)
NB:le restrizioni hardcore fanno perdere
all’intero accordo il beneficio dell’esenzione
per categoria e fanno sorgere la presunzione
che l’intesa sia restrittiva ai sensi dell’art.
101.1. Resta la possibilità di dimostrare nel
caso individuale che sono soddisfatte le
condizioni per l’applicazione dell’art. 101.3
(T-17/93, Matra Hachette)
Per le restrizioni indicate come hardcore nei
regolamenti di esenzione la Commissione non
applica la presunzione di non restrittività al di
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sotto delle quote de minimis
Nuovi modelli di distribuzione selettiva
nel contesto online
Alla fine degli anni Novanta la Commissione si
trova a valutare nuovi modelli di distribuzione
selettiva. In particolare, nel caso Yves Saint
Laurent l’impresa consentiva la vendita online
solo ai distributori autorizzati con punto di
vendita fisico.
Il tema viene trattato nella riforma della
disciplina delle intese verticali del biennio
1999-2000
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Trattamento delle vendite online
nella disciplina 1999-2000
Nelle linee guida del 2000 (§ 51):
 qualsiasi distributore deve essere libero
di utilizzare internet per pubblicizzare o
vendere prodotti
 assimilazione delle restrizioni alle vendite
online a quelle delle vendite passive o
attive (in nuce)
 possibilità di prevedere standard
qualitativi come per le vendite offline
 divieto di vendere su internet accettabile
solo con giustificazione oggettiva
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La riforma del 2010
Alcuni suggerivano di non introdurre regole
speciali, trattando le vendite online
nell’ambito delle regole generali sulla
distribuzione selettiva. La riforma invece
puntualizza l’approccio del 2000 (nel
frattempo, ci sono stati vari casi negli SM):
assimila le restrizioni all’utilizzo di internet alle
restrizioni delle vendite, distinguendo le
ipotesi equiparabili alle vendite attive da
quelle equiparabili alle vendite passive.
Specifica alcuni comportamenti considerati
restrittivi e le restrizioni considerate
compatibili con l’esenzione per categoria
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(Orientamenti, § 51-56; 60-61, 64)
Il caso Pierre Fabre (1)
In Francia nell’ultimo decennio troviamo molti casi in
tema di distribuzione selettiva con restrizioni alle
vendite online. In varie decisioni viene ritenuto lecito
richiedere il punto di vendita fisico al distributore che
vuole vendere online (Festina; Pacific Création; Hi-Fi
and Home Cinema).
Nel caso Pierre Fabre (cosmetici e prodotti per
l’igiene personale), l’impresa esclude del tutto la
possibilità per i distributori di vendere online:
sostiene che la vendita in spazio fisico in presenza di
un consulente è giustificata da esigenza di tutela del
consumatore e per preservare l’immagine di prestigio
del prodotto. L’Autorità della concorrenza ritiene il
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sistema contrario all’art. 101
Il caso Pierre Fabre (2)
L’impresa presenta ricorso alla Corte d’Appello di
Parigi. La Commissione europea interviene nel
procedimento con osservazioni ex art. 15 del
regolamento (CE) n. 1/2003
La Corte d’Appello effettua un rinvio pregiudiziale alla
Corte di Giustizia:
come valutare ex art. 101 il divieto generale e
assoluto, imposto ai distributori autorizzati nell’ambito
di un sistema di distribuzione selettiva, di vendere su
internet i prodotti oggetto del contratto agli utenti
finali?
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La Corte di Giustizia in Pierre
Fabre (ottobre 2011) (1)
Per la Corte ai sensi dell’art. 101.1 quella in esame è
una restrizione della concorrenza per oggetto (per
natura ha una tale potenzialità negativa che non è
necessario dimostrare l’effetto concreto sul mercato).
Per giungere a tale conclusione, occorre esame
individuale e concreto del tenore e dell’obiettivo della
clausola e del contesto economico e giuridico in cui si
colloca. Secondo la Corte, la clausola “riduce
considerevolmente la possibilità per un distributore
autorizzato” di vendere fuori dal suo territorio, quindi
“è idonea a restringere la concorrenza in tale settore”
(§ 38; focus sulla libertà di azione più che analisi di
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impatto potenziale)
La Corte di Giustizia in Pierre
Fabre (ottobre 2011) (2)
Resta la stretta via della giustificazione oggettiva del
sistema di distribuzione selettiva. La Corte non
ritiene sufficienti le esigenze di consulenza
personalizzata al cliente (v. precedenti per medicinali
senza prescrizione e lenti a contatto, prevale libertà
di circolazione) e di preservare l’immagine di
prestigio del prodotto (non può rappresentare un
obiettivo legittimo: prevale libertà del distributore su
quella del fornitore di differenziare il prodotto)
Negli Orientamenti (§ 60) la giustificazione oggettiva
per le restrizioni hardcore è riferita a circostanze
eccezionali (sostanze pericolose)
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La Corte di Giustizia in Pierre
Fabre (ottobre 2011) (3)
Ai sensi dell’art. 101.3 la Corte riconosce che il divieto
di commercializzazione via internet è equiparabile al
divieto di vendite passive e attive ai fini
dell’applicazione dell’esenzione per categoria. Non
prende posizione sulla questione se sia applicabile
l’eccezione che consente di proibire la rivendita da un
“luogo di stabilimento non autorizzato”: è irrilevante,
perché è possibile la verifica individuale della
sussistenza delle condizioni dell’art. 101.3. NB: la
Corte d’Appello di Parigi (gennaio 2013) ritiene che la
restrizione non sia indispensabile per assicurare la
consulenza al consumatore e il contrasto della
contraffazione e che il rischio di free riding sia limitato15
La situazione dopo Pierre Fabre
L’approccio basato su un’interpretazione formalistica
della restrizione per oggetto, su una stretta
delimitazione delle giustificazioni oggettive
ammissibili e sulla possibilità di applicazione
individuale dell’art. 101.3 (notoriamente difficile) porta
a un’applicazione del diritto antitrust simile a quella
delle regole sul mercato interno: le restrizioni devono
essere necessarie e proporzionate. Non è necessario
identificare una theory of harm e sostenerla con
evidenza appropriata nel caso specifico. Viene data
prevalenza alla libertà del distributore di
commercializzare online rispetto alla libertà del
fornitore di differenziare il prodotto. L’impostazione
formale facilita ampia applicazione a livello nazionale16
Una nota sul de minimis (1)
L’articolo 101.1 si applica a queste restrizioni anche
per quote di mercato inferiori alle soglie de minimis?
Orientamenti 2010, § 10: per le restrizioni hardcore
l’art. 101.1 può applicarsi in alcuni casi anche sotto la
soglia del 15% prevista dalla comunicazione de
minimis, se gli accordi hanno un “effetto sensibile” su
concorrenza e scambi
CdG, Expedia, 13.12. 2012: la comunicazione de
minimis non è vincolante per giudici e autorità
nazionali: devi valutare, nel contesto concreto, se vi è
restrizione sensibile della concorrenza e degli scambi
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Una nota sul de minimis (2)
In Expedia la Corte ricorda la definizione di restrizione
per oggetto (§ 35) e aggiunge che “un accordo idoneo a
pregiudicare il commercio tra Stati membri e avente un
oggetto anticoncorrenziale costituisce, per sua natura e
indipendentemente da qualsiasi suo effetto concreto,
una restrizione sensibile del gioco della concorrenza” (§
37). Dubbio: la Corte ha sancito che per le restrizioni per
oggetto non è possibile dimostrare l’assenza di una
restrizione sensibile sulla concorrenza? In tal caso, per
escludere l’applicazione dell’art. 101.1 resterebbe solo la
via dell’irrilevanza del pregiudizio sugli scambi (Vőlk
ecc.). NB: in T-199/08, Ziegler, § 41-45, le restrizioni per
oggetto rientrano nell’art. 101.1 se hanno un’incidenza
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sensibile su concorrenza e scambi
A livello internazionale …
Molti ordinamenti (USA, Australia) fanno applicazione
standard del diritto antitrust secondo la rule of reason,
senza regole speciali. Considerano sia le possibili
ragioni di efficienza/proconcorrenziali (es. free riding,
prevenzione della contraffazione), sia il possibile impatto
in termini di foreclosure, collusione, attenuazione della
concorrenza. Cfr. Roundtable on vertical restraints for
online sales, OCSE, 13 febbraio 2013
Francia: in linea con l’impostazione UE, l’indagine
conoscitiva del settembre 2012 confronta i canali online
e offline per alcuni settori e osserva i minori prezzi nel
canale online. Nella distribuzione selettiva le restrizioni
al commercio online devono essere simili a quelle
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accettate nel commercio offline
Cosa possono fare i fornitori nella UE - 1
a. Seguire le regole di compromesso (restrizioni
compatibili con il regolamento di esenzione) indicate
negli Orientamenti del 2010, tenendo conto di prassi
e giurisprudenza degli Stati membri (la
comunicazione non è vincolante, quindi sono
importanti gli orientamenti in sede ECN). Ad es.:
 richiedere standard qualitativi all’uso dei siti internet,
incluso l’utilizzo di piattaforme di terzi secondo le
condizioni concordate con il distributore per le
vendite online; requisiti equivalenti a quelli previsti
per offline
 richiedere almeno un punto vendita brick and mortar
o un salone di esposizione (v. Yves Saint Laurent,
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2001 e casi francesi)
Cosa possono fare i fornitori nella UE - 2
 limitare le vendite attive fuori dal territorio assegnato
nel caso di distribuzione esclusiva
 richiedere una soglia minima assoluta di fatturato da
vendite offline
 versare un contributo fisso a sostegno delle vendite
offline
 praticare prezzi più alti per i prodotti da rivendere
online per coprire maggiori costi del fornitore
 utilizzare la deroga all’applicazione delle restrizioni
hardcore per il lancio di nuovi prodotti o prodotti in
nuovi territori (per due anni e se rilevanti investimenti
del distributore)
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Cosa possono fare i fornitori nella UE - 3
b. Accordi volontari tra i soggetti interessati (titolari dei
diritti, piattaforme internet e consumatori) per
prevenire la contraffazione, incoraggiati dalla
Commissione europea. Cfr. il Protocollo d’intesa per
la lotta contro la vendita online di merci contraffatte
firmato il 4 maggio 2011. Il Protocollo è un accordo
su base volontaria per la vendita online, che fissa
una serie di principi per impedire l’offerta su
piattaforme internet di merci contraffatte
Evitare, invece, di definire la strategia nei confronti
della distribuzione online tra concorrenti: in Germania
dal 2011 tre casi in cui scambio di informazioni
relativo a negoziati con rivenditori (offline) è
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considerato intesa restrittiva
Presente e futuro
Rispetto alle restrizioni delle vendite online,
l’approccio europeo è molto diverso da quello del
diritto antitrust extra UE, come più in generale
avveniva prima della riforma del 1999
La situazione può evolvere: il trattamento delle intese
verticali è stato caratterizzato da importanti svolte,
sia negli Usa che nell’UE. Le possibilità sono varie:
a. si può ripensare la qualificazione delle restrizioni alle
vendite online come “restrizione per oggetto”
b. mantenendo la possibilità di qualificare come
restrizione per oggetto, si può valorizzare la fase di
valutazione del contesto economico di riferimento
(intenzioni delle parti, posizioni di mercato, canali di
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accesso ai prodotti per i consumatori)
Presente e futuro (cont.)
c. si possono elaborare filtri/insiemi di condizioni
rilevanti con cui valutare se per la restrizione per
oggetto la presunzione di apprezzabile impatto sulla
concorrenza possa essere rovesciata
d. si possono rivedere le regole per il trattamento de
minimis rispetto a queste particolari restrizioni (con
soglie presuntive di irrilevanza a livello europeo e
negli Stati membri)
La praticabilità delle ultime due soluzioni dipende
dalla portata della sentenza Expedia
Nell’attesa delle possibili evoluzioni, prima di imporre
ai distributori restrizioni alle vendite online occorre
un’attenta valutazione e molta prudenza
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