Negozi ed esercizi commerciali accessibili

Transcript

Negozi ed esercizi commerciali accessibili
Negozi ed esercizi commerciali accessibili: Diritto o privilegio?
Tempo d’estate, di vacanze, di saldi, sono molte le ragioni per uscire più spesso
per fare shopping o per prendere un aperitivo con gli amici. Invariabilmente per le
persone con disabilità si acuisce la percezione della difficoltà di entrare
agevolmente nei luoghi scelti, soprattutto se bar o ristoranti o anche negozi dei
centri storici.
Nessuno negherà il diritto di ogni persona a scegliere il proprio medico di base, il
dentista, il veterinario fino al negozio di abiti e il ristorante, di fatto però per
molte persone anziane o con difficoltà di movimento temporanee o permanenti,
per non parlare di disabili veri e propri questo diritto di scelta è incredibilmente
limitato dallo stato di fatto: molti luoghi aperti al pubblico non sono accessibili.
Questo stato di fatto è comunque giustificato dalla normativa, nel senso che, se
da un lato, l’evoluzione della legge ha recepito i grandi cambiamenti culturali degli
ultimi anni riconoscendo che l’ambiente (sociale e costruito) è un potente
elemento “disabilitante”, evidenziando e rendendo esigibili i diritti di mobilità e
accesso pieno alle strutture pubbliche e private, dall’altro la normativa tecnica e
attuativa è rimasta praticamente ferma al 1989.
Vediamo in dettaglio i diritti:
La convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, recepita in Italia con
la legge 18 del 2009, definisce la disabilità nel seguente modo:
Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali,
intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere
possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una
base di eguaglianza con gli altri.
L’articolo 9 della Convenzione prevede un ampio diritto all’accessibilità ai
trasporti, agli edifici, alle istituzioni e invita gli Stati a prendere tutte le misure per
rendere effettivo l’esercizio di questo diritto.
Quali sono al giorno d’oggi le misure che rendono effettivo il diritto di accesso a
pubblici esercizi, attività commerciali e sanitarie?
Il DM 236/89, il cui ambito applicativo è la ristrutturazione e la nuova
edificazione, prevede che siano accessibili:
gli ambienti destinati ad attività sociali, come quelle scolastiche, sanitarie,
assistenziali, culturali, sportive;
Per quanto riguarda bar negozi e ristoranti (ma anche cinema, pub eccetera):
nelle unità immobiliari sedi di riunioni o spettacoli all’aperto o al chiuso,
temporanei o permanenti, compresi i circoli privati, e in quelle di ristorazione, il
requisito della visitabilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata al
pubblico, oltre a un servizio igienico, sono accessibili; deve essere garantita
inoltre la fruibilità degli spazi di relazione e dei servizi previsti, quali la biglietteria
e il guardaroba;
nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, il requisito della
visitabilità si intende soddisfatto se, nei casi in cui sono previsti spazi di relazione
nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, questi sono
accessibili; in tal caso deve essere prevista l’accessibilità anche ad almeno un
servizio igienico;
nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta
inferiore a 250 mq, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se sono
accessibili gli spazi di relazione, caratterizzanti le sedi stesse, nelle quali il
cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta;
La legge è molto chiara, negozi , bar ristoranti nuovi devono essere accessibili,
almeno negli spazi di relazione e, per specifici esercizi anche nei servizi igienici.
Il problema resta per tutti i negozi, bar, ristoranti esistenti prima del 1989 e non
sottoposti a ristrutturazione totale: per loro non c’è obbligo di adeguamento
alcuno, per questo la situazione nei centri storici è di larga e diffusa
inaccessibilità.
Un piccolo progresso venne fatto dalla legge quadro sull’handicap, la legge
104/92 che prevede all’articolo 24 comma 6 che anche in caso di cambio di
destinazione d’uso in luogo pubblico o luogo aperto al pubblico si ricada nelle
previsioni della legge 13/89 e del dm 236.
Il problema in questo caso giunge dal margine interpretativo che si può applicare
al concetto di cambio di destinazione d’uso: alcune amministrazioni
comunali, rimanendo alla lettera della legge, non considerano cambio di
destinazione d’uso se si rimane all’interno della stessa categoria, quindi se un
appartamento venisse trasformato in negozio di parrucchiere verrebbe richiesta
l’accessibilità o visitabilità a seconda, se invece un ufficio o un negozio di ricambi
diventasse negozio di alimentari o di parrucchiere, restando all’interno della
destinazione d’uso commerciale potrebbe non essere richiesto alcun adeguamento
ai sensi dell’accessibilità, benchè sia ovvio il diverso tipo e la frequenza di accessi.
E’ evidente come lo spirito della legge 104 andasse nella direzione di ampliare la
casistica per cui esercizi commerciali già esistenti dovessero essere resi accessibili
o visitabili, per cui l’interpretazione di cambio di destinazione d’uso dovrebbe
essere il più ampia possibile, tendendo conto anche del numero e tipo di accessi
all’esercizio.
D’altra parte la stessa legge quadro 104/92 prevede all’articolo 23 che:
Chiunque, nell'esercizio delle attività di cui all'articolo 5, primo comma, della
legge 17 maggio 1983, n. 217 (attività ricettive n.d.a.), o di altri pubblici
esercizi, discrimina persone handicappate è punito con la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma da lire un milione a lire dieci milioni e con la
chiusura dell'esercizio da uno a sei mesi.
Rendere impossibile l’ingresso non è forse discriminazione? E una legge specifica
contro le discriminazioni nei confronti dei disabili è stata varata: la legge
67/2006 "Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di
discriminazioni".
Ai sensi di questa legge si ha discriminazione indiretta quando una disposizione,
un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente
neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto
ad altre persone.
Questa legge è già stata utilizzata contro le barriere architettoniche nei bar e
ristoranti, specie in quei luoghi dove la scarsa presenza di esercizi rende
virtualmente impossibile scegliere dove andare.
In sintesi: la legge riconosce il diritto alla libera circolazione, alla libera scelta e
all’accessibilità, l’implementazione con regolamenti e norme tecniche di questi
diritti è ancora ferma al 1989.
E’ pertanto imprescindibile, dal lato delle pubbliche amministrazioni rispettare lo
spirito e la lettera dell’articolo 9 della Convenzione ONU , ribadiamo , legge dello
Stato Italiano, dando un’interpretazione il più possibile estensiva alle prescrizione
tecniche del dm 236, leggendole sempre in combinato disposto con la legge
104/92 e con la giurisprudenza consolidata negli anni.