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La gauche senza Hollande
Eliseo 2017 – Dopo la rinuncia del presidente francese a un secondo mandato, il
premier Valls ha la strada spianata alle primarie della sinistra. Mentre a destra
trionfa François Fillon che potrebbe sfidare Marine Le Pen al ballottaggio
/ 05.12.2016
di Marzio Rigonalli
In tre paesi confinanti con la Svizzera si sono svolte in poco tempo tre importanti votazioni popolari,
con una diversa posta in gioco. In Italia si è votato sulla revisione della Costituzione, gli austriaci
sono andati alle urne per eleggere il loro presidente ed in Francia la destra e il centro, con le
primarie cui hanno partecipato più di quattro milioni di elettori, hanno scelto François Fillon come
loro candidato all’elezione presidenziale dell’anno prossimo.
La nomina di Fillon è stata un po’ una sorpresa, perché si è delineata soltanto nelle due ultime
settimane di una lunga campagna elettorale, che ha visto coinvolti sette candidati. Per molto tempo,
sondaggi ed opinionisti hanno dato per favoriti il sindaco di Bordeaux, Alain Juppé, e l’ex presidente
Nicolas Sarkozy. Quest’ultimo, però, è uscito di scena già al primo turno, mentre Juppé, lo sfidante
di Fillon al secondo turno, è uscito sconfitto con il bottino di un terzo soltanto dei voti espressi.
Chi è François Fillon? Molti lo ricordano soprattutto come primo ministro per tutti i cinque anni
della presidenza di Sarkozy, dal 2007 al 2012. Un capo di governo fedele e leale nei confronti di un
presidente che era solito imporre le sue scelte senza confrontarsi molto con i suoi ministri e che non
esitò anche a definire «collaboratore» colui che dirigeva la squadra di governo. François Fillon
cominciò presto la sua carriera politica. A ventisette anni venne eletto deputato all’Assemblea
nazionale ed a trentanove anni fu scelto come ministro dell’Insegnamento superiore e della ricerca
nel governo di Edouard Balladur.
In seguito, prima di diventare primo ministro, ebbe altri incarichi di governo, come per esempio la
guida del Ministero degli affari sociali, del lavoro e della solidarietà, nell’esecutivo presieduto da
Alain Juppé. Vanta anche una lunga carriera politica a livello regionale, come sindaco di Sablé-surSarthe per quasi venti anni e come presidente del consiglio regionale della Sarthe. Una presenza a
tutto campo, dunque, che d’altronde caratterizza tutti i politici francesi di primo piano. Fillon è figlio
di un notaio ed è un fervente cattolico di educazione gesuita. Trova, dunque, ampi consensi nel
mondo cattolico, quel mondo che è stato messo a dura prova durante la presidenza Hollande con il
varo della legge Taubira, la legge sui matrimoni e le adozioni omosessuali.
Nonostante le sue profonde convinzioni religiose, afferma però di riconoscere perfettamente la
separazione tra Stato e religione. È un appassionato di gare automobilistiche ed ha partecipato più
volte alla celebre corsa di endurance, la «24 ore di Le Mans», corsa che avviene nel capoluogo del
suo dipartimento, la Sarthe.
La sua vittoria sugli altri contendenti è dovuta in parte all’immagine di un politico serio, integro e
coerente che si sprigiona dalla sua forte personalità, ma soprattutto al suo programma elettorale. È
un programma molto liberale, che ricorda la politica applicata dal primo ministro britannico
Margaret Thatcher negli anni Ottanta, e conservatore sulle questioni sociali. Fillon vuole ridurre il
numero dei funzionari del 10%, aumentare il numero delle ore lavorative, rompendo il tabù delle 35
ore settimanali, tagliare la spesa pubblica, riformare il sistema sociale, ridurre il costo del lavoro
alleggerendo le tasse chieste alle aziende, cancellare l’imposta sui grandi patrimoni, ridurre il peso
fiscale delle classi abbienti, portare l’età pensionabile ai 65 anni e riformare il codice del lavoro per
togliere potere ai sindacati e darlo alle singole aziende.
Sul piano sociale, Fillon non intende annullare le riforme fatte dal governo socialista, in particolare il
matrimonio omosessuale, ma vuole restringere la possibilità data alle coppie omosessuali di adottare
figli.
Il suo è un programma di rottura mai applicato negli ultimi trent’anni. Convinto che il suo Paese si
trova in uno stato di estrema debolezza, Fillon vuol rimediarvi provocando uno shock, ossia varando
riforme drastiche. Il percorso delineato costringerà i francesi ad accettare grossi sacrifici, ma egli lo
ritiene necessario per poter rilanciare la crescita economica, ridurre la disoccupazione, rendere più
competitive le aziende francesi e, quindi, aumentare il benessere generale. Il programma, ch’egli
stesso ha definito radicale nei suoi contenuti, è stato ben accolto dalla destra tradizionale, ma è stato
bocciato dagli avversari politici, che l’hanno subito definito neoliberista e contrario al protezionismo
voluto dalle forze favorevoli alla Brexit, da Trump e dai movimenti populisti attivi in vari paesi.
Molte voci critiche l’hanno assimilato ad una cura dimagrante senza precedenti, che rischia di
distruggere lo stato sociale, di giovare soltanto alle classi abbienti e di creare nuove disuguaglianze.
Resta ora da vedere se, nei prossimi mesi, queste proposte radicali riusciranno a convincere anche
le forze moderate del centro e almeno una parte della sinistra, forze senza il cui sostegno è
impossibile vincere l’elezione presidenziale.
In politica estera, Fillon si è distinto per le sue dichiarazioni favorevoli alla Russia, dietro alle quali ci
sarebbe anche un rapporto di amicizia con Vladimir Putin, sorto quando i due erano alla guida dei
rispettivi governi. Fillon ritiene che Mosca andrebbe coinvolta nella soluzione di tutte le crisi
internazionali, che in Siria bisognerebbe discutere anche con i dirigenti iraniani e con il presidente
Assad e che converrebbe annullare le sanzioni economiche che l’Occidente applica contro la Russia,
in risposta alla crisi ucraina. Putin ha subito espresso la sua soddisfazione per la scelta fatta dalla
destra francese alle primarie. Se Fillon verrà eletto presidente, la sua posizione nei confronti della
Russia potrebbe creare gravi divergenze in seno al blocco occidentale. Non siamo però ancora in
questa situazione e molto dipenderà anche dalla posizione che assumerà il nuovo presidente
americano.
Forte della grande partecipazione popolare ai due turni delle primarie e del 66% di voti espressi in
suo favore, Fillon ha già iniziato la sua campagna presidenziale. Di fronte avrà due avversari che
possono contendergli l’accesso al secondo turno dell’elezione per la conquista dell’Eliseo e un
numero ancora indefinito di candidati di piccoli partiti che scendono in campo per ragioni varie, ma
senza poter puntare al successo.
Il primo dei due maggiori avversari di Fillon è Marine Le Pen, la presidente del Fronte nazionale. La
figlia del fondatore del Fronte punta da molto tempo all’Eliseo e si è impegnata a cambiare il volto
del suo partito, togliendogli le forme più estremiste e cercando di renderlo accettabile anche a forze
esterne. Gli ultimi sondaggi dicono che potrebbe raggiungere facilmente il secondo turno.
Molto più complessa è la situazione in seno alla sinistra, il secondo avversario di Fillon. Le guerre
intestine scoppiate durante la presidenza di Hollande hanno creato profonde divisioni e sono sfociate
in singole candidature e, forse, in primarie programmate a gennaio. Confrontato con un tasso di
popolarità bassissimo e con un fuoco di critiche, il presidente Hollande ha preferito rinunciare a
candidarsi per un secondo mandato. La prospettiva di una rielezione è praticamente nulla. Il primo
ministro Manuel Valls nasconde con fatica le sue ambizioni ed alcuni ex ministri, come Montebourg
e Hamon, si sono già dichiarati candidati. Per nutrire qualche speranza, la sinistra dovrebbe
presentarsi unita, ma dal quadro attuale, in continuo movimento, non emerge il nome di una
personalità capace di unificare almeno una buona parte di questo schieramento politico. La
principale conseguenza sarà l’assenza della sinistra al secondo turno delle presidenziali e il
probabile scontro diretto tra la destra di Fillon e l’estrema destra di Marine Le Pen.