commentary
Transcript
commentary
commentary Commentary, 18 novembre 2016 PARTITO SOCIALISTA: CANDIDATO CERCASI MARC LAZAR C ©ISPI2016 he capovolgimento della situazione! Nel 2006, in vista delle elezioni presidenziali dell’anno successivo, il Partito socialista francese sperimentò delle primarie che potremmo definire semi-aperte, poiché erano stati chiamati a parteciparvi anche tutti coloro ai quali era stata offerta la possibilità di tesserarsi nei mesi precedenti per soli venti euro. Ségolène Royal sorprese tutti vincendo al primo turno contro due avversari di rilievo come Laurent Fabius e Dominique Strauss-Kahn, soprannominati gli «elefanti socialisti». Sembrava la sola candidata in grado di conquistare l’Eliseo, sospinta com’era da una forte dinamica di mobilitazione. Eppure, quando venne il momento, fu Nicolas Sarkozy ad aggiudicarsi la presidenza. Nel 2011, il Partito socialista collaudò invece le sue prime elezioni primarie veramente aperte. Votarono più di 2.600.000 cittadini, un risultato davvero significativo al cospetto dell’esiguo numero di iscritti al Partito socialista (e anche agli altri partiti). François Hollande ebbe la meglio, circostanza che contribuì alla sua vittoria contro il rivale Nicolas Sarkozy nel 2012. Le primarie apparivano dunque come uno strumento utile ed efficace. Questa volta, però, le primarie che dovrebbero svol- gersi a gennaio si preannunciano sotto ben diversi e foschi auspici. Innanzitutto dal punto di vista della partecipazione. È probabile che l’affluenza alle urne non sia alta, a causa della delusione, dello scoraggiamento e delle divisioni che affliggono gli elettori di sinistra dopo il quinquennio di Hollande. Il confronto con le primarie del 2011 e, senza ombra di dubbio, con l’entità della mobilitazione degli elettori di centro e di destra in occasione delle primarie repubblicane che si terranno il 20 e 27 novembre prossimi, sarà impietoso e rischia di affossare il candidato di sinistra designato a partecipare alle presidenziali. Ma la grande domanda riguarda proprio questo punto. Chi sarà il candidato della sinistra? La chiave di volta è rappresentata proprio da François Hollande. Tutto gioca contro di lui, a cominciare da un’impopolarità record per un presidente della Repubblica e dalla sua perdita, totale, di credibilità. Hollande potrà anche fare dei bei discorsi e prendere delle giuste decisioni, ma ormai la stragrande maggioranza dei francesi ha smesso di prestargli ascolto. Ciononostante, non ripresentarsi costituirebbe une rottura nella storia della quinta Repubblica, nella quale tutti i presidenti hanno almeno ambito a ottenere un secondo mandato (Giscard d’Estaing, Mitterrand, Chirac, Sarkozy). Non Marc Lazar, Sciences Po Paris * Traduzione dal francese di Nicola Missaglia (ISPI) 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non necessariamente riflettono l‘opinione dell’ISPI. Anche le pubblicazioni online dell’ISPI sono pubblicate con il supporto della Fondazione Cariplo. commentary ripresentarsi equivarrebbe a un riconoscimento urbi et orbi del proprio totale fallimento, che lo obbligherebbe a uscire di scena dalla porta di servizio. Di converso, prendere parte alla battaglia gli permetterebbe almeno di difendere il proprio operato e di abbozzare un progetto. Ma anche, nel caso di una sconfitta, di proclamare che alla fine sarà la storia a giudicare la sua condotta. Il problema, a questo punto, è sapere quale delle possibili sconfitte gli toccherà subire. Perdere alle primarie, circostanza invero possibile, lo farebbe cadere in discredito e terminare gli ultimi tre mesi del mandato presidenziale nell’onta. Essere sbaragliato al primo turno delle presidenziali, finendo al terzo o addirittura al quarto posto dietro Marine Le Pen, il candidato della destra e quello della sinistra, Jean-Luc Mélenchon – al quale attualmente si attribuisce il 15% dei voti – rappresenterebbe un’umiliazione altrettanto ignominiosa. È in questo scenario che François Hollande annuncerà la propria decisione a dicembre. la sua nomina a Matignon. Allo stesso tempo, cercherà di prenderne le distanze, cosa che ha cominciato a fare da qualche settimana a questa parte insistendo sulla necessità di reinterpretare un ruolo presidenziale compromesso, a suo avviso, da Sarkozy e Hollande. Manuel Valls finirà per presentarsi quale migliore dei rappresentanti possibili della sinistra di governo – quella responsabile, pragmatica e repubblicana – sforzandosi allo stesso tempo di tendere la mano alla sinistra più protestataria, benché egli stesso abbia a più riprese sostenuto che l’una e l’altra siano inconciliabili. Chiunque uscirà vittorioso da questa sfida dovrà confrontarsi con una doppia concorrenza. Quella del populista Mélenchon, un tribuno senza pari che, implacabile, non cessa di fustigare i candidati alle primarie dei socialisti, tutti colpevoli secondo lui di aver partecipato ai governi di François Hollande; e quella del giovane Emmanuel Macron, che entra in scena come “uomo nuovo”, come outsider che trascende la classica opposizione tra sinistra e destra. Seppure, beninteso, i grandi favoriti restino Marine Le Pen e il futuro campione della destra. In occasione delle primarie, a François Hollande o al primo ministro Manuel Valls – il quale, ormai, fa di tutto per dissuadere il presidente dal ripresentarsi – si contrapporranno diversi candidati della sinistra del partito, tra cui spiccano Arnaud Montebourg, un protezionista e colbertista suo malgrado interessato all’innovazione imprenditoriale e al momento posizionato ai primi posti, e, forse, la ex guardasigilli Christiane Taubira. Valls dovrà prestarsi a un pericoloso gioco di equilibrista: da una parte non può che difendere il bilancio di una presidenza della quale egli stesso, dal 2014, è tenuto a rendere conto in virtù del- ©ISPI2016 A oggi, la sinistra ha tutte le probabilità di uscire sconfitta dalle elezioni presidenziali del 2017. Ed è proprio in virtù di questo dato che le sue primarie cambiano di natura e di funzione: serviranno, senza dubbio, soprattutto a designare il futuro leader del Partito socialista, al quale tuttavia spetterà non solo di rifondarlo, ma anche di fare il possibile per favorire una ricomposizione di ampia portata della sinistra; o meglio, per provare a ricostruire almeno qualche cosa a partire da una vasta distesa di rovine. 2