Mafia, decapitato il gruppo del boss Orazio Privitera A

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Mafia, decapitato il gruppo del boss Orazio Privitera A
DIA
Mafia, decapitato il gruppo del boss Orazio
Privitera
A capo dell'organizzazione la moglie, Agata
Balsamo
Martedì 18 Febbraio 2014 - 06:24 di Laura Distefano
CATANIA – Avrebbero il pieno controllo della Piana di Catania, con potere anche nei quartieri Pigno e
Librino, zone a sud del capoluogo etneo. 25 persone, che compongono - secondo gli inquirenti - il gruppo
mafioso del boss dei Cappello - Carateddi, Orazio Privitera, sono finiti in manette. Ad arrestarli gli agenti
della Direzione Investigativa Antimafia di Catania che stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare
in carcere nei confronti di 27 presunti affiliati alla cosca. Due destinatari della misura al momento risultano
irreperibili.
A capo del clan una donna: Agata Balsamo, moglie di Privitera. Con il marito in carcere Tina, così la
chiamano in "famiglia, ha ereditato la reggenza dell'organizzazione assumendone in alcuni casi il ruolo di
leader indiscusso. Perché Tina Balsamo, oltre ad essere la cerniera del marito, detenuto al 41 bis, con
l'esterno e quindi i collegamento diretto per i rapporti con gli affiliati al clan, era colei che avrebbe
detenutola piena gestione degli affari. Imponeva il pagamento delle estorsioni i cui proventi servivano ad
alimentare la cassa comune i cui soldi erano utilizzati anche per le spese legali degli associati e di
conseguenza anche per "sostenere" la detenzione del marito.
Le estorsioni erano imposte - emerge dalle indagini coordinate dalla Dda di Catania - attraverso il metodo
delle “guardianie” nei terreni. Un sistema che serviva anche allo sfruttamento di fondi agricoli da cui
sarebbero stati enormi vantaggi economici frutto del fraudolento accaparramento di erogazioni pubbliche a
fondo perduto da parte dell’A.G.E.A. (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) per oltre un milione e mezzo
di euro.
Gli affari dell’organizzazione decapitata dalla Dia si ramificherebbero in diversi settori criminali. Oltre ai
tradizionali interessi nel traffico droga e nelle estorsioni, il gruppo di Privitera, emerge dall’inchiesta
denominata 'Prato Verde' condotta dal Pm Pasquale Pacifico con il diretto coordinamento del Procuratore
Giovanni Salvi, sarebbe riuscito ad ottenere erogazioni pubbliche inerenti il settore agricolo. Ad alcuni degli
indagati, infatti, è contestato il reato di truffa aggravata. Le estorsioni erano imposte - emerge dalle
indagini coordinate dalla Dda di Catania - attraverso il metodo delle “guardianie” nei terreni. Un sistema
che serviva allo sfruttamento di fondi agricoli da cui sarebbero stati tratti grossi vantaggi economici frutto
del fraudolento accaparramento di erogazioni pubbliche a fondo perduto da parte dell’A.G.E.A. (Agenzia
per le Erogazioni in Agricoltura). La truffa è stata calcolata dalla Dia per un ammontare di oltre un milione e
mezzo di euro. Le imputazioni non finiscono qui, perché oltre all’associazione mafiosa, la Procura ha
scoperto che alcuni affiliati avrebbero intestato alcuni beni e attività a dei prestanome.
Un blitz complesso quello scattato nella notte, che ha portato ad un alto spiegamento di forze, con
l'impiego di oltre 10 agenti della Dia, due elicotteri e diverse unità cinofile. L'operazione che ha riguardato e
toccato diverse province oltre quella etnea: gli arresti sono stati effettuati a Catania, Siracusa, Milano,
Torino e in Germania. In quest’ultimo caso è stata fondamentale la collaborazione con il collaterale
organismo tedesco B.K.A. (Bundeskriminalamt).
Un gruppo ritenuto pericoloso dagli inquirenti anche vista la caratura criminale del boss Orazio Privitera,
detenuto al regime del 41 bis e ritenuto uomo di vertice del Clan Cappello, a cui farebbero riferimento.
Privitera fino al suo arresto, avvenuto nel gennaio del 2010 dopo un periodo di latitanza per essere sfuggito
al blitz Revenge, era considerato il capo indiscusso dei Carateddi, vero e proprio braccio armato della cosca.
Da diversi collaboratori di giustizia è indicato come “uomo d’onore battezzato a Palermo dagli uomini di
Bernardo Provenzano”. Un catanese alla “corte” dei corleonesi, insomma. A Privitera, condannato per
associazione mafiosa e droga, lo scorso anno gli è stata inflitta, con sentenza di primo grado, una pena
all’ergastolo per essere mandante e esecutore di tre omicidi.
Nomi e particolari della delicata indagine saranno illustrati dal direttore della Dia, Arturo De Felice nel
corso della conferenza stampa convocata dal procuratore Giovanni Salvi.