Un libro al mese... toglie il medico di torno
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Un libro al mese... toglie il medico di torno
EDITORIA Un libro al mese... toglie il medico di torno di Moreno Macchi GIANRICO CAROFIGLIO, Il passato è una terra straniera (romanzo), RCS Libri Milano Nato a Bari nel 1961, l’autore è Sostituto procuratore Antimafia nella stessa città. Ha esordito nella narrativa nel 2002 con il romanzo Testimone inconsapevole seguito poi da Ad occhi chiusi. Questa è dunque la sua opera terza. L’attività professionale del Carofiglio spiega forse (anche se siamo lungi dal pensare che nei romanzi si debbano/possano cercare elementi autobiografici, vezzo ancora abbastanza frequente in certa critica letteraria) l’interesse per la trama decisamente poliziesca di uno dei due fili narrativi del romanzo. Certo è che lo scenario della storia è proprio Bari, la città dell’autore, che questi deve conoscere per filo e per segno nei suoi meandri più nascosti e nelle sue più occulte attività.... Ed è qui che si intrecciano le trame delle due storie parallele. Seguiamo quindi da una parte il percorso iniziatico del giovane Giorgio (il primo narratore) che abbandona i suoi pur riuscitissimi studi di giurisprudenza per scoprire le oscure vie tutte in discesa del male, "grazie" ad una particolare e assai ambigua amicizia con Francesco, un prestigiatore/baro professionista dal fascino misterioso e oscuro che seduce sia le donne che gli uomini. L’altra storia (più breve e come incastonata nell’altra) è quella dell’inchiesta del tenente dei Carabinieri Chieti, che indaga su una serie di delitti a sfondo sessuale compiuti da un fantomatico stupratore, raccontata - questa - da un narratore anonimo. Se sommiamo l’eterna rivalità tra le forze di Polizia e il corpo dei Carabinieri, un po’ di giro di droga, quel che ci vuole di sesso (moderato), un pizzico d’avventura, il giusto suspense, un’inchiesta di puro stampo poliziesco e un magistrale colpo fina- le, otteniamo come risultato un ottimo "thriller psicologico" di bell’effetto e di gradevole lettura con sottilissime osservazioni di costume e di società. CARMINE ABATE, Il mosaico del tempo grande (romanzo), Mondadori Esattamente come le tessere di un mosaico o come i tasselli di un puzzle gli uni negli altri con precisione s’incastonano formando disegni ed immagini limpide e godibili per i nostri occhi, così i capitoli del romanzo, organizzandosi pazientemente nella nostra mente e trovando ognuno il suo posto, ricompongono poco a poco le vicende parallele (nello spazio ma non nel tempo) di Antonio Damis e Drita, di Michele (il narratore neolaureato) e della bella Laura (sempre affiancata dal suo fratellino Zef, ammirato ed amato da tutti malgrado il suo caratterino piuttosto “selvatico”) e quella ben più antica del papàs Dhimitri Damis, sorta di patriarca, che fondò una comunità albanese in Calabria dopo la fuga dall’originario villaggio di Hora in Albania, incendiato dagli invasori turchi e dai suoi successori tutti implicati nella ricerca di un fantomatico tesoro... Ricchi di colori, di sfumature e d’avventure, i personaggi sembrano uscire da rare, pregiate icone o da preziose cappelle bizantine e sgranano davanti ai nostri occhi il rosario variegato delle loro intrepide vite. La sottile analisi dei sentimenti dei personaggi e del loro agire che intreccia la storia, è accompagnata da splendide descrizioni delle loro apparizioni (in assolo o in gruppo), quasi come se d’un tratto venissero colti dalla luce di un riflettore e sorgessero dal buio per abbagliarci. Non potremo così scordare quegli sguardi intensi, quegli occhi azzurri come l’acqua del mare quando lambisce la riva, o allora scuri e profondi come fiamma che si cela sotto la cenere, quei visi che rivaleggiano con quelli di santi o di madonne e che sembrano brillar di luce propria come meteore che attraversino la nostra lettura. Di storie di rifugiati, profughi ed emigranti ne abbiamo lette a iosa. Questa ci è sembrata particolarmente bella perché dolce e violenta al tempo stesso, misteriosa e affascinante, sospesa tra racconto, storia e leggenda, trattata poi con stile sicuro e incisivo, che ricorda, qui, i toni dell’epopea, là quelli del romanzo d’amore della migliore tradizione; stile sostenuto da audaci metafore e da tutto l’apparato retorico che deve arricchire l’opera letteraria, nonché da un uso abile e preciso della lingua. Così anche quando i personaggi parlano nel loro antico e per noi strano idioma, ci accorgiamo che – inspiegabilmente - li capiamo benissimo anche senza le famose note a piè di pagina... il dialogo I/07 15