Numero 266 Marzo 2015 - AVA

Transcript

Numero 266 Marzo 2015 - AVA
Periodico d’informazione sulle attività culturali e ricreative
redatto dai Volontari dell’A.V.A. del C.D.A. di V ARESE .
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maaiill [email protected]
Numero 266 Marzo 2015
Ciclostilato in proprio dal Servizio Sociale del Comune di Varese per uso interno.
1
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Copertina: – Forsizie in fiore … è primavera.
Sommario
Redazione e Collaboratori
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1
3
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4
Com. dell’A.V.A Soggiorni 2015 ……………. A.V.A.
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5
Com. dell’A.V.A. Assemblea ordinaria …….. A.V.A.
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6
“
7
La voce ai lettori: Poesie di Chicca ................ Nadia Cecconello (Chicca)
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11
La voce ai lettori: Alburni ............................ Enrico Robertazzi (da Silvana R.)
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12
La voce ai lettori: Una sensazione strana ...... Stefano Robertazzi
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12
La voce ai lettori: qualche consiglio utile ...... A cura di Lucia Covino
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13
“
13
La voce ai lettori: Cecco Beppe – di anonimo Elaborata da Lisa e G. Berengan
“
14
La voce ai lettori: TV di massa, addio? ......... Mario Agostinelli
“
15
La voce ai lettori: Sacro Monte, la via
Ovidio Cazzola
dell’expo .......................................................
“
16
Copertina “Storie di casa nostra”
“
17
Storia della villa Litta Panza Menafoglio ...... A cura di Mauro Vallini
“
18
Varese: Cento anni fa sul lago ghiacciato di
Franco Pedroletti
Ghirla atterra un aereo .................................
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20
L’alpino “Beppe” e il mulo “Grado” ……….. Franco Pedroletti
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22
“
24
Il fontanile della “valèta” ……….................. Giancarlo Elli (ul Selvadigh)
“
27
Eiffel ………................................................. A cura di Giampiero Broggini
“
28
La Tour Eiffel a Parigi ………....................... A cura di Mauro Vallini
“
29
La Bibbia – Antico testamento (9^ parte) ...... Giancarlo Campiglio
“
30
Ma a chi sono dedicate strade e piazze di
Mauro Vallini
Varese? (7^ parte) …………………………..
“
33
Editoriale
Com. del CDI Corsi amatoriali 2.03 – 30.05
La voce ai lettori: Veli fatati .......................
Il figlio del santo della sagra ……….............
A cura di Mauro Vallini
CDI
Carlotta Fidanza Cavallasca
Mauro Vallini
Ivan Paraluppi
Copertina “Saggi, pensieri e riflessioni” Mauro Vallini
“
37
Villa Gaia (Seconda parte) ..............................
Maria Luisa Henry
“
38
Riflessioni di Lidia Adelia ................................
“
41
EXPO Milano 2015 ........................................
Lidia Adelia Onorato
Adriana Pierantoni
“
43
Alimentazione e bomba demografica ............
Ivan Paraluppi
“
46
2
Le catastrofiche conseguenze del miracolo economico degli anni ’60 e ‘70 …………............. Franco Pedroletti
“
48
Una donna super ………..............................
Giovanni Berengan
“
50
L’amicizia ………………………………….
Rosalia Albano
“
51
Azioni d’altruismo ……….............................. Giovanni Berengan
“
52
Oggetti ………............................................. Silvana Cola
“
53
Vecchia sarà lei! ………................................. Laura Franzini
“
54
Ricette di felicità: ricetta per la felicità grande
“
56
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57
Amore frantumato ………………………... Alba Rattaggi
Flamenco ……………………..................... Maria Luisa Henry
“
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“
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L’alba ……………………..........................
“
58
Eternit – ispirazioni dal mio dolore. ............... Luciana Malesani
“
59
Poesie di Giancarlo ....................................... Giancarlo Elli (ul Selvadigh)
“
60
Poesie di Silvana .......................................... Silvana Cola
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61
Dedicata a tutte le donne per l’8 marzo....... A cyra di Mauro Vallini
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Mauro Vallini
“
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Attività svolte dal C.D.I. Pomeriggio musicaMauro Vallini
le alla casa di riposo Cardinal Colombo. ……
“
68
Attività svolte dal C,D,I, Mostra di pittura e,
Giuseppina Guidi Vallini
disegno a Palazzo Estense di Varese ………...
“
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Attività svolte dall’A.V.A. Pomeriggio di festa
per il 24° ......................................................... Giuseppina Guidi Vallini
“
73
Notizie – massime – divagazioni (per ridere) Rosalia Albano
I laghi di Varese …………………………… A cura di Maria Luisa Henry
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La mimosa ……………………………
A cura di Maria Luisa Henry
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Frugando nei cassetti del passato ………….
G. Guidi Vallini – A. Pierantoni
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79
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80
Copertina “L’angolo della poesia”
Copertina “Gocce di scienze”
Giuseppina Guidi Vallini
Mauro Vallini
Lidia Adelia Onorato
Mauro Vallini
Argania spinosa ……………………… …… A cura di Emma Ciocca
Il mondo della natura ................................... Giancarlo Elli (Ul Selvadigh)
Copertina “Rubriche ed avvisi”
Angolino dei nostri amici … mici …………… Giuseppina Guidi Vallini
Vocabolarietto ………………...................... G. Guidi Vallini – M. Vallini
3
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Rosalia ALBANO
Giampiero BROGGINI
Giancarlo ELLI
Maria Luisa HENRY
Franco PEDROLETTI
Miranda ANDREINA
Giancarlo CAMPIGLIO
Laura FRANZINI
Lidia Adelia ONORATO
Adriana PIERANTONI
Giovanni BERENGAN
Silvana COLA
Giuseppina GUIDI VALLINI
Ivan PARALUPPI
Mauro VALLINI
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Mario AGOSTINELLI
Ovidio CAZZOLA
Lucia COVINO
Luciana MALESANI
Stefano ROBERTAZZI
Silvio BOTTER
Nadia CECCONELLO
Luciano DELL’ORTO
Alberto MEZZERA
Carlotta CAVALLASCA
Emma CIOCCA
Giovanni LA PORTA
Silvana ROBERTAZZI
Ringraziamo chi ha voluto contribuire con offerte e, in particolare, Maria – Antonio – Maurizio
– Lidia che insieme hanno offerto 10 € e Fiorella che ha contribuito con 10 €. La somma complessiva è di 20 €. Ci servirà per ottimizzare il nostro servizio.
4
EDITORIALE
A cura di Mauro Vallini
W l’8 Marzo – festa della donna
Stalking: boom di diffide e allontanamenti. Ma le violenze domestiche
aumentano
Dagli ultimi dati del Viminale emerge un bilancio di luci e ombre della legge contro il femminicidio. Da un lato le misure di polizia contro autori di abusi sono quadruplicate, dall'altro sono cresciuti i casi di maltrattamenti tra le mura di casa, di sfruttamento della prostituzione e di pornografia infantile. Rauti: "Le norme da sole non bastano senza una rivoluzione culturale"
Strangola la compagna con un cavo elettrico; arrestato il compagno.
L'omicidio a Vasto Marina, in Abruzzo. L'uomo, in stato confusionale, ha chiamato i soccorsi. Forse un litigio prima dell'aggressione
Trovata morta in casa. L'autopsia: uccisa dopo la lite. Lei registrò le
percosse. Arrestato il marito
E' successo a Fucecchio. La vittima, 50 anni, aveva registrato su un cd uno dei momenti
di violenza domestica che subiva. La si sente implorare: "Basta, basta"
Studentessa uccisa, la mamma dell'assassino sviene in tribunale.
Riprende il processo d'appello per Samuele Caruso, l'assassino di Carmela Petrucci. Il pg
chiede la conferma dell'ergastolo
Uccide la moglie a picconate, arrestato pensionato a Gioia del Colle
(BA)
L'uomo ha colpito violentemente la donna. Ha confessato l'omicidio ai carabinieri
Donna uccisa a Santa Maria Capua Vetere, arrestato un ragazzo di 22
anni.
Il giovane che viene sentito dagli inquirenti è figlio di Antonietta Afieri scomparsa nel giugno del 2012 e trovata il 3 settembre dello stesso anno senza vita.
Tragedia nel salernitano, uomo uccide la moglie poi si suicida.
E' accaduto all'esterno di un impianto sportivo di Campigliano mentre il figlio di dieci anni
della coppia era impegnato in una gara di nuoto. I due si stavano separando
Uccisa a coltellate, confessa l'amante
Il delitto a Morcone in provincia di Benevento. La vittima, un’assicuratrice, secondo gli investigatori stava per rivelare pubblicamente il legame.
E non si tratta di episodi avvenuti nei periodi più bui della nostra storia o in Paesi lontani! Sono tutti episodi recenti e, dalla cronaca, potrei citarne ancora tantissimi.
Gli unici commenti che mi vengono in mante sono “Evviva l’8 di marzo, evviva la Festa
della donna, viva le mimose che si regalano, ma che schifo, che orrore!”
Per cambiare tono e registro, riporto quanto mi è stato fatto avere da parte della Famiglia
Berengan:
Rivolgiamo un vivo ringraziamento alla Signora Maria Luisa Henry per
le belle parole pubblicate su “La Voce” di febbraio nei riguardi di nostra
sorella Antonia recentemente deceduta.
Giovanni ed Annamaria Berengan
5
Comunicazioni dell’A.V.A.
Con il patrocinio del
del:
SOGGIORNI 2015
LOCALITA’
NOSTRI GRUPPI
Rimini Miramare – Hotel Venus ***
Milano Marittima – Hotel Tiffany’s ***
MONTAGNA
Trentino - Andalo – Hotel Angelo ***
Pozza di Fassa – Hotel Meida e res. Anda ***
DAL
AL
Organizzazione Tecnica:
QUOTE
DA €
12/07
23/08
26/07
06/09
Montanari G.M.
Italcamel
725
745
Personal Tour
7Laghi Unitour
790
970
7Laghi Unitour
Personal Tour
Personal Tour
Personal Tour
7Laghi Unitour
7Laghi Unitour
Personal Tour
Personal Tour
7Laghi Unitour
7Laghi Unitour
Sensazione Viaggi
645
790
745
660
860
780
840
27/06
29/06
11/07
12/07
ROMAGNA
Igea Marina - Hotel Francesca ***
Bellaria – Hotel Club Angelini ***
Misano Adriatico – Hotel Sole ***
Viserbella di Rimini – Hotel Baia ***
Bellaria – Hotel Ambasciatori ***
Igea Marina - Hotel Majestic ***
Riccione – Hotel Falco ***
Rimini Miramare – Hotel Soave ***
Bellaria – Hotel Ambasciatori ***
Igea Marina – Piccolo Hotel ***
Rivazzurra di Rimini – Hotel Amstrong ***
01/06
06/06
07/06
10/06
14/06
14/06
05/07
13/06
12/07
06/09
Periodi vari
07/06 - 30/08
14/06
20/06
21/06
20/06
28/06
27/06
19/07
27/06
26/07
16/09
Vari
920
510
Vari
Liguria
Vari (da € 565
7Laghi
in avanti)
Unitour
Per: Laigueglia-Diano Marina-Alassio-Pietra Ligure-Arma di Taggia-San Remo, RIVOLGERSI IN UFFICIO
Andora _ Hotel I Due Gabbiani ***
Periodi vari da 07/01 al 29/09
MARCHE
Senigallia – Hotel International ***
San Benedetto d. Tronto – Hotel President ***
Periodi vari dal 01/06 al
24/08
20/06
04/07
7Laghi Unitour
Vari
Personal Tour
860
PUGLIA
Marina di Ugento – Hotel Club La Giurlita
Marina di Ugento – Hotel Club La Giurlita
14/06
06/09
28/06
20/09
Personal Tour
Personal Tour
1.320
1.150
27/06
06/09
11/07
16/09
Personal Tour
Personal Tour
1.110
760
BASILICATA
Marina di Nova Siri – Villaggio Nova Siri
Marina di Nova Siri – Villaggio Nova Siri
ALTRE LOCALITA’ ITALIANE ED ESTERE (TRA LE QUALI ISCHIA) SONO DISPONIBILI
PRESSO L’UFFICIO TURISMO - VI ATTENDIAMO NUMEROSI
PER INFORMAZIONI O PRENOTAZIONI RIVOLGETEVI ALL’UFFICIO TURISMO A.V.A.
MUNITI DI TESSERA A.V.A. / ANCESCAO VALEVOLE PER L’ANNO IN CORSO N.B. – IL SALDO
VERRA’ EFFETTUATO 30 GIORNI PRIMA DELLA PARTENZA
6
In ottemperanza alle norme statutarie, il Comitato di Gestione dell’A.V.A. di Varese convoca:
ASSEMBLEA ORDINARIA
DEI SOCI 2015
PRESSO LA SEDE SOCIALE DI Via Maspero 20, alle ore 14,00
del 26 marzo in prima convocazione ed
alle ore 15,00 di Venerdì 27 marzo 2015
in seconda convocazione, con il seguente:
Ordine del giorno:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
nomina Presidente e Segretario dell’Assemblea
eventuali ricorsi Soci esclusi
lettura e approvazione verbale Assemblea 2014
relazione morale del Presidente 2014
relazione finanziaria del Tesoriere 2014
relazione del Collegio dei Revisori
discussione e approvazione delle relazioni
inizio votazioni per il rinnovo del Comitato di Gestione e dei Revisori dei
Conti per il triennio 2015/2018
Il Comitato di Gestione
Varese, 24 febbraio 2015
N.B. - Le votazioni per il rinnovo del Comitato di Gestione e dei Revisori dei
Conti per il triennio 2015 / 2018 si terranno nei giorni:
27 marzo sino alle ore 17,30 - 30 e 31 marzo dalle ore 9,30 alle ore
11,30 e dalle ore 14,00 alle 16,00.
Al termine delle votazioni avverrà lo scrutinio e la proclamazione degli
eletti.
7
Comunicazioni del C.D.I.
8
9
10
11
La voce ai lettori
Qualche consiglio utile - dalla rivista
Telesette
Lucia Covino
Per la cura del microonde:
È
essenziale che la tenuta dello sportello del microonde sia stagna, per cui verificare
spesso che lungo le guarnizioni dello sportello non siano rimasti residui di cibo. Pulire
rapidamente il microonde scaldando per due minuti un bicchiere di acqua con un
cucchiaio di bicarbonato o due di aceto. Passare quindi una spugnetta inumidita: lo sporco
verrà via facilmente. Mettere alcuni rametti di timo e delle fette di limone in una tazza con
250 ml. di acqua, fare scaldare l’acqua nel microonde finché bolle; in un battibaleno il forno sarà inondato da un aroma delizioso.
Per la cura dell’argenteria:
Mettere qualche pallina di naftalina nel cassetto in cui si tiene l’argenteria, questo eviterà
che si formi la patina nera su piatti e posate.
Per sgrassare i contenitori dell’olio:
Per pulire e sgrassare i recipienti che hanno contenuto dell’olio, versarvi dei fondi di caffè
freschi, scuoterli a lungo e con energia, quindi sciacquarli con cura e asciugarli per bene.
Veli fatati
C
ome tende ben tese
agganciate tra le nubi
trama e ordito di luce
scendevano
quel mattino
fino al bosco
veli fatati.
Forse custodivano
il pudico risveglio
di alberi e fiori
in quel giorno di sole.
Forse indicavano
vie troppo fragili
per faticose salite
al sempre lontano cielo.
Carlotta Fidanza Cavallasca
12
13
R
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on
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o::
Va bene che c’è la crisi e hanno preso me invece del cane. Ma … MIAO
! cosa si aspettano i miei padroni di mettermi la museruola, portarmi a
spasso per la pipì e darmi di meno da mangiare? Ed io … dovrei scodinzolare dal piacere?
A
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miieeii p
pa
ad
drroon
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14
Amore frantumato
Alba Rattaggi
Le nostre lacrime
Unite, mescolate,
si fondono in rigagnoli
di liquido diamante.
E sopra ci fioriscono
Camelie arabescate.
Sogni già appassiti.
Amore frantumato
15
16
Marzo:
Palazzo dei mesi – Ferrara. L’affresco relativo al mese di marzo, opera di Francesco del
Cossa, rappresenta nelle sue tre parti, in alto il trionfo di Minerva, nella fascia mediana il seIl
"Ciclo
dei mesi"
è sulleepareti
interne
dellaBorso
Torred'Este
Aquila,
facente parte
della cinta
gno
zodiacale
dell’ariete
in quella
inferiore
amministra
la giustizia
e va amuraria
caccittadina
duecentesca di Trento.
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Riissaattee,, S
Sppiiggoollaattuurree
Sezione “Storia di casa nostra”
eedd …
… aanncchhee aallttrroo
17
Sezione “Saggi e Riflessioni”
Sezione “Storie di casa nostra”
Storia della villa Litta Panza Menafoglio.
V
A cura di Mauro Vallini
illa Menafoglio Litta Panza, o Villa Orrigoni Menafoglio Litta Panza, è una villa situata a
Biumo Superiore, oggi un quartiere di Varese. È nota per la sua collezione d'arte contemporanea.
Nel 1748 il marchese Paolo Antonio Menafoglio acquistò dei terreni sul colle di Biumo Superiore,
fece innalzare dei grandi muri perimetrali, che furono in seguito riempiti di terra, e sulla sopraelevata così ottenuta fece erigere la sua villa: un grande
fabbricato a tre piani, a
forma di U, aperto verso un
ampio giardino
all'italiana (con elementi spontanei), quasi sospeso sopra
la città di Varese, unito con
un ponte all'altrettanto sontuoso parco confinante delle Ville Ponti.
L'abitazione era stata essenzialmente
concepita
come una "villa di delizia",
atta cioè non ad essere la
residenza del proprietario,
ma bensì un luogo dove
organizzare ricevimenti ed
eventi mondani. In effetti, lo
spazio riservato alla servitù
era molto ridotto.
La mala gestione delle finanze spinse i Menafoglio, nel 1823, a cedere la villa al patrizio milanese Pompeo Litta Visconti Arese, che a partire dal 1829 diede incarico all’archi-tetto Luigi Canonica di ampliare il fabbricato, probabilmente in vista della sua elevazione al rango ducale (titolo che
gli sarebbe stato conferito nel 1832 dall’imperatore d’Austria Francesco II).
I lavori si protrassero all’incirca tra il 1829 e il 1831. Canonica ricavò dai rustici le nuove scuderie e
le rimesse per le carrozze, determinando un allargamento della piazza di fronte all'ingresso principale del fabbricato (oggi Piazza Litta). Egli disegnò, inoltre, un nuovo fabbricato a un solo piano, a
pianta rettangolare resa ovale scantonando gli angoli per mezzo di colonne, destinato a ospitare la
grande e sontuosa sala da pranzo, noto come “salone impero”.
All’architetto sono ascrivibili molti elementi della sala, inclusi la stufa, il disegno del pavimento, le
consolle e tutti gli elementi di raccordo architettonico. In sostanza, Canonica trasformò la "villa di
delizia" dei Menafoglio in una dimora signorile.
Nel 1956 il nuovo proprietario della villa,
il conte Giuseppe Panza di Biumo, appassionato di arte contemporanea (soprattutto americana), iniziò a raccogliere
nella villa un'ampia collezione di questo
tipo di arte. In particolare invitò celebri
artisti suoi contemporanei a trasformare
alcune stanze della villa (specie nell'area dei Rustici) in altrettante opere d'arte
ambientale: si possono tuttora ammirare
le opere di arte ambientale create, tra gli
altri,
da Dan
Flavin, James
Turrell e Robert Irwin, appositamente per i
18
locali della villa durante il soggiorno degli artisti in casa Panza.
Nella villa vera e propria raccolse invece opere quali tele monocromatiche e sculture minimaliste,
opera degli artisti Phil Sims, David Simpson, Ruth Ann Fredenthal, Max Cole, Maria Nordman, Martin Puryear, Ford Beckman, Ross Rudell, Alfonso Fratteggiani Bianchi, Ettore Spalletti, Lawrence Carroll, Stuart Arends, Allan Graham, Winston Roeth.
In totale sono raccolte cento opere di artisti contemporanei, armoniosamente accostate a preziosi
arredi del XVI-XIX secolo ed esemplari di arte africana e precolombiana. Nel 1996 la villa entrò a
far parte del patrimonio del Fondo Ambiente Italiano, a seguito della donazione dei proprietari Giuseppe e Rosa Giovanna Panza di Biumo che si limitarono a mantenere il secondo piano come loro
abitazione. Il FAI provvide ad effettuare i necessari restauri ed adeguamenti strutturali e, nel 2001,
la villa fu aperta al pubblico. Nel 2013 riceve il certificato d'eccellenza da TripAdvisor.
Giuseppe Panza di Biumo (Milano, 23 marzo 1923 – Milano, 24 aprile 2010) è stato un collezionista d'arte italiano, fra i più importanti dell'arte contemporanea della seconda metà
del Novecento. Dal 1955 al 2010 ha creato una raccolta di oltre duemilacinquecento opere di arte
informale, espressionismo astratto, pop art,minimalismo, arte concettuale, arte ambientale, arte
organica e arte monocroma oggi esposta in alcuni dei principali musei d’arte contemporanea del
mondo. Villa Menafoglio Litta Panza a Varese, la casa nella quale ha vissuto per gran parte della
sua vita e creato la collezione, è oggi uno degli esempi più coerenti della sua visione estetica e
museografica come equilibrio tra architettura, arredi e opere d’arte contemporanee.
Giuseppe Panza di Biumo nasce a Milano da Maria Mantegazza ed Ernesto Panza, impegnato nel
commercio dei vini dell’azienda di famiglia, fondata nel Monferrato dal nonno Alessandro.
Nel 1935 Ernesto Panza acquista Villa Menafoglio Litta a Varese, poi scelto da Giuseppe come
luogo ideale per ospitare la sua collezione di arte contemporanea. Nel 1948 Ernesto Panza muore
lasciando ai figli l’azienda, beni immobili e aree fabbricabili. La ditta paterna viene liquidata a causa di una crisi nel commercio e Giuseppe, laureatosi in giurisprudenza con una tesi sulla filosofia
del diritto, si dedica alla possibilità di nuovi investimenti per valorizzare l’eredità immobiliare paterna.
Nel 1954 parte per New York e da qui intraprende un viaggio attraverso l'America settentrionale fino a Los Angeles che avrà forte influenza sull’elaborazione del suo gusto estetico. Al suo ritorno a Milano, nel 1955, sposa Rosa Giovanna Magnifico e si trasferisce con lei nella casa in corso
di Porta Romana.
Partendo da un capitale ridotto, Giuseppe Panza e la moglie cominciano a collezionare opere
d’arte per la loro casa di Milano. La peculiarità del metodo collezionistico di Giuseppe Panza è la
capacità di identificare una scelta ristretta di artisti e un’acquisizione la più ampia possibile dei loro
lavori per permettere una ricerca in profondità più che una visione panoramica, sostenendoli attivamente nella produzione delle opere.
La raccolta di Giuseppe Panza si sviluppa secondo una visione estetica idealista ed hegeliana dell’arte che si traduce nella scelta di opere prevalentemente astratte e minimaliste in
grado di permettere al fruitore di accedere
alla dimensione dell’infinito e dell’assoluto
attraverso la struttura finita dell’opera.
L’evoluzione estetica del collezionista prende
avvio dal valore espresso dall’opera d’arte
come oggetto all’opera d’arte come ambiente, equilibrio architettonico unitario che permetta la discesa in sé stessi e attivi il meccanismo della percezione. Vero e proprio
mecenate per gli artisti che ha sostenuto e
incoraggiato secondo una precisa visione estetica e pioniere nella scelta di movimenti
artistici al loro nascere, che solo diversi anni
dopo hanno ricevuto la consacrazione da
parte di critica e pubblico, Giuseppe Panza ha fortemente influenzato gli sviluppi della Storia
dell'arte, il gusto collezionistico e la visione museografica in Italia e nel mondo. A partire dagli anni
settanta, la scelta di donare o vendere la collezione per nuclei compatti ad alcuni dei più grandi
musei internazionali, per permetterne una fruizione pubblica, ha specializzato e precisato l’identità
di alcune delle più grandi istituzioni culturali del mondo come il Museum of Contemporary
Art di Los Angeles e il Solomon Guggenheim di New York.
19
Cento anni fa sul lago ghiacciato
di Ghirla atterra un aereo.
È
Franco Pedroletti
il gennaio 1914 e
l’aviazione ha già conquistato i cuori e
l’interesse degli abitanti di
Varese e dintorni. Dal I°
maggio del 1913 in questa
città poi è attiva in campo aeronautico la società “Nieuport
– Macchi” mentre, nella futura
“Provincia
con
le
ali”,
l’opinione pubblica ha anche
trovato un personaggio in cui
riconoscersi, un aviatore che
è riuscito con le sue gesta a
far conoscere e avvicinare la
popolazione al mondo del volo. Ma chi è costui che ha saputo convincere anche i più
dubbiosi sul grande futuro che avrebbe avuto il volo umano? E’ il pilota aviatore Clemente
Maggiora, un piemontese di Castagnole Monferrato ma varesino d’adozione, trapiantato a
partire dall’inizio degli anni ’10 prima a Vizzola Ticino, dove ha conseguito il brevetto di pilotaggio ed è divenuto istruttore presso le officine Caproni, poi dal 1914 alla “Nieuport –
Macchi” con l’incarico di capo pilota collaudatore.
Quando si trasferisce a Varese a lavorare per quest’ultima azienda, il Maggiora è già un
affermato pilota civile, detentore di record d’altezza e noto, soprattutto tra gli addetti ai lavori, per aver effettuato il 3 marzo 1912 il primo decollo ed atterraggio notturno al mondo
nella brughiera gallaratese. La cittadinanza varesina inizia fin da subito a conoscerlo apprezzandone le qualità aviatorie e la temerarietà, soprattutto attraverso i voli e le acrobazie da lui eseguite sulla città, spesso sotto gli occhi increduli della madre.
Da sottolineare che Clemente Maggiora è stato anche protagonista, con il suo apparecchio, della prima manifestazione aerea svoltasi a Varese all’ippodromo delle Bettole nel
marzo del 1913. Ora egli vuole tentare qualcosa ancora di più sbalorditivo, un’impresa aviatoria che per l’epoca ha dell’incredibile: atterrare e ripartire dal lago ghiacciato di Ghirla.
È l’11 gennaio del 1914 e, come relaziona il cronista de “La Cronaca Prealpina” presente
all’evento, questa nuova iniziativa è stata per giorni pubblicizzata così che sulle sponde
del lago ghiacciato si è riunita “una folla varia ed irrequieta, di oltre tremila persone” mentre i pattinatori, scesi in numero veramente straordinario sull’ampio specchio di ghiaccio,
si incrociavano vertiginosamente in attesa del velivolo che li doveva salutare dall’alto, per
poi adagiarsi mollemente in mezzo a loro, sulla crosta cristallina del lago…..Ad un tratto
dall’alto dei monti giunge un grido – eccolo, eccolo -, finalmente sullo sfondo grigio del cielo, si profila la sagoma dell’apparecchio che avanzava veloce.
Le ali del “Roma” (come è stato battezzato il monoplano del Maggiora) trascorrono rapide
sulle teste della folla che accoglie l’apparecchio dell’aviatore con un formidabile scroscio
di applausi, ma questo prosegue oltre il lago, su Ghirla, abbassandosi, poi ritorna e con un
magnifico planè scende sul ghiaccio, mentre i pattinatori fuggono in varie direzioni. In meno di trenta metri l’apparecchio si ferma ed il Maggiora viene strappato quasi dal seggiolino ed abbracciato dai parenti e dagli amici. Poi, accompagnato dal sindaco, cav: Volfrano
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Rossi, e dal signor Carlo Ghisolfi, viene condotto all’Albergo Milano. Qui il Maggiora si lascia intervistare e descrive minuziosamente il suo volo:
“…Sono partito dalla Malpensa mentre cadeva la neve e senza incidenti, solo soffrii per il
freddo intenso che mi aveva irrigidite le membra e reso difficile la manovra, mentre la
nebbia mi aveva impedito di sorvolare il Campo dei Fiori ma non il paese di Induno Olona”. «Un indizio, quest’ultimo,» come scrive sempre il giornalista de “La Cronaca Prealpina”, «sufficiente al Maggiora per insinuarsi tra le gole della Valganna puntando direttamente su Ghirla.»
«Vide i bei paesi sparsi lungo la vallata,
passò e ripassò su di
essi, e poi scese in rapide volute, mentre
giungeva il saluto della
folla.» Erano le 14.45
allorché egli giunse sul
campo; l’accidentato
volo era durato 27 minuti.
La
quota
d’altezza
massima
raggiunta fu di oltre
700 metri. La partenza
dal lago di Ghirla si effettuò in modo regolare alle ore 15.40 mentre la folla che era andata ancora aumentando, scoppiava in un
applauso entusiastico. La brava musica di Cunardo, che aveva già salutato l’aviatore al
suo arrivo, intonava una nuova marcia, mentre l’aeroplano si innalzava a larghi giri per
scomparire poi dietro il Poncione, in direzione Varese. La folla dei buoni valligiani ha ammirato estatica la macchina volante e con non minore curiosità si è riversata in direzione
dell’aviatore, quasi volesse seguire colui che una donnetta aveva chiamato, l’uomo che va
in “Paradiso”. Intanto il Maggiora è impegnato nel pilotaggio dell’apparecchio, giunto sopra
la città di Varese con un altro “splendito planè” atterra all’ippodromo delle Bettole dove lo
attendevano l’aviatore Landini, i parenti e amici che lo avevano seguito su due automobili,
mentre l’apparecchio venne subito smontato.
Si chiude così questa storica impresa compiuta da Clemente Maggiora, della quale non si
sono trovate al momento testimonianze fotografiche.
Il Maggiora continuerà a fare del volo la sua professione fino a sacrificare la propria vita
nel collaudo di un nuovo apparecchio da caccia; è il 16 maggio del 1918 e ha da poco
compiuto trentuno anni. “Tutta Varese lo onora e lo piange il giorno del suo funerale”.
Un personaggio, Clemente Maggiora, che “amava l’aviazione e che aveva una grande fiducia nell’avvenire di questa mobilissima conquista”, le cui spoglie riposano nel cimitero di
Giubiano.
(da note storiche dell’Aermacchi)
.
21
I
Il figlio del santo della sagra
Ivan Paraluppi
proverbi sono la saggezza dei popoli, ed è vero perché sono la sintesi di un vissuto
vero.
Erano i primi di ottobre del 1951, qualche tempo prima di quell’alluvione devastante
del Po’, che ispirò il grande Guareschi, per le sue storie di Don Camillo e Peppone, ed erano gli ultimi mesi che abitai a Breda nella casa dei Binaschi.
Quel mattino ero nel vasto cortile, arrivò lì il Teo Sella, uno sbandato alcolista, vita sola
che abitava in un tugurio al centro del paese, dietro alla bottega del Venerio calzolaio, di
fronte all’osteria del Vilò. Veniva lì spesso dall’Attilio, cercando di rimediare qualche soldo
o un bicchiere di vino.
Il Sella, era un soggetto sopportato in paese, un nullafacente che in
gioventù ebbe anche qualche
problema con la giustizia. Ricordo
che quel mattino l’Arturo Binaschi,
quando arrivò in cortile il Sella,
stava facendo la punta a dei pali
di sostegno per il vigneto con la
scure; il compare gli si avvicinò e
gli disse: “gò al bech sech!, “ al
che l’Arturo gli rispose: “sota al
portach ghe la tromba!” (sotto il
portico c’è la pompa dell’acqua!),
“l’acqua la fa marsir la punta ai
pai”, reclamò il Sella; “tò – gli disse l’Arturo mettendoci in mano un
dieci lire di alluminio – e adess
porta lì savati da n’altra banda”;
era un invito a togliere il disturbo.
Il Sella intascò la moneta e girò i
tacchi, ma c’era nei pressi la moglie del Montorio il meccanico; la
donna assistendo alla scena
commentò: “quel lì l’è un fiol dal
Sant d’la sagra!” (quello lì è un figlio
del Santo della sagra!).
L’etilico che casualmente quel
mattino non era ancora ciucco, sentì, si girò e le disse: “set sicura che i truculin a tò fiola gli ha pagà propria so padar?” (sei sicura che gli zoccolini di tua figlia li ha pagati proprio suo padre?). La donna si bloccò un po’ perplessa, ma poi se ne andò. L’Arturo si fermò per un attimo con la scure a mezz’aria, e con un mezzo sorriso mi chiese: “tu credi
che la meccanica ci abbia capito qualcosa?”, comunque in non avevo capito il discorso
del “figlio del Santo della sagra”, e siccome sono sempre stato curioso, ci rimuginai. I proverbi ed i modi di dire popolari, mi hanno sempre interessato, decisi che al momento opportuno avrei interpellato l’Attilio, lui conosceva detti e storia di tutta la zona sabbionetana.
Dovevo però aspettare perché lui in quei giorni era molto occupato in cantina; stava preparando il vino così detto “crudo”, con un procedimento particolare, vino che consumava
in proprio nei mesi invernali. Ma una sera, al momento giusto chiesi all’Attilio: “cosa vuol
dire essere il figlio del Santo della sagra?, c’è di mezzo il prete?. L’è vera che anca al pret
22
sota la sutana al gà la so campana “, (si è vero che anche il prete sotto la sottana ci ha la
sua campana), ma il figlio del Santo della sagra, è una cosa diversa, mi rispose il saggio;
poi continuò: si è sempre detto così da queste parti, quando l’appartenenza di qualcuno
ad un dato cognome non è considerata
del tutto cristallina. Poi continuò: quando arriva l’autunno, la terra ma anche la
gente dei campi ha voglia di riposo e di
divertirsi, nella bassa arriva il periodo
delle sagre collegate quasi sempre alla
data del Santo protettore del paese. In
armonia con i paesi limitrofi, per non
farsi concorrenza, si indicono le feste
con giostre, banchetti, ed a sera musiche, canti e balli nelle balere e nei cortili, il lambrusco scorre a fiumi, gli uomini
vanno a gara a chi ne beve di più senza
traballare, ed è anche l’occasione per le
donne per farsi un goccetto in allegria,
e una volta tanto di smollarsi un po’; poi
smolla di qua, smolla di là, magari sotto
ad una barchessa o dietro ad una siepe, può anche scapparci un’innocente:
in fondo che male c’è? e così per merito di una strana benedizione, nasceva
qualche “figlio del Santo della sagra”.
Poi in seguito qualche malignaccio faceva i calcoli sui pargoli che nascevano tra la metà di giugno e la metà di luglio, escludendo soltanto i settimini.
Quel giorno l’Attilio era particolarmente in vena di ricordi e racconti sulle storie di vita del
paese e dei suoi abitanti; tra le altre cose mi narrò un fatto gustoso accaduto due o tre
anni prima.
Il Gigio, mi raccontò, era un uomo buono, onesto e lavoratore, ma un po’ gnocco a dirla
tutta. Amava la terra e la sua stalla, non chiedendo altro alla vita e non aveva il coraggio
di guardare dritto negli occhi una donna. Era figlio unico e con i suoi genitori gestiva al
meglio, un bel pezzo di terra di sua proprietà, con stalla ed una comoda casa rurale fuori
dal paese. Logicamente il nostro giovane dalle ragazze del paese era considerato un
buon partito, anche perché era militesente in quanto figlio unico, conduttore di fondo agricolo. La Dolfina era una sana e sveglia ragazzotta di campagna e quando lei per la sagra
del paese adocchiò il buon Gigio, lui ne divenne facile preda, ma una sera, quando la ragazza gli confidò che dopo nove mesi sarebbe diventato papà, lui fu preso dallo sgomento, inforcò la bici e scappò a casa; era impreparato e non sapeva come dire la cosa ai suoi
genitori. La Dolfina aveva tre fratelli molto svelti di mani, che saputa la cosa, un paio di
giorni dopo, un’ora dopo la cena, il Gigio se li trovò in casa; il buon figliolo cercò di cavarsela asserendo che lui non aveva colpa perché aveva fatto tutto la Dolfina, ma evidentemente ai tre non interessava appurare di chi era la colpa, gli rifilarono quattro cazzotti e
poi gli dissero: se in settimana non vieni a sistemare la faccenda, di certo non diventerai
papà. La mamma del Gigio svegliata dal trambusto scese da basso ed il figlio gli raccontò
tutto e lei tagliò una patata a fettine e gliele pose sulla faccia. Nel frattempo era sceso anche il papà che conosciuti i fatti, con tutta calma sentenziò: domani vai dalla ragazza a regolare la faccenda, è un bene crescere in famiglia, abbiamo bisogno di nuova vita, e speriamo che sia maschio! A quel padre non gliene fregava niente che il tramite per rinsanguare la famiglia fosse una ragazza povera, l’importante era che il suo rattrappito figlio
non diventasse una rama secca. Seguì quasi subito il matrimonio con relativa pace tra i
cognati. Tutto proseguì bene nei mesi a seguire, la Dolfina si fece ben volere, era buona,
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laboriosa ed interessata, poi arrivò il grande giorno! Nacque un bimbo bello e sano di
quattro chili, i nonni erano ai sette cieli; però il pargolo già appena nato aveva un bel ciuffino di capelli rossi come la conserva Pasquino di Parma. Il Gigio e tutti i suoi parenti
compresi gli avi ricordati, erano di pelo corvino; invece i parenti della Dolfina erano tutti
rossi, ma solo politicamente, per cui il neopapà iniziò quasi subito a farsi pensieroso, fra
l’altro il bimbo era nato in un mese sospetto, quello detto del “Figlio del Santo della sagra.
Dopo qualche giorno, senza confidarsi con nessuno il Gigio incominciò a controllare, durante feste, assemblee e riunioni, se ci fosse per caso in zona qualche uomo con i capelli
rossi, ma non ne trovò. La domenica stando davanti all’ingresso della cooperativa, si vedeva bene il sagrato della chiesa, e lui controllando a distanza la gente che usciva a mezzogiorno da messa, pensava: vuoi vedere che siccome la Dolfina andava sempre in chiesa, qualche bigottone mi ha fatto fesso? Ma chiome rosse maschili non c’è n’erano nemmeno lì. Con il passare del tempo la cosa si fece sempre più cupa nel cervello del pover’uomo. La Dolfina era ormai alla fine dei quaranta giorni di rispetto previsti per le partorienti, e già da tempo aveva capito che il Gigio non era più lo stesso; un giorno chiese alla
suocera: che cos’ha tuo figlio per essere così aspro? La suocera tentò di metterci una
pezza dicendo che in quel momento c’era tanto lavoro ed una vacca aveva ingoiato col
fieno, un pezzo di filo di ferro, e si dovette mandarla al macello, cosa vuoi; anche Gigio ha
i suoi problemi. Era vero, ma la vacca non c’entrava ed il bubbone stava per scoppiare. In
quei tempi l’assistenza psicologica o l’esame del D.N.A., non si sapeva nemmeno cosa
fossero.
Alla fine il pover’uomo capì che doveva confidarsi con qualcuno, ma poteva comunicare la
sua ambascia a gente del suo entourage, che alla fine l’avrebbero anche deriso? Non era
un’aquila, ma fin lì ci arrivò. Dopo tanto riflettere si convinse che proprio lui, comunista
mangiapreti, doveva chiedere qualcosa a quel pretaccio che aveva celebrato il suo matrimonio riparatore e la sua condanna! Anche se il dogma del silenzio lo sapeva circoscritto
alla sola confessione, lui decise di fidarsi della naturale riservatezza di Don Carlo Paolini.
Decise d’andarci quel pomeriggio agostano verso le due, perché a quell’ora con la canicola che c’era, la gente stava rintanata a riposare; si mise il suo fazzoletto rosso al collo (il
prete doveva pur capire come la pensava), inforcò la bici e si diresse verso il paese. Giunto sul piazzale della chiesa bussò al portone della canonica, uscì quasi subito la mamma
del Don che gli chiese cosa voleva. Devo parlare col prete, le disse il Gigio. Vado a vedere dov’è, intanto lei entri e si porti dentro la bicicletta perché ne hanno rubata una anche
ieri, gli rispose la donna, e poi se ne andò a cercare il Don. Dopo qualche minuto il Prete
scese e fece sedere l’ospite nella cucina alla destra dell’ingresso, chiedendosi cosa volesse mai a quell’ora col caldo che faceva, quell’uomo che non vedeva quasi mai in chiesa. Il nostro uomo, un po’ contratto, iniziò subito l’esposizione del suo profondo disagio, e
concludendo disse: io devo fare qualcosa, non sono disposto a fare il San Giuseppe! Il
Don Carlo, era un uomo alto e segaligno, di colorito pallido di volto che al discorso finale
del Gigio divenne rosso di bile, ed alzandosi dalla sedia gridò in faccia al malcapitato: sì è
vero, tu non sei San Giuseppe, sei soltanto un cretino! Ci sono quaranta gradi all’ombra e
vieni qui con un fazzolettone rosso al collo, partecipi a tutte le manifestazioni rosse, quando canti bandiera rossa ti sentono fino a Commessaggio, sei rosso fino al midollo e poi ti
meravigli che il buon Dio ti abbia mandato un figlio rosso? Razza d’un deficiente , non sai
che madre natura va a pescare i suoi soggetti indietro nel tempo fino a sette o più generazioni? E adesso vattene perché ho da fare. Il Gigio in quel momento si sentì sepolto sotto
una valanga di sterco, senza nemmeno salutare si mise il cappello, salì in bicicletta e partì, ma pedalata per pedalata si sentì sempre meglio, quando imboccò l’ultima stradina polverosa verso casa, il suo incubo era completamente scomparso. Forse il Don, qualche ora
dopo, quando prese in mano il breviario, chiese perdono a Gesù per essere stato così acido con il Gigio, ma poi pensò: con uno così, cosa potevo fare?
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Ma a chi sono dedicate strade
e piazze di Varese? (7^ parte)
Mauro Vallini
Cassiodoro
Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore (latino: Flavius Magnus Aurelius Cassiodorus Senator; Scolacium1, 485 circa – Scolacium, 580 circa) è stato un politico, letterato e storico romano, che
visse sotto il regno romano-barbarico degli Ostrogoti e successivamente sotto l'Impero Romano d'Oriente. Visse un'importante carriera politica sotto il governo di Teodorico il Grande (493-526), ricoprendo ruoli tanto vicini al sovrano da far pensare in passato ad un effettivo contributo diretto al progetto
del re ostrogoto. Al termine della guerra gotica si stabilì in via definitiva a Squillace, dove fondò il monastero di Vivario con la sua biblioteca.
[Via Cassiodoro è una traversa di Viale Borri di fronte alla Prealpi]
Gian Battista Castelli
Castello Giovanni Battista, detto il Bergamasco. - Figlio di Giovanni Maria, nacque a Gandino (Bergamo) verso la fine del sec. XV morì “in età di anni 80, come dal suo deposito in Madrid” Fu pittore e architetto. . La prima notizia documentata che abbiamo della presenza dell’artista a Genova si trova soltanto nel 1552, anno in cui è console dell’arte dei pittori insieme con Nicolò Vespasiano A questa data
aveva con tutta probabilità già eseguito gli affreschi di Bergamo: nella cappella Colleoni (distrutti nel
sec. XVIII per far posto agli affreschi del Tiepolo); nell’oratorio del Gesù a S. Maria delle Grazie (il Cristo portacroce della lunetta esterna, oggi all’Accademia Carrara); nella casa Lanzi a Gorlagó (le Storie
di Ulisse del salone, oggi nel palazzo della prefettura di Bergamo). Dalla fine del sesto decennio in poi
il C. lavora a Genova a pieno ritmo. Nel 1567 si trasferisce in Spagna Alla corte di Spagna, dove giunse con un’équipe di stuccatori e doratori, i compiti del C., come al solito molto vasti, prevedevano opere
di pittura e preparazione di “trazas y modelos” per il monastero dell’Escorial e le residenze reali di El
Pardo, Madrid, Segovia, Aranjuez e Toledo (Madrid, Arch. del palazzo reale, Reales Cedulas, III, f. 67;
pubbl. parzialm. in Ponz). In pratica sappiamo che fu attivo soprattutto all’Alcázar di Madrid e in particolare nella “torre nueva”, dove diresse nel 1569 la decorazione architettonica e pittorica di vari ambienti
(successivamente distrutti da un incendio). Il C. morì improvvisamente a Madrid il 3 giugno 1569.
[Via G.B. Castelli è a Bregazzana]
Nicostrato Castellini
Nicostrato Castellini (Rezzato, 1829 – Vezza d'Oglio, 4 luglio 1866) è stato un patriota italiano. Frequentò il liceo a Brescia poi si trasferì a Milano. Era stato combattente nel 1848 a Rezzato, durante
le dieci giornate di Brescia, in Val Camonica e ferito a Morazzone. Partecipò alla difesa di Venezia del 1849. Nel 1860 fu alla campagna nell’Italia meridionale, con la seconda spedizione di Giacomo
Medici, a sostegno della spedizione dei Mille distinguendosi per valore nella presa di Milazzo, nella battaglia del Volturno, Nel 1862 seguì Garibaldi nella giornata d'Aspromonte. Fondò un ente di beneficenza per i reduci garibaldini. Allo scoppio della terza guerra di indipendenza del 1866 si arruolò volontario nel Corpo Volontari Italiani di Garibaldi, sempre con il grado di maggiore comandante il 2º Battaglione dei Bersaglieri milanesi, uno dei pochi reparti prontamente operativi per la campagna e fu perciò il primo ad essere impiegato nelle operazioni. Si distinse il 25 giugno nella Battaglia di Ponte Caffaro, ove comandò lo schieramento garibaldino, ma morì, il 4 luglio, negli scontri con gli austriaci durante
la Battaglia di Vezza d'Oglio
[Via N. Castellini è a Casbeno ed unisce via Daverio con viale Piero Chiara]
Mario Castoldi
Mario Castoldi (Zibido San Giacomo, 26 febbraio 1888 – Trezzano sul Naviglio, 31 maggio 1968) è
stato un ingegnere italiano, importante progettista aeronautico.
Dopo la laurea lavora alla Direzione Tecnica dell’Aviazione militare L'anno 1922 lo vede approdare alla Nieuport Macchi. Ben presto inizia a progettare una fortunata serie di idrocorsa Macchi
M..33, Macchi M..39, Macchi M..52, Macchi M..67 che lo porterà al suo capolavoro, il Macchi M.C.72 a
lungo detentore del record di velocità.
1
Squillace, sulla costa ionica della Calabria, deve il suo nome attuale all'antica Scolacium.
25
Si occupò per la stessa ditta anche della progettazione di idrovolanti di maggiori dimensioni come
il Macchi M.C.94, Macchi M.C.99, Macchi M.C.100.
Passa poi alla progettazione di una famiglia di caccia che si riveleranno essere tra i migliori velivoli italiani della seconda guerra mondiale, dal suo tavolino da disegno prendono vita il Macchi M.C.200,
il Macchi M.C.202, il Macchi M.C.205, il Macchi M.C.206, tutti caccia aerodinamicamente ottimi, molto
manovrabili e dotati di una ridotta corsa di decollo.
Nei report alleati del tempo si fa menzione del Castoldi come uno dei migliori progettisti al mondo di velivoli. Nel 1945 si dimise da qualunque incarico ritirandosi a vita privata.
[Via Castoldi unisce via Crispi con via Silvestro Sanvito]
Nuccia Casula
Partigiana nata a Varese nel 1921 e uccisa nel 1944. Ex studentessa del Liceo Cairoli, nonostante la
sua giovane età, appena 22 anni, non esitò a schierarsi con il padre e il fratello accanto ai partigiani
nella battaglia del San Martino. Portò avanti i suoi ideali anche quando fu costretta a trasferirsi a Piacenza, dove fu uccisa per mano dei fascisti durante un rastrellamento sugli Appennini Emiliani.
[Via Casula costeggia le ferrovie nord da P.le Trento a Via Adamoli]
Alfredo Catalani
Alfredo Catalani (Lucca, 19 giugno 1854 – Milano, 7 agosto 1893) è stato un compositore italiano.
Apparteneva a una nota famiglia di musicisti ed era figlio di un maestro di musica (allievo di Giovanni
Pacini), dal quale ebbe i primi insegnamenti. La madre, invece, era direttrice di un collegio.
Nel 1891 venne ultimata la stesura de La Wally, che sarà rappresentata alla Scala di Milano il 20 gennaio dell'anno successivo con buon esito. Quest'opera (l'ultima del compositore) testimonia palesemente un nuovo stile, apre la via a Giacomo Puccini e rimane fondamentale nell'evoluzione della musica lirica italiana.
[Via Catalani è una traversa di Viale Borri, parallela a Via Tamagno]
Carlo Cattaneo
Carlo Cattaneo (Milano, 15 giugno 1801 – Lugano, 6 febbraio 1869) è stato un patriota, filosofo, politico federalista, linguista e scrittore italiano. Di formazione illuminista e positivista, ebbe un ruolo
determinante nelle cinque giornate di Milano del 1848.
Cattaneo e i suoi amici parteciparono e contribuirono alle cinque giornate di Milano. Ma dopo di esse,
Cattaneo rifiutò l'intervento piemontese, perché considerava il Piemonte meno sviluppato della Lombardia e lontano dall'essere democratico. Cattaneo fu presidente del Consiglio di guerra di Milano, che governò insieme al Governo provvisorio fino alla caduta della città e al ritorno degli austriaci.
In seguito alla conclusione dei moti del 1848-1849 il Cattaneo riparò in Svizzera e si accasò definitivamente a Castagnola, quartiere di Lugano, nel villino di caccia dell'avvocato liberale radicale Pietro Peri.
Nel 1860 andò a Napoli per incontrare Garibaldi, ma poi tornò in Svizzera, perché deluso dall'impossibilità di formare una confederazione di repubbliche.
Morì nel 1869 a Lugano, e pur essendo più volte eletto in Italia come deputato del Parlamento dell'Italia
unificata, rifiutò sempre di recarsi all'assemblea legislativa per non giurare fedeltà ai Savoia. Il suo corpo giace nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano accanto a illustri concittadini come Alessandro Manzoni e Carlo Forlanini
Cattaneo viene ricordato per le sue idee federaliste impostate su un forte pensiero liberale e laico.
All'alba dell'Unificazione italiana, Cattaneo era fautore di un sistema politico basato su una confederazione di stati italiani sullo stile della Svizzera. Egli, infatti, avendo stretto amicizia di vecchia data con
politici ticinesi come Stefano Franscini, aveva ammirato nei suoi viaggi l'organizzazione e lo sviluppo
economico della Svizzera interna che imputava proprio a questa forma di governo.
[Via C. Cattaneo è in centro e unisce via Vetera con Piazza Carducci]
Gaio Valerio Catullo
Gaio Valerio Catullo (in latino: Gaius Valerius Catullus; Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.) è stato un
poeta romano.
Gaio Valerio Catullo proveniva dalla Gallia Cisalpina e nacque precisamente a Verona nella Venetia et
Histria.
San Gerolamo, studioso che si era occupato di molti autori latini, pone l'87 a.C. e il 57 a.C. rispettivamente come data di nascita e di morte e specifica che appunto egli morì alla giovane età di trent'anni,
ma non se ne conosce la causa. Tuttavia, poiché nei suoi carmi vengono accennati avvenimenti che
riportano all'anno 55 a.C. (come l'elezione a console di Pompeo e l'invasione della Britannia da parte
26
di Cesare), si è maggiormente propensi a ritenere che egli sia nato nell'84 e morto nel 54 a.C., dato per
certo il fatto che sia morto a trent'anni. Apparteneva a una famiglia agiata. Stando a quanto racconta Svetonio, il padre ospitò Q. Metello Celere e Giulio Cesare in casa propria al tempo del loro proconsolato in Gallia.
Trasferitosi nella Capitale si suppone intorno al 61-60 a.C., cominciò a frequentare ambienti politici, intellettuali e mondani, conobbe personaggi influenti e conosciuti dell'epoca.
Con una stretta cerchia d'amici letterati fondò un circolo privato e solidale per stile di vita e tendenze
letterarie. Durante il suo soggiorno prolungato a Roma ebbe una relazione travagliata con la sorella del
tribuno Clodio, tale Clodia. Viene soprannominata nei carmi con lo pseudonimo letterario Lesbia in riferimento alla grandezza della grande poetessa greca d'amore Saffo dell'isola di Lesbo. Lesbia, che aveva una decina d'anni più di Catullo, viene descritta dal suo amante, non solo graziosa ma anche colta,
intelligente e spregiudicata. La loro relazione alternava periodi di litigi e di riappacificazioni ed è noto
che l'ultima lettera che Catullo scrisse all'amata fu del 55 o 54 a.C., proprio perché in essa viene citata
la spedizione di Cesare in Britannia. Catullo si allontanò varie volte da Roma per trascorrere del tempo
nella villa paterna a Sirmione, sul lago di Garda, luogo da lui particolarmente apprezzato e celebrato
per il suo fascino ameno, ma anche perché situato nella sua terra di origine.
Catullo non partecipò mai attivamente alla vita politica, anzi voleva fare della sua poesia un ludus (un
gioco) fra amici, una poesia leggera e lontana dagli ideali politici tanto osannati dai letterati del tempo.
[Via Catullo è a Sant’Ambrogio e congiunge via Ausonio con via Baraggia]
Guido Cavalcanti
Guido Cavalcanti (Firenze, intorno al 1258 – Firenze, 29 agosto 1300) è stato un poeta italiano del
Duecento.
Guido Cavalcanti, figlio di Cavalcante dei Cavalcanti, nacque a Firenze intorno all'anno 1258 in una
nobile famiglia guelfa che nel1260 fu travolta dalla sconfitta di Montaperti. Sei anni dopo, in seguito alla
disfatta dei ghibellini nella battaglia di Benevento, i Cavalcanti riacquistano la preminente posizione sociale e politica a Firenze. Nel 1267 a Guido fu promessa in sposa Bice, figlia di Farinata degli Uberti,
capo della fazione ghibellina. Da Bice, Guido avrà i figli Tancia e Andrea.
Nel 1280 Guido è tra i firmatari della pace tra guelfi e ghibellini e quattro anni dopo siede nel Consiglio
generale al Comune di Firenze insieme a Brunetto Latini e Dino Compagni.
Il 24 giugno 1300 Dante Alighieri, priore di Firenze, è costretto a mandare in esilio l'amico nonché maestro Guido con i capi delle fazioni bianca e nera in seguito a nuovi scontri. Cavalcanti si reca allora
a Sarzana e si pensa che fu allora che scrisse la celebre ballata Perch'i' no spero di tornar giammai. Il
19 agosto gli è revocata la condanna per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute (ha forse contratto
la malaria). Il 29 agosto muore, pochi giorni dopo essere tornato a Firenze, probabilmente di malaria
che aveva preso in esilio. È ricordato - oltre che per i suoi componimenti - per essere stato citato
da Dante (del quale fu amico assieme a Lapo Gianni) nel celebre nono sonetto delle Rime Guido, i'vorrei che tu, Lapo ed io. Dante lo ricorda, anche, nella Divina Commedia (Inferno, canto X e Purgatorio,
canto XI) e nel De vulgari eloquentia, mentre Boccaccio lo cita nel Commento alla Divina Commedia e
in una novella del Decameron.
[Via Cavalcanti è la prosecuzione di via Dante Alighieri in prossimità di viale XXV aprile]
Felice Cavallotti
Felice Carlo Emanuele Cavallotti (Milano, 6 ottobre 1842 – Roma, 6 marzo 1898) è stato un politico,
poeta, drammaturgo e patriota italiano, fondatore, insieme ad Agostino Bertani, dell'Estrema sinistra
storica, movimento attivo tra il 1877 e l'avvento del Partito Radicale Italiano (1904). Fu soprannominato
"il bardo della democrazia". Volontario garibaldino in gioventù, benché la sua fama sia oggi molto inferiore a quella di Mazzini e Garibaldi presso il grande pubblico, all'epoca era considerato il vero erede
politico dei due eroi del Risorgimento. Politico idealista e appassionato, combatté molte battaglie per
la giustizia sociale e una società autenticamente libera, oltre che contro la corruzione e
il colonialismo della classe dirigente crispina. Cavallotti fu considerato il capo incontrastato
dell'"Estrema sinistra" nel parlamento dell'Italia liberale pre-giolittiana. Morì tragicamente a 56 anni, dopo essere stato ferito gravemente in duello dal giornalista conservatore Ferruccio Macola.
Oratore efficace, l'opera poetica di Cavallotti è invece considerata più significativa per l'aspetto politico
che per la qualità letteraria, ed è principalmente di ispirazione civile e sociale, e in parte anche lirica,
simile alla poesia carducciana per quanto riguarda la forma metrica tradizionale. La maggioranza delle
sue opere poetiche sono scritte infatti secondo la metrica classica
o in mare.
[Via Cavallotti è in centro e congiunge via Vetera con via Cattaneo]
27
Camillo Benso conte di Cavour
Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella, noto semplicemente come conte di Cavour o Cavour (Torino, 10 agosto 1810 – Torino, 6 giugno 1861), è stato
un politico e imprenditore italiano.
Fu ministro del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852, capo del governo dal 1852 al 1859 e dal 1860 al
1861. Nello stesso 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia, divenne il primo presidente del Consiglio dei ministri del nuovo Stato, e morì ricoprendo tale carica.
Fu protagonista del Risorgimento come sostenitore delle idee liberali, del progresso civile ed economco, dell'anticlericalismo, dei movimenti nazionali e dell'espansionismo del Regno di Sardegna ai danni
dell'Austria e dello Stato Pontificio.
In economia promosse il libero scambio, i grandi investimenti industriali (soprattutto in campo ferroviario) e la cooperazione fra pubblico e privato. In politica sostenne la promulgazione e la difesa dello Statuto albertino. Capo della cosiddetta Destra storica, siglò un accordo (Connubio) con la Sinistra di Urbano Rattazzi, con la quale realizzò riforme senza l’appoggio delle ali estreme del parlamento. Contrastò apertamente le idee repubblicane di Giuseppe Mazzini e spesso si trovò in urto con Giuseppe Garibaldi della cui azione temeva il potenziale rivoluzionario.
In politica estera coltivò con abilità l'alleanza con la Francia grazie alla quale, con la seconda guerra di
indipendenza, ottenne l'espansione territoriale del Regno di Sardegna in Lombardia.
Benché non avesse un disegno preordinato di unità nazionale, riuscì con successo a gestire gli eventi
(annessioni del Granducato di Toscana, dei ducati di Modena e Parma e del Regno delle Due Sicilie)
che portarono alla formazione del Regno d'Italia.
[Via Cavour è in centro e unisce via Vittorio Veneto con via Dandolo]
Benvenuto Cellini
Benvenuto Cellini (Firenze, 3 novembre 1500 – Firenze, 13 febbraio 1571) è stato uno scultore, orafo, scrittore, argentiere e artista italiano, considerato uno dei più importanti artisti del Manierismo2.
Il padre, Giovanni Cellini, figlio di un muratore, era suonatore e costruttore di strumenti musicali.
Benvenuto fu chiamato così perché il padre si aspettava una figlia. Il padre inizialmente cercò di indirizzarlo verso una carriera da musico, ed il giovane Benvenuto ne possedeva anche le doti, in particolare nel flauto e nel canto.
Di carattere violento, ebbe per tutta la vita problemi con la giustizia (fu autore di tre omicidi, di cui uno
per vendicare il fratello Cecchino) e nel momento in cui il re Francesco I di Francia lo chiamò presso di
sé, era incarcerato in Castel Sant'Angelo. Anche in Francia si trovò protagonista di liti e risse. Nel 1557
Cellini fu condannato per sodomia, denunciato da una sua modella, a quattro anni di carcere, commutati poi in quattro anni di arresti domiciliari, durante i quali scolpì il Crocifisso ora all'Escorial di Madrid e
iniziò la stesura della celebre autobiografia, La Vita, a cui lavorò per 8 anni e che contiene gli avvenimenti della sua vita sino al 1562.
Poliedrico artista, con la sua lingua ficcante, diretta e schietta riuscì a prendere parte anche nella letteratura italiana. Se ne ha un bell'esempio nella Vita, autobiografia scritta tra il 1558 e il 1566, nove anni
prima della morte dell'autore, che oltre ad essere un diretto documento sulla vita di uno dei maggiori
artisti del XVI secolo può essere considerata come uno dei massimi capolavori di narrativa.
[Via Cellini è una traversa di Virgilio a Sant’Ambrogio.]
2
Il manierismo è una corrente artistica prima italiana e poi europea del XVI secolo. La definizione di manierismo ha subito varie oscillazioni nella storiografia artistica, arrivando, da un lato, a comprendere tutti i fenomeni
artistici dal 1520 circa fino all'avvento dell'arte controriformata e del barocco, mentre nelle posizioni più recenti si
tende a circoscriverne l'ambito, facendone un aspetto delle numerose tendenze che animarono la scena artistica
europea in poco meno di un secolo.
28
Sezione “Saggi e Riflessioni”
VILLA GAIA 2^ parte
Romanzo giallo di Maria Luisa Henry
CAP. 4
Arrivato al commissariato, l’ispettore Giuliani disse alla signora Guidi:
< Telefoni al suo avvocato, per il momento la teniamo in custodia cautelare in attesa del suo arrivo, voglio
però avvisarla che ormai è tardi e che fino a domani mattina non potrà venire >
La accompagnarono in una cella dove una brandina l’aspettava per la notte; le diedero un fugace
pasto e la porta si chiuse.
Lavinia Guidi camminò a lungo avanti e indietro nella piccola cella; mille pensieri si accavallavano
nella sua mente: “dove ho sbagliato” si domandava, e più ci pensava e più diventava furiosa. Alla
fine, stremata, si abbandonò sulla brandina, mentre lacrime di rabbia le rigavano il viso.
Passarono molte ore prima che un sonno liberatorio la facesse addormentare.
Alle 6 fu svegliata da una sorvegliante che le portò la “colazione”.
Poi…silenzio. Solo il tormento della reclusione era in sua compagnia, ma con astuzia cominciò a
prepararsi mentalmente per dare delle risposte valide per confermare la sua “innocenza”. Soprattutto, si disse, doveva essere credibile agli occhi del suo avvocato.
Erano le 10 quando fu portata nella sala degli interrogatori.
L’avvocato Giulio Bonfanti le andò incontro e la fece accomodare vicino a lui, mentre dal lato opposto del tavolo si sistemarono l’ispettore Giuliani con i suoi agenti Paoli e Mancuso.
L’avvocato chiese:
< Di cosa è accusata la mia cliente? >
L’ispettore rispose: < Di omicidio >
Furiosa la donna disse:
< Non è vero, non avete alcuna prova, sono innocente! >
L’avvocato intervenne, consigliando alla signora Guidi di non proferire alcuna parola e che ci avrebbe pensato lui a toglierla dai pasticci difendendola. Rivolgendosi all’ispettore chiese:
< Avrà senz’altro un rapporto ben dettagliato di tutti gli avvenimenti e le prove per cui vi ritenete
sicuri della colpevolezza della mia cliente e che la coinvolgano in prima persona. Vorrei cortesemente una copia per meglio studiare tutti i particolari, per meglio provare la sua innocenza >
< Senz’altro, rimandiamo l’interrogatorio a quando lei avrà esaminato tutta la documentazione >
L’ispettore chiamò la sorvegliante:
< Riporti in cella la signora >
Si alzarono tutti, e mentre la signora Guidi veniva ricondotta nella cella, l’avvocato fu accompagnato nell’ufficio dell’ispettore dove gli vennero consegnate le fotocopie richieste; dopodiché si salutarono.
Con assoluto tempismo o telepatia che fosse, telefonò il signor Moretti:
< Allora ispettore, niente di nuovo? >
< Lei, o mi legge nel pensiero o è un chiaroveggente; sì, ci sono novità, e che novità! >
< Sono ansioso di sapere, la prego mi dica >
< Ho arrestato la signora Guidi >
< Davvero? Mi dica come mai! >
< Non per telefono. Se è così curioso, venga al commissariato e le racconterò >
< Va bene nel pomeriggio verso le 15? >
< L’aspetto >.
L’ispettore guardò l’ora, erano le 11,30, non troppo tardi per andare dal giudice Lanfranchi per richiedere un atto di perquisizione da eseguire nell’abitazione della signora Guidi.
Si recò nello studio del giudice spiegando la situazione.
Ottenuto l’atto firmato, si concesse una pausa: uscì dal commissariato e si diresse alla solita trattoria.
Come lo videro entrare gli chiesero: < Il solito, ispettore? >
< Sì, grazie >.
29
La trattoria era specializzata in cucina casalinga e tradizionale; in particolare il loro piatto forte era
la trippa alla milanese, una squisitezza, e quando poteva, l’ispettore ne faceva una scorpacciata, il
tutto annaffiato da un buon vino. Quando ritornò al commissariato, lo attendeva già il signor Moretti.
< Ragioniere, non ha perso tempo, ma ha mangiato? >
< Sì… si, ero ansioso di essere messo al corrente degli ultimi sviluppi >
Entrarono in ufficio e l’ispettore raccontò quanto era successo e che stava recandosi, con i suoi
agenti, all’abitazione della signora Guidi per la perquisizione:
< Vuole per caso unirsi a noi? >
< Sarebbe fantastico! >
L’ispettore chiamò l’agente Paoli e Mancuso e tutti e quattro si avviarono.
Una volta giunti sul posto, l’ispettore diede disposizione agli agenti di perquisire tutta la casa:
< Mi raccomando, guardate da tutte le parti, anche sotto i tappeti se è il caso, ma lasciate ogni cosa al suo
posto >
< Ma in particolare, cosa dobbiamo cercare? >
< Non è la prima volta che fate questo lavoro! Cercate tutto ciò che potrebbe essere utile per l’indagine!
Ah,questa sala la controllo io >
E così fece quando, il signor Moretti disse:
< Mi permette una parola? >
<Ma certamente >
< Non vorrei essere indiscreto, ma io credo che se c’era qualcosa di compromettente, la signora
Guidi avrà voluto disfarsene e non nasconderla in casa; penso piuttosto che, dal momento che si
stava accingendo a partire, forse voleva portare via qualcosa che potesse incriminarla, quindi sarebbe meglio incominciare dalle valigie! >
L’ispettore, sorpreso per l’intuizione avuta dal ragioniere, richiamò gli agenti dicendo:
< Il signor Moretti ha dato un suggerimento molto logico: controlliamo prima le valigie >
Furono messe sul tavolo della sala, ma constatarono che erano chiuse.
< Ed ora cosa facciamo? > chiesero gli agenti!
< Bisogna aprirle a tutti i costi, non possiamo perdere tempo per richiedere il permesso di controllare fra le
cose depositate in custodia dalla signora Guidi >
Si intromise il signor Moretti:
< Ispettore, se mi garantite che non avrò grane, posso provare ad aprirle >
< Non mi dica, tra le tante sue passioni, ha anche questo hobby? >
< Beh, alcune volte ci riesco assai bene! >
< E allora cosa aspetta? Mi prendo ogni responsabilità per “l’apertura” delle valigie >
Il ragioniere si mise al lavoro sotto gli occhi stupefatti dell’ispettore e dei suoi agenti. Con un piccolissimo arnese, che teneva sempre con sè, fece scattare le serrature.
< Voilà!> , disse soddisfatto.
Controllarono prima la valigia grande: conteneva effetti personali, biancheria, indumenti e scarpe.
Passarono alla seconda valigia e…sorpresa: c’era una mantella nera, un cappello floscio, dei
guanti e un paio di scarpe, tutto doverosamente nero.
C’era anche un fazzoletto tutto stropicciato dove si notavano alcune macchie scure, poteva essere
benissimo del sangue rappreso.
< Ragioniere, lei mi stupisce sempre più, ha indovinato anche questa volta! >
Così detto l’ispettore richiuse la valigia con gli indizi trovati da portare in laboratorio per farli esaminare con estrema urgenza, quindi si affrettò a ritornare al commissariato.
Il signor Moretti, con aria soddisfatta, ritornò a casa dove lo aspettava con impazienza il suo cane.
Bruto volle uscire subito per i suoi bisogni fisiologici: ogni pianta era sua, poi, calmatosi, ritornò a
casa con il suo padrone.
Due giorni dopo squillò il telefono in casa Moretti:
< Pronto >
Un eccitatissimo ispettore disse:
< Ragioniere, abbiamo fatto centro, il laboratorio ha confermato che le macchie sul fazzoletto è sangue, e indovini di che gruppo è…>
< Ma senz’altro del gruppo della povera signora Gaia! >
< Ancora una volta la sua intuizione è esatta, voglio congratularmi e ringraziarla per il suo valido contributo nelle indagini >
< Ma le pare, sono io che la ringrazio per avermi coinvolto e permesso di partecipare >
30
< Ne sono immensamente felice! Vorrei inoltre invitarla al commissariato per domani mattina alle ore 10: ci
sarà l’interrogatorio della signora Guidi con il suo avvocato; io, insieme all’agente Paoli e Mancuso come testimoni, porterò le prove d’accusa a carico della donna >
< Verrò senz’altro, non voglio perdermi questa puntata, e grazie per l’invito >
< Bene, arrivederci a domani!
Chieda all’agente di custodia di indicarle la sala degli interrogatori >
CAP. 5
Tutti erano presenti all’ora stabilita.
L’ispettore cominciò a chiedere all’avvocato Bonfanti se si era documentato e se la sua cliente aveva qualcosa da dichiarare. L’avvocato rispose che sì, aveva letto attentamente il fascicolo consegnatoli, ma la sua cliente confermava la sua innocenza e, fermamente, la credeva anche lui.
< Su quali basi fondate le vostre accuse? >
L’ispettore, in risposta, diede ordine ai suoi agenti di fare vedere il materiale trovato a casa della
donna e rivolgendosi direttamente alla stessa disse:
< Signora Guidi, mi vuol spiegare perché questi vestiti, mantella, pantaloni, golfino, cappello, guanti e scarpe, tutti regolarmente neri, oltre ad un fazzoletto con macchie presumibilmente di sangue, erano nella valigia che lei aveva già messo nel baule della sua auto e stava accingendosi a partire? >
La signora Guidi non rispose.
< Signora Guidi, ritengo che il vestiario testé esposto, sia quello che lei indossava la sera in cui fu
assassinata la signora Gaia Della Valle! >
Anche questa volta la signora Guidi non rispose.
< Avvocato, faccia rispondere la sua cliente! >
Improvvisamente una giovane donna entrò impetuosamente seguita da un agente tutto trafelato
che disse:
< Mi scusi ispettore, non sono riuscito a trattenerla! >
< Va bene, vada pure >
Rivolgendosi poi alla nuova venuta chiese:
< Dunque, si qualifichi e spieghi questa sua intrusione >
Stava per rispondere, quando la signora Guidi, quasi urlando, rivolgendosi alla giovane donna con
disperazione disse:
< No…no…ti prego…no! >
Ormai era troppo tardi, non poteva tirarsi indietro e con voce ferma rispose:
< Mi chiamo Lara Guidi, sono sua figlia, non posso far accusare mia madre per un omicidio che
non ha commesso. La signora Gaia l’ho ammazzata io >
Restarono tutti scioccati dalla dichiarazione della giovane donna.
La signora Lavinia Guidi scoppiò in lacrime, abbandonando quell’aria di sicurezza; nascose il viso
fra le mani mentre un tremore la percuoteva in tutto il suo essere.
L’ispettore, riavutosi dalla sorpresa, si rivolse a Lara:
< Cosa l’ha indotta a una simile atrocità? >
< Odiavo quella donna, aveva portato via il posto che aspettava da sempre a mia madre che, dopo tanti anni di servizio presso il conte Della Valle, è stata ingiustamente mandata via.
Per troppo tempo ho visto piangere mia madre, finalmente ho fatto giustizia! >
E mentre pronunciava queste parole, il suo viso era invaso da un ghigno perverso e i suoi occhi
mandavano lampi di soddisfazione.
< Conferma dunque quanto ha appena dichiarato? Le ricordo che dovrò verbalizzare la sua confessione e lei
dovrà firmarla, di conseguenza verrà trattenuta e messa in cella fino al giorno del processo >
< Sì, confermo tutto! >
Poi rivolgendosi alla madre disse:
< Grazie mamma, ma non potevo farti accusare per ciò che ho fatto io >
Sempre piangendo, la signora Lavinia abbracciò la figlia.
La sala interrogatoria si svuotò.
L’ispettore invitò il signor Moretti nel suo ufficio; tutti e due erano mortificati per la piega che avevano preso le cose, una piega diversa da come avevano creduto.
Comunque l’indagine e i sospetti avevano portato alla risoluzione dell’omicidio.
L’ispettore e il signor Moretti si strinsero la mano e si salutarono.
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EXPO MILANO 2015
Adriana Pierantoni
Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita
Pensando che alcuni di voi lettori, come la sottoscritta, non siate ben consapevoli del significato di detta Esposizione a carattere Universale che quest'anno, 2015, si terrà a Milano, ho fatto la solita ricerca in Internet ed ho riportato qui alcune spiegazioni molto chiare
che senz'altro interesseranno anche a voi. Fin dalla sua prima edizione, tenutasi a Londra
nel 1851 e ospitata all'interno del Crystal Palace,
l'Esposizione Universale è stata il palcoscenico ideale, aggiungo anche "lodevole", dei traguardi più
ambiziosi raggiunti dall'Uomo e dai popoli nel corso
del tempo, è stata anche l'occasione per condividere innovazione, avanzamenti tecnologici e scoperte
di grande ispirazione, progetti architettonici o movimenti artistici, ma anche per creare luoghi e spazi
che si sono poi trasformati in veri e propri simboli
della cultura e della storia dell'epoca. Basti pensare alla Torre Eiffel costruita a Parigi proprio per l'Esposizione del 1889, che è, infatti, rimasta il simbolo architettonico artistico della città di Parigi e della Francia, meta del turismo
mondiale.
Cos' è, quindi l'Esposizione Universale o EXPO?
E' una manifestazione di natura non commerciale, ma mirata a creare una piattaforma per
un dialogo internazionale tra cittadini, Paesi e istituzioni, intorno a un tema d'attualità e di
interesse universale. Fin dall'inizio è stato il luogo privilegiato in cui rappresentare la creatività e l'ingegno umano attraverso la messa in scena di quanto di meglio ogni Paese potesse presentare al mondo in quel preciso momento storico.
Cosa si vedrà a EXPO MILANO 2015?
Expo Milano 2015 è l'Esposizione Universale che l'Italia ospiterà dal primo maggio al 31
ottobre 2015 e sarà il più grande evento mai realizzato sull'alimentazione e la nutrizione.
Per sei mesi Milano diventerà una vetrina mondiale in cui i Paesi mostreranno il meglio
delle proprie tecnologie per dare una risposta concreta a un'esigenza vitale: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi
equilibri. Un'area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, più di 140 Paesi e Organizzazioni internazionali coinvolti, oltre 20 milioni di visitatori attesi. Sono questi i numeri dell'evento internazionale più importante che si terrà nel nostro Paese dopo il lontano 1906 (data in
cui l'Expo in questione aveva come tema quello dei trasporti. Expo Milano 2015 sarà la
piattaforma di un confronto di idee e soluzioni condivise sul tema dell'alimentazione, stimolerà la creatività dei Paesi e promuoverà le innovazioni per un futuro sostenibile. Ma
non solo. Expo Milano 2015 offrirà a tutti la possibilità di conoscere e assaggiare i migliori
piatti del mondo e scoprire le eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomica di
ogni Paese. Per la durata della manifestazione, la città di Milano e il Sito Espositivo
saranno animati da eventi artistici e musicali, convegni, spettacoli, laboratori creativi e mostre.
L'eredità… "Cioè cosa rimane alla città ospitante?"
Ogni Expo lascia alla città che la ospita dei monumenti e dei palazzi che possono diventare un vero biglietto da visita della metropoli, come la Torre Eiffel di Parigi, l'Atomium di
Bruxelles o lo Space Needle di Seattle. Ma non solo: l'Expo è un'opportunità per cambiare
il volto della città, per migliorare la qualità della vita dei cittadini, per attirare più turisti. Le
32
Esposizioni di Shanghai, Lisbona, Brisbane, Spokane e di tante altre città hanno lasciato
in eredità quartieri moderni, nuove infrastrutture, parchi e musei.
Il sito espositivo
Il sito espositivo di Expo 2015 di Milano è un'area situata nel settore nord-ovest del capoluogo lombardo, per il 90% posta nel comune di Milano e per il restante 10% nel comune
di Rho. Il master plan3 definitivo dell'area espositiva fu consegnato al BIE4 durante la cerimonia di registrazione dell'Esposizione di Milano 2015 che si svolse a Parigi il 30 aprile
2010. Il coordinatore del progetto definitivo che passò l'approvazione del BIE era Stefano
Boeri. L'area espositiva è organizzata come un'isola circondata da un canale d'acqua ed è
strutturata secondo i due assi perpendicolari della World Avenue (decumano) e del cardo,
ripresi dall'architettura delle città romane. Secondo un principio di uguaglianza, tutti i padiglioni nazionali saranno affacciati sul grande viale principale, lungo 1,5 km e largo 35 m.
Lungo il cardo, 325 m di lunghezza per 35 m di larghezza verranno invece organizzati i
padiglioni delle regioni e province italiane. Alla confluenza dei due assi verrà creata una
grande piazza (Piazza Italia) di 4.350 m². A nord del cardo sorgerà il Palazzo Italia, ovvero
il padiglione del Paese organizzatore, affacciato sulla Lake Arena. A lato sud invece un
Open Air Theatre5 da circa 10.000 m² per un totale di circa 9.000 posti. Agli estremi del
decumano invece verranno costruiti una grande collina artificiale da un lato e l'Expo
Center dall'altro, formato da tre blocchi funzionali indipendenti: auditorium (blocco sud),
performance area (blocco centrale) e palazzo uffici (blocco nord). I primi due blocchi sono
progettati per essere smantellati alla chiusura dell'Expo, mentre il palazzo uffici sarà permanente.
Padiglione Italia
Il Padiglione Italia di Expo
2015 è la struttura espositiva organizzata e allestita
dall'Italia, su progetto architettonico dello studio
Nemesi Il tema della partecipazione italiana è "Vivaio Italia". Alla nazione
ospitante non è stato riservato un singolo spazio
espositivo per un singolo
edificio ma l'intero cardo,
ovvero l'asse secondario
del sito espositivo. I 350
metri del viale si sviluppano dalla Lake Arena, verso nord, fino all'Open Air Theatre. Per posizione e architettura, Palazzo Italia assume il
ruolo di Landmark all'interno dell'area Expo: posto su uno dei quattro punti cardinali, quello nord, costituisce il fondale scenico del viale del Cardo che attraversa tutto il sito espositivo. Palazzo Italia è ispirato a una "foresta urbana"; la "pelle" ramificata disegnata dallo
Studio Nemesi come involucro esterno dell'edificio evoca una figuratività primitiva e tecnologica al tempo stesso. La tessitura di linee genera alternanze di luci e di ombre, di vuoti e
di pieni dando vita a un'architettura-scultura che rimanda ad opere di Land Art. Per l'architettura di Palazzo Italia lo studio Nemesi è partito dall'idea di coesione, intesa come forza
3
4
Master Plan: è un documento di indirizzo strategico che sviluppa un'ipotesi complessiva sulla programmazione di un territorio.
BIE: Ufficio internazionale delle esposizioni, organizzazione intergovernativa che gestisce le esposizioni universali e internaziona-
li.
5
Open Air Theatre: teatro all'aperto.
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di attrazione che genera un ritrovato senso di comunità e di appartenenza. L'energia della
comunità è rappresentata dalla piazza interna; cuore simbolico e partenza del percorso
espositivo, riunisce attorno a sé i quattro volumi che danno forma a Palazzo Italia. Vere e
proprie quinte urbane, i quattro blocchi ospitano rispettivamente: la zona Espositiva (Blocco Ovest), la zona Auditorium-Eventi (Blocco Sud), la zona Uffici di Rappresentanza
(Blocco Nord) e la zona Sale Conferenze-Meeting (Blocco Est). I volumi architettonici, metafora di grandi alberi, presentano degli appoggi massivi a terra che simulano delle grandi
radici che affondano nel terreno; gli stessi volumi, visti dalla piazza interna, aprendosi e
allungandosi verso l'alto si liberano come chiome attraverso la grande copertura vetrata. A
dar risalto alle forme scultoree di Palazzo Italia è la ricca trama ramificata dell'involucro
esterno. Per il design di questa "pelle" Nemesi ha dato vita a una texture geometrica unica
ed originale che evoca l'intreccio casuale di rami, dando vita a un'architettura nell'architettura.
Foody, la mascotte di EXPO MILANO 2015
La mascotte di Expo Milano 2015 racchiude i temi fondanti della manifestazione proponendoli in una chiave positiva, originale, empatica. Foody è sincero, saggio, rispettoso e
amante della sana e buona cucina. Rappresenta la comunità, la diversità e il cibo inteso
nella sua accezione più estesa, fonte di vita ed energia. Per questo è costituito da una
famiglia di undici elementi, ognuno con caratteristiche e personalità diverse, che agiscono
come veri e propri personaggi. Riuniti in un Volto Unico essi rappresentano l'ideale sinergia tra i Paesi del mondo chiamati a rispondere con energia e positività alle sfide del nostro Pianeta sull'alimentazione presentandosi come una vera famiglia, unica, simpatica e
dinamica.
Verso il domani, del domani….di ogni EXPO universale….
Mi lancio qui a fare una molto ottimistica previsione…:
Sul nostro Piccolo Pianeta che gira nell’Universo infinito,
vivrà in futuro:
“Un pacifico super-progredito popolo del Mondo Unito”
34
Alimentazione e bomba demografica
P
Ivan Paraluppi
er comprendere il discorso di Papa Francesco, fatto sull’aereo al ritorno da Manila,
riguardante la paternità responsabile circa la procreazione, quando disse: “per essere buoni cristiani non è necessario essere come conigli” bisogna capire lo stato
d’animo di un uomo che passa da un giorno all’altro, dalle soffocanti e speranzose effusioni di masse umane a volte macilenti, alle opulenti ricchezze vaticane, e dei suoi abituali
frequentatori.
Poi è logico che i mass-media ci marcino, anche se si tratta semplicemente di uno sfogo
umano.
Ma a proposito del Vaticano, cosa è successo circa l’ultimo secolo e mezzo a proposito
del problema natalità? Le ultime due condanne a morte nello stato della chiesa, sono state eseguite durante il pontificato di Pio IX (1846-1870), poi, almeno ufficialmente, non si
ammazzò più nessuno.
L’undici febbraio del 1929, con i
patti Lateranensi, nasce il nuovo
stato della città del Vaticano con a
capo Papa Pio XI (1929-1938).
Con il concordato, Mussolini attuò
un’abile mossa politica, riavvicinando il potere religioso al potere politico; fu così che perfino qualche eminente figura religiosa, subì il fascino
della novità fascista. Mussolini, durante la sua dittatura, incoraggiò
sempre l’aumento demografico per i
suoi progetti espansionistici, e
senz’altro in tal senso non era contrastato dall’apparato ecclesiastico; ai dittatori non basta mai la carne da macello. Ma poi, quando si avvicinarono i fantasmi del secondo conflitto mondiale, Papa Pacelli Pio XII, in un discorso ufficiale, auspicando il dialogo fra le nazioni disse: “Nulla è perduto con la pace, tutto può essere perduto con la guerra!” E fu un
discorso profetico! Dopo di lui, arrivò il Papa buono, buono sì ma lungimirante; capì al volo
che i tempi stavano cambiando ed iniziò a svecchiare la casa di San Pietro, eliminando
orpelli e troni; lavoro poi continuato dai suoi successori; arrivando ora ad un pastore innamorato della semplicità e degli ultimi, mettendo in subbuglio la Roma conservatrice e
bigotta.
Pregate per me, chiede Papa Francesco tutte le volte che parla alla gente, forse si rende
conto che a causa delle sue idee innovatrici, qualche rischio lo corre perfino in casa sua.
È inevitabile che i governi occidentali siano preoccupati da due fenomeni: il primo è la denatalità nei paesi più evoluti, il secondo è ancora più grave ed è l’esplosione demografica
di quei paesi sottosviluppati che fanno fatica a procurarsi un pasto al giorno, ma mettono i
kalashnikov in mano perfino ai bambini.
Ma ora, per capire dove ci può portare il problema alimentare, racconto una storia vera.
Pat CAIRNESS era un amico di Giovanni PAPINI, ed era un gran viaggiatore, non c’era paese al mondo che non avesse visitato, non c’era mare che non avesse attraversato, fu falso
monaco buddista, fattucchiere pilota di deserti, parlava correttamente otto lingue ed
un’infinità di dialetti. Sosteneva di aver errato per decenni nel mondo, un posto dove non
fosse mai arrivato un uomo bianco e fino a quando non approdò in una piccola isola del
pacifico, a sud della Nuova Zelanda, abitata da poche centinaia di melanesiani papua.
La particolarità di quell’isola stava in questo: i capi avevano capito da secoli che la loro isola, essendo in gran parte composta da suolo montuoso sterile e circondata da mare poco pescoso, non poteva alimentare più di 770 persone; per cui da tempo immemorabile,
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l’assemblea dei capi aveva promulgato una legge, secondo la quale ogni nascita doveva
essere controbilanciata da una morte.
Almeno fino alla metà del secolo scorso quel posto era fuori da ogni contatto col mondo
civile e dalle rotte navali.
Anche lì come altrove in natura, quando CAIRNESS ci arrivò, le nascite eccedevano annualmente da 10 a 20 sul numero dei decessi, per cui al sovrapopolamento si rimediava
così: ogni abitante possedeva una tavoletta di legno sulla quale era scritto con un geroglifico ed un disegno il suo nome, ogni anno in una specie di funzione di primavera, tutte le
tavolette venivano riposte in un contenitore interrato e rimescolate con un bastone, poi un
cane addestrato allo scopo, entrava nel contenitore, addentava una tavoletta, la portava
allo stregone e ripeteva l’operazione per quante erano le persone da eliminare.
I maggiorenti, già dalla notte dei tempi sostenendo la loro sacralità, si ritenevano esenti
dal buttare la loro tavoletta nel contenitore della morte; come vedete, i vantaggi di tipo politico sono sempre esistiti.
Dopo la macabra funzione, ai sorteggiati venivano concessi tre giorni di tempo per prendere congedo dalla famiglia, se alla scadenza fissata non si erano ancora suicidati, venivano affogati in mare. Nel racconto del CAIRNESS, che il PAPINI riteneva testimone diretto e
credibile, sono descritte scene che non è il caso di riportare, ma un episodio vale la pena
di raccontarlo.
Un giovane uomo diceva di non voler morire, perché doveva curare sua madre che era
vecchia e malata; forse qualche giovane uomo del nostro tempo, avrebbe tramato con
stregoni e capi per farsi sostituire dalla sua vecchietta.
Sempre restando più o meno in tema, si
può parlare di un roditore che vive in
America, il Lemming. I lemming (in italiano lemmi, singolare lemmo) sono piccoli roditori artici, il cui habitat è normalmente il bioma tundra.,; quando capisce
d’essere in soprannumero rispetto alle
risorse ambientali, organizza in proprio
dei suicidi di massa, infilandosi a frotte
in mare, lì è madre natura a guidare il
comportamento.
Da millenni, fin dove giungono ricordi e
documentazioni, fu madre natura a tenere sotto controllo gli eccessi natalizi, con
malattie, mortalità infantile, carestie e
disastri naturali, l’uomo di suo ci aggiunge le guerre.
All’inizio della chiacchierata ho fatto un
excursus storico, sulla politica fatta dalla
chiesa di Roma nei confronti della natalità senza limiti o controlli, ma forse anche lì si incomincia a ridiscutere la faccenda.
Per finire, riferendomi al comportamento
dei popoli Africani, Orientali e Sud Americani, mi chiedo: è giusto nella miseria, mettere al mondo un sacco di infelici, e poi pretendere che li mantengano gli altri, o la pietà popolare?
36
Le catastrofiche conseguenze di
quel che negli anni ’50 e ’60 è stato
definito il “miracolo economico”.
H
Franco Pedroletti
o sempre sostenuto che quell’esagerato modo di vivere, fare e comportarsi
degli anni ’50 e ’60 (e seguenti) avrebbe poi causato conseguenze nefaste.
Con incredulità venni tacciato qual uccello di malaugurio. Replicai dicendo
che il tempo ed i fatti mi avrebbero dato ragione. Or ecco i fatti.
L’italiano, da sempre, è stato un gran lavoratore, vuoi perché i signorotti di ogni epoca
l’han così costretto per accrescere domini ed averi propri, vuoi perché, per vivere sputando sudore e sangue, doveva darsi da fare, giorno dopo giorno, per raggranellare quel poco che poi gli veniva confiscato da truppe costantemente in movimenti di battaglie.
Per tal situazioni mai ha buttato quel che, seppur miseramente, ancora poteva servire.
Così per secoli fino all’ultimo conflitto ove pene e disastri raggiunsero il culmine.
Passata anche tal bufera si iniziò a ricostruire, lo fecero tutte le nazioni coinvolte in quel
conflitto ma quel che si fece sul territorio italiano fu del tutto anomalo e disordinato.
La guerra aveva falcidiato uomini e mezzi e, per quel rifare, si andò a reclutare mano
d’opera fra la gente di montagna e di campagna per farla affluire a valle nell’edilizia e in
fabbriche industriali. Montagne e campagne si spopolarono, di contro, le città crebbero a
dismisura, ma quel che ne costituì il peggio fu “il come” venne eseguito e “quali materiali
usati”. Non si andò, infatti, per il sottile nell’occupare il più possibile prima aree a verde nei
centri urbani poi in periferia, tutto cementificando. Imperavano interessi speculativi basati
su un “Dio” chiamato denaro; tutti più o meno ne ebbero a beneficiare: imprenditori, mano
d’opera, Comuni, Stato. Tutti, tranne il territorio.
In
quell’ignobile
strafare si giunse
persino ad accettare, in quel che
era definito uno
dei più bei paesi
del mondo, la
produzione di mate-riali oltremodo
nocivi
per
l’ambiente e per la
salute che altre
nazioni, con più
avveduta prudenza, non intendevano fare sul loro territorio (raffinerie petrolifere, cemento,
amianto,eternit,chimico, ecc.) Insomma, per quella sete di guadagno non si presero in
nessuna considerazione tutti quei pericoli che poi nel tempo sarebbero emersi. Passarono
gli anni e, or ecco, ciò che ne risultò. La campagna, spopolata, non ebbe più a produrre
frutti a sufficienza per vivere, pertanto, necessariamente, ci si rivolse all’estero
coll’importare una gran quantità di merci ridimensionando in tal modo, negativamente,
quegli stolti guadagni. La montagna, abbandonata, perse pascoli e animali, la vegetazione
non più curata né pulita, impermeabilizzò il suolo in maniera tale da non più assorbire acqua piovana la quale, scivolando a valle andò ad ingrossare i corsi d’acqua e, questi, intasati da ogni sorta di detriti, esondare e con impeto distruggere argini, ponti, allagare campagne e abitati provocando danni enormi e vittime. Per di più nelle città, al fine di un mag-
37
gior sfruttamento del territorio, si giunse a coprire, incanalandoli artificialmente, letti di torrenti e fiumi col risultato di impedire all’acqua ogni suo naturale normale corso. Su fragili
scoscese colline si costruirono case e palazzi e persino si edificò sui fianchi di vulcani (riguardo a questi ultimi quale catastrofe avverrà nel caso di un risveglio, v. Vesuvio?). Dimenticando ogni possibile riutilizzo, in un folle consumistico concetto, alla gente si predicò
il vangelo “dell’usare e del gettare” di fatto creando enormi nocive discariche.
Per muoversi, senza incrementare i mezzi pubblici, si invogliò la circolazione di milioni di
automezzi provocando quell’inquinamento atmosferico di cui oggi tanto ci si lamenta.
Il nefasto elenco di un progresso trasformato in regresso potrebbe continuare se si fa riferimento alla perdita di quel prudenziale risparmio che, sempre,in ogni caso, dovrebbe regnare, invece facile fu pure il collezionare debiti senza osservanza alcuna di
quell’assennato secolare avvertimento così concepito e cioè “….che i periodi delle vacche
grasse mai son durati in eterno…”. Al riguardo un primo segnale lo si ebbe trent’anni dopo, ma di quel sintomo si fecero spallucce e, di male in peggio, si continuò sino al giungere di un nuovo millennio quando una crisi materiale (e morale) ebbe a scoppiare nel suo
pieno con aspetti devastanti. Le malattie conseguenti a quell’indiscriminato uso di materiali nocivi ebbero a crescere, la circolazione di mezzi sia in terra che in cielo divenne caotica
ed or l’intero Paese “frana” perché ridotto, decennio dopo decennio, a un ammasso inguardabile di cemento e di cumuli di schifosi rifiuti abbandonati nelle strade e nei boschi
che nessuno sorveglia più. Scempi materializzati inconsciamente con la complicità di politici spesso e volentieri riuscendo a gabbarli, nella migliore delle ipotesi a blandirli, nella
peggiore a comprarli in un’inesistente etica che non fa differenza fra corruttori e corrotti.
Così dagli anni di quel “miracolo economico” in poi, la corsa è andata verso una unica direzione nel disprezzare i livelli minimi di convivenza, nello sfregiare il paesaggio, spogliarlo di alberi, massacrare fiumi, laghi, mari con iniezioni letali di detersivi, plastiche e sostanze petrolifere varie, ecc. Or basta una pioggia violenta, magari dopo mesi di siccità,
perché il luogo che alberi proteggevano come una fortezza capace di resistere
all’aggressione di eventi atmosferici, si trasformi in una pista del chilometro lanciato.
L’acqua scivola giù con la potenza di una bomba, s’infila nelle colline cementificate e, come spesso avviene, piomba nei centri abitati e li devasta. Anziché spendere per la tutela
del territorio si finanziano fiere e grandi opere inutili (vedi ponte sullo stretto di Messina oltretutto zona sismica), si stanziano fondi finalizzati alla sostenibilità ambientale in altri Paesi e per operazioni militari in giro per il mondo: già, perché qui, da noi, la prevenzione
non rende, altro sì (e pur si diventa “grandi e generosi”). Merita il citare alcuni dati. Ogni
giorno in Italia viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi di calcio
(288 ettari) col risultato che nel nostro Paese oltre cinque milioni di cittadini si trovano in
zone esposte al pericolo di frane e alluvioni: ben il dieci per cento dell’intero territorio italiano, una follia !!
Ma vi è di più. Industrie e industriali che in “quel periodo” nel produrre materiali nocivi han
fatto soldi a palate sulle spalle di vittime umane, or tranquillamente se la stan svignando
senza bonificare quel territorio che han inquinato e pur senza che una corrotta politica e
una imbelle giustizia abbiano ad infliggere loro pena alcuna. E ancora: chi nel tempo di
quel “ritenuto miracolo” ha avuto saggezza nel risparmiare, or, nonostante una crisi che
non accenna a diminuire, ancor riesce a cavarsela, nel mentre chi nel passato, senza
prudenza alcuna, ha goduto e, nell’imitare le cicale, ha speso più del necessario, or si trova in difficoltà tali che rasentano l’assoluta povertà. Insomma quell’incontrollato strafare in
tutto e per tutto, pomposamente definito “un miracolo (?) economico” non è stato propriamente tale perché, nel ledere la coscienza di ciascuno e un più civile modo di vivere, ha
provocato danni materiali e morali tali che un relativo benessere non riesce a cancellare.
Tutto ciò mi ha fatto giungere ad una conclusione, e cioè che se questo pianeta fosse stato abitato solo da animali senza la “intelligente cretineria umana”, si sarebbe conservato
meglio.
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S
Azioni di altruismo
Giovanni Berengan
iamo talmente sotto un diluvio di pessimismo, di grigiore e sfiducia per le cattive
notizie che ci piovono addosso, da non riuscire più a scorgere ciò che di buono
c’è intorno a noi. La negatività che è il filo conduttore della cronaca, ci annebbia e
ci porta alla rassegnazione, all’indifferenza o all’indignazione.
La cronaca nera urla, quella bianca ha la vocina, ed in quest’epoca di troppi urlatori si fatica a percepire il suono del bene.
A Milano, una nobile figura di imprenditrice che fa onore alla sua categoria, ha disposto
nel testamento che tutta la sua collezione di preziosi fosse messa all’asta, destinando il
ricavato al sostegno di studentesse universitarie in difficoltà economiche, alla Statale ed
alla Cattolica.
Questa donna, Piera SANTAMBROGIO, morta nel 2009, aveva portato nella Milano di metà
novecento, le strumentazioni mediche più avanzate, frutto anche dei suoi viaggi e delle
sue ricerche. Non sfugge a nessuno il forte valore simbolico di questo grande gesto filantropico.
Con il ricavato dell’asta battuta da Sotheby’s si crearono borse di studio per le due Università. Il lascito era costituito da 127 lotti di un interessante nucleo collezionistico di gioielleria, creata dall’inizio del ‘900 agli anni ’90. La SANTAMBROGIO (1923-2009) s’era impegnata per dotare gli Ospedali italiani di macchinari d’avanguardia. A Milano aveva fondato
un’azienda per la produzione di elettrodomestici, lavorando a stretto contatto con i medici.
Nel Veneto, a Vicenza, un Imprenditore, alla sua morte, ha lasciato l’Azienda alle sue maestranze, due Dirigenti e 20 lavoratori, diventati Soci, ereditando l’Azienda stessa in cui
hanno lavorato per anni. A compiere il generoso gesto è stato Leonardo Martini, titolare
della DIOMA, fondata nel 1967, un’Azienda florida che produce stampi in materiale plastico per grandi Aziende dell’“auto motive” realizzando cruscotti ed altre componenti
dell’auto, molte delle quali destinate al mercato tedesco. I funerali dell’Imprenditore, morto
a 72 anni, si sono svolti proprio all’interno della fabbrica che aveva creato nella zona industriale di Vicenza.
Un bimbo marocchino, Yousef, morto per un parto prematuro, ha potuto avere sepoltura
grazie alla generosità della gente. Da un mese il corpicino del neonato giaceva nella
“morgue” dell’ospedale Papa Giovanni a Bergamo, La famiglia non poteva disporre dei
mezzi economici per il funerale. Quando il giornale locale ha pubblicato la notizia, è subito
scattata una gara di vicinanza alla famiglia e sono stati raccolti i soldi necessari. Il posto
tra gli Angeli è in Cielo dove già Yousef era volato. Ora anche il suo corpicino è in pace,
Forse, detto bonariamente, bisognerebbe accorgersi di chi fa fatica e ci cammina accanto
prima che sia troppo tardi o che comunque serva per dare una dignità, pur nobile e ammirevole, ad atti umili, come un funerale. È sempre preferibile aiutare i vivi.
Ad Assisi è stata premiata l’alunna più buona (sotto Natale molti sono stati in tutta Italia i
riconoscimenti per chi si distingue in iniziative filantropiche nei vari campi e questa è una
bella tradizione da mantenere e da consolidare.) Il premio nazionale dell’Associazione “Alunno più buono d’Italia” è stato assegnato a Giovanna Esposito, Studentessa dell’ Alberghiero, per la sua ordinaria bontà verso una compagna bisognosa d’aiuto.
Questi sono solo pochi esempi di manifestazioni di altruismo.
39
P
Oggetti
Silvana Cola
enso che ognuno di
noi abbia in casa
degli oggetti che
non incontrano i nostri gusti, ma di cui non riusciamo a liberarcene. Sarà perché ci è stato donato da una persona cara,
sarà perché è prezioso,
anche se a noi non piace,
sarà perché la nostra
buona educazione ci vieta
di farlo sparire, conclusione: io tengo in casa la vetrina dei ricordi e la scatola dei ricordi.
Per molti oggetti ho un’ affezione particolare, li porto
con me da tutta la vita,
fanno parte della mia esistenza.
C’è la bambolina d’epoca in porcellana che mi ha regalato, quand’ero bambina, la mia
nonna, ogni tanto le cambio il vestito; è in anticamera, sul vecchio mobile liberty, e accoglie tutti i visitatori.
Un vecchio libro: “Rivoluzione francese”, di Adolfo THIERS che fu stampato nel 1901, ha
delle bellissime illustrazioni e una mia scritta “ricordo del nonno, marzo 1950”.
A quei tempi mi piaceva la storia della rivoluzione francese, i film, i romanzi, così avevo
chiesto al nonno di regalarmelo. Sta in soggiorno e lo intravedo sotto il ripiano del tavolino
quando sono seduta sul divano.
Una ciotola di maiolica con scritto in francese il mio nome, regalo di mia sorella ragazzina
quando andò in Francia con la sua datrice di lavoro; la tengo in cucina su una mensola.
I gioielli che mi regalò la mia mamma mi riempiono il cuore di tenerezza ogni volta che li
guardo. Mi piace indossarli, è come sentirla vicina, così come quelli che mi donò mio marito; ricordano un momento importante, un momento d’amore.
Nella vetrinetta c’è un po’ di tutto: dai servizi da tea che non si usano mai, alle bomboniere
di nozze e comunione, soprammobili mai usati, ceramiche di Faenza, animali e figure fatte
con le conchiglie, questi sono molto belli e li tengo in bella mostra.
Nella scatola che tengo in un mobile, la cosa più vecchia e per me singolare, è la letterina
che scrissi a Natale ai miei genitori all’età di 7 anni, in alto, incollata una piccola immagine
della natività e ai lati disegnati con la matita azzurra, due fiorellini.
Ci sono le lettere di babbo e mamma che mi scrivevano quando, a 18 anni, mi recavo nelle colonie marine ad assistere i bambini. Sono piene di raccomandazioni e fanno capire
che sentivano a casa la mia mancanza. Ci sono anche quelle che scrivevo a loro; chissà
perché mia mamma le conservava e poi me le ha consegnate?
C’è persino il nastro della cresima che allora mettevano in fronte dopo l’unzione.
Lettere di amici, articoli di giornali, etc.
Sarò solo io che tengo in casa tutti questi oggetti e non so liberarmene? Non credo, penso
che tutti ci affezioniamo alle cose che hanno fatto parte della nostra vita.
40
Sezione “L’angolo della Poesia”
Poesie di Giancarlo
L
Neve
ievi farfalle bianche
si posano sopra le mie guance
trasformandosi in gocce in
un vorticare leggero.
Si depositano a terra,
si trasformano
in pantano.
Vorrei che rimanessero
sospese nell’aria
per ammirarle ancora…
S
Il fiume Bardello
aturo di nebbie e di
opaco silenzio
nel gelido abbraccio
dell’inverno,
osservo lo scorrere
delle acque
cariche di brina.
Gli alberi
si son cristallizzati …
sembrano fantasmi
improvvisati nell’aria.
Lungo le rive del Bardello
file scheletriche di rovi
salici e robinie
son carichi di brina,
sopra una barchetta solitaria
legata ad un salice,
beccheggia solitaria,
in questa solitudine,
una cornacchia
le tiene compagnia...
Giancarlo Elli (ul Selvadigh)
41
Poesie di Silvana
Foglie
A
rranco per la mia salita
fatta di giorni
quasi tutti uguali.
Sarebbe bello
scendere di qualche gradino,
tornare indietro,
cambiare il destino.
È faticoso raggiungere
il mio albero …
sta lassù.
Ha consumato foglia a foglia
tutti i miei giorni.
Le guardo quelle foglie,
tremano nell’aria,
cantando un’ultima canzone.
Poi volano altrove ……
non si sa dove.
Ne rimangono alcune
ancora là sui rami,
le sfioro con lo sguardo,
ritornerò domani.
Vorrei
Vorrei stracciare
nell’aria pezzetti di
tutti i momenti neri e dei dolori che
non vogliono lasciare la mia anima.
Vorrei riuscire a galleggiare
sulle nuvole rosate di speranze,
guardare dall’alto
l’umanità che vive,
che combatte
e non si arrende al male.
Vorrei cancellare
tutte le brutture, le cattiverie,
le incomprensioni,
sentire l’armonia dell’universo
e dalla musica più soave
lasciarmi cullare
dimenticare
e ricominciare.
Silvana Cola
42
Dedicata a tutte le Donne per l’8 marzo
A cura di Mauro Vallini
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43
Sezione “Gocce di Scienze”
Argania spinosa
A cura di Emma Ciocca
Una lettrice de La Voce, amica di mia madre e mia, ha trovato su internet nelle pagine
virtuali di Wikipedia queste notizie interessanti su questa pianta. Ero indeciso se
pubblicarle sulla sezione dedicata ai lettori oppure in gocce di scienze ma, dato
l’argomento e le informazioni di sapore scientifico, mi sono deciso a pubblicarle in
questo capitolo.
Mauro Vallini
L'argan o argania (Argania
spinosa) appartenente alla
famiglia delle Sapotaceae, è
un albero endemico del Marocco (nelle sue zone sudoccidentali, e in particolare nella
pianura del Souss) e della regione di Tindouf in Algeria.
Il nome argan con cui la pianta è conosciuta, corrisponde
al nome locale, in lingua berbera e significa olio.
Come elemento culturale residuo, legato alla antichissima
civiltà berbera, i grandi alberi
di argan hanno la valenza di
simboli della vita, e quello
considerato il più vecchio, a
Tassila, presso Tamanar, detto “Targante Nchick”, o albero
saggio, è festeggiato ogni anno con un raduno popolare, con pranzi, balli e canti tradizionali,
ricordando il passato e con la speranza per il futuro.
L'argania è un albero dai rami spinosi (da qui l'epiteto specifico spinosa), alto fino a 8 - 10 metri, assai resistente e che può vivere anche 150-200 anni. È una pianta che si è perfettamente
adattata all'aridità del sudovest del Marocco, e la sua sagoma è molto caratteristica: chioma
ampia e arrotondata, tronco nodoso, tortuoso e abbastanza corto, formato spesso da più parti
intrecciate tra loro. La pianta può assumere comunque, in locazioni disagiate, le dimensioni
più modeste di un piccolo arbusto.
L'argania fornisce un legno molto duro, utilizzato soprattutto come legname da riscaldamento.
I fiori, da bianchi a giallo-verdastri, compaiono tra
maggio e giugno. Sono gamopetali (ovvero con i petali
della corolla fusi tra loro), con tubo corollino molto corto e sono riuniti in infiorescenze a glomerulo.
Il frutto è una drupa ovale, fusiforme, lunga circa
30 mm, che quando è matura è giallo-bruna e che
contiene una "noce" estremamente dura (formata
dall'endocarpo legnoso e dai semi). All'interno vi sono
fino a tre semi a volte commercialmente chiamati
"mandorle di argan". Un albero di medie dimensioni
produce circa 8 kg di semi all'anno. Le foglie, verde scuro e coriacee, servono di nutrimento
a cammelli e capre. Queste ultime non esitano ad arrampicarsi sui rami per brucarle.
44
L'Argan cresce dal livello del mare fino a circa 1500 m
di altitudine. La pianta dell'Argan viene considerata un
"relitto" del Terziario: essa esiste, infatti, in Marocco da
80 milioni di anni, e probabilmente nel Terziario copriva
vaste superfici del Nord Africa (che all'epoca era probabilmente unito alle isole Canarie) e dell'Europa meridionale. Questo vasto areale si contrasse nel Quaternario a causa dei mutamenti climatici connessi alle glaciazioni, il che spiegherebbe l'esistenza attuale di alcune
colonie nella zona di Rabat e molto più a nord, vicino
alla costa mediterranea.
Una considerazione ulteriore della sua particolarità è che la famiglia delle Sapotaceae, (a cui
appartiene Argania), è altrimenti assente o rarissima in tutta l'area geografica nordafricana, ed
ovviamente assente in Europa.
Oggi la massima concentrazione di queste piante si trova
nella regione del Souss. Dal 1988 una zona di circa
830.000 ettari, locazione naturale delle rade "foreste di
argania", tra Agadir e Essaouira è stata dichiarata dall'UNESCO "Riserva della biosfera". Questa si estende per
circa 830.000 ettari, cioè 8.300 km 2 e le donne che raccolgono i frutti sono tutelate da una cooperativa e quindi
non sfruttate.
Uno dei maggiori problemi legati alla sopravvivenza della
specie è il fatto che la raccolta tradizionale è effettuata da piante selvatiche, cioè non coltivate, di norma di "proprietà del re", cioè su terreni demaniali. Se da un lato il governo ha provveduto a nuovi impianti su suoli demaniali, la raccolta rigorosa dei frutti compromette la riproduzione naturale della specie.
Un altro fattore molto dannoso alla sopravvivenza della specie è la predazione da parte delle capre che pascolano nei
terreni demaniali, le quali non si limitano a strappare foglie e
frutti da terra, ma si arrampicano fino ai rami più alti, spogliando completamente le piante.
L’estensione della coltivazione della pianta, effettuata in analogia alla coltivazione dell'ulivo, ovvierebbe a molti di questi
problemi, ottenendo tra l'altro miglioramento della qualità.
L’olio di Argan
Esistono due tipi di olio di Argan, a seconda che i noccioli
vengano o meno tostati prima dell'uso.
L'olio cosmetico, da noccioli non tostati, è più chiaro, si usa
applicandolo sulla pelle e sui capelli ed è ritenuto efficace contro la caduta dei capelli,
gli eczemi, la disidratazione, l'invecchiamento della pelle e altro, ma per principi che irritano il
sistema digerente non può essere usato in ambito alimentare.
L'olio alimentare, più scuro, ha sapore più forte di nocciola tostata a causa della torrefazione
dei semi, ed è utilizzato come olio per condire gli alimenti; è molto nutritivo e costituisce, in
minima quantità, assieme a mandorle tritate e miele, l'amlu, una pasta molto nutriente tradizionale, consumata per la prima colazione. Il consumo di olio ha anche un profondo significato
rituale derivato dalla cultura berbera, come il bagnare la bocca dei neonati con una goccia d'olio, in segno augurale, o offrirlo simbolicamente agli ospiti.
Per le rese incredibilmente basse, (da 2 a 3,2 chili, ogni 100 chili di frutti secchi), questo olio è
molto costoso. Salvo una parte minore, prodotta e consumata localmente, la produzione specializzata è quasi completamente esportata.
La popolazione berbera dell'Atlante ha sempre utilizzato l'olio di argan per le sue virtù alimentari e cosmetiche. Come il tè, anche l'olio di argan viene tradizionalmente offerto agli ospiti insieme al miele in segno di rispetto ed ospitalità.
45
Il mondo della natura
(Terza parte)
Giancarlo Elli (ul Selvadigh)
Il fornaio rosso
Il “fornaio rosso”è un uccello che, in cinque mesi si costruisce un nido piuttosto elaborato. Due camere più l’ingresso
fatti con frammenti vegetali. Il lavoro comincia in autunno
con la raccolta di fili d’erba, e continua durante l’inverno
piovoso e pieno di fango. Prima che la femmina, attirata da
tale nido, deponga le uova, la …camera nuziale viene tappezzata con erbe colorate.
Muli e bardotti
Se un asino si accoppia con una cavalla nasce il mulo che ha le stesse proporzioni e
l’aspetto del cavallo, ma raglia come un asino. Se un cavallo si accoppia con un’asina,
nasce il bardotto che non raglia, ma nitrisce come un cavallo.
Curiosità sulle libellule
Ci son delle libellule che in volo possono raggiungere la velocità di 100 km. orari. Una
preistorica libellula fossilizzata è stata trovata, circa 30 anni fa a Conenstraj (Francia). Essa presenta un’apertura alare di 80 cm.
Lupi buongustai
Il lupo, in questi tempi,
scende a valle per andare alla ricerca di cibo
nelle discariche. Se il
cibo è avariato, se ne
accorge subito e corre a
cercare un bel mazzo di
ortiche, ne mangia un
po’ di foglie e subito
vomita il cibo avariato e
ingoiato evitando così il
pericolo di un’intossicazione.
Come preda la poiana
La grande poiana sosta in attesa della preda. Essa nidifica sui rami più alti degli alberi
maggiori. Spesso utilizza nidi abbandonati di cornacchie ed altri rapaci.
Il coraggio dei corvi
Non sembra vero pensare ad un corvo, uccello piuttosto grosso ma senz’altro non aggressivo come un essere capace di mettere in fuga un’aquila, Sembra incredibile, ma è
così. Quando il grande rapace si avvicina alla zona dove i corvi hanno il loro nido, ecco
che questi si alzano in volo, si ammassano attorno all’aquila ed assumono atteggiamenti
minacciosi sino a quando il rapace si spaventa e rinuncia ai suoi istinti predatori.
46
Sezione “Rubriche e avvisi”
Attività svolte dal C.D.I.
Pomeriggio musicale alla casa di riposo
Cardinal Colombo a Morosolo (Casciago).
Mauro Vallini
Il giorno 4 di marzo, il coro delle “coccinelle
scalmanate” del centro di via Maspero, ha
condiviso le proprie emozioni musicali con
gli ospiti della casa di riposo.
Darò alcune notizie, tratte dal sito
http://www.fondazionecolleoni.org/ su questa struttura.
La Fondazione, attiva nel settore socioassistenziale e sanitario, basa il proprio operato
sulla utilità sociale dei servizi offerti, agendo
senza alcun fine di lucro.
Lo scopo che si intende perseguire è quello di
fornire, attraverso le strutture e i servizi in esse
erogate, la più alta qualità possibile nell’assistenza dell’anziano non autosufficiente.
Con le sue 4 strutture attive e più di 300 lavoratori occupati la Fondazione si propone di essere un
fulcro produttivo e sociale dei territori in cui opera preoccupandosi di garantire le migliori condizioni lavorative, sociali e professionali, agendo nell’interesse generale della comunità facilitando
l’integrazione sociale dei cittadini.
“ la Fondazione ha lo scopo di operare nel settore dell’assistenza sociale, socio sanitaria e della beneficenza
per il perseguimento, in via esclusiva, di finalità di solidarietà sociale concretizzatesi negli scopi e nelle attività: di integrazione socio sanitaria, di prevenzione, di riabilitazione e cure, di volontariato e di rimozione
degli ostacoli che portano alla perdita di autosufficienza, alla marginalizzazione , alla solitudine di anziani,
vecchi e grandi vecchi, per dare loro un alto grado di tutela sociale e il massimo di sicurezza ” – Art. 2 Statuto
Progetti
La Fondazione da sempre pone al centro del proprio operato l’utente ed i suoi bisogni, e
l’evoluzione che gli stessi seguono nel corso del tempo; è per questo che valuta costantemente
nuovi progetti di sviluppo di attività nel settore socio-assistenziale, volti a incrementare la propria
rete di offerta e migliorare i servizi offerti ai territori in cui è presente.
Fino al 2014 sono stati realizzati i seguenti progetti:
Castano Primo (Mi):


Realizzazione di un Centro Servizi alla Persona, comprensivo di ambulatorio aperto a fornire
servizi informativi e di assistenza agli anziani del territorio castanese;
Trasformazione dell’attuale giardino della struttura in un giardino sensoriale, dotato di percorso guidato dedicato ad anziani affetti da demenza senile.
47
Morosolo (Va):

Sperimentazione, in accordo con la Regione Lombardia, di forme di residenzialità aperta (ascolto e supporto psicologico; accoglienza residenziale o semi-residenziale);
Asso (Co):

Sperimentazione, in accordo con la Regione Lombardia, di forme di residenzialità leggera (disposizione di posti letto non a contratto nelle Rsa)
Le caratteristiche della residenza R.S.A. (Residenza Sanitaria Assistenziale) di Morosolo:
1. 68 posti letto per “anziani non autosufficienti” accreditati dal sistema sanitario della Regione Lombardia e contrattualizzati secondo le determinazioni socio-assistenziali in corso
di validità.
2. Le Camere: I 68 posti letto sono accolti in camere singole, doppie e triple, tutte con servizi e
modernamente arredate e dotate di telefono, TV e filodiffusione, impianto centralizzato
per l’ossigeno, impianto per il rinfrescamento e il ricambio dell'aria.
3. Gli spazi comuni La struttura, di recente
realizzazione, è una splendida residenza
frutto di grande generosità al servizio delle persone anziane del territorio, in grado
di ospitare 68 persone suddivise su due
piani. Gli ampi soggiorni e locali destinati
al pranzo e alle attività occupazionali e ricreative ai piani e nel seminterrato, permettono il tranquillo svolgersi della vita
quotidiana. L’intento è stato di accostare
ad ambienti belli, luminosi e confortevoli,
una gestione funzionale ed efficiente, in
grado di assicurare il benessere psicofisico
e spirituale dell’ospite, concorrono tutte le
varie articolazioni e professionalità attive della residenza. L’impianto video e diffusione dà
la possibilità di seguire le funzioni religiose officiate nella cappella.
4. Palestra attrezzata Nella palestra attrezzata, dotata di apparecchiature per fisiokinesiterapia, si esercita la riabilitazione e il mantenimento delle residue capacità fisiche e motorie.
Le attività sono assicurate da fisioterapisti della riabilitazione, coordinati in
un’organizzazione sanitaria su stretta valutazione fisiatrica.
5. Corridoi I corridoi sono ampi e luminosi, privi di barriere architettoniche, muniti di corrimano e collegano tra loro i vari ambienti in cui vivono gli ospiti.
6. Ascensore e montalettighe L' edificio è dotato di ascensore e montalettighe che permettono
di raggiungere agevolmente i vari nuclei e gli ambienti adibiti ai servizi assistenziali.
7. Bagni attrezzati I bagni attrezzati, presenti in ogni nucleo, oltre ai servizi igienici provvisti
di maniglioni di appoggio, sono dotati di vasca da bagno attrezzata d’ultima generazione
con accorgimenti ergonomici che tengono presente sia l'esigenza dell'Ospite che le difficoltà dell'operatore.
8. Sollevatori e carrelli di trasferimento ospiti Ogni piano di degenza è dotato di "sollevatore
di persona" a funzionamento elettrico e munito di idonea imbracatura per gli ospiti che
presentano i più severi deficit motori.
9. Cappella Si accede direttamente dall’ingresso e dai nuclei di assistenza nel piano seminterrato; è dotata di arredi semplici ma curata nei particolari; il tutto contribuisce a creare
un’atmosfera carica di spiritualità.
10. Impianto di ricambio e raffreddamento Consente il mantenimento delle adeguate condizioni di climatizzazione e aerazione in ogni periodo dell’anno.
11. Impianto Gas -medicale Centralizzato ed usufruibile da ogni posto letto.
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Servizi offerti agli ospiti
1. Ufficio Relazione con il Pubblico (URP) Questo ufficio è preposto a fornire notizie generali
del Centro residenziale dal * Lunedì – Venerdì mattino 9.30-12.30; pomeriggio 14.00-17.00 *
Sabato mattino 9.30-12.30 Ospiti e famigliari potranno esprimere lamentele e apprezzamenti in merito ai servizi offerti utilizzando il questionario di soddisfazione disponibile
presso l’u.r.p. La Direzione risponderà in merito ai quesiti posti entro 10 giorni.
2. Il servizio medico Assicura la prevenzione, la diagnosi, la terapia e la riabilitazione
dell’Ospite anziano, affetto il più delle volte da polipatologie a decorso cronico, deficit cognitivi e neurologici con rilevanti risvolti sociali, relazionali, comportamentali. L’attività
preventiva occupa ancora nell’anziano uno spazio di rilievo, essendo rivolta alla profilassi
dell’influenza, il monitoraggio del diabete mellito, degli abusi alimentari, della denutrizione e della disidratazione, alla prevenzione dei decubiti, dell’osteoporosi, del diabete e alla
conservazione di un’adeguata attività mentale e relazionale. L’attività diagnostica e terapeutica si articola sulla visita medica all’ingresso e periodica, sulla valutazione funzionale,
l’aggiornamento della cartella clinica, le ev. visite specialistiche, sugli esami ematochimici e
strumentali (sistematici ed al bisogno), sui vari interventi diagnostici e sui provvedimenti
terapeutici che si rendessero necessari durante la degenza.
3. Il servizio infermieristico Svolto da operatori professionali con una copertura sulle 24 ore,
quello dell’infermiere è un ruolo prioritario sia a livello sanitario che psico-assistenziale. È
tra le figure portanti dell’organizzazione, il tramite principale tra bisogni assistenziali
dell’Ospite e le evidenze sanitarie, ne comprende i procedimenti più propriamente assistenziali, quali la somministrazione dei farmaci prescritti dai medici, il monitoraggio dei
parametri, la prevenzione di ulcere da decubito, gli eventuali prelievi per esami diagnostici. Proprio in campo geriatrico l’IP supera il vecchio e riduttivo compito di “assistere
l’ammalato”, “controllare il sintomo”, per introdurre il nuovo ed espansivo compito di
“farsi carico della globalità della persona” e “prendersi cura del benessere psicofisico
dell’anziano”.
4. L’attività assistenziale Il ruolo dell’operatore sanitario si declina non solo attraverso l’aiuto
all’ospite nell’espletamento dei bisogni quotidiani, con funzione di supervisione, vigilanza
e controllo, ma soprattutto si traduce in capacità relazionali, di ascolto e di attenzione, con
disponibilità all’interazione attiva e alla gestione del tempo libero dell’anziano con attività
d’iniziativa autonoma (lettura del giornale, giochi, passeggiate in giardino, canti, balli,
giorno della bellezza, ecc.) o progettuali condivise (laboratori a progetto con l’educatrice o
la fisioterapista, o momenti di integrazione con le attività della Residenza Assistenziale).
L’operatore riceve ed esegue le indicazioni del medico e dell’infermiere professionale per
quanto attiene le problematiche sanitario-igieniche ed alimentari.
5. Il servizio di fisiokinesiterapia Il trattamento riabilitativo va sempre più assumendo un
ruolo centrale nell’attività assistenziale delle RSA. Distinguiamo nel servizio di fisioterapia,
la rieducazione funzionale e la riattivazione funzionale. La rieducazione funzionale prevede il controllo della menomazione, la reintegrazione della disabilità, la correzione
dell’handicap allo scopo di acquisire o mantenere autonomia e/o autosufficienza. Comprende pertanto, trattamenti terapeutici specifici, forniti dal personale specializzato, volti a
recuperare singole funzioni perdute a causa di una specifica malattia, tende al massimo recupero fisico, psichico e sociale, consentito dalle residue possibilità dell’individuo anziano.
La riattivazione comprende gli interventi generici di stimolo ed esercizio psicofisico rivolti
a contrastare il decadimento generale delle numerose funzioni nella persona anziana, utile
applicazione nella correzione delle ipocinesie (poco movimento). A tale scopo è stata istituita la “ginnastica di gruppo” con l’intento di incrementare la movimentazione e la socializzazione dell’ospite. L’attività di fisiokinesiterapia, svolta presso l’apposita palestra viene
effettuata dal lunedì al venerdì.
6. Il servizio socio-animativo I compiti del servizio comprendono l’accoglienza degli ospiti al
momento dell’ingresso in residenza previo contatto con i parenti per la compilazione della
scheda sociale dell’Ospite al momento dell’ingresso. Per aiutare la persona a valorizzare le
proprie capacità, conservare il mantenimento ed a volte il recupero dell’autonomia e
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dell’autostima, vengono promosse in laboratori ergoterapeutici, terapie occupazionali, stimolazione artistica, ludoterapia, comunicazione. Il progetto animativo prende in seria considerazione l’influenza dei fattori culturali, famigliari e sociali sul delicato equilibrio della
persona che invecchia, portata in qualche caso al disimpegno, alla rinuncia ed alla perdita
dell’autostima. Punti fondamentali di questo progetto sono:
-  Individuazione di strategie per il superamento delle passività comportamentali
dell’anziano ospite delle strutture residenziali;
-  Identificazione di modelli di intervento animativo a sostegno delle capacità funzionali e relazionali dell’anziano Ospite;
-  Valutazione dell’efficacia delle tecniche rispetto agli obbiettivi di mantenimento
ed eventuale recupero delle capacità funzionali e relazionali della persona anziana.
-  Coordinamento dei volontari che prestano la loro opera all’interno della residenza;
-  Contatti con il territorio (servizi sociali comunali, asl, altre strutture);
-  I laboratori sono molteplici e comprendono: il salone polivalente con l’area di pittura e disegno, ritaglio, collage, la lettura di quotidiani e libri, la proiezione di diapositive e/o film. l’organizzazione di spettacoli teatrali, l’ascolto di singoli strumenti, la presentazione di programmi radiofonici e televisivi, il gioco della tombola, del
cruciverba, etc.
Come detto, in questa struttura, mercoledì 4 marzo il coro, diretto da Filippo Moia, ha
tenuto un concerto nella sala polivalente presente al piano terreno.
I contatti con il Centro erano stati in precedenza
presi dalla nostra corista, Miranda Andreina,
tramite sua zia qui ricoverata.
Dopo avere preparato la strumentazione e provata l’acustica della sala con alcuni pezzi del
repertorio e dopo la presentazione del coro e
degli strumentisti fatta da un’animatrice del Centro e da Filippo, in una sala piena di ospiti, assistenti e parenti, alle 16.00 si è dato inizio al
concerto.
Erano presenti venti coristi accompagnati da
Mauro alle tastiere, Gaetano al clarinetto e Domenico alla batteria.
I brani eseguiti, tutti presentati da Filippo, sono
stati: “Santa Lucia”, “Ti voglio tanto bene”, “Creola”, “Fratello Sole sorella Luna”, “Signore delle
cime”, “La montanara” – con la voce solista di
Cristina, “La strada nel bosco”, “La spagnola” e
“Tu che mi hai preso il cuore”.
Sono stati eseguiti da Mauro anche alcuni ballabili come intermezzo ai suddetti brani eseguiti dal coro.
Posso dire che è stato un grande successo e che abbiamo raggiunto quegli obiettivi che il
coro si prefigge: partecipazione degli ascoltatori che cantavano con noi e … tanti applausi.
Siamo stati invitati a ritornare perché, come detto dalle animatrici, “abbiamo regalato un
pomeriggio di gioia a tutti e … non solo agli ospiti”.
Il pomeriggio si è concluso con un breve rinfresco (cosa piacevole), e con lo smontaggio
degli strumenti (cosa meno piacevole).
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Mostra di pittura ad olio, acquarello, disegno
e colore al palazzo Estense di Varese
I
Giuseppina Guidi Vallini
l giorno 7/3/2015, presso il Salone
Estense, dalle ore 10 alle 18, promossa dal Comune di Varese, si è
aperta la mostra di pittura ad olio, acquarello, disegno e colore, nell’intento di far conoscere ciò che si svolge nei molteplici corsi
amatoriali che si tengono presso i Centri di
incontro del Comune di Varese, e, tra questi in particolare i corsi di pittura ad olio, acquarello, disegno e colore, miscela magica
delle arti figurative che stimolano la fantasia
ed allenano al buon gusto.
Si usano le mani ma si dipinge col cervello e
il cuore.
I frequentatori dei corsi devono tenere in esercizio la mente, in un clima di distacco dalla
quotidianità e di dedizione appassionata e distesa. Tutto ciò giova allo spirito.
Le modalità operative del corso di pittura sono molteplici, ma essenzialmente rivolte alla
copia dal vero, in maniera che gli oggetti tradotti in pittura su una modesta tavoletta, possano suscitare un sincero godimento estetico ed appagare chi ha realizzato l’opera e chi
la osserva.
Stesso discorso per l’acquarello, dove il paesaggio e la figura umana sono motivo di ispirazione e dove, con una tecnica particolarmente difficile, prevale lo spirito creativo sul colore.
Tutte le allieve e gli allievi sanno sempre dire qualcosa col pennello e la tavolozza. Certo
si suol dire che artisti si nasce, ma
ciò non deve precludere alcun
tentativo. Tutti devono godere la
gioia della creatività nell’arte.
Il miglior risultato non consiste
tanto nel vedere realizzate garbate tavolette in cui siano riprodotti
oggetti, paesaggi o copie di quadri
d’autore, bensì nel constatare in
ogni allievo un miglioramento costante del buon gusto e del senso
critico.
I visitatori di questa mostra hanno
gradito ed apprezzato questa esposizione di quadri eseguiti da
giovani “allievi artisti”, guidati dai
valenti insegnanti:
Gianni BOTTER – Valentina CORTELLAZZI – Luciano CURAGI – Teresa FILIPPI.
Si pensa di ripetere nel futuro questa manifestazione con l’esposizione di ancora molteplici e sempre più creativi quadri.
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Attività svolte dall’A.V.A.
Pomeriggio di festa per il 24° anniversario
I
Giuseppina Guidi Vallini
l giorno 27/2/015, nel salone del Centro, è stato festeggiato il 24° anniversario della
fondazione dell’A.V.A.
Come ormai consuetudine, è stato invitato a portare un po’di allegria, un gruppo di
cabarettisti, composto quest’anno dal duo Ricky e Gigi, considerati 3x2 in quanto Ricky è
solito recitare parti sia di uomo che di donna. Ricky e Gigi “divertimento antistress con effetti collaterali alto rischio = effetto spacca ventrera”
Lo spettacolo ha riscosso molto successo nel pubblico presente: Gigi con la sua chitarra e
la sua voce, ha intonato diverse canzoni popolari provocando nostalgia, soprattutto con la
canzone “Amara terra” di Domenico Modugno e accompagnando di volta in volta il compagno di avventura nei suoi divertenti sketch proposti per lo più in dialetto.
Gli stessi sono stati ambientati nella casa di riposo “Hotel terminal” con riferimenti agli ospiti anziani di cui Ricky ha riportato il tenore di vita, soffermandosi soprattutto sulla loro
vita matrimoniale.
Molti applausi e risate da parte del pubblico a questo duo cabarettistico, vincitore di molti
primi premi per le loro divertenti parodie che portano in giro, soprattutto in Brianza, ideali
per serate a teatro, tra i tavoli delle feste del cotechino e dietro le sbarre di San Vittore.
Il Presidente Botter ha ringraziato Gigi e Ricky per l’ora che hanno fatto trascorrere così
lietamente, rivolgendo il suo grazie anche ai partecipanti alla festa, nel ricordo di 24 anni
di attività.
Il festeggiamento ha avuto termine con un rinfresco offerto dall’A.V.A.
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I laghi di varese
a cura di Maria Luisa Henry
Viaggiare in compagnia di Alberto PELLEGATTA con la descrizione dei luoghi più belli è
una cosa fantastica, specialmente quando descrive magnificamente le nostre bellezze
cittadine, delle Prealpi e i laghi che circondano Varese e dintorni.
D
al momento che sono sempre più praticate le vacanze vicine e non troppo costose, dalle gite fuoriporta alle settimane in agriturismi nostrani, sembra giusto riscoprire i gioielli più vicini a casa.
Un luogo che il turismo di massa non ha ancora snaturato, ma che offre notevoli attrazioni
è senza dubbio la zona dei laghi varesini. Tutto il territorio è attraversato da curati percorsi
ciclabili e da collegamenti tra diversi bacini.
Il lago di Varese si trova ai piedi
delle Prealpi e ha una profondità media di undici metri.
La sua superficie raggiunge i
quindici chilometri quadrati.
È conosciuto per la sua forma a
scarpa e la sua nascita geologica risale a circa 15.000 anni fa,
contemporanea a quella del vicino lago Maggiore, quando il
ritiro del ghiacciaio del Verbano
creò la vasta conca conosciuta
come il “grande lago”.
Unico emissario del sistema idrografico derivato dal grande
lago è il Bardello, che defluisce
a occidente nel Verbano.
Una delle notevoli caratteristiche del lago è la ricchezza del
patrimonio ittico, costituito da persici, lucci, anguille, carpe, tinche, alborelle, ma anche
semplici scardole, triotti, cavedani. A fine Ottocento furono introdotti il persico trota e il
persico sole. Nel Novecento, con l’inquinamento, sono arrivati carassi, pesci gatto, siluri e
persino i gamberi rossi della
Louisiana.
La nostra avventura può incominciare da Biandronno,
tenero borgo lacustre che si
affaccia sul lago varesino nel
punto dove ci si imbarca per
l’isolino Virginia. La grande
piazza del municipio e la
chiesa dall’abside appollaiato sul lago, racchiudono un
centro antico e diversi palazzi nobiliari, come la restaurata villa comunale Borghi o
Villa Letizia. – Dal pontile si può raggiungere l’isoletta paleolitica sede del museo naturalistico, dove i gestori dell’ottimo ristorante locale provvedono a trasbordarvi, includendo il
trasporto nel coperto. L’isolotto è probabilmente il sito di maggiore interesse del lago; ha
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cambiato nome diverse volte (isola di San Biagio, isola di Donna Camilla Litta) fino al
1878, quando il suo ultimo proprietario, Andrea Ponti, le diede il nome che conserva tuttora.
Nel 1863 un gruppo di studiosi ha ritrovato resti di civiltà palafitticole, ora conservati nel
museo. Lo scopo delle palafitte era quello di garantire sicurezza dagli animali selvaggi e
dalle inondazioni.
I liguri e i proto-celti vivevano soprattutto di agricoltura e allevamento. Alcune palafitte furono abitate dall’ultima fase del neolitico (4300 a.C.) fino all’età del bronzo (1000 a.C.)
Adagiata tra i bacini del lago di Varese e del lago di Comabbio, la torbiera Brabbia si estende invece per quasi 500 ettari ed è una riserva naturale. Alterna fitta vegetazione acquatica, canneti, salici e ontani. Dal 1994 la riserva è stata affidata alla LIPU. Sono circa
170 le specie di uccelli che la frequentano: tra le più difficili da incontrare sono la moretta
tabaccata e la canapiglia o il tarabuso e l’airone rosso.
A Biandronno c’è anche il lido vero e proprio, con un prato e il trampolino.
Da lì potrete scegliere se percorrere quattro chilometri nell’entroterra, costeggiando la torbiera fino alle spiagge dell’incantevole lago di Monate, oppure se percorrere l’intera pista
del lago di Varese, passando per Gavirate (antichissima cittadina che dava il nome al lago, luogo di raffinata pasticceria) o Schiranna, la spiaggia di Varese, dalla quale è possibile deviare verso la “città giardino” e proseguire verso il Sacro Monte, grande complesso
devozionale, costituito da un percorso in salita di due chilometri, durante il quale si incontrano quindici cappelle le cui statue raffigurano i misteri del rosario. –
Sotto i portici di corso Matteotti a Varese, invece, c’è la movida dei giovani. Imperdibile la
splendida collezione d’arte moderna e contemporanea di Villa Panza. Ma una pausa la
merita pure il chiostro di Voltorre, dove al complesso monastico si sono aggiunte, nei secoli, diverse corti contadine. L’attenzione per l’arte ha portato nelle sale del chiostro artisti
contemporanei molto importanti.
Potrete riposarvi a metà, nel porticciolo di Azzate (visitando il
santuario del lago) o proseguire
per Bodio Lomnago, e bere un
aperitivo in riva al lago, in uno
splendido hotel inaugurato per i
mondiali di ciclismo, mentre uno
scorcio panoramico del lago si
può godere dal belvedere di Azzate, borgo medioevale in cima
alla collina che degrada verso le
rive.
il balcone panoramico del castello vi toglierà il respiro: a destra le
Prealpi con il massiccio del
Campo dei Fiori e il Sacro Monte, a sinistra la Val Grande, il Sempione e il massiccio del Monte Rosa.E’ tutto comodo e vicino (da Biandronno a Gavirate sono venti minuti a piedi) ma se non
bastasse, andando verso la Svizzera, oltre alle imperdibili cittadine di Laveno e Luino –
con il particolarissimo museo d’arte di Maccagno – ci sono i laghi di Ghirla e Ganna, perfetti per un tuffo in ambienti incontaminati.
Tra gare nazionali e internazionali, la fascia centrale del lago di Varese è spesso attraversata dai canottieri.
Ovunque ci si trovi, poi, uscendo di casa non sarà necessario camminare molto per raggiungere uno dei boschi della zona.
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Frugando nei cassetti del passato
“C’è pane e pane”. Giancarlo Elli
Quando oggi entro in una panetteria, non finisco mai di stupirmi nel vedere la grande offerta di pane, di tutte le forme e dai vari sapori; si va dalla classica “michetta” al pane
all’olio, al ferrarese, al latte, con semi di finocchio, di sesamo, con olive, per finire con il
pane francese ed ora pure arabo. Una delizia per il palato; peccato che gli studenti che vi
entrano al mattino preferiscano acquistare un pezzo di focaccia o magari una pizzetta anche se fredda, rinunciando ad assaporare e gustare questo alimento prelibato.
Andando a ritroso nel tempo, ricordo quegli anni. A giorni prestabiliti le donne si recavano
al forno situato al limitare del Paese, con una carriola e sopra una “marna” dove avevano
impastato e fatto lievitare la farina, portando pure una fascina di legna perché tutte dovevano contribuire ad alimentare il fuoco nel forno.
Mentre le nostre mamme chiacchieravano in attesa del loro turno per infornare formose
pagnotte, noi bambini andavamo nei campi vicini a racimolare un po’ di frutta di stagione.
Le mamme che lo sapevano, nel fondo della marna conservavano un poco di pasta alla
quale venivano uniti fichi, uva o mele, formando delle piccole pagnotte dette “brusela”
piatta. Alla fine della cottura, venivano tolte dal forno e distribuite a noi bambini.
Per noi quel giorno era speciale, perché al posto di una fetta di pane magari raffermo di
10, 15 giorni, potevamo saziarci e gustare una vera leccornia… Altri tempi…
Temp da fàmm, temp da rèla,
ma s’erum povar e gh’eva la guera,
ma quela brusèla, anca se pogh
l’è pur sempar un bèll regord
Angolino dei nostri amici… mici
Max e l’essere sociale
A cura di Giuseppina Guidi Vallini
Salve, mi presento: sono Max. Mi diletto nel leggere saggi di filosofia e opere di
pensatori di ogni epoca, e, potete darmi retta, ne ho letto delle belle! Che strambi,
a volte, questi esseri umani! Sono capaci di dedicare una vita ad alcuni argomenti che, sinceramente, non ne valgono la pena. Ma si sa, ognuno ha il suo
hobby con cui perdere il tempo! Prendiamo ad esempio il fatto della società: ma
siamo proprio sicuri che esista? Il mio amico Oscar Wilde che aveva una reale
predilezione per la stirpe felina, era solito dire:”La società esiste solo come concetto mentale, nel mondo reale ci sono solo individui. Parole sante. E se poi ci fosse
davvero una qualche società, siamo sicuri che io mi dovrei abbassare a farne parte? Non so se mi sono spiegato. L’individualismo è la mia massima aspirazione di
comunità! Ma per dovere di cronaca, vi riporto solo alcune delle affermazioni che
mi sono ritrovato su quei grandi tomi che tengo nella mia libreria felina. Provate
a sentire un po’: “Il grande fascino del gatto è nel suo rampante egoismo, la sua
aria strafottente nei confronti delle responsabilità” (Robertson Davies) – “La società ha inizio a partire da due individui, quando il rapporto tra questi individui
modifica il loro comportamento” (Jean Piaget)