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Newsletter - Edizione n. 35 dell’11/17 ottobre 2011
Sommario
A CURA DI GUIDA AL DIRITTO
In questo numero
DIRITTO DI FAMIGLIA
Minori: sull’Europa "soffia il vento" delle tutele e l’Italia fa fatica nel rafforzare la protezione
Di Maria Giovanna Ruo - Presidente di CamMiNo-Camera Minorile Nazionale
Primo piano
CONGRESSO STRAORDINARIO CAMERE PENALI
Diritto di difesa e riforme: penalisti pronti allo sciopero, appello a Napolitano
dal nostro inviato Patrizia Maciocchi (Guida al Diritto) - 16 ottobre 2011
Sentenze del giorno
INGIURIA
Reato l'insulto sul luogo di lavoro davanti ai colleghi
Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 2011 n.37380
BANCAROTTA FRAUDOLENTA
Crac Parmalat: pena più severa per il revisore che diventa complice
Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 7 giugno-17 ottobre 2011 n.37370
ASSEGNO DI MANTENIMENTO
La moglie non può chiedere indagini tributarie sul marito se il giudice ritiene sufficiente la
documentazione acquisita
Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 13 ottobre 2011 n. 21173
CGUE
Aiuti di Stato, Italia condannata per non essersi insinuata nel passivo di New Interline
Corte di giustizia dell'unione europea - Sentenza 13 ottobre 2011 - Causa 454/09
ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE
Alle sezioni unite il compito di individuare le attività tipiche del commercialista e del ragioniere
Corte di cassazione - Sezione VI penale - Sentenza 28 settembre-13 ottobre 2011 n. 36951
IL RISARCIMENTO DEL DANNO
Anche il danno morale al passeggero che resta a terra o è trasferito su un altro volo
Corte di giustizia dell'Unione europea - Sentenza 13 ottobre 2011 - Causa C-83/10
5 ottobre 2011 n. 20365
A CURA DI LEX24
RESPONSABILITA'
Nella lite temeraria risarcimento anche senza prova del danno
Giovanni Negri, Il Sole-24 Ore Norme e Tributi 13 ottobre 2011 Pagina 19
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Più rischi per la lite temeraria. Chi agisce senza ragioni in giudizio e chi senza ragioni resiste a pretese
legittime può essere costretto a un risarcimento anche quando non esiste la prova concreta ed effettiva del
danno. Lo precisa la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 20995 delle Sesta sezione civile depositata ieri
(ndr. 12/10)
APPALTI PUBBLICI
L’apertura delle buste con le offerte tecniche deve svolgersi in seduta pubblica
Consiglio di Stato, 28 luglio 2011, n. 13 - Elio Leonetti, avvocato e collaboratore C.A.S.P. - (Lex24) 13
ottobre 2011
In una procedura di gara per l'affidamento di un appalto pubblico, l'operazione di apertura delle buste
contenenti le offerte tecniche deve essere effettuata in seduta pubblica. Tale operazione, infatti, come per la
documentazione amministrativa e per l'offerta economica, costituisce passaggio essenziale e determinante
dell'esito della procedura competitiva
MISURE DI SICUREZZA
La sopravvenuta infermità psichica del delinquente abituale in libertà vigilata e la trasformazione della misura
di sicurezza
a cura di Raponi Luca, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Numero 5 del 01/11/2011, pag. 47
Il giudizio di pericolosità, in quanto strettamente connesso agli indici di valutazione su cui esso di volta in
volta si fonda, trova la sua ragion d'essere in titoli diversi e comporta, in forza del principio di legalità,
l'applicazione o la sostituzione o il mantenimento o la trasformazione della misura di sicurezza prevista dalle
corrispondenti norme di riferimento
VIOLENZA DOMESTICA
Violenti fuori casa anche se la vittima non vuole
Castellaneta Marina, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi 10 ottobre 2011 - Pagina 53
Le misure di allontanamento obbligatorio per tutelare le vittime di violenze familiari possono essere imposte
ai colpevoli anche se le stesse vittime dichiarano di voler riprendere la coabitazione con i propri aguzzini. È il
principio stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea che, con la sentenza depositata il 15 settembre
2011 (causa C-483/09 e C-1/10)
Approfondimenti di Lex24
MARCHI E BREVETTI
Diritto d'autore in rete: quali tutele tra libertà d'espressione e copyright?
Deborah Bianchi, avvocato aderente al network legale CENDON & Partners - (Lex24) 18 ottobre 2011
TITOLI DI CREDITO
Responsabilità della banca per il pagamento di assegni falsificati e/o trafugati
Corte di Cassazione, Sezione III, Sentenza 4 ottobre 2011, n. 20292 - Rassegna di Giurisprudenza (Lex24
CONTRATTI
Contratti tipici sotto la lente della Corte Suprema
Corte di Cassazione, Sezione II, Sentenza 27 settembre 2011, n. 19757 - Rassegna di Giurisprudenza
(Lex24
GLI APPROFONDIMENTI DI LEX24
Mediazione e conciliazione: applicazione e disciplina
Lex24 - 12 ottobre
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
L'inabilitato non è garante
Selene Pascasi, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi 10 ottobre 2011 - Pagina 53 (Lex24)
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E D I T O R I A L E
DIRITTO DI FAMIGLIA
Minori: sull’Europa “soffia il vento” delle tutele
e l’Italia fa fatica nel rafforzare la protezione
DI
MARIA GIOVANNA RUO - Presidente di CamMiNo-Camera Minorile Nazionale
I
l sistema giuridico italiano delle relazioni familiari
tuali e si cercano soluzioni legislative e interpretative,
non risponde adeguatamente alla domanda di giunon è più possibile prescindere dalla prospettiva eurostizia che una società complessa, modificata e in
pea, per una serie di motivi tra i quali:
divenire richiede: non è solo la crisi del modello familia1) la mobilità di persone e nuclei familiari all’interno
re coniugale stabile, l’affermarsi della società “liquida”,
dell’Ue che implica un confronto tra modelli giuridici
l’evolversi in senso multietnico della società civile. È
delle relazioni familiari e una progressiva omogeneizzasoprattutto che - di fronte allo sgretolarsi delle relazioni
zione che, quando le relazioni concernono figli minori,
familiari - emerge prepotente la necessità della tutela
sta avvenendo sul piano della responsabilità genitoriale;
dei diritti dei soggetti vulnerabili, in sintonia con l’evol2) la crescente rilevanza della giurisprudenza delle
versi del pensiero giuridico europeo che pone i diritti
Corti europee anche in materia di famiglia e, in particofondamentali delle persone al centro del sistema. Gli
lare, della giurisprudenza della Corte europea dei diritti
avvocati che si occupano di relazioni familiari, chiamati
dell’uomo - fonte sub costituzionale secondo plurime
sempre più spesso a dare voindicazioni della Consulta ce a domande di giustizia che
formatasi soprattutto in relanon trovano risposta in un
zione all’articolo 8 della Concomplesso normativo lacunoettere a punto un’agenda dei diritti dei minori e della venzione di Roma.
so e rétro, lo sanno bene, perTutto ciò - e altro ancora famiglia alla luce delle indicazioni del Consiglio d’Euroché colgono la contraddizio- pa e della Commissione. È questo l’obiettivo del Congresso di rende lo spazio giuridico eune sul nascere. Il loro ruolo di CamMiNo-Camera Minorile Nazionale (Cmn), che si è svolto a ropeo realtà viva da cui non
cerniera tra società civile e San Felice Circeo a fine settembre. Tendenze evolutive del si può prescindere nella tutegiustizia li pone a contatto diritto di famiglia, processo civile familiare e minorile, esigen- la dei diritti. Né si può precon esigenze che non trova- ze psicologiche che emergono nei nuclei e difesa dei bambini scindere dalle indicazioni euno adeguata tutela: basti pen- vittime di reato sono stati gli argomenti messi a fuoco nel ropee nell’individuare le solusare alla mancata piena parifi- corso dell’Assise, in rapporto anche agli orientamenti emersi zioni possibili di riforma ai
cazione tra categorie di figli; all’interno delle Corti europee. A tracciare il bilancio dell’incon- problemi nell’ordinamento
alla negazione del rapporto tro è il presidente di Cmn, Maria Giovanna Ruo.
interno. In questa prospettidi filiazione per i cosiddetti
va, nell’incontro di studio pro“figli incestuosi”; alla assenza
mosso da CamMiNo, i nodi
di garanzie del processo minorile e al suo difficile percorcritici interni sono stati rivisitati alla luce delle indicazioso di adeguamento al dettato costituzionale del giusto
ni delle Linee guida del Consiglio d’Europa del (17 noprocesso.
vembre 2010) e dell’Agenda europea della CommissioNasce dalla constatazione dell’inadeguatezza dell’orne (15 febbraio 2011).
dinamento, dei troppi deficit di tutela, dalla “sofferenza
Le Guidelines on child friendly justice del Comitato
costituzionale” di non poter espletare pienamente il prodei ministro del Consiglio d’Europa indicano i principi
prio ruolo di difesa dei diritti, la riflessione condotta nel
in materia di giustizia che riguardi persone minori di
Congresso che CamMiNo-Camera Minorile Nazionale
età; in particolare «hanno a che fare con il posto e il
ha promosso a fine settembre, con apporto di autorevoruolo, così come il punto di vista, i diritti e i bisogni delle
le dottrina, interloquendo con istituzioni e altre profespersone minori di età in procedimenti giudiziari e in
sionalità e nella prospettiva europea.
quelli alternativi»; i principi dovrebbero essere applicati
Lo spazio giuridico europeo fa ormai parte della realalle situazioni in cui persone minori di età entrino in
tà della professione forense nel settore minori-famiglia
contatto a qualsiasi titolo con organismi competenti e
ed è presumibile che vi entri ancora progressivamente
servizi coinvolti in procedimenti civili, penali e amminifino a permearla. Se si esaminano dunque problemi atstrativi e riguardano:
Il tema della settimana
M
GUIDA AL DIRITTO
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DIRITTO DI FAMIGLIA
a) la necessità di loro partecipazione, diritto che ridello spazio europeo (bambini soldato, bambini oggetcomprende quello all’informazione;
to di traffico sessuale).
b) il criterio «of the best interest of the child» come
L’Eu Agenda sottolinea che alle persone minori deve
considerazione primaria in ogni questione che le coinessere garantita l’opportunità di far sentire la loro opivolga o concerna;
nione e partecipare alle decisioni che li concernono inc) la piena tutela della loro dignità: debbono esseformandole adeguatamente. Nonostante il diritto alre trattate con cura, sensibilità, correttezza, rispetl’ascolto nei procedimenti giudiziari abbia trovato la
to, con speciale attenzione alle loro situazioni persua consacrazione nel diritto convenzionale (legge
sonali, al loro benessere e alle loro specifiche con176/1991 e legge 77/2003), stenta a essere pienamente
dizioni;
attuato nei procedimenti giudiziari, nonostante le unid) debbono essere protette da discriminazioni;
voche indicazioni della Cassazione (n. 22238/2009; n.
e) il pieno rispetto della legge: il fatto che procedimen72802/2010; n. 1838/2011).
ti riguardino minori non può costituire motivo per miIl percorso di confronto e ricerca ha potuto individuanore applicazione delle garanzie processuali che debbore linee direttrici di ulteriori sviluppi, avvalendosi del
no essere pienamente attuate per locontributo della dottrina: Maria Gioro come agli adulti, compreso il diritvanna Cubeddu ha aperto trattando
to all’accesso con meccanismi approdelle tendenze evolutive del diritto di
La mobilità
priati, indipendenti ed effettivi.
famiglia e delle persone minori di età
delle persone
Le Guidelines sono documento proin Europa; sempre alla luce delle indie dei nuclei
grammatico, sprovvisto di valore norcazioni europee, Giuseppe Recinto si
all’interno
mativo, talvolta anche enfatico: tuttaè occupato della situazione italiana
dell’Unione
via costituiscono strumento impordel diritto civile sulle persone minori
tante nelle prospettive di riforma, podi età; Ferruccio Tommaseo ha esaimplica un maggiore
nendo la persona minore di età al cenminato i nodi problematici del proconfronto
tro del sistema giustizia quando la ricesso civile familiare e minorile italiatra modelli giuridici
guarda e disegnando o rafforzandone
no; Adelmo Manna ha considerato
e una progressiva
rappresentanza, difesa, diritto di pargli aspetti penalistici del minore autoomogeneizzazione
tecipazione con il potenziamento dei
re e vittima di reato. Tuttavia trattare
degli stessi
relativi istituti.
sul piano giuridico dell’interesse e diLa stessa Commissione Ue pone
ritti della persona minore di età e del
promozione e recepimento delle Guisuo processo, senza considerare le
delines come concreto obiettivo nel secondo documenimplicazioni che la tutela del suo benessere (inteso coto europeo considerato: An Eu Agenda for the rights of
me migliore tutela del suo sviluppo psico-fisico ex artithe child. L’incipit afferma che promozione e tutela dei
coli 2 e 3, 30, 32 della Costituzione) impone, sarebbe
diritti delle persone minori è obiettivo dell’Ue rafforzato
parziale, non consentirebbe la corretta impostazione
dal Trattato di Lisbona: la prospettiva dei loro diritti
della difesa sul piano deontologico/etico: questa la prodeve fare parte integrante di tutte le misure dell’Ue rispettiva di Paolo Capri che ha chiuso sulle esigenze psiguardanti i minori.
cologiche del minore nelle relazioni familiari anche sotIl documento indica azioni concrete tra cui:
to il profilo deontologico.
a) la costruzione di un sistema europeo di Child frienGli atti saranno pubblicati: in attesa, sintesi di relaziodly justice: cardini ne sono il diritto dei minori a partecini e dei lavori di gruppo - che hanno condotto la ricerca
pare ai procedimenti, che ha come corollari i diritti a
sui piani applicativi/interpretativi di aree problematiinformazione e accesso;
che (deontologia e formazione, tutela delle relazioni fab) le azioni europee per proteggere le persone minori
miliari, ascolto del minore, difesa nei procedimenti miin situazione di vulnerabilità individuando, oltre a tradinorili e di famiglia, persona minore vittima e autore di
n
zionali aree (minori a rischio di povertà, vittime di abureato) - sono in www.cameraminorile.com.
so e traffico sessuale, Rom, dispersi, soggetti a bullismo)
Per saperne di più:
anche di nuove quali quella dei minori esposti a spazio
digitale per le dipendenze che possono comportare;
www.cameraminorile.com
c) la protezione delle persone minori anche al di fuori
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A CURA DI GUIDA AL DIRITTO
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BREVETTI E INVENZIONI
Cgue: staminali, no al brevetto quando c'è la distruzione dell'embrione
Corte di giustizia dell'Unione europea - Sentenza 18 ottobre 2011 - Causa C-34/10
Francesco Machina Grifeo (Guida al Diritto)18 ottobre 2011
La Corte Ue fissa i paletti in materia di brevettabilità di medicinali ricavati da cellule staminali embrionali. E lo
fa stabilendo un principio generale per cui non è mai brevettabile un procedimento che comporta la
distruzione dell'embrione. Interpretando la direttiva europea 98/44/CE sulla protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche, i giudici di Lussemburgo, sentenza nella Causa C-34/10, hanno anche chiarito
che può essere oggetto di brevetto l’utilizzazione per finalità terapeutiche che si applichi all’embrione umano,
tuttavia, la tutela commerciale non può essere estesa alla ricerca scientifica che deve essere lasciata libera
dai vincoli imposti dalla disciplina sui brevetti.
Il caso concreto
Il caso parte da Oliver Brüstle, titolare di un brevetto del 1997, relativo a cellule progenitrici neurali “isolate e
depurate”, ricavate da cellule staminali embrionali umane utilizzate per curare malattie quali il Parkinson e di
cui esisterebbero già, secondo l’inventore, delle applicazioni cliniche.
Il rinvio alla Ue
Il Tribunale federale tedesco sui brevetti, su domanda presentata da Greenpeace, ne aveva dichiarato la
nullità in quanto esso aveva ad oggetto un procedimento che partiva da cellule staminali di embrioni umani.
La Cassazione adita dal sig. Brüstle ha rimesso la questione alla Corte di giustizia europea. In particolare, i
Supremi giudici tedeschi hanno chiesto all’Europa di specificare meglio la nozione di «embrione umano»,
non definita in senso tecnico dalla direttiva 98/44/CE, in modo da definire se l'esclusione della brevettabilità
dell'embrione riguardi tutti gli stadi della vita, a partire dalla fecondazione dell'ovulo, o se debbano essere
soddisfatte altre condizioni, ad esempio il raggiungimento di un determinato stadio di sviluppo
Nozione ampia
Secondo i giudici europei, dunque, la nozione di «embrione umano» deve essere intesa in senso ampio. E
cioè vi rientra qualsiasi ovulo sin dalla fase della sua fecondazione. Non solo: è «embrione umano» anche
l’ovulo non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e l’ovulo, sempre non
fecondato, indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi. In tutti questi casi infatti, la tecnica
utilizzata permette comunque di avviare quel processo di sviluppo che porta all’essere umano.
Fissati questi principi, la Corte ha chiarito anche che spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione
degli sviluppi della scienza, se le cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti
siano tali, o meno, da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano e, di conseguenza, rientrino
nella nozione di «embrione umano».
Ricerca sempre libera
Ampie le tutele per la ricerca. L’attività di indagine scientifica, infatti, non è soggetta a brevetti. Mentre è
ammissibile la brevettabilità delle utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali, ove riguardi
l’utilizzazione a fini terapeutici o diagnostici che sono utili all’embrione umano, ad esempio per correggere
una malformazione e migliorare le sue prospettive di vita.
Il discrimine della Corte
Nel caso specifico per i giudici di Lussemburgo siccome la produzione di cellule progenitrici neurali
presuppone la distruzione dell'embrione “Non escludere dalla brevettabilità una tale invenzione rivendicata
avrebbe la conseguenza di consentire al richiedente un brevetto di eludere il divieto di brevettabilità
mediante un’abile stesura della rivendicazione”. In conclusione, la Corte reputa che “un'invenzione non
possa essere brevettata qualora l’attuazione del procedimento richieda, in via preliminare, la distruzione di
embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza, anche ove, in sede di domanda di
brevetto, la descrizione di tale procedimento, come nel caso di specie, non menzioni l’utilizzazione di
embrioni umani”.
Il dispositivo della pronuncia
“Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
5
1) L’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 luglio 1998, 98/44/CE, sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, deve essere interpretato nel senso che:
- costituisce un «embrione umano» qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano
non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano
non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi;
- spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione degli sviluppi della scienza, se una cellula staminale
ricavata da un embrione umano nello stadio di blastocisti costituisca un «embrione umano» ai sensi dell’art.
6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44.
2) L’esclusione dalla brevettabilità relativa all’utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali
enunciata all’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44 riguarda altresì l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica,
mentre solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia
utile a quest’ultimo può essere oggetto di un brevetto.
3) L’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44 esclude la brevettabilità di un’invenzione qualora l’insegnamento
tecnico oggetto della domanda di brevetto richieda la previa distruzione di embrioni umani o la loro
utilizzazione come materiale di partenza, indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo e anche
qualora la descrizione dell’insegnamento tecnico oggetto di rivendicazione non menzioni l’utilizzazione di
embrioni umani.”
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BANCAROTTA FRAUDOLENTA
Crac Parmalat: pena più severa per il revisore che diventa complice
Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 7 giugno-17 ottobre 2011 n.37370
Crac Parmalat - Pena severa per il revisore che diventa complice: conseguenze devastanti
sull’economia globale
La “clamorosa disattenzione dei controlli istituzionali” e la “compartecipazione delittuosa” dei manager e del
revisore dei conti della Parmalat hanno prodotto il crac del colosso alimentare parmense.
La Corte di Cassazione - dopo aver confermato il 20 luglio scorso la condanna dell’ex patron Calisto Tanzi,
colpevole di aver frodato investitori e Consob - con la decisione di oggi si occupa delle responsabilità di due
amministratori e del revisore dei conti. E conferma anche quelle. Gli ermellini si allineano - salvo una
riduzione della pena di tre mesi per estinzione del reato di calunnia a carico di uno dei due manager – alla
sentenza della Corte d’Appello di Bologna, bollando i due come gregari di Tanzi in una struttura criminale di
cui non solo conoscevano gli obiettivi ma si adoperavano per raggiungerli.
Da revisore dei conti a cattivo consigliere - La pena più severa, di sette anni e quattro mesi, c’è stata per il
revisore dei conti che avendo eluso le delicate funzioni di controllo ha “assunto un ruolo fondamentale nella
genesi del dissesto”. Una debacle resa ancora più devastante dalla “clamorosa disattenzione dei controlli
istituzionali”. Il revisore – afferma la Cassazione – ha dismesso i panni dell’auditor per indossare quelli di un
“concorrente esterno” di Tanzi e dell’allora direttore finanziario “fungendo da suggeritore delle più accorte
strategie fraudolente che sarebbero valse a eludere la verifica dei nuovi controllori, alla scadenza ex lege,
del mandato della società di revisione di cui era partner. Un “advisor” tanto complice e accorto da consigliare
di sostituire il vulnerabile, sistema di occultamento delle perdite basato su una società con sede nelle isole
Antille con la sofisticata costituzione di una società nelle isole Cayman. Un “contenitore” che doveva
svolgere lo stesso ruolo di discarica delle società antilliane. La Cassazione ritiene che la pena esemplare sia
giustificata dal tradimento di un ruolo di garanzia che non è stato assicurato da chi, come il ricorrente, ha
cambiato casacca, trasformandosi da arbitro in giocatore in una partita disputata da una squadra che era
un’associazione a delinquere.
Il pericoloso trasformismo degli operatori di rating - La Suprema corte non perde l’occasione di trovare nel
fenomeno degenerativo delle analogie “con la recente cronaca “. Mettendo in guardia ancora una volta dal
trasformismo che avrebbe inquinato rilevanti settori dell’economia globale in cui “accreditati operatori di
rating, dal cui severo giudizio dipende la credibilità economica di grandi imprese e persino di interi Stati (per
la certificata capacità di far fronte agli impegni, cosiddetta solvenza) diventano a un certo punto, consiglieri
privilegiati del soggetto da controllare, suggerendo le iniziative strategiche più opportune per mantenere,
comunque, un determinato coefficiente di affidabilità tale da consentire, nonostante tutto una rassicurante
valutazione. Il controllore si pone dunque dalla stessa parte del soggetto che dovrebbe controllare”. Un
cambio di campo che se in altri ambiti è censurabile solo dal punto di vista deontologico, in economia –
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avverte la Cassazione - ha conseguenze devastanti per il tradimento delle aspettative di una platea
sconfinata di utenti: dagli investitori istituzionali ai piccoli risparmiatori.
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
La moglie non può chiedere indagini tributarie sul marito se il giudice ritiene sufficiente la
documentazione acquisita
Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 13 ottobre 2011 n. 21173
La ex moglie che chiede il riconoscimento dell’assegno di mantenimento non può imporre al giudice di far
effettuare indagini fiscali sull’ex marito se il magistrato ritiene sufficiente la documentazione acquisita.
Lo ha chiarito la prima sezione civile della Cassazione che ha respinto il ricorso di una signora nei confronti
dell’ex marito. La donna, che in sede di separazione personale dal coniuge aveva rinunciato all’assegno, ha
chiesto in seguito il riconoscimento dell’emolumento sulla base, a suo dire, delle mutate condizioni
economiche del marito. A questo proposito ha quindi sollecitato il giudice a svolgere indagini fiscali ad hoc
nei confronti dell’ex consorte.
La Corte d’appello prima e la Cassazione poi hanno però stabilito che i giudici non sono mai tenuti a disporre
ulteriori indagini di polizia tributaria relativamente alla situazione patrimoniale di uno dei due coniugi quando i
redditi dell’interessato risultano “ampiamente dalla documentazione fiscale acquisita agli atti”.
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CGUE
Aiuti di Stato, Italia condannata per non essersi insinuata nel passivo di New Interline
Corte di giustizia dell'unione europea - Sentenza 13 ottobre 2011 - Causa 454/09
L'Italia è venuta meno ai suoi obblighi in relazione a un aiuto di Stato per 2,75 milioni di euro concesso nel
2006, sotto forma di garanzia a un prestito bancario, alla New Interline, una società che nel frattempo è
fallita per non essersi adoperata per il recupero dello stesso nei termini richiesti dalla Commissione. Lo ha
stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza nella causa C-454/09.
L'Italia aveva concesso la garanzia il 13 febbraio 2006, cioè prima di essere notificata alla Commissione Ue
come aiuto al salvataggio il 23 febbraio di quell'anno. Da parte sua, la Commissione aveva concluso in
favore della compatibilità dell'aiuto al salvataggio con il mercato comune per un periodo di sei mesi e aveva
poi avviato un'indagine formale sull'operazione.
Nella sua decisione del 2008, quando la New Interline era già fallita, la Commissione aveva ricordato all'Italia
- tra l'altro - l'obbligo di iscrivere il proprio credito al passivo dell'impresa nell'ambito della procedura
fallimentare. L'Italia, si legge nel comunicato della Corte, ha ammesso di avere chiesto l'iscrizione al passivo
della società del credito relativo al recupero dell'aiuto solo il 31 ottobre 2008, cioè dopo la data di scadenza del 18 agosto 2008 - del termine di quattro mesi fissato dalla decisione della Commissione per adempiere
l'obbligo di recupero immediato dei fondi.
Ragione per cui "La Repubblica italiana, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutti i provvedimenti
necessari a garantire l’esecuzione della decisione della Commissione 16 aprile 2008, 2008/697/CE, relativa
all’aiuto di Stato C 13/07 (ex NN 15/06 e N 734/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di New Interline, è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 249, quarto comma, CE nonché 2 e 3 della
suddetta decisione".
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ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE
Alle sezioni unite il compito di individuare le attività tipiche del commercialista e del ragioniere
Corte di cassazione - Sezione VI penale - Sentenza 28 settembre-13 ottobre 2011 n. 36951
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Alle sezioni unite l’arduo compito di individuare le attività che possono essere svolte da chi non è iscritto
all’albo dei commercialisti o dei ragionieri, senza incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione.
La sesta sezione penale con la sentenza 36951 ammette la confusione sul punto creata da indirizzi
giurisprudenziali diametralmente opposti e affida alla composizione collegiale la scelta tra l’indirizzo più
restrittivo e quello più permissivo.
L’orientamento restrittivo - L’occasione per chiedere un definitivo chiarimento sull’annoso contrasto creato
dai diversi indirizzi è arrivata con la condanna per esercizio abusivo della professione impartita dalla Corte
d’Appello al ricorrente che, senza essere iscritto agli albi compilava denunce dei redditi e dell’Iva. Il verdetto
dei giudici di merito era basato sull’orientamento “punitivo” (Sezione VI sentenza n49 del 2003) che fa
scattare il reato non solo nel caso siano compiuti gli atti tipici della professione ma anche nell’ipotesi che si
compiano gli atti cosiddetti caratteristici strumentalmente connessi ai primi a condizione che vengano
compiuti in modo continuativo e professionale. Per i giudici di secondo grado che richiamano la decisione
della Cassazione devono essere considerate off-limits non solo l’elenco tassativo delle attività indicate nella
seconda parte dell’articolo 1 del Dpr 106871953 che regola la professione di ragioniere e perito
commerciale, ma il divieto di esercizio va esteso anche alle attività “relativamente libere” indicate dalla prima
parte della stessa norma.
L’indirizzo più permissivo - La condanna ha portato il “finto” commercialista a fare ricorso in cassazione
confidando nella sua assoluzione in virtù di quanto previsto dal Supremo collegio con la sentenza 13124 del
2001 che considera lecito tutto ciò che non è vietato. Un verdetto in cui gli ermellini, sempre della sesta
sezione, sono stati più di “manica larga” escludendo il reato per le attività non espressamente riservate - in
deroga al principio costituzionale della libera esplicazione del lavoro – dalla normativa in materia. Dalla
punibilità resta – in base a questo indirizzo – esclusa la compilazione di denunce dei redditi e dell’Iva.
La Cassazione prende atto della necessità di dare una risposta univoca e la chiede alle sezioni unite.
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IL RISARCIMENTO DEL DANNO
Anche il danno morale al passeggero che resta a terra o è trasferito su un altro volo
Corte di giustizia dell'Unione europea - Sentenza 13 ottobre 2011 - Cuasa C-83/10
Danno morale e materiale al passeggero che resta a terra per il volo cancellato, un indennizzo che spetta
anche a chi, pur imbarcato, è costretto a tornare alla base per un problema dell’aereo.
L’ampliamento della tutela - La Corte di giustizia con la sentenza C-83/10 amplia la tutela nei confronti dei
viaggiatori e fornisce un’interpretazione estensiva del concetto di “cancellazione”, considerando annullati
anche i voli che partono ma non raggiungono la destinazione originaria. Ma non solo, per i giudici di
Lussemburgo, il diritto al risarcimento del danno morale e materiale scatta anche nel caso il viaggiatore sia
“dirottato” su un altro volo in un tempo diverso rispetto a quello inizialmente programmato.
Le norme comuni - Per quantificare quando e quanto il pregiudizio vada risarcito il punto di riferimento è il
Regolamento 261 del 2004 che stabilisce le misure comuni a tutti gli Stati europei che le compagnie sono
tenute a rispettare in caso di negato imbarco, cancellazione o ritardo prolungato. Nello stesso Regolamento
è affermato anche il diritto del passeggero “in panne” a un risarcimento supplementare detraibile da quello
fissato dalla norma. A quantificare la somma è la Convenzione di Montreal che limita a circa 4.750 euro la
responsabilità del vettore.
Il ruolo del giudice nazionale - Una possibilità di risarcimento che Corte di giustizia allarga anche al danno
morale, lasciando al giudice nazionale il compito di valutare, nel rispetto della Convenzione, la possibilità di
concedere il risarcimento supplementare in caso di inadempimento del vettore.
Ulteriore onere per le compagnie che vengono meno al loro dovere di sostenere il passeggero del
passeggero lasciato a terra o trasferito su un altro volo - dall’obbligo di rimborso del biglietto alle spese di
alloggio e di trasferimento – è quello di risarcire per la “svista” i passeggeri. Indennizzo previsto dal
Regolamento e che non può dunque essere considerato “supplementare”
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A CURA DI LEX24
RESPONSABILITA'
Nella lite temeraria risarcimento anche senza prova del danno
Giovanni Negri, Il Sole-24 Ore Norme e Tributi 13 ottobre 2011 Pagina 19
MILANO
Più rischi per la lite temeraria. Chi agisce senza ragioni in giudizio e chi senza ragioni resiste a pretese
legittime può essere costretto a un risarcimento anche quando non esiste la prova concreta ed effettiva del
danno. Lo precisa la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 20995 delle Sesta sezione civile depositata ieri. I
giudici si sono trovati ad affrontare un caso di rigetto della domanda di risarcimento del danno da lite
temeraria perché non era stata data effettiva dimostrazione della lesione subìta per effetto della condotta
processuale della controparte. La Corte però svolge un ragionamento che, tenendo presente quanto
affermato dalle Sezioni unite civile con la sentenza n. 3057 del 2009, suona a monito dei comportamenti
processuali avventati.
Per i giudici infatti qui non si tratta di riconoscere «un danno in re ipsa, il che sarebbe contrario alla logica
della necessaria individuazione del danno come danno conseguenza», quanto piuttosto di prendere atto,
secondo quanto avviene in base alla comune esperienza, che subire iniziative giudiziarie o resistenze
temerarie a pretese giudiziali, comporta una lesione certa che sta nello scarto tra la liquidazione delle spese
giudiziali, che risponde a tariffe predeterminate e, per gli onorari, comporta una discrezionalità del giudice
nella liquidazione, e quanto invece normalmente riconosciuto tra cliente e difensore. Insomma, la parte
vittoriosa, che pure si vede liquidare le spese giudiziali, subisce una perdita economica per la parte in più
che avrà riconosciuto al difensore.
« In quest'ottica – conclude la Corte sul punto – una volta riconosciuta la temerarietà della lite (...) in
mancanza di dimostrazione di concreti e specifici danni patrimoniali conseguiti al suo svolgimento, è
giustificabile che il giudice, avuto riguardo a tutti gli elementi della controversia, ed anche alle spese
giudiziali che concretamente competerebbero alla parte vittoriosa, attribuisca alla parte vittoriosa il
riconoscimento di un danno patrimoniale procedendo alla sua liquidazione in via equitativa».
Di più, la Corte riconosce anche un danno di natura non patrimoniale che può essere subìto dalla parte
vittoriosa, a causa dello stress psicofisico cui è stata sottoposta nel corso del procedimento. Un danno che
trova ragione anche alla luce di quanto previsto dalla Costituzione in materia di ragionevole durata del
processo.
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APPALTI PUBBLICI
L’apertura delle buste con le offerte tecniche deve svolgersi in seduta pubblica
Consiglio di Stato, 28 luglio 2011, n. 13 - Elio Leonetti, avvocato e collaboratore C.A.S.P. - (Lex24) 13
ottobre 2011
Contratti della pubblica amministrazione – Appalti pubblici - Apertura buste contenenti le offerte tecniche –
Seduta pubblica – Obbligo - Sussiste
In una procedura di gara per l’affidamento di un appalto pubblico, l’operazione di apertura delle buste
contenenti le offerte tecniche deve essere effettuata in seduta pubblica. Tale operazione, infatti, come per la
documentazione amministrativa e per l’offerta economica, costituisce passaggio essenziale e determinante
dell’esito della procedura competitiva e richiede quindi di essere presidiata dalle medesime garanzie a tutela
degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento.
Il caso
La decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato trae origine da un giudizio di appello nell’ambito
del quale era stata censurata la sentenza TAR Sardegna n. 2299/2010, per aver il giudice di primo grado
ritenuto illegittima la clausola del bando di gara d’appalto che prevedeva l’apertura delle buste contenenti le
offerte tecniche in seduta riservata. Il TAR Sardegna aveva infatti accolto il ricorso con il quale si era
sostenuto che all’apertura delle buste delle offerte tecniche, come per quelle contenenti la documentazione
amministrativa e l’offerta economica, avrebbe dovuto procedersi in seduta pubblica.
Il Consiglio di Stato (Sez. V), rilevando che la questione dell’apertura in seduta pubblica delle buste
contenenti le offerte tecniche nelle gare d’appalto ha dato luogo a numerose oscillazioni giurisprudenziali tra
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le diverse sezioni del Consiglio di Stato, ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria con decisione 12
maggio 2011 n. 2846.
Come evidenziato nella predetta decisione, infatti, secondo un primo indirizzo l’obbligo di pubblicità delle
sedute delle commissioni di gara riguarda esclusivamente la fase dell’apertura dei plichi contenenti la
documentazione amministrativa e l’offerta economica dei partecipanti e non anche la fase di apertura e
successiva valutazione delle offerte tecniche. Secondo un altro indirizzo, invece, devono svolgersi in seduta
pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di
documentazione amministrativa sia che si tratti di documentazione in materia di offerta tecnica ed
economica.
La decisione
Al fine di risolvere la questione sottoposta, all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha dovuto chiarire se
l’operazione di apertura della buste contenenti l’offerta tecnica in seduta riservata sia suscettibile o meno di
determinare la violazione di una regola imposta dalla disciplina legale dell’affidamento dei contratti pubblici.
Al riguardo, in linea con il secondo degli orientamenti della giurisprudenza amministrativa sopra illustrati, il
Consiglio di Stato ha preliminarmente evidenziato che la verifica dell’integrità dei plichi non esaurisce la sua
funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, essendo destinata
anche a garantire che la documentazione prodotta dai concorrenti trovi correttamente ingresso nella
procedura di gara. Ed infatti, la pubblicità delle sedute della commissione di gara risponde all’esigenza di
tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti (ai quali deve essere consentito di effettuare gli
opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere in tal modo la garanzia che non siano
successivamente intervenute indebite alterazioni), ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed
all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex
post una volta aperti i plichi (e cioè in mancanza di un riscontro immediato).
Ad avviso dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, tale regola costituisce corretta interpretazione dei
principi comunitari e nazionali di trasparenza e pubblicità nelle gare d’appalto per i pubblici appalti ed opera
anche in relazione all’apertura della busta dell’offerta tecnica. Tale operazione, infatti, così come per la
documentazione amministrativa e per l’offerta economica, costituisce passaggio essenziale e determinante
dell’esito della procedura competitiva, e richiede pertanto di essere presidiata dalle medesime garanzie, a
tutela degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento. Alla luce di quanto precede, pertanto,
anche le buste contenenti le offerte tecniche devono essere aperte in seduta pubblica.
Al riguardo, l’Adunanza Plenaria ha inoltre precisato che gli argomenti che depongono in senso contrario alla
tesi della necessità della seduta pubblica per l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche, non sono
idonei ad inficiare la validità della predetta tesi. In particolare, ad avviso del Consigli di Stato, devono infatti
essere disattesi i rilievi in forza dei quali l’obbligo di apertura in seduta pubblica dell’offerta tecnica: (i) non
avrebbe alcuna base normativa; (ii) comporterebbe inutili aggravamenti della procedura; (iii) contrasterebbe
con l’evoluzione della disciplina delle gare di appalto; (iv) realizzerebbe una indebita anticipazione
dell’accesso agli atti della procedura, in violazione dei precetti di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 163/2006.
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MISURE DI SICUREZZA
La sopravvenuta infermità psichica del delinquente abituale in libertà vigilata e la trasformazione
della misura di sicurezza
a cura di Raponi Luca, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Numero 5 del 01/11/2011, pag. 47
La misura di sicurezza della libertà vigilata applicata in conseguenza della dichiarazione di abitualità nel
reato non può essere sostituita, per sopravvenuta infermità psichica, con la misura del ricovero in casa di
cura e custodia.
Corte di Cassazione Sezioni Unite Penali, sentenza del 15 settembre 2011, n. 34091
Titolo della dichiarazione di pericolosità sociale – Applicazione della corrispondente misura di sicurezza –
Sostituzione o trasformazione della misura applicata con altra corrispondente ad un diverso titolo di
pericolosità - Illegittimità
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Il giudizio di pericolosità, in quanto strettamente connesso agli indici di valutazione su cui esso di volta in
volta si fonda, trova la sua ragion d'essere in titoli diversi e comporta, in forza del principio di legalità,
l'applicazione o la sostituzione o il mantenimento o la trasformazione della misura di sicurezza prevista dalle
corrispondenti norme di riferimento.
L'art. 212 c.p.. disciplina il caso della persona che, sottoposta a misura di sicurezza detentiva o non
detentiva per un titolo diverso dalla infermità psichica, sia colpita da tale patologia durante l'esecuzione della
misura.
L'art. 231 c.p. regolamenta gli effetti che conseguono alla trasgressione degli obblighi imposti al libero
vigilato, dichiarato pericoloso per un titolo diverso dalla infermità psichica.
L'art. 232 c.p. non è norma speciale rispetto all'art. 231 c.p. e disciplina - tra l'altro - la diversa ipotesi della
persona che, dichiarata pericolosa per infermità psichica e sottoposta alla libertà vigilata per tale titolo,
manifesta, in corso di esecuzione della misura, nuovi sintomi di una più accentuata pericolosità, sì da
rendere inadeguata la misura non detentiva in atto e da legittimarne la sostituzione con il ricovero in casa di
cura e custodia.
La misura di sicurezza della libertà vigilata applicata per effetto della dichiarazione di abitualità nel reato non
può essere sostituita, per sopravvenuta infermità psichica, con la misura del ricovero in casa di cura e
custodia, non operando in tale ipotesi la disposizione di cui all'art. 232, comma terzo, c.p.
SINTESI NORMATIVA
In ragione della loro attitudine ad incidere significativamente sui diritti fondamentali dell'individuo, le misure di
sicurezza sono sottoposte al principio di legalità sancito dal codice penale e confermato dall'art. 25, comma
terzo, della Costituzione.
Alla perentoria affermazione di tale principio corrisponde, tuttavia, un impianto normativo che non sembra
del tutto coerente rispetto ad esso.
Già nella fase applicativa, infatti, si registra una evidente flessione in punto di tassatività con riguardo al
presupposto soggettivo delle misure di sicurezza di cui all'art. 202 c.p. Non può sfuggire, innanzitutto, come
l'accertamento della “pericolosità sociale” si risolva in un giudizio prognostico sul rischio di recidiva che non
appare coperto da adeguate leggi scientifiche. Del resto, il legislatore non ha elaborato degli indici alla
stregua dei quali indurre la conoscenza dello stato di pericolosità né ha dato al giudice degli strumenti
appropriati per accertarne l'esistenza dovendosi ritenere, a tal fine, insufficienti i parametri dell'art. 133 c.p.,
cui espressamente rinvia il secondo comma dell'art. 203 c.p.; resta, invece, sbarrata, a mente dell'art. 220
c.p.p., la possibilità di avvalersi di perizie criminologiche. La carenza appena evidenziata, probabilmente,
non è sfuggita ai codificatori del 1930 che, però, ritennero di colmarla, almeno parzialmente, con la
previsione delle fattispecie di pericolosità presunta, juris et de jure, di cui all'art. 204 c.p., poi abrogate nel
1986 perché inconciliabili con le necessarie garanzie individuali così come affermato a più riprese dalla
Corte Costituzionale. Permangono, invece, nel sistema, tre ipotesi di pericolosità c.d. speciale da accertarsi
in concreto e corrispondenti ai tre tipi criminologici del delinquente abituale, professionale e per tendenza.
In ogni caso, consapevole del rischio di accertamenti arbitrari della pericolosità, il legislatore ha affiancato ad
essa il presupposto oggettivo, costituito dalla previa commissione di un fatto preveduto dalla legge come
reato da parte del soggetto da sottoporre alle misure di sicurezza. Ciò stride con la funzione
specialpreventiva delle misure giacché ne aggancia l'applicabilità ad eventi passati tanto che la dottrina
valorizza il pregresso reato quale indice rivelatore della pericolosità con una lettura che, seppur autorizzata
dalla “circolarità” degli articoli 202 e 203 c.p., finisce per ibridare il presupposto soggettivo con quello
oggettivo. Quest'ultimo, poi, si rivela inidoneo a svolgere compiutamente una funzione di garanzia ed anzi
presta il fianco ad applicazioni “a maglie larghe” giacché può essere integrato anche da quasi reati o da fatti
che, qualora commessi da soggetti non imputabili, devono essere tipici ed antigiuridici senza necessità,
però, che siano anche colpevoli.
Neppure può essere sottovalutato il fatto che, pur prevedendone tassativamente i tipi, il legislatore ha
talvolta omesso di predeterminare i contenuti concreti delle misure di sicurezza; ciò è vero, in primis, per la
libertà vigilata visto che il codice non contiene l'elencazione delle possibili prescrizioni a carico del soggetto
pericoloso né possono supplire ad esse i limiti “negativi” imposti dall'art. 190 disp. att. c.p.p. Del pari, la legge
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non specifica in cosa consistano esattamente le misure che, rivolte agli infermi di mente, coniugano la
componente custodiale con quella terapeutica; ciò ha spinto il legislatore ad escludere la competenza del
giudice ad adottare provvedimenti in punto di trattamento della malattia psichica che, se presi in caso di
indifferibile urgenza ex art. 73 c.p.p., sono, comunque, destinati a caducarsi, se non alternativi alla custodia
in carcere, una volta che il soggetto pericoloso sia stato preso in carico dalle competenti autorità sanitarie.
Se il principio di legalità non sembra compiutamente rispettato dalle norme che disciplinano l'applicazione
delle misure di sicurezza, neppure può dirsi totalmente soddisfatto con riguardo alle modalità della loro
esecuzione.
Innanzitutto, in questa seconda fase, appare compresso il principio di irretroattività giacché, a mente dell'art.
200 c.p., se la legge del tempo in cui la misura fu applicata è diversa da quella del tempo in cui deve essere
eseguita, si applica quest'ultima. Anche volendo dare una lettura costituzionalmente orientata della norma,
limitandone al minimo la portata, non si può escludere la possibilità di veder eseguita una misura di
sicurezza, già prevista ed applicata ad un certo soggetto, con modalità assolutamente nuove e, in ipotesi,
più sfavorevoli a chi vi è sottoposto, quand'anche maggiormente efficaci sotto il profilo della prevenzione.
L'esecuzione delle misure di sicurezza è, poi, condizionata, in maniera determinante, dal fatto che la
pericolosità altro non è che un modo di essere del soggetto che vi soggiace così che essa è, assieme a lui,
in continuo divenire e può evolvere in forme più acute o, al contrario, regredire fino a scomparire del tutto. Le
misure di sicurezza debbono necessariamente adeguarsi a questa mutevole realtà quand'anche ciò comporti
il ridimensionamento di alcuni principi di garanzia; così accade, ad esempio, riguardo al ne bis in idem che,
pur applicabile in linea generale nel procedimento di sorveglianza, si traduce in una preclusione da giudicato
attenuata giacché quest'ultimo opera, qui, rebus sic stantibus così che non impedisce, una volta esauriti i
propri effetti, di procedere ad una rivalutazione della pericolosità del soggetto ed alla conseguente
applicazione di una nuova misura. Va da se che, per questa via, si svuota di contenuto la garanzia
rappresentata dalla c.d. “giurisdizionalizzazione” del processo di sicurezza voluta dalla Corte Costituzionale
proprio per compensare la parziale perdita di legalità che caratterizza la disciplina delle misure
specialpreventive.
Comunque sia, risultano chiaramente informate alla dinamica della pericolosità, per esempio, le norme
relative alla durata delle singole misure che, proprio per questo, non contemplano un limite massimo.
L'adattamento della misura applicata alla situazione di fatto conosce, però, la sua più evidente realizzazione
nelle norme che ne disciplinano la sostituzione e la trasformazione; il riferimento è, in particolare, agli art.
212, 231 e 232 c.p. di cui si sono fatte interpreti le SS.UU. della Suprema Corte al fine di stabilire entro quali
limiti essi abilitino il giudice al mutamento della misura stessa così da evitare un ulteriore superamento del
principio di legalità e della sua funzione di garanzia.
IL COMMENTO
Le Sezioni Unite sono state chiamate ad interpretare l'art. 232 c.p. e, in particolare, il terzo comma di tale
disposizione che disciplina, fra l'altro, il caso del soggetto infermo di mente, in stato di libertà vigilata, che si
riveli di nuovo pericoloso prevedendo, al ricorrere di tale ipotesi, che la misura originariamente applicata sia
sostituita con il ricovero in una casa di cura e custodia.
In particolare, la Sezione rimettente ha chiesto che fosse chiarito se un tale provvedimento possa essere
preso anche nei confronti del delinquente abituale che, originariamente sottoposto alla libertà vigilata, venga
successivamente colpito da infermità psichica.
L'attività ermeneutica svolta dalla Suprema Corte muove dalla ricognizione dei diversi titoli che legittimano la
specialprevenzione giungendo ad affermare che a ciascuno di essi il legislatore ha abbinato una specifica
misura di sicurezza; per questo motivo la sostituzione e la trasformazione di quest'ultima sono rette da criteri
tassativi, predeterminati in ossequio al principio di legalità. Così stando le cose, l'accertamento di un
determinato titolo di pericolosità sociale vincola il giudice all'applicazione della corrispondente misura di
sicurezza che, salvi i casi di legge, non può essere sostituita con un'altra qualora il soggetto che vi è
sottoposto divenga pericoloso per una diversa ragione. Ciò vale, in particolar modo, per il caso in cui le due
misure siano legittimate, rispettivamente, dalla pericolosità derivante dalla notevole attitudine al crimine e da
quella conseguente all'infermità psichica; si tratta, infatti, di due titoli che la legge ha inteso tenere ben distinti
come dimostra il fatto che, al ricorrere del secondo, l'art. 108 c.p. sbarra la possibilità di dichiarare
delinquente per tendenza il soggetto che ne è portatore.
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La regola appena enucleata conosce quale unica eccezione l'art. 212 c.p. che, al secondo comma,
contempla l'ipotesi di trasformazione della misura di sicurezza applicata ad un soggetto imputabile nella
misura correlata all'infermità psichica; dispone, infatti, la norma appena richiamata che se nel corso
dell'esecuzione di una misura di sicurezza detentiva (colonia agricola o casa di lavoro), il soggetto che vi è
sottoposto diviene infermo di mente, allora il giudice sostituisce la misura in atto con quella dell'ospedale
psichiatrico o della casa di cura e custodia. Cessata l'infermità psichica, accertata ex novo la pericolosità del
soggetto, il giudice può ripristinare la precedente misura o disporre la libertà vigilata se le esigenze
specialpreventive si sono attenuate. L'eccezione portata dall'art. 212 c.p. si giustifica, del resto, almeno in
parte, in considerazione dell'omogeneità delle due misure di sicurezza (quella originaria e quella in cui essa
è trasformata) essendo entrambe di tipo detentivo.
Se, invece, la misura originariamente in atto è quella della libertà vigilata, avente carattere personale non
detentivo, allora la possibilità di mutarla in una misura diversa va verificata alla luce degli art. 231 e 232 c.p.
La prima delle due disposizioni disciplina le conseguenze della trasgressione degli obblighi imposti al libero
vigilato prevedendo, in prima battuta, che egli debba prestare una cauzione di buona condotta. Qualora ciò
non avvenga o la violazione delle prescrizioni sia reiterata ovvero di particolare gravità, allora il giudice potrà
disporre che il soggetto pericoloso sia assegnato a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
E' di tutta evidenza che l'art. 231 c.p. ha quali destinatari i soggetti dichiarati pericolosi per un titolo diverso
dall'infermità psichica che viene, invece, in rilievo a mente del terzo comma dell'art. 232 c.p.; tale
disposizione prevede, come già ricordato, che qualora il soggetto che ne è affetto si riveli di nuovo [rectius
ulteriormente e maggiormente] pericoloso nonostante la misura della libertà vigilata che gli è stata applicata,
allora questa è sostituita con il ricovero in una casa di cura e di custodia.
Così stando le cose, la norma da ultimo richiamata, regolando l'ipotesi di aggravamento della infermità
psichica, opera solo quando è necessario rivedere il giudizio di pericolosità in precedenza formulato, ed è
speciale rispetto all'art 212 c.p. che disciplina l'infermità psichica sopravvenuta in un soggetto sano.
Contrariamente a quanto in precedenza ritenuto dalla stessa Corte di Cassazione, non sussiste,invece,
alcun rapporto di specialità fra l'art. 232, terzo comma, c.p. e l'art. 231 c.p. che opera in un distinto ambito
prevedendo l'inasprimento della misura di sicurezza in atto a causa della violazione delle sue modalità
esecutive e non in ragione del peggioramento delle condizioni di igiene mentale del vigilato.
Conclusivamente, la trasgressione degli obblighi imposti con la libertà vigilata non costituisce manifestazione
di una sopravvenuta infermità mentale tale da determinarne la sostituzione della misura in atto con quella del
ricovero in casa di cura o di custodia, obliterando il necessario accertamento giudiziale di tale nuovo
presupposto.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
- Per la tesi respinta dalle Sezioni Unite v.: Cass. pen., sez. I, 27 ottobre 2007, n. 39498, Servadei, in Riv.
pen., 2007, p. 831.
- Per la tesi accolta dalle Sezioni Unite: non si rinvengono precedenti.
VIOLENZA DOMESTICA
Violenti fuori casa anche se la vittima non vuole
Castellaneta Marina, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi 10 ottobre 2011 - Pagina 53
Le misure di allontanamento obbligatorio per tutelare le vittime di violenze familiari possono essere imposte
ai colpevoli anche se le stesse vittime dichiarano di voler riprendere la coabitazione con i propri aguzzini. È il
principio stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea che, con la sentenza depositata il 15 settembre
2011 (causa C-483/09 e C-1/10), dà il via libera a norme interne che rafforzano la protezione delle vittime di
abusi o maltrattamenti anche contro la loro volontà. Questo perché il potere repressivo dello Stato, in questi
casi, non è funzionale solo a tutelare le vittime dirette, ma anche a proteggere la collettività.
Alla Corte di giustizia si erano rivolti i giudici spagnoli. Due uomini erano stati condannati per maltrattamenti
nei confronti delle proprie mogli. In aggiunta, il tribunale penale aveva disposto il divieto di avvicinamento
alle vittime per circa 16 mesi. I due, in realtà, avevano ripreso a coabitare con le proprie compagne le quali
avevano dichiarato di voler continuare a vivere con i rispettivi mariti. Il Tribunale provinciale di Tarragona ha
chiesto ai colleghi di Lussemburgo se la decisione quadro 2001/220/Gai relativa alla posizione della vittima
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nel procedimento penale impedisca agli Stati di adottare una legislazione nazionale che imponga al giudice
di applicare, nei casi di maltrattamento familiare, un provvedimento di allontanamento nei confronti
dell'autore delle violenze anche contro la volontà della vittima.
Prima di tutto – ha precisato la Corte Ue – va chiarito che la decisione quadro punta a rafforzare la tutela
delle vittime nello spazio Ue, pur lasciando liberi gli Stati nell'individuazione delle sanzioni per gli autori di
violenze familiari. È vero, infatti, che l'atto Ue riconosce numerosi diritti alle vittime inclusa la possibilità di
poter prendere parte al procedimento penale e di poter esprimere la propria opinione, ma questo non
impedisce di prevedere, negli ordinamenti interni, una misura di allontanamento obbligatoria anche contro la
volontà delle stesse vittime. In questo modo, è infatti garantito l'obiettivo perseguito nell'atto Ue ossia la loro
protezione.
Assicurata la possibilità per le vittime di rendere una deposizione nel processo penale che può anche valere
come prova, gli Stati sono liberi di scegliere le forme e le modalità delle pene da infliggere ai colpevoli.
D'altra parte, osservano gli eurogiudici, è necessario tener presente che l'esercizio del potere repressivo
degli Stati in questo contesto «è volto a proteggere non solo gli interessi della vittima come questa li
percepisce, bensì parimenti altri interessi più generali della collettività». Di conseguenza, il legislatore
nazionale può stabilire pene obbligatorie di durata minima senza che la vittima possa in alcun modo influire
«sulle pene che il giudice nazionale può infliggere all'autore del reato». Nessun limite, quindi, agli Stati nella
scelta delle sanzioni penali da applicare e via libera alle misure di allontanamento obbligatorie disposte
anche quando le vittime ne contestano l'applicazione. Tanto più che, soprattutto nei casi di violenze familiari,
le vittime potrebbero aver subito una pressione psicologica per prestare il proprio consenso.
La Corte Ue ha poi rafforzato il margine di discrezionalità degli Stati che hanno piena libertà
nell'individuazione degli strumenti processuali ai quali ricorrere tenendo conto della particolare natura dei
reati. È quindi legittima la scelta del legislatore nazionale che, sulla base di criteri oggettivi, vieta il ricorso
alla mediazione per tutti i reati commessi in ambito familiare.
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GLI APPROFONDIMENTI DI LEX
MARCHI E B REVETTI
Diritto d'autore in rete: quali tutele tra libertà d'espressione e copyright?
Deborah Bianchi, avvocato aderente al network legale CENDON & Partners - (LEX24) 18 ottobre 2011
Il diritto d’autore insieme alla proprietà intellettuale è una delle posizioni giuridiche maggiormente travolte
dalle nuove tecnologie digitali e dall’avvento della Rete Internet.
La stampa ha versato fiumi di parole nella cronaca diretta della saga Diritto d’autore-Libertà digitali battuta a
colpi di sentenze e provvedimenti amministrativi a volte condivisibili a volte discutibili. Pensiamo al caso
Napster, al caso Peppermint, al caso The Pirate Bay, al caso Mediaset Vs You Tube. La diatriba è sempre lì:
l’industria delle major titolare dei diritti d’autore depredata dai pirati informatici. Una faccenda da milioni di
euro e di innumeroveli posti di lavoro che si scontra contro il Popolo della Rete inneggiante ai principi di
libertà di espressione della persona in Rete che vorrebbe una Internet libera e neutrale, avulsa da logiche di
controllo esercitate da soggetti-chiave quali ad esempio gli Internet Service Provider (ISP).
Quale partito abbracciare? Non è una questione di fede ideologica o di sporco denaro. E’ una questione
molto complessa e delicata in cui entrano in conflitto valori giuridici fondamentali. Da una parte il diritto
dell’autore, il diritto alla libertà d’impresa, il diritto al compenso per il proprio lavoro. Dall’altra il diritto a
esprimersi e a realizzarsi come persona in tutti gli ambiti interrelazionali compresa la Rete senza essere
schiavi di logiche da Grande Fratello in cui tutto ciò che fai on line può essere monitorato in barba al diritto
alla privacy e alla data protection.
Si tratta di una problematica che non può essere risolta in via di fatto con il ricorso diretto al Gestore (ISP) o
in via amministrativa con il ricorso a un’Authority preposta come in Francia HADOPI. Si tratta piuttosto di una
questione da sottoporre ogni volta al vaglio del giudice, unico organo dedicato all’applicazione e
all’interpretazione della legge.
Inefficace ricorrere al giudice in una realtà come l’Internet in cui ogni giorno di ritardo nell’inibitoria della
violazione implica migliaia di euro di danno. La risposta dev’essere immediata pena la distruzione
economica del diritto d’autore e della proprietà intellettuale sostengono le major.
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Si tratta di una posizione in parte condivisibile. E’ vero infatti che la tutela on line deve rivestire i caratteri
dell’immediatezza stante la capacità pervasiva del mezzo che in pochi minuti irradia i contenuti a migliaia e
migliaia di utenti sparsi in tutto il mondo. E’ vero anche che un intervento immediato offre la possibilità di
cristallizzare la prova dell’illecito data l’estrema volatilità e la deperibilità dei contenuti digitali.
Questa posizione diventa meno convincente quando invocando la necessità dell’intervento immediato cerca
di bypassare l’intervento del giudice e vorrebbe riferirsi a soggetti non giurisdizionali come il gestore della
piattaforma in cui si sta consumando l’illecito oppure un’Authority dedicata che operi l’inibitoria al posto
dell’Autorità Giudiziaria.
In questo ambito si muove lo schema di Regolamento AGCOM dedicato alla tutela del diritto d’autore in Rete
posto alla consultazione pubblica e al centro di uno dei dibattiti digitali più infuocati del momento storico.
Dire che a Calabrò è toccata una bella patata bollente in questo caso non è che un eufemismo.
Assunta la consapevolezza che la questione della tutela del diritto d’autore on line è una questione che
coinvolge anche i diritti della persona in Rete, l’Authority ha pensato di invitare tutti gli stakeholder
dell’Internet a esprimere un contributo in materia. Sul sito web AGCOM possiamo leggere tutti gli interventi
che stanno rispondendo alla chiamata.
Lo schema di Regolamento si affida a un meccanismo di “notice and take down” cosìddetto affievolito. In
questo modo si ammette in qualsiasi momento la prevalenza dell’intervento del giudice sulla procedura
amministrativa inibitoria a tutela del diritto d’autore. Il principio in generale potrebbe essere condivisibile.
Tuttavia la parte che risulta meno convincente è quella relativa ai contenuti del Fair Use che sembrerebbero
generati unicamente dall’ambito amministrativo dell’Authority e non dettati almeno nei criteri direttivi dalla
voce del legislatore.
IL SISTEMA DEL “NOTICE AND TAKE DOWN”. La prima parte dispone un meccanismo in via
amministrativa di risoluzione delle controversie in materia di violazione del copyright aderente al noto
principio del “notice and take down”.
Si tratta di un sistema che si attiva su semplice segnalazione (notice)del soggetto che si ritiene violato. Il
gestore del sito riceve la segnalazione e poi procede alla rimozione del contenuto segnalato (take down).
Questo metodo è stato fortemente avversato in quanto ammette la censura del diritto di libertà di
espressione della persona senza l’intervento del giudice, unico soggetto in grado di garantire il
bilanciamento delle posizioni giuridiche in gioco.
COSA DICE LO SCHEMA DI REGOLAMENTO. Lo schema di Regolamento presenta un meccanismo
affievolito del “notice and take down” in quanto si prevedono tempistiche più dilatate che ammettono un
confronto tra le parti di fronte all’Authority. Inoltre è un sistema disposto in alternativa all’azione giudiziaria.
Dunque nell’ipotesi che uno dei due contendenti decida di rivolgersi al giudice questo meccanismo si blocca
e prende il sopravvento ovviamente il percorso giudiziale.
Si distinguono due ipotesi: il caso del sito italiano e il caso del sito estero.
CASO DEL SITO ITALIANO. Il gestore del sito italiano a cui venga fatta una segnalazione di un contenuto
illecito può procedere entro 4 giorni alla rimozione dello stesso. In difetto l’autore violato potrà ricorrere
all’AGCOM instaurando un contraddittorio della durata massima di 10 giorni a seguito del quale l’Authority
potrà impartire nei successivi 20 giorni (prorogabili di altri 15) un ordine di rimozione selettiva.
CASO DEL SITO ESTERO. In caso di violazione sussistente su un sito estero l’AGCOM dietro segnalazione
potrà richiedere la rimozione dei contenuti destinati al pubblico italiano in violazione del copyright ed
eventualmente inoltrare una segnalazione alla magistratura ma non è prevista l’inibizione del nome a
dominio o dell’indirizzo IP.
ECCEZIONI o FAIR USE. Sono state previste delle ipotesi in cui il regolamento non verrà applicato. Si tratta
dei siti non aventi finalità commerciali, l’esercizio del diritto di cronaca, la riproduzione parziale di un’opera
che non ne danneggi la valorizzazione commerciale. Salvi dunque i blog, i video amatoriali, le applicazioni
peer to peer degli utenti finali. In caso di upload il netizen che ha caricato il contenuto riceverà un preavviso
e potrà avviare la procedura di contronotifica. E’ proprio questo il nodo critico dello schema di regolamento.
Chi dice quando un contenuto appartiene al Fair Use oppure non vi appartiene? Il legislatore? Il Giudice?
No. Lo stabilisce l’Authority. Su quali criteri l’Authority decide questo? Su criteri stabiliti dal legislatore? No.
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TITOLI DI CREDITO
Responsabilità della banca per il pagamento di assegni falsificati e/o trafugati
Corte di Cassazione, Sezione III, Sentenza 4 ottobre 2011, n. 20292
(LEX24) 12 ottobre 2011
Titoli di credito - Assegno bancario - Pagamento assegno falsificato - Responsabilità della banca Condizioni - Rilevabilità "ictu oculi" dell'alterazione in base alle conoscenze del bancario medio - Necessità Sussistenza. (Rd 21.12.1933, n. 1736, artt. 43, 82 e 86)
La banca può essere ritenuta responsabile del pagamento di un assegno falsificato non a fronte della mera
alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui una tale alterazione sia rilevabile "ictu oculi", in base alle
conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o
chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo.
(F.Ciaccafava) (1)
Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 4 ottobre 2011, n. 20292 - Presidente Petti - Relatore Lanzillo P.M. Pratis
(Rigetta, Corte di Appello di Bari, sentenza 30 marzo 2009, n. 320)
(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. I, sentenza 15 luglio 2005, n. 15066.
Titoli di credito - Assegno bancario - Falsificazione - Responsabilità concorrente della banca trattaria e di
quella girataria - Presupposto
V'è concorso di responsabilità tra banca trattaria e banca girataria, qualora la firma o l'importo dell'assegno
sia stato falsificato, ove ciò fosse normalmente rilevabile dall'istituto di credito.
Tribunale di Modena, Sentenza 12 maggio 2010
Contratti bancari - Operazioni bancarie in conto corrente
In tema di pagamento di assegni di conto corrente che si assumono falsificati o alterati, la diligenza della
banca trattaria nel riscontrare la corrispondenza delle firme di traenza allo specimen depositato dal
correntista - diligenza che coincide con la normale diligenza inerente all'attività bancaria, cioè con la
diligenza media - va ravvisata quando, ad un esame attento - benché a vista - del titolo, la difformità delle
sottoscrizioni non sia rilevabile ictu oculi, in quanto la banca non è tenuta a predisporre particolari
attrezzature idonee ad evidenziare il falso o l'alterazione mediante strumenti meccanici o chimici, né si
richiede che i suoi dipendenti abbiano una particolare competenza in grafologia.
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 2 aprile 2010, n. 8127
Risarcimento del danno - Causalità - Requisiti - Natura necessaria del nesso fra antecedenti ed evento
lesivo, ascrivibilità di quest'ultimo a conseguenza normale ed ordinaria del primo, ed assenza di
sopravvenienza di un fatto idoneo a determinare di per sè l'evento - Necessità - Fattispecie in tema di illecito
pagamento di assegno bancario.
In tema di illecito aquiliano, affinché rilevi il nesso di causalità tra un antecedente e l'evento lesivo, deve
ricorrere la duplice condizione che si tratti di un antecedente necessario dell'evento, nel senso che questo
rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto, e che l'antecedente medesimo non sia poi
neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto idoneo di per sè a determinare l'evento.
(Nella specie, un assegno bancario trafugato e falsificato nella prima girata era stato posto all'incasso,
presentato nelle stanze di compensazione e pagato dalla banca trattaria: la S.C. ha reputato corretta la
valutazione compiuta dal giudice di merito, il quale aveva ritenuto che l'autorizzazione al pagamento
rilasciata dalla banca trattaria, in quanto sufficiente da sola a determinare l'evento dannoso, escludesse la
concorrente responsabilità della banca girataria per l'incasso).
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 18 gennaio 2006, n. 871
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Titoli di credito - Assegno circolare - Alterazione e contraffazione - Diligenza della banca - Girata per
l'incasso - Individuazione del garante
La banca girataria per l'incasso non risponde per il pagamento di un assegno circolare alterato, nel caso in
cui l'alterazione non sia palese o visibile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, che non
deve disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per la rilevazione delle falsificazioni né deve
essere un esperto grafologo.
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 15 luglio 2005, n. 15066
Titoli di credito - Assegno bancario - Non trasferibile - Assegno circolare alterato - Pagamento a persona
diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l'incasso - Responsabilità della banca - Condizioni Rilevabilità "ictu oculi" dell'alterazione in base alle conoscenze del bancario medio - Necessità - Sussistenza
- Accertamento del giudice di merito - Sindacabilità in sede di legittimità - Limiti - Fattispecie.
Nel caso di pagamento, da parte di una banca, di un assegno circolare trafugato ed alterato, non basta, ai
fini dell'applicazione dell'art. 43 comma secondo, del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 - in forza del quale colui
che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l'incasso,
risponde del pagamento - la mera rilevabilità dell'alterazione, occorrendo che la stessa sia visibile "ictu
oculi", in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature
strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né deve essere un esperto grafologo. La valutazione del
giudice di merito in ordine alla riconoscibilità della falsificazione o alterazione di un assegno da parte
dell'operatore professionale dipendente di banca è censurabile in sede di legittimità unicamente sotto il
profilo del difetto di motivazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con la quale il
giudice di appello aveva ritenuto non rilevabile da un operatore bancario, nella correntezza dei rapporti
commerciali, l'alterazione di un assegno circolare consistente nella lavatura e cancellazione della clausola
"pagate ad azienda di credito", che impediva il pagamento a privati, ancorché fosse rimasta visibile la sillaba
"pa", risultando quest'ultima in parte coperta da una girata successivamente apposta).
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 15 luglio 2005, n. 15066
Assegno bancario - Clausola della non trasferibilità - Negoziazione irregolare - Responsabilità
Nel caso di pagamento di un assegno bancario non trasferibile, falsificato nella parte relativa alla clausola,
girato più volte e poi pagato dalla banca trattaria, la concorrenza della responsabilità della banca
negoziatrice e della banca trattaria verso l'emittente dà luogo a una fattispecie di solidarietà passiva, in
conformità all'articolo 2055 del Cc, che trova applicazione anche nel caso in cui, tra gli autori del danno, uno
o alcuni debbano rispondere a titolo contrattuale e altri a titolo di responsabilità aquiliana, e
indipendentemente dal fatto che le concrete manifestazioni di condotta colposa siano coeve o successive,
poiché l'unicità del fatto dannoso deve essere riferita al soggetto danneggiato e non va intesa come identità
delle condotte dei danneggianti e nemmeno come identità delle norme giuridiche violate. (M.Pis.)
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 28 luglio 2000, n. 9902
Titoli di credito - Assegno bancario - Alterazioni - Pagamento - Di assegno falsificato nell'importo
La responsabilita` risarcitoria della banca, per il pagamento di un assegno falsificato nell`importo, non puo`
essere esclusa per il solo fatto che il giudice penale abbia negato la grossolanita` della falsificazione, e
quindi la sua riconoscibilita` "ictu oculi", tenuto conto che la diligenza della banca, nell`adempimento dei suoi
doveri di mandataria, deve essere valutata non in base al parametro dell`osservatore medio, ma secondo il
maggior grado di attenzione e prudenza richiesto dalla professionalita` del servizio espletato.
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 7 novembre 1989, n. 4642
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CONTRATTI
Contratti tipici sotto la lente della Corte Suprema
Corte di Cassazione, Sezione II, Sentenza 27 settembre 2011, n. 19757
(LEX24) 12 ottobre 2011
Massime a cura di Federico Ciaccafava, Avvocato e Conciliatore n Roma
APPALTO
Contratti - Appalto - Garanzia per difformità e vizi dell'opera - Vizi occulti o non conosciuti dal committente Azione di garanzia - Termine di prescrizione - Decorrenza - Dalla scoperta - Nozione. (Cc, artt. 1655 e 1667)
In tema di appalto, nel caso di vizi occulti, o non conosciuti dal committente, il termine di prescrizione
dell'azione di garanzia - ma il principio è applicabile anche alla decadenza - decorre dalla data della scoperta
dei vizi, scoperta che è da ritenere acquisita dal giorno in cui il committente consegue un apprezzabile grado
di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione
dell'opera, non essendo sufficienti manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti. In assenza di
anteriori ed esaustivi elementi di prova, tale conoscenza è da ritenere acquisita, di regola, a seguito
dell'esperimento di apposita relazione peritale. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 27 settembre 2011, n. 19757 - Presidente Elefante - Relatore
Proto - P.M. Golia
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Lecce, sentenza 6 dicembre 2004, n. 377)
(1) In argomento, negli stessi termini, vedi, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 19 agosto 2009, n. 18402,
Cassazione civile, Sez. I, sentenza 1 febbraio 2008, n. 2460.
COMPRAVENDITA
Contratti - Compravendita - Obbligazioni del venditore - Garanzia per evizione - Evizione parziale - Cosa
gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi - Falsa dichiarazione del venditore circa l'inesistenza di diritti
altrui e di oneri sulla cosa venduta - Possibilità per il compratore di conoscenza, attraverso l'esame dei
registri immobiliari, dell'esistenza di trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli - Rilevanza - Esclusione. (Cc, art.
1489)
In tema di compravendita, ai fini della responsabilità per garanzia ex art. 1489 c.c., è irrilevante che
l'acquirente sia stato in grado di conoscere, mediante l'esame dei registri immobiliari, l'esistenza di
trascrizioni pregiudizievoli, quando il venditore abbia affermato, contro il vero, l'inesistenza di diritti altrui e di
oneri sulla cosa alienata, ovvero ne abbia taciuto l'esistenza. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 27 settembre 2011, n. 19752 - Presidente Triola - Relatore Manna
- P.M. Carestia
(Rigetta, Corte di Appello di Roma, sentenza 12 maggio 2005, n. 2079)
(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 14 novembre 1981, n. 6033. Negli stessi
termini, vedi anche, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 30 gennaio 1987, n. 881, Cassazione civile, Sez. III,
sentenza 13 febbraio 1985, n. 1215, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 29 gennaio 1982, n. 577.
Contratti - Compravendita - Obbligazioni del venditore - Garanzia per i vizi della cosa - Obbligo del venditore
di risarcire il danno - Onere probatorio - Estremi. (Cc, artt. 1490 e 1494)
In tema di compravendita, la garanzia del venditore per i vizi occulti della cosa è un effetto naturale del
contratto e sussiste anche in mancanza di una espressa garanzia che la cosa sia esente da vizi; tale
garanzia comporta inoltre a carico del venditore anche l'obbligo di risarcire il danno, a meno che egli non
provi "di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa" (art. 1494, comma 1, c.c.). Ai fini della sussistenza
dell'obbligazione risarcitoria del venditore per i vizi del bene venduto, non è necessario, pertanto, provare la
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sua malafede, ma è sufficiente che egli non riesca a dimostrare di non aver potuto, senza colpa, averne
conoscenza. (F.Cia)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 23 settembre 2011, n. 19494 - Presidente Mazziotti di Celso Relatore Bertuzzi - P.M. Fucci
(Rigetta, Tribunale di Ascoli Piceno, sentenza 18 novembre 2004, n. 698)
CONTRATTO D'OPERA
Contratti - Contratto d'opera - Responsabilità del prestatore d'opera - Azione di risarcimento danni - Oneri
probatori di cliente e professionista - Contenuti rispettivi - Fattispecie concernente giudizio di responsabilità
di geometra per costruzione di opera illegittima oggetto di successiva demolizione. (Cc, artt. 1176, 1218,
2236 e 2697)
In tema di responsabilità professionale, sussistendo un rapporto contrattuale, in base alla regola di cui all'art.
1218 c.c. colui che chiede il risarcimento danni ha l'onere di allegare l'inadempimento o l'inesattezza
dell'inadempimento, non la colpa né, tanto meno, la gravità di essa, dovendo il difetto di colpa o la non
qualificabilità della stessa in termini di gravità (nel caso di cui all'art. 2236 c.c.) essere allegate e provate dal
professionista; in particolare, anche nel caso in cui sia dedotto non già l'inadempimento dell'obbligazione, ma
il suo esatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza
dell'adempimento (per violazione dei doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata
osservanza dell'obbligo di diligenza). (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 23 settembre 2011, n. 19496 - Presidente Elefante - Relatore
Proto - P.M. Golia
(Rigetta, Corte di Appello di Lecce, sentenza 14 giugno 2005, n. 417)
(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. Un., sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533, Cassazione
civile, Sez. III, sentenza 24 maggio 2006, n. 12362, Cassazione civile, Sez. Un, sentenza 11 gennaio 2008,
n. 577, Cassazione civile, Sez. I, sentenza 3 luglio 2009, n. 15677.
FIDEIUSSIONE
Contratti - Fideiussione - Contratto autonomo di garanzia - Distinzione - Criterio rilevante - Esclusione della
facoltà di opporre le eccezioni relative all'obbligazione principale - Sussistenza. (Cc, artt. 1322, 1936 e 1945)
Per distinguere il contratto autonomo di garanzia da un contratto di fideiussione, nello stipulare il quale siano
state utilizzate le espressioni "a prima richiesta" e "ogni eccezione rimossa", risulta fondamentale la
relazione in cui le parti hanno inteso porre l'obbligazione principale e l'obbligazione di garanzia, potendosi
considerare, ai fini della qualificazione della garanzia, anche il contenuto dell'accordo tra debitore principale
e garante. Infatti, la caratteristica fondamentale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla
fideiussione è l'assenza dell'elemento dell'accessorietà della garanzia, integrata dal fatto che viene esclusa
la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla
regola essenziale della fideiussione, posta dall'art. 1945 c.c. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 29 settembre 2011, n. 19874 - Presidente Massera - Relatore
Carleo - P.M. Destro
(Rigetta, Corte di Appello di Catania, sentenza 1 aprile 2008, n. 460)
(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 9 novembre 2006, n. 23900.
Contratti - Fideiussione - Estinzione - Liberazione del fideiussore per fatto del creditore - Mera inazione del
creditore - Insufficienza - Comportamento determinante pregiudizio giuridico - Necessità - Determinazione di
mera maggior difficoltà nella realizzazione dei diritti del fideiussore - Irrilevanza. (Cc, art. 1955)
Il "fatto" del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può
consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o
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nascente dal contratto integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, con conseguente
sottrazione al fideiussore di concrete possibilità esistenti nella sfera del creditore al tempo della garanzia,
che gli avrebbero consentito l'attuazione dell'obbligazione garantita. Il pregiudizio deve, inoltre, essere
giuridico, non solo economico, e concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di
regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità
satisfattive del patrimonio del debitore. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 23 settembre 2011, n. 19736 - Presidente Petti - Relatore
Travaglino - P.M. Sgroi
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Trieste, sentenza 9 giugno 2004, n. 379)
(1) Conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 16 giugno 2003, n. 9634.
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