Diagramma di Goodman-Smith

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Diagramma di Goodman-Smith
Meccanica, Macchine ed Energia – articolazione Energia 2 – Giuseppe Anzalone, Paolo Bassignana, Giuseppe Brafa Musicoro • Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
Diagramma di Goodman-Smith
Il diagramma di Goodman-Smith è il diagramma più utilizzato per
a­vere una chiara rappresentazione dei risultati delle prove di fatica condotte sui materiali. Esso consente di ricavare, per un qualunque valore
della tensione media σm, i corrispondenti valori delle tensioni limite per
i va­ri tipi di sollecitazione.
Considerando una serie di provette, sottoposte per esempio a cicli
di trazione-compressione (sollecitazione assiale) di differente tensione
me­dia, il corrispondente diagramma di Goodman-Smith che si ricava è
rappresentato nella figura 1.17.
Fig. 1.17
Diagramma di Goodman-Smith
di un acciaio, riferito a cicli di
trazione-compressione con
differente tensione media.
'
–
–
–
–
–
Sull’asse delle ordinate si riportano i valori del carico di rottura statico
Rm, del carico di snervamento ReL, del limite di resistenza a fatica pulsante dallo zero σ 'Fa e del limite di resistenza a fatica alternata σFa. Sul­l’asse
delle ascisse, invece, si riportano le corrispondenti tensioni medie σm.
Collegando i punti C, A, E, H, si ottiene la linea σLFmax delle tensioni limite massime di fatica; congiungendo i punti D, B, F, K, G, si ricava la linea
σLFmin delle tensioni limite minime di fatica. Infine, le due linee σLFmax e
σLFmin sono limitate all’altezza della tensione di snervamento.
Nel­la figura 1.17, pertanto, si può osservare che:
— il segmento AB rappresenta un ciclo alterno asimmetrico;
— il segmento CD rappresenta un ciclo alterno simmetrico;
— il segmento EF rappresenta un ciclo pulsante dallo zero;
— il segmento HG è la linea della deformazione plastica, corrispondente al raggiungimento della tensione di snervamento ReL.
Il diagramma di Goodman-Smith, quindi, consente di leggere, per un
va­lo­re qualunque della tensione media, i rispettivi valori delle tensioni
li­mi­te di fatica, corrispondenti ai diversi tipi di sollecitazione.
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resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
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Si noti che il diagramma di Goodman-Smith non è simmetrico ri­spetto al­
l’origine degli assi, bensì è più ampio e quindi più favorevole alla re­si­stenza
nella parte dove la compressione prevale sulla trazione (σm < 0). Ciò va­le
in particolar modo per la ghisa; invece, nel caso dell’acciaio che presenta
u­guali carichi di rottura a trazione e a compressione, quindi uguale resistenza a trazione e a compressione, il diagramma è simmetrico.
I diagrammi di Goodman-Smith per i cicli di fatica a flessione e a
torsione hanno forma simile a quello per i cicli di trazione-compressione
(4Fig. 1.18).
Fig. 1.18
Diagrammi di Goodman-Smith
per flessione, trazione-compressione
e torsione.
–
–
–
Tensioni ammissibili e verifica a fatica
Il valore del limite di resistenza a fatica, relativo al materiale considerato e al tipo di sollecitazione agente, essendo ottenuto con prove fatte su
provette standard (diametro di circa 10 mm, superfici lucidate e sen­za
intagli), non trova esatto riscontro se si opera sugli organi meccanici con
differenti caratteristiche rispetto alle provette; questi organi, infatti, risentono di alcune influenze che ne diminuiscono la resistenza a fatica,
come spiegato di seguito in riferimento ai cicli alterni simmetrici.
Influenza delle dimensioni geometriche
Eseguendo le prove su provette di diametro crescente, si nota che i limiti
di fatica, nel caso di flessione e di torsione, decrescono proporzionalmente
al coefficiente dimensionale C1 (4Fig. 1.19), che decresce all’aumentare
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delle dimensioni trasversali dell’organo in esame (per esempio il diametro).
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Fig. 1.19
Diagramma del coefficiente
dimensionale C1 in funzione del
diametro d dell’organo in esame,
per sollecitazioni di flessione
e torsione.
Osservazione: nel caso di trazione-compressione non si ha l’effetto di­
men­­­sionale, per cui si considera C1 = 1.
Influenza della finitura superficiale
La rugosità superficiale costituisce un innesco al formarsi di “cricche”
(fessure) per fatica; l’influenza è tanto più grave quanto maggiore è la
rugosità e quanto più duro è il materiale.
Nella figura 1.20 è rappresentato il coefficiente di finitura su­per­
ficiale C2 in funzione dello stato della superficie e del carico unitario di
rottura Rm del materiale.
Osservazione: la ghisa e il rame non risentono della rugosità, perciò per
essi si considera C2 = 1.
Fig. 1.20
Diagramma del coefficiente
di finitura superficiale C2 per le
diverse lavorazioni: superfinitura,
con rugosità 0,25 Ra (1); rettifica fine,
con rugosità 0,4÷0,5 Ra (2);
rettifica normale, con rugosità
0,6÷1,6 Ra (3); tornitura, fresatura
e simili, con rugosità 1,6÷4 Ra (4);
sgrossatura, con rugosità 12 Ra (5);
greggio di laminazione (6); con
corrosione in acqua pura (7);
con corrosione in acqua salata (8).
Influenza della forma del corpo
Nei corpi che presentano rapide variazioni di sezioni, come per esempio
barre cilindriche di diametro diverso, con piccolo raggio di curvatura nel­
la zona di raccordo, oppure barre che presentano intagli, incavi, fori e
altro ancora, la distribuzione delle tensioni non è uniforme, ma presen­ta,
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nel campo di validità della legge di Hooke, esaltazioni locali o concentrazioni di tensione anche notevoli (4Fig. 1.21).
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Fig. 1.21
Diagramma delle tensioni, nel tratto
a sezione variabile, di un corpo
cilindrico con due diametri diversi,
sottoposto a trazione.
Si definisce sezione ristretta o principale la sezione minima compresa
nel tratto a sezione variabile.
Si definisce tensione normale nominale massima σ nmax (o tensione
tan­genziale nominale massima τ nmax ) la tensione normale (o tangenziale) massima generata in una barra a sezione costante pari alla sezione
ristretta, quando è sottoposta alla stessa sollecitazione agente nella se­
zione ristretta della barra a sezione variabile.
Al contorno della sezione ristretta, per quanto suddetto, la tensione mas­­
sima σ nmax è maggiore rispetto a quella nominale che si avrebbe con una
di­stribuzione uniforme della tensione, e vale:
poliglotta
Fattore di intaglio teorico
GB: Theoretical notch sensitivity
F: Facteur theorique d’entaille
D: Theoretische Kerbwirkungszahl
4
σ nmax = Ktσ n
[1.21]
dove Kt, detto fattore teorico di concentrazione delle tensioni per effetto
di intaglio o, semplicemente fattore di intaglio teorico, è un coefficiente numerico che dipende dalla forma ma non dalle dimensioni del cor­­­po
in esame.
Il fattore di intaglio teorico, in alcuni casi, può essere determinato
analiticamente, ma in genere si ricorre a misure estensimetriche o fotoelastiche o a calcoli approssimati.
Nei diagrammi rappresentati nella figura 1.22 sono riportati, come
esempio, i va­lori di Kt per due forme di corpi cilindrici che ricorrono di
frequente nelle costruzioni meccaniche.
I materiali fragili, che giungono a rottura senza quasi presentare deformazioni plastiche, subiscono completamente il fenomeno della concentrazione delle tensioni; invece, i materiali metallici duttili (anche la
ghisa grigia, pur essendo un materiale fragile), nel caso di sollecitazioni
sta­tiche, non risentono di tale fenomeno e quindi si considera Kt = 1.
La re­sistenza a rottura di questi materiali risulta praticamente uguale
(mol­to spesso è maggiore) a quella che si avrebbe in un solido a sezione
co­stante: infatti, i materiali duttili, raggiunto lo snervamento nelle zone
più sollecitate, presentano deformazioni plastiche locali che hanno l’effetto di ridistribuire la tensione nelle zone vicine.
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Fig. 1.22
Digrammi del fattore di
concentrazione delle tensioni Kt
per una barra a sezione circolare,
rispettivamente con due diamentri
(a, c, e) e con scanalature (b, d, f):
–
a,b) sottoposta alla forza assiale F ;
–
c,d) a momento flettente Mf;
–
e,f) a momento torcente Mt.
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poliglotta
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Fattore sperimentale di intaglio
GB: Experimental notch sensitivity
F: Facteur expérimental d’entaille
D: Experimentale Kerbwirkungszahl
Diversamente, nel caso di sollecitazioni di fatica non si ha il benefico effetto della plasticità dei materiali duttili, cosicché i corpi risentono della
concentrazione delle tensioni, con conseguente abbassamento della loro
capacità di resistenza, ma non tanto quanto lascia prevedere la teoria.
Pertanto il fattore di concentrazione delle tensioni Kt è sostituito con
un minore fattore di riduzione della resistenza a fatica, detto fattore
di intaglio a fatica o fattore sperimentale di intaglio Kf , il qua­le
indica il rapporto fra la resistenza a fatica di una provetta non in­tagliata
e quella di una provetta intagliata.
Una valutazione attendibile di Kf , in funzione di Kt, si ottiene me­
diante la formula di Peterson:
Kf =
poliglotta
Sensibilità all’intaglio
GB: Notch sensibility
F: Sensibilitè à l’effet d’entaille
D: Kerbempfindlichkeit
Kt r + η
r +η
[1.22]
dove r è il raggio di raccordo nella zona dell’intaglio o della variazione di
sezione e η è un parametro dipendente dalla sensibilità all’intaglio del
ma­teriale, detto fattore di sensibilità all’intaglio.
La corrispondenza fra il carico di rottura Rm e il fattore di sensibilità
all’intaglio η per gli acciai è riportata nella tabella 1.4. Per le leghe Al-Cu
e per l’ottone η = 0,62.
Tabella 1.4
Corrispondenza fra il carico di rottura Rm
e il fattore di sensibilità all’intaglio η
Carico
350 450 550 650
di rottura Rm
750
900
1100 1300 1500
Fattore
di sensibilità 0,36 0,29 0,23 0,19 0,15 0,11 0,07 0,05 0,04
all’intaglio η Osservazione: il bronzo e la ghisa sono insensibili alle variazioni di for­
ma, perciò per essi si assume Kf = 1.
Per tener conto delle influenze combinate delle dimensioni geometriche,
dello stato superficiale e della forma dei corpi sollecitati a fatica, si considera un fattore globale di riduzione del limite di fatica K dato
dalla seguente relazione:
C1 C2
K=
[1.23]
Kf
Moltiplicando il fattore globale K per il limite di fatica σLF ricavato dalle
prove sperimentali, si ottiene il limite di fatica σ*LF del corpo in esame:
σ*LF = K σLF
[1.24]
Un’analoga relazione si ha per le sollecitazioni tangenziali:
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τ*LF = K τLF [1.25]
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Osservazione: l’influenza delle dimensioni, della finitura superficiale e
della forma, analizzate per il ciclo alterno simmetrico, diminuisce proporzionalmente ai limiti di fatica per cicli di altro tipo.
Per ottenere la tensione ammissibile a fatica, indispensabile per i
cal­coli di progetto e di verifica di elementi strutturali e organi meccanici,
occorre considerare che i limiti di fatica sono soggetti oltre all’influen­za
delle dimensioni, della finitura superficiale e della forma del corpo, a
tutte quelle incertezze già indicate per le tensioni ammissibili con carichi statici.
Per tener conto di ciò, i valori delle tensioni limite di fatica ottenuti
dal­le relazioni [1.24] e [1.25] devono essere ulteriormente ridotti, dividendoli per un coefficiente o grado di sicurezza gf che può assumere
orientativamente i valori compresi nell’intervallo 1,2÷2,3, per materiali
duttili, e i valori compresi fra 1,2÷3, per materiali fragili.
Eventuali sovrasollecitazioni dinamiche, conseguenti all’applicazione impulsiva dei carichi, si considerano mediante un coefficiente di
esercizio C3, che si può ricavare dalla tabella 1.5.
poliglotta
Coefficiente di esercizio
GB: Duty coefficient
F: Coefficient d’exercice
D: Betriebsfaktor
poliglotta
Tensione normale ammissibile
a fatica
GB: Normal fatigue stress
F: Tension normale admissible
à fatigue
D: Zulässige Normalspannung
poliglotta
Tensione tangenziale ammissibile
a fatica
GB: Tangential fatigue stress
F: Tension tangentielle admissible
à fatigue
D: Zulässige Schubspannung
8
Tabella 1.5
Coefficienti di esercizio C3 per urti
o sovraccarichi dinamici
Tipo di sovraccarico
Tipologia di macchine
Coefficiente C3
Urto leggero
Turbine, pompe centrifughe, compressori,
motori elettrici, mole,
rettificatrici
1,0÷1,1
Urto
medio
Macchine alternative
in genere, torni,
piallatrici, limatrici,
stozzatrici, macchine
di sollevamento
1,2÷1,5
Urto forte
Punzonatrici, tranciatrici,
presse per stampaggio
1,5÷2,0
Urto molto forte
Laminatoi, magli, frantoi
2,0÷3,0
Pertanto, la tensione normale ammissibile a fatica σamf assume il
valore seguente:
σ amf = σ LF
C1 C2
K f g f C3
[1.26]
e analogamente, la tensione tangenziale ammissibile a fatica τamf
va­le:
resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
τ amf = τ LF
C1 C2
K f g f C3 [1.27]
A1
dove:
— σLF e τLF indicano, rispettivamente, la tensione limite normale e tangenziale a fatica;
— K = C1 C2/Kf è il fattore globale di riduzione del limite di fatica;
— gf è il grado di sicurezza;
— C3 rappresenta il coefficiente di esercizio.
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Osservazione: la tensione limite a fatica normale σLF o tangenziale τLF
e le conseguenti tensioni ammissibili, espresse dalle relazioni [1.26] e
[1.27], si riferiscono a sollecitazioni di fatica alternata, indicate rispettivamente con σamf e τamf. Per le sollecitazioni di fatica pul­sante, il limite
a fatica normale si indica con σ 'LF; quello tangenziale, con τ 'LF; infine
le tensioni ammissibili, date sempre dalle relazioni [1.26] e [1.27], si
in­dicano con σ 'amf e τ 'amf; ovviamente, oltre alla simbologia, anche i valori dei limiti di fatica e delle tensioni ammissibili risultano diversi, in
quan­to dipendono dal tipo di sollecitazione.
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Esempio 1
Calcolare i valori massimo e minimo entro i quali può variare una forza
assiale, nel caso di ciclo alterno simmetrico da applicare al corpo cilindrico in acciaio con due diametri diversi (4Fig. 1.24). Sono noti: il carico
di rottura a trazione statica Rm = 650 N/mm2; i diametri del corpo ci­lin­
drico: D = 60 mm e d = 40 mm e la superficie rifinita da utensile (ru­go­
sità 1,6÷4 Ra).
Fig. 1.24
Corpo cilindrico con due diametri
diversi, sottoposto a sollecitazione
assiale alternata simmetrica.
Soluzione
Nel caso di trazione-compressione, non essendoci l’influenza dimensionale, il coefficiente dimensionale vale:
C1 = 1
Il coefficiente di finitura superficiale C2 si ricava dal diagramma rappre­
sentato nella figura 1.20:
C2 = 0,88
Dalla figura 1.22a si ricava il fattore d’intaglio teorico Kt; per d/D = 0,67
e r/t = 0,5, si ottiene:
Kt = 1,9
Si ricava il coefficiente di sensibilità all’intaglio η dalla tabella 1.4:
η = 0,19
dalla [1.22] si ottiene il fattore d’intaglio a fatica Kf:
Kf =
Kt r + η
r +η
=
1,9 × 5 + 0 ,19
5 + 0 ,19
= 1,87
Per la [1.23] il fattore globale di riduzione del limite di fatica è:
K=
10
resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
C1 C2 1 × 0 ,88
=
= 0 , 47
Kf
1,87
A1
Dalla tabella 1.6 si deduce il valore del rapporto di fatica:
ϕa = 0,42
per cui il limite di resistenza a fatica assiale alternata del materiale,
cioè riferito alla provetta, è:
N
σ FAa = ϕ a Rm = 0 , 42 × 650 = 273
mm 2
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mentre per il corpo in esame vale la seguente relazione:
N
σ *FAa = K σ FAa = 0 , 47 × 273 = 128
mm 2
Poiché l’area della sezione minore è:
A=
π 402
= 1260 mm 2
4
i valori massimo e minimo, di uguale intensità e segno opposto, entro
i quali la forza applicata può variare per una resistenza indefinita del
corpo in esame sono:
Fmax = Fmin = σ FAa
* A = 128 × 1260 = 161 280 N
Se la forza di trazione-compressione uscisse da questi limiti, produrrebbe la rottura dopo un numero finito di cicli.
Esempio 2
Un corpo cilindrico in acciaio, con carico di rottura a trazione statica
Rm = 400 N/mm2 e rettificato con media precisione (rugosità 0,6÷1,6 Ra),
è sottoposto a sollecitazioni assiali di trazione-compressione. Consi­
de­ran­do Fmax = 12 000 N e Fmin = –4000 N, calcolare il valore della
tensione normale ammissibile a fatica σamf.
Soluzione
Per la sollecitazione di trazione-compressione il coefficiente dimensiona­le
vale:
C1 = 1
per la finitura superficiale, indicata dalla figura 1.20, si ottiene:
C2 = 0,93
Poiché il corpo cilindrico non presenta variazioni di sezioni, il fattore di
intaglio a fatica vale:
Kf = 1
pertanto il fattore globale di riduzione del limite di fatica vale:
K=
11
resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
C1 C2
Kf
=
1 × 0 ,93
1
= 0 ,93
A1
Dalla tabella 1.6 si deduce il valore del rapporto di fatica:
ϕa = 0,50
tenuto conto del fattore K, si determina il limite di resistenza a fatica
assiale per il corpo:
σ FAa
* = K σ FAa = K ϕ a Rm = 0 ,93 × 0 ,50 × 400 = 186
N
mm 2
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Assunto un grado di sicurezza gf = 2, si ottiene il valore della tensione
am­missibile a fatica:
σ amf =
*
σ FAa
186
N
=
= 93
gf
2
mm 2
Volendo risolvere il problema con il metodo semplificato che utilizza il
diagramma della figura 1.23, si ha che il rapporto Fmin/Fmax fra il valore
minimo e quello massimo della forza applicata al corpo in esame vale:
Fmin
−4000
=
= −0 ,33
Fmax 12 000
a cui corrisponde, nel diagramma della figura 1.23, il coefficiente di si­cu­
rezza nR = 4÷4,8.
Per la [1.33], considerando nR = 4,5, la tensione ammissibile è:
σ amf =
12
resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
Rm 400
N
=
≈ 91
nR
4 ,5
mm 2
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L’Unità didattica in breveA1
Sollecitazioni, deformazioni e tensioni interne
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Ogni elemento di una struttura è soggetto a forze e coppie di forze applicate di­rettamente, dette carichi, e alle reazioni dei vincoli. Ca­ri­
chi e reazioni vincolari costituiscono il sistema equilibrato delle forze
esterne; tali forze si possono distinguere in:
— forze costanti, applicate gradualmente dal valore nullo fino a un va­­
lore massimo, per poi rimanere costanti nel tempo (carichi statici);
— forze dinamiche, applicate istantaneamente e per tempi brevi
(urti);
— forze variabili, applicate periodicamente e in modo graduale, dal va­
lore minimo al valore massimo, tipicamente con legge sinusoidale,
det­­te sollecitazioni a fatica.
Il sistema di forze esterne agenti su una trave può ridursi a una forza
–
–
ri­sultante R e a un momento risultante Mr, applicati nel baricentro di
una generica sezione della trave stessa. Pertanto le componenti della
ri­sul­tante e del momento risultante, secondo le direzioni di un sistema
di assi cartesiani ortogonali con l’origine nel baricentro della sezione in
esa­­me, rappresentano le caratteristiche di sollecitazione; esse ca­
rat­te­riz­za­no l’azione delle forze esterne indotta nella sezione in esame.
A ciascuna caratteristica di sollecitazione corrispondono specifiche
sollecitazioni della trave:
–
— forza normale o assiale N , che può essere di trazione o di compressione, perpendicolare al piano yz della sezione S e diretta secondo l’asse x (asse longitudinale della trave);
–
— forza di taglio T y, giacente nel piano yz della sezione S e diretta se­con­do l’asse y, perpendicolarmente all’asse longitudinale della
tra­ve;
–
— forza di taglio T z, giacente nel piano yz della sezione S e diretta se­
condo l’asse z, perpendicolarmente all’asse longitudinale della tra­­
ve;
–
— momento torcente Mt, rappresentato dal vettore momento perpendicolare al piano yz della sezione S e diretto secondo l’asse x;
–
— momento flettente Mfy, rappresentato dal vettore momento perpendicolare al piano xz e diretto secondo l’asse y;
–
— momento flettente Mfz, rappresentato dal vettore momento perpendicolare al piano xy e diretto secondo l’asse z.
L’esperienza insegna che nessun corpo reale può ritenersi perfettamente rigido, ossia indeformabile: ogni corpo vincolato, sottoposto a un
si­ste­ma di forze esterne, presenta deformazioni dipendenti dalla loro
entità, dalla natura del materiale, dalle dimensioni e dalla forma del
corpo stesso.
Nel caso in cui le sollecitazioni esterne siano di modesta entità, le
de­formazioni che esse provocano sono relativamente piccole e si annullano al cessare delle sollecitazioni stesse. A tali deformazioni si può
attri­bui­re carattere elastico: il corpo, al cessare dell’azione delle forze
esterne, riacquista le dimensioni originarie.
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resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
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Nel caso, invece, in cui le sollecitazioni esterne sono intense, le deformazioni assumono carattere permanente.
Tuttavia, non esistendo corpi perfettamente elastici né perfettamente anelastici, la deformazione totale di un corpo si può pensare
formata da una parte di deformazione elastica e da una parte di
deformazione plastica o permanente. In ogni modo, se la sollecitazione non su­pera un determinato limite, detto limite di elasticità,
la deformazione permanente è trascurabile e il corpo si può considerare elastico.
Ciascuna caratteristica di sollecitazione induce sul corpo cui è applicata deformazioni diverse, ma riconducibili a due tipi:
— una variazione ∆l della lunghezza (allungamento o accorciamento) delle fibre longitudinali;
— uno scorrimento s di una sezione rispetto a quella contigua.
Pertanto si hanno le seguenti definizioni:
— si definisce allungamento relativo o unitario ε il rapporto fra
l’al­lungamento totale ∆l e la lunghezza l originaria del corpo;
— si definisce scorrimento relativo o unitario γ il rapporto fra lo
scorrimento totale s di una sezione rispetto a quella contigua e la
distanza ∆x fra le due sezioni.
Da quanto esposto si deduce che ogni sollecitazione produce un determi­
nato tipo di deformazione:
–
— la forza assiale N genera l’allungamento delle fibre longitudinali
del corpo, se è di trazione, o l’accorciamento delle stesse, se è di
compressione;
–
–
— le forze di taglio T z e T y tendono a tagliare le fibre in corrispondenza della sezione S considerata, provocando lo scorrimento (detto
scorrimento assiale) di tale sezione rispetto a quella contigua, rispettivamente nel­la direzione z o y;
–
— il momento torcente Mt produce la rotazione (detta scorrimento
an­­go­lare) di ciascuna sezione rispetto alla contigua, deformando le
fibre in modo da assumere la forma di eliche;
–
–
— i momenti flettenti Mfz e Mfy provocano, rispettivamente, nei piani
xy, e xz, contenenti l’asse longitudinale della trave, la curvatura delle fibre secondo un arco di circonferenza.
Ogni materiale è in grado di sopportare sollecitazioni esterne tanto più
intense quanto maggiori sono le forze di coesione molecolare. Tali forze
vengono definite tensioni interne e si sviluppano in modo crescente
al­l’aumentare delle sollecitazioni esterne fino a un certo limite, oltre il
qua­­le le forze di coesione non sono più in grado di tenere insieme le mo­
le­cole e si ha la rottura del corpo in esame.
Per dimensionare un elemento strutturale si fa riferimento alle tensioni interne unitarie, cioè alle tensioni interne per unità di area della
sezione, che nel SI si misurano in N/m2 o in N/mm2. Le tensioni interne unitarie dovute a sollecitazioni di trazione, compressione e flessione
sono dette tensioni normali σ ; quelle dovute a sollecitazioni di taglio
e torsione sono dette tensioni tangenziali τ.
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resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
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Legge di Hooke
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Lo studio della resistenza dei materiali è basato sulla legge di proporzionalità di Hooke, che consente, note le deformazioni, di determinare
la distribuzione delle tensioni in una qualsiasi sezione di un solido. Le
formulazioni analitiche della legge di Hooke sono:
— σ = E ε, per tensioni e deformazioni normali, ossia parallele all’asse
del solido in esame;
— τ = G γ, per tensioni e deformazioni tangenti alla sezione del solido
in esame.
E indica il modulo di elasticità normale e G rappresenta il modulo di
elasticità tangenziale.
Criteri di resistenza dei materiali
Il calcolo strutturale degli elementi di una costruzione o di organi meccanici si prefigge l’obiettivo di garantirne la sicurezza, cioè di garantire
che non si verifichino deformazioni intollerabili o addirittura la rottura
dell’organo in esame.
Note le caratteristiche di sollecitazione, in corrispondenza della se­
zio­ne più pericolosa di un corpo, si possono ricavare i valori delle tensioni in ogni punto, identificando i punti più gravosi ai fini della verifica di
re­sistenza. La verifica di resistenza consiste nell’accertare che il valore
della tensione interna massima σmax sia inferiore alla tensione ammissibile statica σmax o carico di sicurezza. Nel caso di sollecitazioni
variabili nel tempo, la sicurezza è assicurata, imponendo che le tensioni
interne siano inferiori a una nuova tensione limite, definita limite di
resistenza a fatica.
Nel caso più generale in cui agiscono contemporaneamente due o più
caratteristiche di sollecitazione, che danno origine a uno stato di tensione pluriassiale, la tensione ammissibile si confronta con una tensione
ideale σid monoassiale ugualmente pericolosa, nel senso che ap­plicata da
sola farebbe raggiungere all’elemento in esame la stessa condizione limite
provocata dal sistema pluriassiale di tensioni effettivamente applicate.
Riassumendo, lo studio di una struttura resistente è composto dalle
seguenti parti:
— calcolo delle reazioni vincolari;
— determinazione delle sollecitazioni massime agenti sulla struttura;
— valutazione della tensione ammissibile;
— dimensionamento o verifica della struttura, confrontando la tensione interna massima con la tensione ammissibile;
— eventuale calcolo delle deformazioni.
La verifica consiste nel determinare la tensione interna massima cui
è soggetto il materiale, verificando che essa sia inferiore al valore della
tensione ammissibile. Il dimensionamento consiste nel determinare
le dimensioni minime della sezione resistente dell’organo in esame, imponendo che la tensione interna massima del materiale non superi la
tensione ammissibile.
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resistenza dei materiali e condizioni di sicurezza
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Sollecitazioni di fatica
Meccanica, Macchine ed Energia – articolazione Energia 2 – Giuseppe Anzalone, Paolo Bassignana, Giuseppe Brafa Musicoro • Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
Le forze applicate agli organi di macchine raramente sono costanti, ma
variano periodicamente nel tempo, secondo cicli che si ripetono un elevato numero di volte durante la vita della macchina, generando sollecitazioni dette di fatica. Un materiale, soggetto a un tale tipo di sollecitazione, presenta una resistenza minore rispetto a quella che avrebbe se
fosse sottoposto a sollecitazioni statiche della stessa intensità massima.
Secondo il genere di ciclo di carico seguito, si possono avere sollecitazioni di fatica pulsante o alternata. Per definire un ciclo di carico
occorre indicare i valori massimo σmax e minimo σmin, entro i quali oscilla
la tensione nel punto più sollecitato, ricavando i seguenti parametri ca­
ratteristici comuni a tutti i tipi di sollecitazione:
— ampiezza dell’oscillazione della tensione σa;
— tensione media σm.
Lo studio della resistenza a fatica si realizza sperimentalmente con macchine di prova, la più comune delle quali è quella per prove di flessione
rotante. I risultati delle prove di fatica si possono riportare su un diagramma, detto di Wöhler, con in ascisse il numero di cicli n che provocano
la rottura e in ordinate i valori dell’ampiezza della tensione σa, corrispondente al carico massimo in ogni ciclo. Osservando una curva di Wöhler si
nota un tratto rapidamente decrescente nel verso crescente delle ascisse,
seguito da un tratto che tende asintoticamente alla retta parallela all’asse delle ascisse, la cui ordinata corrisponde al valore del limite di resistenza a fatica σLF.
Si definisce limite di resistenza a fatica σLF la sollecitazione li­mi­
te al di sotto della quale non si verifica la rottura di una provetta, per
grande che sia il numero di cicli cui è sottoposta.
Un altro diagramma, molto utilizzato per avere una chiara rappresentazione dei risultati delle prove di fatica condotte sui materiali, è il
dia­gramma di Goodman-Smith. Esso consente di ricavare, per un
qua­lunque valore della tensione media σm, i corrispondenti valori delle
tensioni limite per i vari tipi di sollecitazione.
Il valore del limite di resistenza a fatica relativo al materiale considerato e al tipo di sollecitazione agente, essendo ottenuto con prove fatte
su provette standard (diametro di circa 10 mm, superfici lucidate e sen­za
intagli), non trova esatto riscontro se si opera sugli organi meccanici con
differenti caratteristiche rispetto alle provette. Questi organi, infatti, risentono dell’influenza delle dimensioni geometriche, della finitura superficiale e della forma del corpo, che ne diminuiscono la resistenza a fatica.
Per ottenere la tensione ammissibile a fatica, indispensabile per
i calcoli di progetto e di verifica di elementi strutturali e organi meccanici, occorre considerare che i limiti di fatica sono soggetti oltre che all’influenza delle dimensioni, della finitura superficiale e della forma del
corpo, a tutte quelle incertezze già indicate per le tensioni ammissibili
con carichi statici. Per tener conto di ciò, i valori delle tensioni limite di
fatica devono essere ulteriormente ridotti, dividendoli per un coefficiente o grado di sicurezza gf. Eventuali sovra sollecitazioni dinamiche,
conseguenti all’applicazione impulsiva dei carichi, si considerano mediante un coefficiente di esercizio.
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Dall’analisi fin qui condotta si deduce che nei calcoli di progetto e di verifica a fatica degli organi meccanici occorre conoscere la tensione limite
di resistenza a fatica, il cui valore esatto può essere determinato sperimentalmente. Tuttavia, in mancanza di dati sperimentali, anche se non
esistono relazioni esatte, si possono utilizzare relazioni sperimentali fra
tensione di rottura statica e limite di resistenza a fatica, rappresentate
dai rapporti di fatica ϕ. Tali rapporti consentono di determinare, in
prima approssimazione, il limite di fatica.
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PROBLEMI DI RIEPILOGOA1
1.Un corpo cilindrico in alluminio, di diametro d = 10 mm, è soggetto a una
sollecitazione di trazione in direzione assiale F = 4500 N. Determinare
l’allungamento relativo ε subito dal corpo.
2.Due aste, una in acciaio e l’altra in ghisa, sono sottoposte a un allungamento relativo ε = 0,0001. Calcolare la tensione interna con cui reagisce ciascuna di esse, assumendo per i rispettivi moduli di elasticità:
Eacciaio = 206 000 N/mm2, Eghisa = 117 000 N/mm2.
3.Una barra d’acciaio, di lunghezza l = 2 m e sezione trasversale di area
A = 250 mm2, è sottoposta a una sollecitazione di trazione F = 3900 daN.
Sapendo che l’allungamento assoluto della barra è ∆l = 1,5 mm, determinare il valore del modulo di elasticità longitudinale E.
4.Calcolare la forza necessaria per allungare di 1 mm un filo di rame, avente
lunghezza l = 2 m e diametro d = 4 mm. Si consideri E = 122 600 N/mm2.
5.Determinare la tensione ammissibile statica σams di un corpo cilindrico
in acciaio E 355 (Rm = 590 N/mm2) sollecitato a trazione da una forza
F = 8500 daN.
6.Verificare se un getto di bronzo, con sezione circolare di diametro d = 55 mm
e soggetto alla sollecitazione di compressione in direzione assiale
F= 115 000 N, è in condizioni di sicurezza.
7.Un getto in lega di alluminio, con sezione circolare cava, è sottoposto alla
forza di trazione in direzione assiale F = 2000 daN. Sapendo che la sezione a corona circolare ha diametro esterno de = 40 mm e diametro interno
di = 35 mm e che il carico di rottura del materiale vale Rm = 245÷340 N/mm2,
determinare il grado di sicurezza gR riferito alla rottura.
8.Una lamiera in acciaio, di larghezza l = 1 m, spessore s = 10 mm e tensione di snervamento ReL = 235 N/mm2, presenta una fila di 12 fori di
diametro d = 22 mm ed è soggetta a una forza di trazione F = 70 000 daN.
Verificarne la resistenza.
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