Un futuro spaventoso

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Un futuro spaventoso
Un futuro spaventoso - Massimo Fini
pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 2 luglio 2011
Si avverte in giro, sotto le rutilanti bellurie che ogni giorno ci vengono ammannite per placare la
nostra ansia, un desolante 'sensus finis'. Non parlo qui dell'Italia che un tempo, molti secoli fa,
fu un luogo importante e oggi è ridotta a uno sputo nell'universo mondo. Parlo dell'Occidente
inteso non però in senso tecnico (del resto che cosa sia realmente l'Occidente, termine
inquietantemente orwelliano, nessuno è mai stato in grado di precisarlo) ma come modello di
sviluppo economico e sociale che ormai coinvolge il mondo intero, da New York agli Urali alla
muraglia cinese al Gange. La grande Rivoluzione che ha cambiato la storia del mondo ha preso
le mosse circa otto secoli fa proprio dall'Italia quando si afferma per la prima volta come forte
classe sociale la figura del mercante (oggi detto imprenditore) fino ad allora collocata, in tutte le
culture d'oriente e di occidente, all'ultimo gradino della gerarchia umana, inferiore, perlomeno
eticamente, persino allo schiavo. È la rivoluzione della percezione del tempo. Si passa dal
quieto e statico presente al dinamico e allettante futuro. Lo storico Piero Camporesi esprime
così, nel dualismo contadino/mercante, povero/ricco, questo diverso atteggiamento
esistenziale: "L'affannoso tempo storico e lineare del mercante misurato sui ritmi della partita
doppia, dei tassi di interesse e dell'investimento produttivo, non era il tempo dei contadini,
serpentino, ciclico, ritmato dalle stagioni, dai soli e dalle luneā€¦ Il povero coniuga i verbi al
presente, non conosce le lusinghe ingannevoli del futuro, contrariamente al ricco che costruisce
strategie nel tempo tracciando precari piani e ipotetiche prospettive ('Cultura popolare e cultura
d'elite fra Medioevo ed età moderna').
Per otto secoli abbiamo inseguito questo futuro orgiastico con accelerazioni sempre più
parossistiche che passano per la Rivoluzione industriale e l'odierna globalizzazione che ha
coinvolto, per amore o per forza, anche culture che non ne volevano sapere. Ed ora questo
futuro è finalmente arrivato. È qui. E si presenta sotto forme spaventose. Un modello che ha
puntato tutto sull'economico, rendendo marginali tutte le altre e complesse componenti
dell'essere umano, provocando stress, angoscia, nevrosi, depressione, anomia, dipendenza da
ogni sorta di droga per avere la forza di tirare avanti, fallisce anche, e proprio, sull'economico.
Le crisi si succedono alle crisi. E, invece di rifletterci su, vengono tamponate al solito modo:
immettendo nel sistema denaro inesistente, cioè un'ipoteca su un ulteriore futuro tanto
sideralmente lontano da essere solo una Fata Morgana. Ma un giorno, vicino, questo trucchetto
da magliari non reggerà più. La gente, sia pur confusamente, lo avverte. Un modello basato
sulle crescite infinite, che esistono solo in matematica, cioè nell'astrazione, quando non potrà
più espandersi imploderà su se stesso provocando una catastrofe planetaria.
Probabilmente questo era il destino, ineludibile, di quell'arrogante specie animale che è quella
umana. Elisabetta Pozzi conclude la piece "Cassandra" che, col mio contributo, porterà in
tournee nei prossimi mesi, nel circuito teatrale estivo, con queste profetiche e agghiaccianti
parole di Nietzsche:"In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti
sistemi solari c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il
minuto più tracotante e più menzognero della storia del mondo: ma tutto durò soltanto un
minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero
morire. Quando tutto sarà finito, non sarà avvenuto nulla di notevole".
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