L`uccello dalle uova d`oro

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L`uccello dalle uova d`oro
L’uccello dalle uova d’oro
povero taglialegna
C’era una volta in Oriente un
sposato e
.
L’uomo era veramente povero e per riuscire a sopravvivere
era costretto a lavorare duramente ogni giorno.
Tutti i giorni si recava nel bosco, tagliava più legna che poteva
e poi la trasportava in spalla fino in città nel negozio del
fornaio che, in cambio della legna, gli dava due pezzi di pane
e un po’ di denaro.
Un giorno il taglialegna, al lavoro nel bosco come sempre,
vide un
che si lasciò prendere senza difficoltà.
L’uomo pensò allora di portare subito l’animale ai suoi figli,
in modo che questi potessero giocarci e divertirsi.
Prese così la via del ritorno, ma quando arrivò a casa in
anticipo, senza pane né soldi, la moglie subito gli chiese
cosa fosse accaduto.
L’uomo si limitò a far vedere l’uccello che aveva appena
regalato ai figli, ma la moglie, gridò infuriata così forte sino
a che lui non tornò nel bosco a finire il suo lavoro.
Intanto i bambini avevano cominciato a giocare con l’uccello
che, contento del nido che i due gli avevano fatto con una
cassettina, iniziò a cantare armoniosamente.
La mattina dopo i due bambini trovarono nella cassettina un
con due figli
grazioso e mansueto uccello
o
uov
d’oro e subito lo fecero vedere al
padre.
L’uomo, tutto felice ed entusiasta, corse subito in città al
bazar, nel negozio di un mercante d’oro per vendere l’uovo
dorato ad un buon prezzo.
Con i soldi ricavati poté finalmente comprare cibi e vestiti di
qualità e, ben soddisfatto, portò tutto a casa.
La mattina seguente i bimbi trovarono un altro uovo d’oro
nella cassettina dell’uccello regalato dal padre; anche questa
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volta il taglialegna andò dal mercante d’oro e guadagnò di
nuovo
.
La cosa si ripeté per diverso tempo.
Continuò a ripetersi per così tanto tempo che l’uomo poté
acquistare una bella e spaziosa casa, terreni, bestiame,
mandare i figli a scuola e condurre una vita felice e contenta.
Un giorno però disse alla moglie:
“Cara, finalmente ora abbiamo tutto ciò che serve per vivere
serenamente. Non ci manca nulla. Tuttavia c’è una cosa che
io desidero fare più di qualsiasi altra cosa, vale a dire andare
in pellegrinaggio alla Mecca, a pregare nel luogo della Grazia.
Tu qui ormai hai tutto, quindi posso permettermi di
assentarmi per un po’ di tempo e, se Dio vuole, presto tornerò
da te sano e salvo”.
Detto questo, salutò la moglie e i figli, ordinò alla schiava
più fedele di portare tutti i giorni l’uovo d’oro al bazar dal
mercante e partì per il
fino in Arabia.
Per qualche giorno tutto andò bene, ma poi la moglie fu
assalita dalla curiosità e una mattina volle accompagnare la
schiava dal mercante d’oro cui vendeva le uova dorate.
Appena il mercante vide la donna, fu totalmente rapito dalla
sua bellezza e anche lui piacque alla donna.
Allora l’uomo chiese alla donna da dove provenissero tutte
quelle uova che gli portavano in continuazione e lei rispose:
“A casa abbiamo un grazioso uccello che ogni giorno depone
uova d’oro”.
“Mi piacerebbe proprio vederlo, un simile uccello”, disse il
mercante.
La donna allora lo portò con sé a casa e gli fece vedere
l’uccello.
Appena l’uccello vide i due intonò una canzone:
parecchi soldi
lungo viaggio
Chi mangia la mia testa
diventera’ re,
chi mangia il mio cuore
diventera’ giudice supremo”.
“
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mercante
Udite queste parole, il
si fece molto più carino
e intraprendente con la donna e le disse:
“Tuo marito è partito per un lungo viaggio. Chissà se tornerà mai.
”.
La donna disse subito di sì.
Fu allora stabilito il giorno delle nozze e il mercante d’oro
chiese che quell’uccello gli fosse cucinato e servito per il pranzo.
La donna allora, ordinò alla schiava di uccidere la bestiola e
cucinarla.
Nel frattempo tornarono da scuola i due figli che si recarono
in cucina e vedendo il cibo sul fuoco, si misero a piluccare
qualcosa: uno prese la testa, l’altro il cuore, e mangiarono
tutti e due.
Quando fu servito l’
, il mercante cercò
invano la testa e il cuore.
Arrabbiato per non averli trovati, fece allora chiamare la
schiava e le chiese:
“Non sei stata attenta all’arrosto? Mancano due pezzetti!”.
“Nessuno è entrato in cucina, tranne me e i vostri figli”, rispose
la schiava.
Allora la madre fece chiamare i figli che subito ammisero di
avere mangiato i due pezzetti dell’arrosto.
A questo punto, sempre più arrabbiato, il mercante pretese
che i figli fossero uccisi e sacrificati perché voleva avere ciò
che c’era nella loro pancia: la testa e il cuore dell’uccello.
La donna ubbidì e, chiamata la schiava, le ordinò di portare
i figli nel bosco, ucciderli e prendere così dalla loro pancia la
testa e il cuore dell’uccello.
Quando essi furono nel bosco, la schiava disse:
“Io non ce la faccio ad uccidervi. Catturate un uccello che
assomigli al vostro, e io prenderò il suo cuore e la testa e li
porterò a casa!”.
I due giovani seguirono subito il consiglio della schiava,
catturarono un uccello, lo diedero alla schiava e scapparono
lontano e giurarono che non sarebbero mai più tornati
indietro.
Io ti vorrei sposare!
uccello arrosto
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La schiava intanto portò a casa testa e cuore dell’uccello e li
diede al mercante che però si accorse dell’inganno e,
furibondo, gridò:
“Non sono loro! Non sono la testa e il cuore dell’uccello dalle
uova d’oro. Mi hai ingannato”
Allora la moglie del mercante maledisse la schiava e la cacciò
da casa.
La donna e il mercante vissero insieme per alcuni anni.
Nel frattempo i
avevano continuato a vagare
sino a giungere nella
due ragazzi
citta’ piu’
grande
del paese,
in cui era appena morto il re.
In quella città era appena stato deciso che ‘chi per primo
attraverserà il mattino seguente la porta per entrare in città,
sarà il nuovo re!’.
I due ragazzi furono i primi a varcare la porta della città e
subito furono presi dalle guardie e condotti al palazzo.
Qui vennero presentati all’assemblea e tutti furono contenti
dei due bei giovanotti.
Il maggiore fu fatto re e suo fratello minore giudice supremo.
I due governarono con piena soddisfazione di tutti gli abitanti.
Mai furono trovati un
migliore
o un
più giusto.
Dopo alcuni anni il padre di quei due ragazzi tornò finalmente
dal suo lungo ed estenuante viaggio alla Mecca. Fu però
assai triste nel trovare la sua casa abbandonata.
Chiese notizie in giro e venne a sapere che sua moglie era
andata a stare in casa di un mercante.
Nessuno invece aveva più visto i suoi due figli.
Allora l’uomo si recò davanti alla casa del mercante d’oro e
fece un gran baccano reclamando la propria moglie.
Questa però prese ad insultarlo e gridò:
“Portate via questo tizio, io non lo conosco. Non è mio marito!
Deve essere impazzito.”
Dal momento che l’uomo non voleva quietarsi, il mercante
fece chiamare le guardie del mercato e fece imprigionare
re
giudice
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l’uomo che però continuò a gridare ad alta voce che quella
donna era sua moglie.
Fu allora condotto davanti al giudice.
Il giudice però non se la sentì di emettere una sentenza e
dispose che i tre fossero condotti davanti al giudice supremo
della capitale, il giudice più giusto che esistesse.
I tre furono così condotti davanti al cospetto del re e di suo
fratello giudice.
I due fratelli subito riconobbero i loro genitori, ma non dissero
nulla.
La donna continuava a lamentarsi, a ripetere che non
conosceva quell’uomo e che forse era impazzito se pretendeva
che lei fosse sua moglie.
Il marito invece continuava a far valere le sue ragioni e a
esigere da lei notizie dei suoi figli.
Quando i due figli udirono la madre che giurava così
falsamente, furono così sconvolti che non esitarono a
raccontare come le cose erano andate veramente.
Abbracciarono quindi
il padre
e lo presero a vivere con loro.
Quanto alla
al
, li condannarono: i
due vennero legati alla coda di due muli e trascinati in lungo
e in largo per le strade della città, finché non
madre e
mercante
morirono.
da
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Le Mille e una notte
Il principe serpente
C’era una volta, tanto tempo fa,
nel lontano reame di Castelvetro, una casina su un poggio,
una contadina
dove col suo marito ortolano viveva
che
tanto
.
avere
Un giorno il marito era andato nel bosco a tagliare della
legna, quando la portò a casa, dalla legna scappò fuori un
piccolo e innocuo serpentello.
A vedere un serpente la moglie s’impaurì, tanto che quasi
quasi sveniva, ma poi si fece coraggio, lo guardò negli occhi,
che gli sembravano tanto dolci e buoni, ed anche a lui ebbe
il coraggio di dire: “Vorrei tanto un bambino!”
A queste parole il serpentello disse:
“Pigliati me come figliolo, farai un buon affare e io ti vorrò
bene come a una mamma”.
Lei rispose:”Non fosse per altro, perché sei così dolce ed
amoroso sono felice di accettarti in casa mia”.
Così gli assegnò per camerina un buco nel muro, e, come si
fa per un figliolo, gli dava da mangiare con immenso affetto
dei pezzettini di tutto quello che mangiava lei.
Giorno dopo giorno il serpente cresceva, e quando fu grande
disse all’ortolano:
“Babbo mio, mi voglio sposare”.
“Di sicuro”, disse il babbo, “cercheremo una bella serpe come
te e faremo il matrimonio”.
“Ma che serpe? cosa ho da spartire io con vipere e bisce? Io
voglio la principessa, quindi va’ dal re e digli che un serpente
vuole sposare sua figlia Colombina”.
L’ortolano non se ne intendeva di queste cose, ma andò
difilato dal re e gli fece la richiesta dicendo:
“Ambasciator non porta pena,
chi la fa l’aspetti e rosso di sera bel tempo si spera.
desiderava
un bambino
Il principe serpente 41