DOVE VA L`OCCIDENTE. Il mattino di una nuova umanità

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DOVE VA L`OCCIDENTE. Il mattino di una nuova umanità
Marco Guzzi
DOVE VA L’OCCIDENTE. Il mattino di una nuova umanità
Liceo Scientifico Mascheroni, 22 novembre 2016
Dove va l’Occidente, terra tramontante, che appare oggi popolo di depressi e di piagnistei? Come può
nascere il mattino della bella notizia e del pensiero energetico? Il tramonto è duro ma un diverso sguardo sa
vedere la risorgenza: “Tremendo è il tramonto della stirpe/ in quest’ora si colmano gli occhi al contemplante/
con l’oro delle sue stelle” (G. Trakl); “la terra del tramonto è passaggio all’alba del mattino in essa dato” (M.
Heidegger).
Nella povertà culturale di oggi si deve imparare a discernere, a danzare con il pensiero.
Che cosa tramonta e dove si sta tramontando?
L’Occidente si definisce già nella lotta tra mondo greco e Impero persiano, scontro tra libertà e
assolutismo e si precisa poi con l’impulso cristiano e la modernità. E’ una tradizione che si espande e si
impone, operando trasformazioni anche disastrose. Tutte le varie e isolate tradizioni finiscono per
tramontare nell’Occidente, si occidentalizzano: lo stesso Gandhi che lottava contro il colonialismo inglese
finisce per usare le stesse armi.
Ma l’Occidente porta in sé un’ambiguità, è fonte di liberazione e genera nuove forme di schiavitù. Una
nuova grande unificazione di popoli, ciascuno raccolto in un suo centro, si riuniscono attorno al nuovo centro,
l’Occidente.
Per cosa? Cosa può nascere?
“Siamo forse alla vigilia della mostruosa trasformazione della terra intera e del tempo e dello spazio
storico a cui essa è legata? Siamo alla vigilia di una notte che prelude al nuovo mattino? Siamo in cammino
verso il luogo storico di questo crepuscolo della terra? Sta nascendo ora questo luogo della sera? ... oltre
Occidente e Oriente, il luogo di una storia futura più originariamente conforme al proprio ideale destino?
Possiamo dirci di nuovo occidentali attraverso la notte del mondo, ultimogeniti e precorritori di ben diversa
epoca?” (Heidegger). Non si può andare avanti così, “al ritmo della distruzione ecologica e della
disuguaglianza tra ricchi e poveri, mai così grande nella storia dell’uomo” (L. Boff)
Gli ostacoli al cambiamento sono innumerevoli, radicati nella psiche umana e nelle nostre strutture
sociali. Il sistema di oggi che impoverisce la terra e genera disuguaglianze si sviluppa da migliaia di anni e
ultimamente a livelli di insostenibilità. Potremmo essere perciò vicini alla fine di una certa dialettica che ha
caratterizzato la civiltà umana. Sta tramontando la figura antropologica dell’umanità bellica, dell’ego
conflittuale, che però dilaga prepotentemente nei notiziari quotidiani.
Eppure permane l’ambiguità della storia occidentale: quell’io bellico contestato è insieme potenziato. Ci
siamo liberati dai vincoli di sangue, dall’arroganza del potere dei preti, dall’assolutismo del re, ma
permangono forme di sopraffazione in nome dell’amore, della giustizia, della pace, nella pacificazione del
mondo con la mente degli squali di Wall Street. Ecco perché si ribellano i popoli, come di fronte alla gretta
Francia prerivoluzionaria degli aristocratici si ribellarono i sanculotti e i giacobini.
Il Papa (Laudato sii) invoca una rivoluzione culturale che superi la falsa dialettica degli ultimi secoli.
Bisogna uscire dalla palude della contraddizione che impedisce anche di parlare di sé con la ricchezza della
propria memoria.
Dove andare?
Potremmo ritornare all’io bellico, rinunciare ad esempio all’idea di libertà per costruire un mondo
robotizzato; oppure potremmo ricuperare la tradizione occidentale con la sua aspirazione alla libertà,
l’assolutezza della persona umana e i valori della nostra tradizione.
La scelta è da chiarire. La cultura di oggi, troppo mediocre e collaborazionista, non ci aiuta. Bisogna
rilanciare la speranza dell’uomo libero. Il nostro archetipo è la Pasqua, la novità che emerge dalla passione e
dalla morte. E’ nella dinamica della modernità: quella di criticare se stessi per rinascere, di relativizzare la
propria cultura, come abbiamo imparato già da Montaigne.
La civiltà occidentale non è comprensibile fuori dal contenuto biblico: “Dalla concezione biblica dell’uomo
l’Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica, ha attinto ispirazioni per le sue creazioni intellettuali
ed artistiche, ha elaborato norme di diritto, ha promosso la dignità della persona fonte di diritti inalienabili,
e ciò nasce sull’unico terreno simbolico della rivelazione cristiana e della speranza messianica.” (Giovanni
Paolo II)
E J. Habermas ribadisce: “Per l’autocomprensione normativa della modernità il Cristianesimo non
rappresenta solo un precedente e un catalizzatore. L’universalismo egualitario da cui sono derivate le due
idee di libertà e di democrazia è diretta eredità dell’etica ebraica della giustizia e dell’etica cristiana
dell’amore.”
Questa sorgente continua ad alimentarci di fronte alle sfide attuali. Siamo ad una svolta nella storia del
mondo: o morire nel nulla o vedere l’alba di una nuova vita. L’Occidente va risvegliato nella sua natura di
risorgenza. Siamo chiamati a diventare cellula di questo passaggio. A noi il compito di rianimare la speranza
che nasce dal pensiero e dal cuore aperto a prospettive inedite. Ascoltiamolo meglio questo Occidente!
A cura di Mauro Malighetti