EuroDejalex N. 03 - De Berti Jacchia Franchini Forlani

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EuroDejalex N. 03 - De Berti Jacchia Franchini Forlani
EuroDejalex n. 03/2013
DE BERTI  JACCHIA
De Berti Jacchia Franchini Forlani
Bruxelles
EuroDejalex
- Newsletter comunitaria –
Marzo
2013
Le prossime tappe dell’Unione economica e monetaria (20 marzo 2013)
Lo scorso 20 marzo la Commissione ha presentato due nuove comunicazioni che delineano le prossime tappe
verso la realizzazione di un’Unione economica e monetaria (“UEM”) autentica e approfondita, nell'intento di
rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e l'integrazione nella zona euro. Le comunicazioni
danno seguito agli impegni assunti dalla Commissione lo scorso novembre e alle richieste del Consiglio
europeo di proseguire il lavoro su questi due fronti.

OSSERVATORIO
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
FINESTRA
FISCALITÀ
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
FINESTRA
IP
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
FINESTRA
OCCUPAZIONE
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
CASELAW
PAG. 8

GAZZETTA E
CALENDARIO
PAG. 10
La “Comunicazione sul coordinamento ex ante delle grandi riforme di politica economica previste” propone
diverse opzioni per l'organizzazione di discussioni a livello di UE sulle riforme di politica economica previste
negli Stati membri prima che le decisioni definitive siano adottate a livello nazionale. L'obiettivo è tenere nel
debito conto eventuali effetti positivi o negativi di tali riforme sugli altri paesi della zona euro fin dall'inizio del
processo decisionale. La “Comunicazione sullo strumento di convergenza e di competitività” propone due
opzioni per tali strumenti: accordi contrattuali per gli Stati membri che si impegnano a intraprendere riforme
specifiche e sostegno finanziario per aiutarli a metterle in atto. Questi due nuovi strumenti completano le
strutture già esistenti a livello di UE per la sorveglianza economica e di bilancio, rafforzate grazie alle riforme
introdotte dal semestre europeo, il "Six Pack" e il "Two Pack".
Con queste due Comunicazioni, che combinano la necessità di maggiore disciplina a livello nazionale con una
maggiore solidarietà a livello di UE, la Commissione porta avanti il processo di integrazione, come delineato
nel novembre scorso nel piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita che definisce il
concetto di architettura solida e stabile in campo finanziario, di bilancio, economico e politico, indicando le
misure graduali da adottare a breve, medio e lungo termine per conseguire questo obiettivo. A quattro mesi
esatti dalla pubblicazione del suddetto piano, si da cosí inizio a un processo di riforma graduale che rafforzerà
l'Unione economica e monetaria e garantirà una migliore gestione delle crisi future.
Le riforme, o la mancanza di riforme, possono avere notevoli effetti di ricaduta su altri Stati membri,
specialmente nella zona euro. Un pacchetto ben strutturato di riforme dei mercati del lavoro o dei prodotti, ad
esempio, può rilanciare la crescita e l'occupazione nello Stato membro interessato, aumentando quindi la
domanda di prodotti e servizi da parte di altri Stati membri, mentre la mancata attuazione di queste riforme può
rendere gli Stati membri vulnerabili agli shock economici esterni con possibili ricadute su altri Stati membri,
come è successo durante la crisi. Per massimizzare gli effetti positivi e ridurre al minimo quelli negativi, la
Commissione sta valutando la possibilità di proporre che le riforme da coordinare siano quelle riguardanti la
competitività, l'occupazione, il funzionamento dei mercati di prodotti e servizi, le industrie di rete, i sistemi
tributari, la stabilità finanziaria e la sostenibilità di bilancio. Le discussioni sulle riforme sarebbero saldamente
ancorate nel processo del semestre europeo.
Uno strumento di convergenza e di competitività per la zona euro combinerebbe gli accordi contrattuali,
contenenti le misure fondamentali che uno Stato membro s'impegna ad attuare, secondo un calendario
concordato, per applicare le raccomandazioni specifiche per paese formulate nell'ambito del semestre
europeo, in particolare quelle derivanti dalla procedura per gli squilibri macroeconomici. A complemento di
queste riforme si potrebbe creare uno strumento finanziario, che in linea di massima rientrerebbe nel bilancio
dell'UE ma non sarebbe assoggettato ai massimali fissati nel regolamento sul quadro finanziario pluriennale,
per promuovere e sostenere le riforme quando un determinato Stato membro si trovi in difficoltà. Un'attuazione
ambiziosa e tempestiva delle riforme strutturali contribuirà in misura considerevole a eliminare le principali
carenze dell'economia, specialmente nei settori connessi alla competitività. Questo favorirebbe il riequilibrio,
l'aggiustamento e la crescita delle economie della zona euro e sarebbe un primo passo verso il rafforzamento
della capacità di bilancio, che a sua volta aumenterebbe l'integrazione delle politiche economiche. La
Commissione rifletterà inoltre sul modo di consentire agli Stati membri non appartenenti alla zona euro, in
particolare quelli che si preparano ad aderirvi, di concludere un accordo contrattuale.
Quanto alle prossime tappe, il Consiglio europeo del giugno scorso ha invitato il presidente del Consiglio
europeo a presentare, in stretta collaborazione con il presidente della Commissione, il presidente
dell'Eurogruppo e il presidente della BCE, una tabella di marcia specifica e circoscritta nel tempo per la
realizzazione di un'autentica UEM. Le discussioni sul futuro dell’UEM proseguiranno al Consiglio europeo di
giugno, durante il quale si decideranno le misure concrete e una tabella di marcia circoscritta nel tempo.
Maggiori informazioni sono disponibili al seguente link: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-248_it.htm
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Osservatorio
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RISOLUZIONE ALTERNATIVA DELLE CONTROVERSIE
Il Parlamento europeo approva la nuova legislazione UE relativa alla risoluzione alternativa ed online delle
controversie (12.03.2013)
In data 12 marzo 2013, il Parlamento europeo ha votato a favore di due risoluzioni legislative a supporto della nuova
legislazione UE relativa alla risoluzione alternativa delle controversie (“ADR”), comprese quelle connesse alle operazioni di
commercio elettronico (“ODR”), a conferma dell’accordo politico raggiunto con il Consiglio dell’UE sulle proposte di Direttiva
sull’ADR, e di Regolamento sull’ODR, entrambe presentate dalla Commissione europea nel novembre del 2011. La nuova
disciplina sull’ADR e sull’ODR intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno al dettaglio grazie al
potenziamento dei mezzi di ricorso dei consumatori e all’istituzione di un sistema ODR in tutta l’UE che agevolerà la
risoluzione delle controversie tra professionisti e consumatori connesse alla vendita di beni o alla fornitura di servizi online a
livello transfrontaliero. Per perseguire tali obiettivi, la nuova Direttiva sull’ADR prevede una serie di disposizioni che
garantiranno l’esistenza di procedure ADR per quasi tutte le controversie dei consumatori, la disponibilità di informazioni
relative alla loro fruibilità, la qualità degli organismi ed, infine, il monitoraggio del loro funzionamento. In particolare, la nuova
disciplina dispone che le controversie rientranti nel suo ambito di applicazione siano presentate solo ad un organismo ADR
che soddisfi determinati requisiti di competenza, indipendenza, imparzialità e trasparenza e che tratti la controversia
secondo norme procedurali che non nuocino in modo significativo all’accesso da parte dei consumatori a procedure efficaci
ed eque. Per quanto riguarda il nuovo Regolamento sull’ODR, questo mira ad istituire una piattaforma europea di risoluzione
delle controversie online, accessibile in tutte le lingue ufficiali dell’UE e il cui utilizzo sarà gratuito, sulla quale i consumatori
residenti nell’UE e i professionisti stabiliti nell’UE potranno presentare reclami, per il tramite di uno specifico modulo
elettronico. Per ulteriori informazioni si veda il seguente link: http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-193_it.htm

PRATICHE COMMERCIALI SLEALI
Stop al marketing fraudolento (14.03.2013)
La Commissione europea ha illustrato, in data 14 marzo 2013, una serie di interventi contro le pratiche commerciali
aggressive nell’Unione europea, come le offerte falsamente “gratuite”, la pubblicità propagandistica per prodotti che non
possono essere venduti o le sollecitazioni all’acquisto dirette ai minori. A cinque anni dall’entrata in vigore, la Commissione
ha esaminato l’applicazione della Direttiva sulle pratiche commerciali sleali e ha annunciato l’intenzione di potenziare il
rispetto della normativa per accrescere la fiducia dei cittadini che fanno acquisti nel mercato interno europeo. Grazie a tale
Direttiva, i Garanti nazionali della tutela dei consumatori hanno potuto tenere a freno una vasta gamma di pratiche
commerciali sleali. Sostituendo 27 regimi nazionali con un unico insieme di norme, la Direttiva ha semplificato le regole in
materia di pratiche commerciali sleali, rendendo più facile per i consumatori conoscere i loro diritti, a prescindere dal luogo
nell’UE in cui fanno acquisti. Tuttavia, tanto i consumatori quanto i professionisti hanno ancora difficoltà a sapere come
verranno applicate queste norme dalle varie autorità nazionali competenti. La Commissione intende pertanto svolgere un
ruolo più incisivo nel rafforzare la cooperazione tra autorità nazionali responsabili dell’applicazione della normativa,
attraverso: una maggior efficienza della rete di cooperazione per la protezione dei consumatori e la promozione delle
indagini a tappeto (“sweeps”); il supporto agli Stati membri nell’applicazione efficace della Direttiva per mezzo di
orientamenti e scambi di buone prassi; l’elaborazione di indicatori del rispetto delle norme, per identificare le carenze e i
punti deboli che richiedono ulteriori interventi di indagine e/o correttivi; l’organizzazione di seminari tematici periodici tra
autorità nazionali responsabili dell’applicazione e di formazioni per tali autorità e per i magistrati. Per ulteriori informazioni si
veda il seguente link:
http://ec.europa.eu/justice/newsroom/consumer-marketing/news/130314_en.htm

TUTELA DEI DATI PERSONALI
La Commissione giuridica del PE appoggia la riforma relativa alla protezione dei dati personali (19.03.2013)
In data 19 marzo 2013, la Commissione europea ha favorevolmente accolto l’adozione da parte della Commissione giuridica
del Parlamento europeo dei pareri – relativi alla proposta di Regolamento generale sulla protezione dei dati personali e alla
proposta di Direttiva concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle
autorità competenti (“Direttiva sull’enforcement”) – che confermano l’architettura e le fondamenta principali della riforma
della Commissione concernente la tutela dei dati personali. La riforma prevede: 1) la sostituzione dell’attuale Direttiva
95/46/CE, relativa alla tutela nel trattamento dei dati personali delle persone fisiche, con un Regolamento direttamente
applicabile che copra tutta la materia; 2) il mantenimento di un’ampia definizione del termine “dato personale”, in linea con
quanto disposto dall’attuale Direttiva e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia la quale, per esempio, ha statuito che
anche gli indirizzi IP sono dati personali; 3) la sussistenza di un “consenso esplicito” per legittimamente fondare il
trattamento di un dato personale, non si puό presumere il consenso per il semplice fatto che un soggetto rimane silenzioso o
non si attiva; 4) la creazione di uno “sportello unico” per le società che operano in più Stati membri; 5) la definizione dello
scopo della Direttiva sull’enforcement che applicherà principi generali e norme sulla protezione dei dati alle autorità di polizia
e giudiziarie in ambito penale. Tali norme troveranno applicazione sia in caso di trattamento domestico che in caso di
trasferimento transfrontaliero di dati personali ed aumenteranno la fiducia tra tali autorità. Per ulteriori informazioni si veda il
seguente link: http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-233_en.htm
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 TUTELA DEI CONSUMATORI
Come migliorare i mezzi di ricorso dei consumatori nelle controversie transfrontaliere (19.03.2013)
In data 19 marzo 2013 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica su come migliorare l'accesso alla
giustizia per i consumatori e le piccole imprese nelle controversie transfrontaliere di modesta entità. Il procedimento europeo
per controversie di modesta entità è uno strumento semplice ed economico di composizione delle controversie
transfrontaliere il cui importo non supera i 2.000 euro e che non necessita di procedure giuridiche complesse. Tuttavia, da
una relazione dello scorso anno presentata dalla rete dei centri europei dei consumatori è emerso che questo strumento di
facile impiego è ancora poco conosciuto e spesso sottoutilizzato. La Commissione europea ha deciso pertanto di raccogliere
i pareri dei consumatori, delle imprese e dell'opinione pubblica sull'attuale funzionamento del procedimento e su come
potrebbe essere migliorato, semplificato o modernizzato. L’obiettivo è accrescere la fiducia negli acquisti transfrontalieri,
aiutando in tal modo i consumatori e le imprese a sfruttare appieno le potenzialità del mercato unico europeo. La
consultazione durerà fino al 10 giugno 2013, dopodiché la Commissione valuterà i contributi pervenuti ed entro la fine del
2013 riferirà sul funzionamento del procedimento per le controversie di modesta entità a cinque anni dalla sua introduzione.
La relazione sarà accompagnata, se necessario, da una proposta di revisione del relativo Regolamento. La consultazione
mira a raccogliere pareri sull'attuale utilizzo del procedimento per le controversie di modesta entità e su come migliorarlo,
chiedendo, ad esempio, se si possa applicare anche alle controversie superiori all’attuale tetto massimo di 2.000 euro, se la
relativa documentazione giuridica possa essere inviata per via elettronica e se si debba anche affrontare la questione delle
spese processuali. Per ulteriori informazioni si veda il seguente link:
http://ec.europa.eu/justice/civil/commercial/eu-procedures/index_en.htm

DIRITTO DELLA CONCORRENZA
La Commissione lancia una consultazione pubblica su una proposta di semplificazione delle procedure previste dal
Regolamento sulle concentrazioni (27.03.2013)
Il 27 marzo 2013, la Commissione europea ha lanciato una consultazione su una proposta di semplificazione delle
procedure previste dal Regolamento sulle concentrazioni. Tale proposta mira a rendere il controllo delle concentrazioni
nell’Unione europea ancora più propizio all’attività imprenditoriale, riducendo le formalità amministrative e razionalizzando le
procedure. La Commissione propone, in particolare, di aggiornare la sua Comunicazione concernente una procedura
semplificata per l'esame di determinate concentrazioni a norma del Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio. Tale
comunicazione prevede che le imprese possano utilizzare un formulario di notificazione abbreviato per certe categorie di
concentrazione che generalmente non sono suscettibili di sollevare problemi a livello concorrenziale. Alla luce
dell’esperienza maturata e delle proprie linee direttrici in materia di concentrazioni, la Commissione propone di ampliare
l'ambito di applicazione della procedura semplificata, al fine di alleviare maggiormente il carico gravante sulle imprese. In
particolare, dovrebbe essere portata (dal 15%) al 20% la quota di mercato congiunta che i partecipanti alla
concentrazione che operano nel medesimo mercato del prodotto e geografico devono detenere per poter ricorrere a detta
procedura, e dal 25% al 30% la quota di mercato individuale o congiunta, su un mercato a qualsiasi livello, che uno o più dei
partecipanti alla concentrazione che operano su un mercato del prodotto situato a monte o a valle del mercato del prodotto
in cui è impegnato un qualsiasi altro partecipante alla concentrazione devono detenere ai medesimi fini. La Commissione
propone altresí di modificare il Regolamento di esecuzione del Regolamento relativo al controllo delle concentrazioni tra
imprese per aggiornare e semplificare i formulari di notificazione delle concentrazioni. Per ulteriori informazioni si veda il
seguente link:
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-288_en.htm

ENERGIA
Verso un nuovo quadro strategico in materia di clima ed energia (27.03.2013)
In data 27 marzo 2013 la Commissione europea ha fatto il primo passo verso l’istituzione di un quadro strategico unionale
per le politiche in materia di cambiamenti climatici e energia da oggi al 2030, adottando un Libro verde che avvia una
consultazione pubblica sui contenuti del quadro strategico. La Commissione ha anche pubblicato una Comunicazione
consultiva sul futuro della cattura e dello stoccaggio del carbonio (“CCS”) in Europa, al fine di avviare un dibattito sulle
opzioni disponibili per garantirne uno sviluppo tempestivo, adottando inoltre una relazione in cui valuta i progressi compiuti
dagli Stati membri per conseguire i loro obiettivi in materia di energie rinnovabili entro il 2020, nonché due relazioni sulla
sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi consumati nell’UE. Il Libro verde solleva una serie di domande, tra cui: di che
tipo, natura e livello dovrebbero essere gli obiettivi da fissare per il 2030 in materia di clima ed energia? come si può
ottenere coerenza tra i diversi strumenti politici? in che modo il sistema energetico può contribuire alla competitività dell’UE?
come tenere conto delle diverse capacità degli Stati membri di agire? La consultazione resterà aperta fino al 2 luglio 2013.
Entro la fine di quest’anno, sulla base delle opinioni espresse da Stati membri, istituzioni europee e portatori di interesse, la
Commissione intende proporre un quadro strategico per il 2030 in materia di clima ed energia. La comunicazione consultiva
individua gli ostacoli che hanno impedito alle tecnologie CCS di svilupparsi al ritmo previsto nel 2007 e prende inoltre in
esame le possibili opzioni per promuovere più efficacemente una tempestiva dimostrazione e diffusione delle tecnologie
CCS, invitando a presentare osservazioni sul ruolo di queste tecnologie in Europa. Le risposte alla consultazione
contribuiranno al lavoro svolto dalla Commissione per la definizione del quadro strategico per il 2030. Per ulteriori
informazioni si veda il seguente link: http://ec.europa.eu/energy/green_paper_2030_en.htm
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Osservatorio trasporti
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TRASPORTO STRADALE
Maggiore protezione d’ora in poi per chi viaggia in autobus (01.03.2013)
Il 1° marzo 2013 è entrato in vigore il Regolamento (UE) n. 181/2011 relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato
con autobus, che stabilisce i diritti fondamentali dei viaggiatori e impone una serie di obblighi alle società di trasporto e ai
gestori delle stazioni per quanto riguarda la loro responsabilità nei confronti dei passeggeri. L’UE è ora la prima regione del
mondo che dispone di un complesso di diritti dei passeggeri per tutti i modi di trasporto. Il Regolamento stabilisce in
sostanza diritti analoghi a quelli di cui beneficiano già i passeggeri del trasporto aereo, ferroviario e marittimo, tra cui i
seguenti: la non discriminazione basata sulla cittadinanza riguardo alle tariffe e ad altre condizioni contrattuali; il trattamento
non discriminatorio per le persone disabili o a mobilità ridotta (nello specifico, il Regolamento prevede l’assistenza gratuita
nelle stazioni di autobus designate e a bordo degli autobus, nonché la compensazione pecuniaria per la perdita o il
danneggiamento delle loro attrezzature per la mobilità); informazioni adeguate e accessibili per tutti i passeggeri prima e
durante il viaggio nonché informazioni a carattere generale sui loro diritti nelle stazioni e su internet; il rimborso del prezzo
del biglietto o il reinstradamento in caso di accettazione di un numero di prenotazioni superiore ai posti disponibili, di
cancellazione o di ritardo superiore a due ore rispetto all’ora di partenza prevista (applicabile solo per distanze superiori a
250 km); un’adeguata assistenza (spuntini, pasti, bevande e, se necessario, alloggio) in caso di cancellazione o ritardo
superiore a 90 minuti per i viaggi di durata superiore alle tre ore (applicabile solo per distanze superiori ai 250 km); il
risarcimento per il decesso, le lesioni, la perdita o il danneggiamento del bagaglio in seguito a incidenti stradali; l’istituzione
in ogni Stato membro di organismi nazionali indipendenti incaricati di garantire l’applicazione del Regolamento e, se del
caso, di imporre sanzioni. Nell’autunno del 2013 la Commissione europea organizzerà la prima riunione con le autorità
nazionali per valutare l'effettiva attuazione della normativa sui diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus. Per
ulteriori informazioni si veda il seguente link: http://ec.europa.eu/transport/passenger-rights/index.html

TRASPORTO FERROVIARIO
La Commissione si propone di migliorare l’accesso al trasporto ferroviario per le persone con disabilità
(11.03.2013)
La Commissione europea sta facendo dell'accessibilità un requisito essenziale per le infrastrutture ferroviarie di recente
costruzione, ristrutturate o rinnovate. Tale obiettivo può essere perseguito prevenendo o eliminando le barriere o mediante
altre misure, come la prestazione di assistenza. La disciplina si applica alle infrastrutture (percorsi privi di ostacoli, servizi di
biglietteria, uffici informazioni, servizi igienici, informazioni sonore e visive, larghezza e altezza dei marciapiedi, dispositivi di
ausilio per l'accesso a bordo) e ai vagoni ferroviari (porte, servizi igienici, spazi per sedie a rotelle, informazioni). Si tratta
della prima di una serie di azioni promosse quest'anno dalla Commissione per migliorare ulteriormente l'accesso ai trasporti
per le persone con disabilità o a mobilità ridotta in Europa. La nuova disciplina si ricollega alle specifiche tecniche già
esistenti a livello dell'UE in materia di accessibilità su rotaia. L’esistenza di norme comuni europee in materia di accessibilità
non può che migliorare, su tutto il territorio dell'Unione, le condizioni di viaggio dei passeggeri con disabilità o a mobilità
ridotta (ad esempio a causa dell'età, di infermità temporanee dovute ad incidenti o al fatto di spostarsi con bambini). Nella
misura in cui rappresentano una soluzione comune applicabile in tutta l’UE, le funzioni di accessibilità migliorano inoltre la
qualità globale del servizio per tutti gli utenti e contribuiscono alla conformità del settore ferroviario. L’UE si è impegnata a
fare dell'Europa uno spazio senza barriere, sottoscrivendo e ratificando la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle
persone con disabilità. In linea con la Convenzione, la Commissione ha adottato una strategia globale nel 2010 per creare
un'Europa senza barriere per i disabili entro il 2020. Per ulteriori informazioni si veda il seguente link:
http://ec.europa.eu/transport/modes/rail/index_en.htm
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TRASPORTO AEREO
Proposte nuove misure per rafforzare i diritti dei passeggeri del trasporto aereo (13.03.2013)
In data 13 marzo 2013 la Commissione europea ha annunciato un pacchetto di misure destinate a garantire ai passeggeri
del trasporto aereo nuovi e migliori diritti in materia di informazione, assistenza e imbarco su un volo alternativo quando
rimangono a terra. Al contempo sono previste procedure di reclamo e misure di applicazione migliori, affinché i passeggeri
possano effettivamente esercitare i loro diritti. Nello specifico la proposta aggiorna i diritti dei passeggeri in quattro ambiti
fondamentali. Chiarisce innanzitutto gli aspetti giuridici poco chiari; la mancanza di definizioni e le disposizioni imprecise del
Regolamento (UE) n. 261/2004 fanno sì che i diritti dei passeggeri presentino aspetti poco chiari, generando incoerenze e
norme vaghe nell’applicazione della legislazione. Stabilisce nuovi diritti in caso di riprogrammazione del volo, di errori
ortografici nei nomi, di danneggiamento del bagaglio nonché nuovi obblighi di trasparenza per le informazioni relative ai
bagagli a mano e ai bagagli registrati. In materia di applicazione delle norme, gestione dei reclami e applicazione delle
sanzioni, il Regolamento prevede il potenziamento del controllo sui vettori aerei da parte delle autorità nazionali ed europee,
una migliore gestione dei reclami e applicazione dei diritti individuali. Infine, in materia di oneri finanziari, esso prevede limiti
all’assistenza e condivisione con terzi responsabili dell'onere economico. Per ulteriori informazioni si veda il seguente link:
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-203_it.htm
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Bruxelles
Finestra europea sulla fiscalità
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Corte di Giustizia dell’Unione europea, 14 marzo 2013, C–527/11, Valsts ieņēmumu dienests/Ablessio SIA (14.03.2013)
In data 14 marzo 2013, la Corte di Giustizia dell’UE si è pronunciata, nella causa C–527/11, Valsts ieņēmumu dienests/Ablessio
SIA, sull’interpretazione degli artt. 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore
aggiunto (“direttiva 2006/112”). Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta tra il Valsts ieņēmumu
dienests (amministrazione tributaria statale lettone; il “VID”) e l’Ablessio SIA (l’“Ablessio”), società lettone a responsabilità limitata,
relativamente alla mancata iscrizione di quest’ultima nel registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto (il “registro”),
giustificata dalla circostanza che la società in questione non disponeva delle capacità materiali, tecniche e finanziarie necessarie
per svolgere l’attività economica dichiarata, consistente nell’offrire servizi di costruzione. Il VID constatava, prima di tutto, che
l’Ablessio era sprovvista di immobilizzazioni e non aveva stipulato alcun contratto riguardo alla locazione delle stesse, escluso uno
ad uso commerciale per una superficie non abitabile di soli 4 m². Inoltre, la società in parola non era iscritta nel Registro delle
imprese di costruzioni edili, non aveva svolto attività concrete dal momento della sua costituzione, e l’unico dipendente,
apparentemente non retribuito, della società era il presidente del consiglio di amministrazione. Avverso la decisione del giudice di
primo grado di accogliere il ricorso dell’Ablessio contro il rifiuto di iscrivere la stessa nel registro, sul presupposto che la stessa
aveva fornito informazioni riguardo alle proprie capacità di svolgere l’attività economica dichiarata e che la veridicità di siffatte
informazioni non era stata contestata, il VID presentava appello, che veniva respinto. Il giudice del rinvio, presso cui il VID
presentava ricorso per cassazione, decideva di sospendere il giudizio per chiedere alla Corte se gli artt. 213, 214 e 273 della
direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro, al fine di
garantire di riscuotere correttamente l’imposta sul valore aggiunto (“IVA”) e di evitare l’evasione, rifiuti di attribuire un numero di
identificazione IVA ad una società unicamente in base al motivo che quest’ultima, secondo tale amministrazione, non dispone dei
mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata e che il titolare di quote di capitale della società in
parola ha previamente ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società le quali non hanno mai svolto un’effettiva attività
economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero. Nel rispondere ai
quesiti posti, la Corte ha ricordato che, ai sensi della direttiva 2006/112, ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione
e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo e che spetta agli Stati membri prendere i provvedimenti necessari
affinché vi sia l’identificazione dei soggetti passivi, tramite un numero individuale, il cui scopo essenziale è di garantire il buon
funzionamento del sistema IVA. Infatti, l’attribuzione di un numero di identificazione IVA fornisce la prova dello status fiscale del
soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’IVA, facilita il controllo dei soggetti passivi per riscuoterla correttamente, mira ad
agevolare la determinazione dello Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti ed, infine, costituisce un importante
elemento di prova delle operazioni effettuate. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha constatato che, sebbene la direttiva elenchi
le categorie di persone che devono essere identificate mediante un numero individuale, la stessa non prevede le condizioni cui può
essere soggetta l’assegnazione del medesimo. In merito, gli Stati membri dispongono di un margine discrezionale nell’adozione di
provvedimenti diretti a garantire l’identificazione dei soggetti passivi ai fini dell’IVA, soggetto a limitazioni, nel senso che la loro
facoltà di rifiutare di attribuire ad un soggetto passivo un numero individuale non può essere esercitata senza motivo legittimo. Per
di più, dalla giurisprudenza della Corte e dai dettami della direttiva medesima, discende che sono considerati soggetti passivi che
possono chiedere l’attribuzione di un numero di identificazione IVA non soltanto le persone che già esercitano un’attività
economica, ma anche coloro che intendono iniziare un’attività del genere e che effettuano le prime spese di investimento a tal fine;
dette persone possono quindi non essere in grado di provare, in tale fase preliminare, di disporre già dei mezzi materiali, tecnici e
finanziari per svolgere questa attività. Di conseguenza la direttiva 2006/112 e, in particolare, gli artt. 213 e 214 ostano a che
l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione IVA ad un richiedente unicamente in
base al motivo che questi non è in grado di dimostrare di disporre già dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività
economica dichiarata all’atto della presentazione della richiesta di iscrizione nel registro dei soggetti passivi. Tuttavia, gli Stati
membri, che hanno un legittimo interesse ad intraprendere azioni volte a proteggere i loro interessi finanziari, ad evitare ogni
possibile evasione, elusione e abuso e a garantire la veridicità delle iscrizioni nel registro al fine di assicurare il buon funzionamento
del sistema dell’IVA, possono legittimamente prevedere misure idonee ad impedire l’uso indebito di numeri d’identificazione,
segnatamente da parte di imprese la cui attività, e di conseguenza la qualità di soggetto passivo, sarebbe puramente fittizia. Ciò
nondimeno siffatte misure non devono andare al di là di quanto necessario ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad
evitare le evasioni e non devono mettere sistematicamente in discussione il diritto di detrazione dell’IVA e, quindi, la neutralità di
detta imposta. Orbene, poichè l’iscrizione del soggetto passivo nel registro è un requisito formale, che non puό mettere in
discussione, in particolare, il diritto a detrazione o il diritto all’esenzione dell’IVA a titolo di una cessione intracomunitaria, nella
misura in cui le condizioni materiali che fanno sorgere tali diritti sono soddisfatte, non può essere impedito ad un soggetto passivo
di esercitare tale diritto alla detrazione sul presupposto che non si sarebbe registrato ai fini dell’IVA prima di utilizzare i beni acquisiti
nell’ambito della sua attività imponibile. Per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, il rifiuto d’identificare
un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare
oggettivamente come probabile che il numero di identificazione IVA attribuito al soggetto passivo in parola sarà utilizzato a fini di
evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare la compatibilità dei provvedimenti nazionali con il diritto UE e, segnatamente, il
principio di proporzionalità. Con riguardo alle circostanze della controversia principale, la Corte constata che il fatto, per un soggetto
passivo, di non disporre dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata non è, di per sè solo,
sufficiente a dimostrare che sia probabile che quest’ultimo si propone di commettere un’evasione fiscale. In aggiunta la direttiva
2006/112 non prevede limitazioni della quantità di richieste di attribuzione di numeri individuali di identificazione IVA che possono
essere presentate dalla stessa persona, la quale agisca per conto di diverse persone giuridiche e non consente nemmeno di
ritenere che la cessione del controllo di dette persone giuridiche successivamente all’identificazione all’IVA di queste ultime
costituisca un’attività illecita. Tuttavia, siffatte circostanze possono essere tenute in considerazione nell’ambito di una valutazione
complessiva del rischio di evasione. La Corte di Giustizia ha pertanto statuito che: “... Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva
2006/112/CE ... ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore
aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici
e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un
siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo
l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la
sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo
di evasione....”. Per maggiori informazioni: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62011CJ0527:IT:HTML
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EuroDejalex n. 03/2013
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Finestra europea sulla proprietà intellettuale
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La Commissione Europea presenta un pacchetto di iniziative per una nuova Direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa e un nuovo Regolamento sul marchio comunitario (27.03.2013)
In data 27 marzo 2013, la Commissione Europea ha presentato un pacchetto di iniziative in materia di marchi di impresa il cui obiettivo è di
semplificare e armonizzare la procedura di registrazione, modernizzare le disposizioni vigenti, potenziare i mezzi di lotta contro la
contraffazione dei prodotti e facilitare la cooperazione tra gli uffici dei marchi degli Stati Membri e l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato
Interno (UAMI). Con questo intervento, si punta a ravvicinare le disposizioni della Direttiva 89/104/CEE1, ora codificata come 2008/95/CE2
alle disposizioni del Regolamento (CE) n. 40/943, ora codificato come 207/2009/CE sul marchio comunitario4. Questa scelta di intervenire
sulla materia è una conseguenza del fatto che il sistema del marchio comunitario risale ormai a 20 anni fa. Nel 1989 si decise di procedere
ad una parziale armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri sul marchio nazionale e fu per questo adottata la Direttiva 89/104/CEE.
A seguire, nel 1994, per il tramite del Regolamento (CE) n. 40/94 venne instaurato un sistema unitario di registrazione dei marchi con pari
efficacia in tutta l’UE. Sebbene il sistema abbia mostrato di resistere al tempo, è stata rilevata una certa “incomunicabilità” tra la Direttiva ed
il Regolamento, di cui la Commissione Europea ha preso atto nel suo “Impact Assessment” del 20135. Tenuto conto, da un lato, del fatto
che tale incomunicabilità genera confusione nel sistema, dall’altro, dell’accresciuta importanza del ruolo dei marchi per il funzionamento del
mercato interno, la Commissione ha deciso di intervenire. Il pacchetto proposto si compone della revisione della Direttiva 89/104/CEE
(“Proposta di Direttiva”), della revisione del Regolamento (CE) n. 40/94 (“Proposta di Regolamento”) e della revisione del Regolamento (CE)
n. 2869/95 relativo alle tasse di registrazione dovute all’UAMI.
Con riferimento alla Direttiva 89/104/CEE, la Proposta di Direttiva incide, in primis, sulla definizione di marchio, che viene resa più flessibile.
Attualmente, per essere protetti come marchio d’impresa i segni devono poter essere rappresentati graficamente. Questo requisito di
“rappresentabilità grafica”, oltre ad essere superato nella realtà, crea incertezza del diritto circa la rappresentazione di marchi non
tradizionali, come marchi di suoni o di semplice colore. La definizione proposta, non limitando al mezzo grafico o visivo il mezzo di
rappresentazione, lascia spazio alla registrazione con mezzi tecnologici avanzati che offrano garanzie adeguate. L’idea non è di prevedere
un’estensione illimitata dei modi attraverso i quali è possibile rappresentare e quindi potenzialmente monopolizzare un segno, bensì di
garantire maggiore flessibilità e al contempo maggiore certezza del diritto. In secondo luogo, in considerazione del fatto che né la Direttiva
né il Regolamento attualmente in vigore contengono una disciplina univoca sulla possibilità per il titolare del marchio di far valere i propri
diritti contro l’uso di un segno identico o simile che sia già oggetto di un diritto anteriore, sia la Proposta di Direttiva che la Proposta di
Regolamento, in linea con l’art. 16, par. 1, dell’Accordo sugli Aspetti dei Diritti di Proprietà Intellettuale attinenti al Commercio (Accordo
TRIPS), chiariscono che le azioni di contraffazione lasciano impregiudicati i diritti anteriori. Il nuovo art. 10, par. 2, della Proposta di Direttiva
ed il nuovo art. 9, par. 2 della Proposta di Regolamento precisano, infatti, che sebbene il titolare di un marchio registrato abbia diritto di
vietare a terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio qualsiasi segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per
cui è stato registrato, sono fatti espressamente salvi “i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del
marchio europeo”. Ancora, la Commissione, recependo quanto affermato dalla Corte di Giustizia in una recente sentenza6, introduce la
possibilità per il titolare di un marchio registrato di vietare ai terzi l’uso di tale marchio come nome commerciale o ditta, quando quest’ultimo
sia riferito anche ai prodotti o servizi offerti. Più particolarmente, nella sentenza Céline7, la Corte di Giustizia ha ricordato che “… una
denominazione sociale, un nome commerciale o un’insegna non ha, di per sé, la finalità di distinguere prodotti o servizi. Infatti, una
denominazione sociale è diretta a identificare una società, mentre un nome commerciale o un’insegna ha lo scopo di segnalare un negozio.
Di conseguenza, quando l’uso di una denominazione sociale, di un nome commerciale o di un’insegna si limita a identificare una società o a
segnalare un negozio, non si può considerare che esso sia fatto per prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 5, n.1, della direttiva …”. Tuttavia “…
l’uso da parte di un terzo che non vi sia stato autorizzato, di un segno identico ad un marchio registrato per prodotti o servizi identici a quelli
per cui tale marchio è stato registrato può essere vietato, conformemente all’art. 5, n.1, lett. a), della direttiva, solo se pregiudica o è idoneo
a pregiudicare le funzioni di detto marchio e in particolare la sua funzione essenziale, che è di garantire ai consumatori l’origine dei prodotti
o dei servizi …”. In conseguenza di ció, l’art. 10, par. 3, lett. d), della Proposta di Direttiva e l’art. 9, par. 3, lett. d), della Proposta di
Regolamento conferiscono al titolare del marchio il diritto di vietare al terzo di usare un segno identico al suo marchio come denominazione
sociale o nome commerciale o parte di un nome commerciale o di una denominazione sociale. In materia di designazione e classificazione
dei prodotti e dei servizi, al fine di conseguire l’allineamento delle principali norme procedurali, il nuovo art. 40 della Proposta di Direttiva,
richiamando l’Accordo di Nizza sulla Classificazione Internazionale dei Prodotti e dei Servizi del 15 giugno 1957, fissa regole di
individuazione e classificazione comune per i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio. In linea con i principi stabiliti
dalla Corte di Giustizia nella sentenza IP Translator8, detti prodotti e servizi devono essere identificati dal richiedente con chiarezza e
precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti ed agli operatori economici, su questa sola base, di determinare la portata della
protezione conferita dal marchio (art. 40, par. 2). Con riferimento alla procedura di deposito della domanda di marchio comunitario, la
Proposta di Regolamento, prendendo atto del fatto che quasi tutte le domande sono ora presentate direttamente mediante deposito
elettronico presso l’UAMI, non prevede più la possibilità di depositare tale domanda presso gli uffici nazionali. Quanto alla data di deposito
della domanda di marchio, l’art. 27 è stato modificato in modo tale da collegare “l’obbligo” di effettuare il pagamento della tassa di deposito
da parte del richiedente al deposito della domanda. In questo modo, il richiedente è tenuto a provare di aver effettuato o autorizzato il
pagamento contestualmente alla presentazione della domanda. Infine, il nuovo art. 123 quater della Proposta di Regolamento prevede un
quadro chiaro in materia di cooperazione obbligatoria tra l’UAMI e gli Uffici della proprietà industriale di ciascun Stato Membro al fine di
promuovere la convergenza delle pratiche e la messa a punto di strumenti comuni in materia di marchi, disegni e modelli. Per quanto
riguarda le prossime tappe, trattandosi di proposte legislative, esse dovranno venire adottate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio
secondo la procedura di codecisione. La proposta di revisione del Regolamento relativo alle tasse dovute all’UAMI seguirà, invece, un iter
diverso; sarà infatti adottato dalla Commissione come atto di esecuzione e richiederà pertanto la previa approvazione del competente
comitato per le questioni relative alle tasse dell’UAMI.
Maggiori informazioni sul pacchetto proposto sono disponibili al seguente link: http://ec.europa.eu/internal_market/indprop/tm/index_en.htm
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Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa, GUCE n. L 040 del
11.02.1989, pag. 0001–0007.
Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (Versione
codificata), GUUE L 299 dell'8.11.2008, pagg. 25–33.
Regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, GUUE n. L 011 del 14.01.1994, pag. 0001 – 0036.
Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (Versione codificata), GUUE L 78 del 24.3.2009, pagg. 1–42.
Commission Staff Working Paper Impact Assessment Accompanying document to the Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council amending Council
Regulation (EC) no. 207/2009 of 26 february 2009 on the community trade mark and the proposal for a directive of the European Parliament and of the Council to approximate the
laws of the Member States relating to trade marks (recast) /* SWD/2013/095 final */.
CGUE 16.11.2004, C-245/02, Arsenal Football Club.
CGUE 11.09.2011, C-17/06, Céline, p. 21 e 26.
CGUE 19.06.2012, C-307/10, Chartered Institute of Patent Attorneys/Registrar of Trade Marks.
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Finestra europea sull’occupazione
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Corte di Giustizia dell’Unione europea, 7 marzo 2013, C–127/11, Aldegonda van den Booren/Rijksdienst voor
Pensioenen
In data 7 marzo 2013, la Corte di Giustizia dell’UE si è pronunciata, nella causa C–127/11, Aldegonda van den Booren/Rijksdienst
voor Pensioenen, sull’interpretazione dell’art. 46 bis del Regolamento (CEE) n. 1408/71, relativo all’applicazione dei regimi di
sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, il cui
testo è stato modificato e aggiornato dal Regolamento (CE) n. 118/97, come a sua volta modificato dal Regolamento (CE) n.
1386/2001 (il “Regolamento”), nonché sull’interpretazione dell’art. 4, par. 3, del Trattato sull’Unione europea (“TUE”) e degli artt. 45
e 48 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”). Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia
tra la Sig.ra van den Booren, residente nei Paesi Bassi, e il Rijksdienst voor Pensioenen Nacional (Istituto nazionale di previdenza
belga; “ONP”), in merito all’applicazione delle norme anticumulo belghe al momento della determinazione dell’importo della
pensione per superstiti belga percepita dalla ricorrente a seguito della morte del marito il 1° marzo 1982; quest’ultimo aveva
lavorato come minatore in Belgio, in particolare nel periodo dal 1951 al 1961. A decorrere dal 1° agosto 1985, la Sig.ra van den
Booren ha percepito una pensione per superstiti secondo il diritto belga e una pensione di vecchiaia olandese in forza
dell’Algemene Ouderdomswet (legge generale sulle pensioni di vecchiaia; “AOW”); quest’ultima, con decisione del 20 maggio 2003,
è stata elevata, con effetto retroattivo a decorrere dal 1° gennaio 2002, come conseguenza dell’intento del legislatore olandese di
colmare il vuoto normativo in cui si trovavano alcune donne coniugate, residenti nei Paesi Bassi, il cui coniuge, non assicurato in
base all’AOW, aveva esercitato un’attività professionale all’estero durante il periodo dal 1° gennaio 1957 al 1° gennaio 1980. A
seguito dell’aumento della pensione di vecchiaia olandese, l’ONP ha comunicato alla Sig.ra van den Booren che la pensione per
superstiti sarebbe stata ridotta e che la Sig.ra avrebbe dovuto inoltre provvedere alla restituzione delle somme indebitamente
percepite nel periodo tra il 1° marzo e il 31 luglio 2004, pari a 506,46 euro. Avverso la decisione dell’Arbeidsrechtbank te Tongeren
(giudice del lavoro di Tongres) di respingere il ricorso presentato dalla Sig.ra van den Booren contro la suddetta decisione, la
ricorrente ha proposto appello innanzi all’Arbeidshof te Antwerpen il quale ha chiesto alla Corte di Giustizia di chiarire se le
disposizioni del Regolamento, e più in particolare il suo art. 46 bis, debbano essere interpretate nel senso che ostano
all’applicazione di una normativa di uno Stato membro che prevede una clausola in forza della quale una pensione per superstiti
percepita in tale Stato membro viene ridotta a seguito dell’aumento di una pensione di vecchiaia percepita in forza della legislazione
di un altro Stato membro. In caso di risposta negativa, ha chiesto inoltre se il diritto primario dell’UE, e più specificamente l’art. 4,
par. 3, TUE nonché gli artt. 45 e 48 TFUE, si oppongano all’applicazione di una simile normativa nazionale qualora questa sia
considerata compatibile con il diritto comunitario e in particolare con l’art. 46 bis del Regolamento, con l’art. 4, par. 3, TUE e con gli
artt. 45 e 48 TFUE. Nel rispondere ai quesiti posti, la Corte ricorda che, secondo costante giurisprudenza, una norma nazionale
deve essere qualificata come clausola di riduzione, ai sensi del Regolamento, se il calcolo che essa impone ha la conseguenza di
ridurre l’importo della pensione alla quale l’interessato puó avere diritto, in conseguenza del fatto che egli beneficia di una
prestazione in un altro Stato membro. A tal proposito, se non diversamente disposto, in base all’art. 12, par. 2, del Regolamento,
tali clausole di riduzione sono opponibili ai beneficiari di una prestazione a carico di uno Stato membro qualora gli stessi abbiano
diritto ad altre prestazioni previdenziali, acquisite in base alla legislazione di un altro Stato membro. Una deroga a tale disposizione
è prevista dall’art. 46 ter, par. 1, del Regolamento, ai sensi del quale, in caso di cumulo di prestazioni della stessa natura le clausole
di riduzione previste da una legislazione nazionale non sono applicabili ad una prestazione calcolata conformemente all’art. 46, par.
2, dello stesso. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, le prestazioni previdenziali debbono essere considerate della
stessa natura, ai sensi dell’art. 12, par. 2, del Regolamento, qualora il loro oggetto e il loro scopo nonché la base di calcolo e le
condizioni di attribuzione siano identici. Poiché per cumulo di prestazioni della stessa natura si intende il cumulo di prestazioni di
invalidità, vecchiaia e per superstiti, calcolate in base a periodi di assicurazione e/o di residenza compiuti da una stessa persona, ai
sensi dell’art. 46 bis, par. 2, del Regolamento, prestazioni calcolate o corrisposte sulla base di carriere maturate da due soggetti
diversi, come nel caso di specie, non possono essere considerate come prestazioni della stessa natura che rientrano nella deroga
prevista dall’art. 46 ter, par. 1. Infatti la pensione per superstiti belga percepita dalla Sig.ra van den Booren è stata calcolata sulla
base della carriera professionale del suo defunto marito mentre la pensione di vecchiaia olandese le viene erogata a titolo
personale. In ragione di ciό, il Regolamento non osta all’applicazione di una norma anticumulo nazionale come quella posta
all’attenzione dal giudice del rinvio, fatto salvo il rispetto dei limiti imposti dallo stesso Regolamento. In particolare, l’art. 46 bis, par.
3, lettera d), del medesimo, prevede che, nel caso in cui una norma anticumulo sia applicabile in base alla legislazione di un solo
Stato membro, poiché l’interessato beneficia di prestazioni della stessa natura o di natura diversa dovute in base alla legislazione di
un altro Stato membro, la prestazione dovuta in base alla legislazione del primo Stato membro può essere ridotta soltanto entro i
limiti dell’importo delle prestazioni dovute in forza della legislazione dell’altro Stato membro. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato
che il Regolamento non osta all’applicazione di una normativa di uno Stato membro, come quella belga nel caso di specie, che
prevede una clausola in forza della quale una pensione per superstiti percepita in tale Stato viene ridotta a seguito dell’aumento di
una pensione di vecchiaia percepita in forza della legislazione di un altro Stato membro, purchè la prima pensione sia ridotta
soltanto entro il limite dell’importo della seconda. Naturalmente, l’interpretazione del Regolamento così fornita va intesa nel senso
che lascia impregiudicata la soluzione che discenderebbe dall’eventuale applicazione di disposizioni del diritto primario dell’UE.
Infatti, la circostanza che un provvedimento nazionale possa essere conforme alla disposizione di un atto di diritto derivato, nel
caso di specie il Regolamento, non produce necessariamente l’effetto di sottrarre tale provvedimento alle disposizioni del Trattato.
Dunque, la Corte, per quanto concerne la compatibilità della normativa nazionale controversa con il diritto primario dell’UE, in
particolare con l’art. 45 TFUE, ha statuito che spetterà al giudice nazionale verificare se la norma anticumulo belga, che di certo si
applica indistintamente ai cittadini belgi e ai cittadini degli altri Stati membri, non determini in concreto, in capo all’interessato, una
situazione sfavorevole rispetto a quella in cui si trova una persona la cui situazione non presenta alcun elemento transnazionale. In
tal caso, il giudice nazionale dovrà accertare se la norma nazionale in questione sia giustificata da considerazioni oggettive e se
essa sia proporzionata rispetto all’obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale.
Il testo integrale della sentenza è rinvenibile al seguente link:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62011CJ0127:IT:HTML
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CASELAW: Corte di Giustizia e Tribunale dell’Unione europea
DIRITTO D’AUTORE
AIUTI DI STATO
Corte di Giustizia, 7 marzo 2013, causa C–607/11, ITV
Broadcasting Ltd e a./TVCatchup Ltd
Corte di Giustizia, 19 marzo 2013, cause riunite C–399/10 P e C–
401/10 P, Bouygues SA e Bouygues Télécom SA/Commissione
N.B.: In data 7 marzo 2013, la Corte di Giustizia dell’UE ha statuito,
nell’ambito di una controversia tra, da un lato, varie televisioni
commerciali britanniche, e, dall’altro, la TVCatchup Ltd, che
quest’ultima realizza una “comunicazione al pubblico” ai sensi della
direttiva 2001/29/CE, quando diffonde via Internet, pressoché in
tempo reale, programmi televisivi, diffusi dalle ricorrenti nel
procedimento principale, ad un pubblico che avrebbe avuto il diritto di
accedere al segnale di radiodiffusione originale utilizzando apparecchi
televisivi o computer portatili. Infatti, ai sensi della direttiva, il diritto di
comunicazione comprende qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di
un’opera al pubblico non presente nel luogo di origine della
comunicazione, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione. Dato
che, nella causa principale, la messa a disposizione delle opere
tramite la ritrasmissione su Internet di una radiodiffusione televisiva
terrestre è effettuata mediante uno specifico mezzo tecnico, diverso
da quello della comunicazione originale, essa va considerata una
“comunicazione” e, quindi, soggetta all’autorizzazione degli autori
delle opere ritrasmesse quando queste ultime sono comunicate al
pubblico. Tali opere protette sono state effettivamente comunicate ad
un “pubblico”, inteso come un numero indeterminato di destinatari
potenziali e di persone piuttosto considerevoli. Nel caso di specie, la
ritrasmissione delle opere via Internet riguarda l’insieme delle persone
residenti nel Regno Unito che hanno una connessione Internet,
affermano di possedere in tale Stato una licenza televisiva e possono
accedere contestualmente alle opere protette nell’ambito del live
streaming dei programmi televisivi su Internet.
N.B.: In data 19 marzo 2013, la Corte di Giustizia dell’UE ha annullato,
con rinvio, la sentenza del Tribunale che aveva annullato la decisione
della Commissione che qualificava come aiuti di Stato l’annuncio dello
Stato francese di partecipare, sotto forma di un progetto di contratto di
prestito d’azionista, al rafforzamento del patrimonio netto di France
Télécom (“FT”), con un investimento di 9 miliardi di euro. In particolare
la Corte, statuendo in via definitiva sugli argomenti dal Tribunale già
trattati, considera che lo stesso ha commesso errori di diritto nel suo
controllo dell’identificazione da parte della Commissione
dell’intervento statale di concessione di un aiuto di Stato, nell’esame
dei collegamenti tra il vantaggio identificato e l’impegno di risorse
statali constatato dalla Commissione ed, infine, nel ritenere
necessario identificare una riduzione del bilancio statale o un rischio
sufficientemente concreto di oneri gravanti su tale bilancio,
strettamente connesso con un vantaggio specifico derivante
dall’annuncio o dall’offerta di prestito d’azionista. A torto il Tribunale
ha richiesto uno stretto nesso di collegamento tra vantaggio e
impegno di risorse statali, che lo ha portato ad escludere a priori che
gli interventi statali potessero essere considerati un solo intervento in
funzione dei legami tra essi stessi e i loro effetti. È evidente che
l’annuncio non puό essere dissociato dal prestito d’azionista che ha
conferito a FT un vantaggio consentendole di aumentare i suoi mezzi
di finanziamento e di rassicurare il mercato quanto alla sua capacità di
far fronte alle scadenze. Infine, se è pur vero che FT non ha firmato il
contratto di prestito inviatole, tuttavia la stessa società avrebbe potuto
farlo in qualsiasi momento.
CONCORRENZA
TUTELA DEI CONSUMATORI
Corte di Giustizia, 14 marzo 2013, causa C–32/11, Allianz
Hungária Biztosító Zrt. e a./Gazdasági Versenyhivatal
Corte di Giustizia, 21 marzo 2013, causa C–92/12, RWE Vertrieb
AG/Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen eV
N.B.: In data 14 marzo 2013, la Corte di Giustizia dell’UE ha statuito,
nella causa C–32/11, Allianz Hungária Biztosító Zrt. e a./Gazdasági
Versenyhivatal, che gli accordi sui prezzi per la riparazione di veicoli
assicurati conclusi tra le società di assicurazione e le officine di
riparazione ungheresi hanno un oggetto anticoncorrenziale e sono
dunque vietati per le seguenti ragioni. Prima di tutto, gli accordi, che
per loro stessa natura sono dannosi al buon funzionamento del gioco
normale della concorrenza, sono vietati senza che sia necessario
esaminarne i loro effetti sulla concorrenza. La circostanza che tali
accordi mettano in collegamento due attività indipendenti, quali il
servizio di riparazione di veicoli e la mediazione di contratti di
assicurazione del ramo automobilistico, puό costituire un elemento
importante per valutare se gli stessi siano per loro stessa natura
dannosi. Inoltre, sebbene l’oggetto degli accordi incriminati dev’essere
valutato dal giudice del rinvio in rapporto ai due mercati coinvolti,
l’obiettivo anticoncorrenziale degli stessi sarebbe dimostrato ove fosse
probabile che, a seguito della loro conclusione, la concorrenza sul
mercato delle assicurazioni automobilistiche sarà soppressa o
gravemente indebolita. In tale valutazione, il giudice del rinvio dovrà
tenere in debita considerazione la circostanza che gli accordi sono
stati conclusi sulla base di “prezzi consigliati”, stabiliti da decisioni
dell’associazione nazionale dei concessionari automobilistici. Laddove
tali decisioni avevano per oggetto una restrizione della concorrenza
mediante l’uniformazione delle tariffe orarie di riparazione e che,
tramite gli accordi verticali, le società assicurative hanno
volontariamente ratificato le decisioni dell’associazione dei
concessionari – presumibile nel caso in cui esse abbiano concluso un
accordo direttamente con l’associazione – l’illegittimità delle decisioni
di cui sopra vizierebbe anche gli accordi tra le assicurazioni e le
officine.
N.B.: In data 21 marzo 2013, la Corte di Giustizia dell’UE ha concluso,
nella causa C–92/12, RWE Vertrieb AG/Verbraucherzentrale
Nordrhein-Westfalen eV, che la clausola standardizzata – secondo cui
la RWE, impresa tedesca di approvvigionamento di gas naturale, si
riserva il diritto di modificare unilateralmente il prezzo ai propri clienti
soggetti a tariffa speciale – rimane soggetta al controllo del suo
carattere abusivo, anche allorchè si limita a riprodurre una normativa
nazionale applicabile ad un’altra categoria di contratti. L’esclusione del
controllo di certe clausole è giustificata dal fatto che si puό
legittimamente presumere che il legislatore nazionale abbia stabilito
un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi dei contraenti di tali
contratti. L’applicazione di un simile ragionamento alle clausole di un
contratto diverso metterebbe in discussione la tutela dei consumatori
prevista dal diritto UE. Per quanto concerne il carattere eventualmente
abusivo della clausola in oggetto, il legislatore UE riconosce che,
nell’ambito di contratti a durata indeterminata quali quelli di fornitura di
gas, l’impresa ha un interesse legittimo a modificare le spese del suo
servizio. Spetterà perό al giudice del rinvio accertare se tale clausola
standardizzata soddisfi i requisiti di buona fede, equilibrio e
trasparenza, accordando rilevanza essenziale ad una serie di criteri.
Nello specifico, il contratto deve esporre in modo trasparente il motivo
e le modalità di variazione delle spese, di modo che il consumatore
possa prevederne le modifiche eventuali. Inoltre, la facoltà di recesso
conferita al consumatore dev’essere, nelle circostanze concrete,
realmente esercitabile; tale non sarebbe il caso in cui lo stesso non
disponga di una reale possibilità di cambiare fornitore, o nel caso in
cui egli non sia stato informato in modo opportuno e in tempo utile
della modifica. Infine, la Corte ha respinto le istanze di limitare nel
tempo gli effetti della sua sentenza per contenerne le conseguenze
finanziarie a carico dell’impresa.
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CASELAW: Commissione Europea
ANTITRUST
Allianz SE, società tedesca fornitrice a livello internazionale
di servizi assicurativi e finanziari, e VW Financial Services
AG (“VW”), società controllata della Volkswagen AG, che
offre prodotti finanziari, quali assicurazioni. L’impresa
comune svilupperà e commercializzerà prodotti assicurativi,
quali assicurazione danni per gli autoveicoli e per la
responsabilità civile, coperture assicurative per beni garantiti,
garanzie assicurative per autoveicoli usati venduti da
concessionari della Volkswagen, assicurazioni per
passeggeri e conducenti. L’impresa comune avrà una
propria licenza per offrire tali prodotti assicurativi e
sopporterà il rischio economico di tutte le attività che
svolgerà. La Commissione, dopo aver esaminato gli effetti
concorrenziali dell’impresa comune sull’unico mercato in cui
le attività delle società madri si sovrappongono nello SEE
(i.e. il mercato delle assicurazioni della responsabilità civile
per auto), ha concluso che le stesse continueranno a subire
la concorrenza di credibili operatori.
La Commissione invia una seconda comunicazione degli
addebiti a ENI e Versalis (01.03.2013)
Il 1° marzo 2013, la Commissione europea ha inviato una
seconda comunicazione degli addebiti a ENI S.p.A. e
Versalis S.p.A., controllata della prima, informandole che
intendeva imporre nuovamente una maggiorazione del 50%
dell'ammenda per recidiva inflitta nell'ambito dell'indagine sul
cartello riguardante la gomma sintetica. Di fatto la
Commissione aveva riscontrato che, all'epoca dell'infrazione
in oggetto, l’unità economica controllata da ENI aveva già
commesso due volte lo stesso tipo di violazione delle norme
UE in materia di concorrenza nell'ambito dei cartelli
"Polipropilene" e "PVC II". Il Tribunale ha annullato la
maggiorazione dell'ammenda per recidiva in quanto la
Commissione non aveva presentato prove sufficientemente
dettagliate e specifiche per motivare la sua conclusione
secondo la quale le tre infrazioni erano state commesse
dalla stessa impresa. La Commissione, per rettificare il vizio
di procedura riscontrato dal Tribunale, fornisce nella seconda
comunicazione degli addebiti dati esaurienti e dettagliati da
cui risulta che i destinatari delle due precedenti decisioni
relative a cartelli, cioè Anic nel caso "Polipropilene" e
Enichem nel caso "PVC II", appartengono alla stessa
impresa di cui fanno parte ENI e Versalis, perché all'epoca
della loro partecipazione ai due precedenti cartelli ENI
deteneva una partecipazione (quasi) del 100% in queste
imprese.
AIUTI DI STATO
La Commissione autorizza lo schema di aiuto inglese
per studi preliminari di progetti relativi alla cattura e
stoccaggio del carbonio (20.03.2013)
Il 20 marzo 2013, la Commissione europea ha concluso che
lo schema di aiuto del Regno Unito per finanziare studi
preliminari ingegneristici e progettuali (“FEED”) di progetti
dimostrativi relativi alla cattura e stoccaggio del carbonio
(“CCS”) è compatibile con le norme UE in materia di aiuti di
Stato. Tali misure, che rientrano nell’UK CCS
Commercialisation Programme, contribuiranno a combattere
il cambiamento climatico, in linea con gli obiettivi UE, senza
distorcere eccessivamente la concorrenza nel mercato
unico. In tale contesto si ritiene che i FEED riducano i rischi
tecnici, ambientali e finanziari della costruzione su scala
commerciale di impianti equipaggiati con sistemi CCS, prima
che la decisione finale sull’investimento sia presa. Inoltre, il
processo di selezione competitivo limiterà l’aiuto allo stretto
necessario e, dunque, eviterà ingiustificate distorsioni della
concorrenza.
ANTITRUST
La Commissione multa Microsoft per non aver rispettato
l’impegno di garantire la schermata di scelta (06.03.2013)
In data 6 marzo 2013, la Commissione europea ha
comminato a Microsoft una multa pari a 561 milioni di euro
per non aver rispettato, da maggio 2011 fino a luglio 2012,
l’impegno vincolante di garantire agli utenti la schermata di
scelta che consente di selezionare facilmente il browser web
preferito, con la conseguenza che, nell’arco di tale periodo,
15 milioni di utenti all’interno dell’UE non hanno potuto
visionarla. Nel dicembre del 2009, la Commissione aveva
reso vincolante l’impegno assunto da Microsoft al fine di
eliminare le criticità concorrenziali derivanti dal fatto che il
colosso americano effettuava la vendita abbinata del proprio
web browser, Internet explorer, con il proprio sistema
operativo Windows, sfruttando la propria posizione
dominante in tale ultimo mercato. In particolare, Microsoft si
era impegnata a fornire nello SEE, per un periodo di 5 anni
(i.e. fino al 2014), una schermata di scelta che consentisse
agli utenti di selezionare in maniera informata ed imparziale
quale web browser avrebbero voluto installare in aggiunta, o
in sostituzione, di Internet explorer. Una volta resa
disponibile nel marzo del 2010 ed implementata, la
schermata di scelta si è rivelata molto utile per gli utenti dato
che, per esempio, fino al novembre del 2010, 84 milioni di
browsers sono stati scaricati tramite la stessa.
AIUTI DI STATO
La Commissione dispone il recupero parziale degli aiuti
di Stato concessi a Ducroire e SACE BT (20.03.2013)
In data 20 marzo 2013, la Commissione europea ha disposto
il recupero parziale degli aiuti di Stato concessi alla società
belga Ducroire e a quella italiana SACE BT, dalle rispettive
società madre di proprietà dello Stato. Entrambe le società
forniscono alle imprese che operano rispettivamente in
Belgio e in Italia servizi di copertura assicurativa dei rischi di
credito all’esportazione a breve termine. La Commissione ha
constatato che il conferimento di capitale iniziale concesso a
SACE risulta conforme alle norme UE sugli aiuti di Stato, in
quanto conferito ad una controllata di nuova costituzione.
Relativamente a Ducroire, ha invece accertato che una parte
del conferimento di capitale iniziale non costituiva un aiuto di
Stato, in quanto destinato a prodotti che non erano offerti – o
lo erano soltanto in quantità limitata – da operatori privati.
Perό, in entrambi i casi, la restante parte delle misure di
sostegno statale è stata concessa infrangendo le norme UE
in materia di aiuti di Stato, essendo andata a sovvenzionare
prodotti assicurativi che erano facilmente reperibili presso gli
operatori privati presenti sul mercato e conferendo in questo
modo un indebito vantaggio economico ai beneficiari.
MERGERS&ACQUISITIONS
La Commissione autorizza l’impresa comune tra Allianz
SE e VW Financial Services AG (08.03.2013)
In data 8 marzo 2013, la Commissione europea ha
autorizzato, in forza del regolamento UE sulle
concentrazioni, la costituzione dell’impresa comune tra
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EuroDejalex n. 03/2013
DE BERTI  JACCHIA
De Berti Jacchia Franchini Forlani
Bruxelles
GAZZETTA UFFICIALE E CALENDARIO
 Tra i provvedimenti pubblicati nel mese di marzo 2013 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea,
si segnalano:

TRASPORTI
Direttiva 2013/9/UE della Commissione che modifica l'allegato III della direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario comunitario
(Direttiva 2013/9/UE della Commissione dell'11 marzo 2013 che modifica l’allegato III della direttiva 2008/57/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario, GUUE L 68, del
12.03.2013)

PRODOTTI COSMETICI
Rettifica del Regolamento (CE) n.1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici
(Rettifica del Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti
cosmetici, GUUE L 72, del 15.03.2013)

REACH
Regolamento di esecuzione (UE) n.254/2013 della Commissione che modifica il Regolamento (CE) n.340/2008
(Regolamento di esecuzione (UE) n. 254/2013 della Commissione del 20 marzo 2013 che modifica il regolamento (CE) n.
340/2008 della Commissione relativo alle tariffe e agli oneri pagabili all’Agenzia europea per le sostanze chimiche a norma
del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione,
l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), GUUE L 79, del 21.03.2013)
 Tra gli eventi comunitari del mese di aprile si segnalano in particolare:

LUNEDÌ 8: BRUXELLES – CONFERENZA SULL’ISTITUZIONE DEL MERCATO INTERNO DELL’ENERGIA

MARTEDÌ 9: BRUXELLES – AUDIZIONE PUBBLICA SULLA LEGALITÁ, LA SICUREZZA E LA REGOLAMENTAZIONE DEI GIOCHI D’AZZARDO
IN LINEA

LUNEDÌ 15 - GIOVEDÌ 18: STRASBURGO – SESSIONE PLENARIA DEL PARLAMENTO EUROPEO
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