Nuovi processi, organizzazioni, agenti per il Rinascimento dell

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Nuovi processi, organizzazioni, agenti per il Rinascimento dell
X SIMPOSIO COTEC EUROPA Nuovi processi, organizzazioni, agenti per il Rinascimento dell’industria manifatturiera M. Moretti – AD & DG, Finmeccanica Roma, 28 ottobre 2015 Ministro Giannini Signori Ambasciatori Signori Presidenti di COTEC Spagna e Portogallo Signore e Signori La celebrazione del X Simposio COTEC Europa, come tutti i decennali, non può non rappresentare, da una parte, un momento di bilancio e, dall’altra, uno spunto per pensare e programmare i prossimi dieci anni di attività. Innanzitutto vorrei dire che questo evento testimonia la continuità dell’azione COTEC nel sostegno allo sviluppo competitivo dei nostri tre Paesi e, più in generale, dell’Europa, nonché la capacità di cogliere e valorizzare le loro vocazioni comuni sul terreno della ricerca e dell’innovazione. COTEC è una realtà estremamente interessante, perché si configura come un contributo di pensiero e di studio del settore privato verso le istituzioni europee, per valorizzare al massimo l’innovazione e lo sviluppo tecnologico a sostegno dell’intera economia dell’Unione. È interessante per due motivi. Il primo è che riunisce, attraverso i suoi soci fondatori1 la grande industria e il mondo bancario, due dimensioni entrambe essenziali per tradurre in progetti industriali la ricerca tecnologica. Tornerò in seguito su questo concetto. Il secondo motivo è che COTEC è espressione di tre Paesi – Italia, Spagna e Portogallo – che, particolarmente nel periodo più difficile della crisi economica, sono stati considerati tra gli anelli deboli dell’Unione Europea. Credo che l’impegno e l’attenzione che questi Paesi attribuiscono concretamente alla tecnologia e all’innovazione testimonino la loro consapevolezza che, anche in momenti di oggettiva difficoltà, è fondamentale continuare ad investire in conoscenza e ricerca. Questo atteggiamento lungimirante alla fine paga. 1
Banca Nazionale del Lavoro, ENI, Finmeccanica, Fondazione Monte Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo, Telecom Italia e Unicredit Group per COTEC Italia 1
La fine della crisi Quello a cui partecipiamo oggi è, forse, il primo Simposio COTEC che vede l’Europa e i nostri tre Paesi fuori dalla profonda crisi finanziaria ed economica globale che ha colpito così duramente le nostre economie e – cosa che non possiamo dimenticare – moltissimi dei nostri concittadini, anche con esiti drammatici. Il livello della disoccupazione è ancora molto – troppo – elevato, e quello del lavoro è uno dei punti su cui i nostri governi e l’Unione Europea si stanno maggiormente impegnando. Tuttavia, anche il sistema produttivo gioca un ruolo chiave nell’aumento del potenziale competitivo del sistema economico. È infatti compito delle imprese generare dinamiche virtuose intorno all’innovazione, individuando i settori emergenti e le nuove tecnologie per il futuro. In quest’ottica, le grandi imprese, strutturalmente dotate di una visione di prospettiva e di un’adeguata massa critica, continueranno a svolgere una funzione trainante rispetto alla capacità innovativa delle piccole e medie imprese e del sistema nel suo complesso, anche se in modo diverso rispetto al passato, come avrò modo di spiegare più avanti. Un vero “Rinascimento” per la manifattura? Il titolo di questo Simposio è molto ambizioso: “Nuovi processi, organizzazioni, agenti per il Rinascimento dell’industria manifatturiera”. “Rinascimento” è un termine estremamente impegnativo e reca con sé delle precise implicazioni storiche e culturali. Almeno inizialmente, infatti, l’aspetto più vistoso dell’età del “Rinascimento” è stato il ritorno dell’antico, del mondo classico, della lingua e della civiltà della Grecia e di Roma. Questo, a prima vista, può sembrare un paradosso: il rinnovamento radicale della cultura viene avviato come riesumazione di un passato lontano. E tuttavia la cosa è meno paradossale di quello che sembra: se si vuole che una rivoluzione abbia successo, occorre che essa affondi le proprie radici in una tradizione consolidata e vissuta, altrimenti il fallimento ne è l’esito più probabile. Nel nostro caso, per fortuna, i presupposti per una rivoluzione di successo o, se vogliamo, per un vero “Rinascimento” ci sono tutti. La vocazione industriale dell’Europa è un patrimonio sul quale abbiamo fondato la costruzione stessa dell’Unione Europea. Non è un caso, infatti, che la Comunità Economica Europea, costituita qui a Roma nel 1957, abbia preso le mosse dalla preesistente Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. 2
Anche oggi l'industria svolge un ruolo centrale nell'economia dell'Unione Europea. Il suo contributo rappresenta infatti il 15% del valore aggiunto totale, rispetto al 12% negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, però, il “Rinascimento” è stato un periodo realmente rivoluzionario perché ci sono state persone di grande visione e di profonde competenze nei più diversi campi del sapere: Michelangelo, Leonardo, Machiavelli, solo per citare tre nomi fondamentali nell’arte, nella tecnologia e nella politica. Per non dimenticare i governanti illuminati, come ad esempio Lorenzo De’ Medici – che definivano i requisiti delle diverse opere e garantivano tempestivamente le risorse economiche necessarie – ai quali le nostre istituzioni, nazionali ed Europee, potrebbero forse utilmente ispirarsi. Anche oggi, se vogliamo parlare di “Rinascimento” dell’industria manifatturiera, abbiamo bisogno di competenze ad ampio spettro e visione a lungo termine, perché il contesto in cui operiamo e il panorama che ci attende nei prossimi anni sono estremamente complessi, competitivi e mutevoli. Globalizzazione e quarta rivoluzione industriale: Industria 4.0 Il contesto è quello della quarta rivoluzione industriale, che però sta avvenendo in tempi estremamente più rapidi delle precedenti. Mentre le prime tre (vapore, elettricità, informatica) sono durate decenni, quella attuale (digitalizzazione) sta avvenendo in pochi anni. Il panorama è quello di un mondo globalizzato, che significa: maggiore interdipendenza finanziaria, economica e politica; crescente contaminazione culturale; un più intenso interscambio tra mondo industriale e scientifico. Globalizzazione per le imprese significa che: accedere ai mercati internazionali è un’opportunità, ma anche una necessità (o si compete su scala globale, o si perde); per entrare in nuovi mercati bisogna essere disposti a investire in loco e a trasferire tecnologia; bisogna spostare sempre avanti la frontiera tecnologica, perché i Paesi emergenti stanno investendo per colmare il divario nell’istruzione e nella ricerca. Più in generale, bisogna che le aziende occidentali siano pronte ad adattarsi al nuovo modello produttivo indotto dalla disponibilità di nuove tecnologie. Faccio alcuni esempi: l’internet of things, che significa la possibilità di far interagire fra loro tutti gli elementi della catena produttiva; l’additive manufacturing, che permetterà di delocalizzare fra loro le fasi di progettazione e produzione; 3
la dimensione cyber, che significa il salto nell’era digitale, ma che pone anche seri problemi di sicurezza. La delocalizzazione produttiva, il crescente utilizzo di architetture aperte (plug and play) e la digitalizzazione dei processi rendono sempre più importante la creazione, la difesa e la valorizzazione della proprietà intellettuale. In un mondo in cui la catena del valore non è più nazionale, ma è virtuale e distribuita: la competizione si allarga dalla conquista di nuovi mercati a quella dei fornitori migliori a livello internazionale, il vantaggio competitivo si sposta dalle capacità produttive a quelle di progettazione e ingegnerizzazione, la dimensione della cyber security dovrà sempre più essere inclusa nei processi e nei sistemi fina dalla progettazione. Un elemento abilitante per la quarta rivoluzione industriale è la crescente satellizzazione delle comunicazioni. La disponibilità di più numerosi e efficienti servizi satellitari e di una banda sempre più larga renderà possibile tra l’altro: l’analisi e la gestione efficace dei big data, facilitando la realizzazione di supply chain virtuali, un crescente e sempre più sicuro impiego di velivoli e veicoli non pilotati. Una politica industriale e tecnologica per l’Europa Come si sta preparando l’Europa ad affrontare questa rivoluzione industriale? Nel documento chiave sulla politica industriale, “Industrial Compact”, l’Unione Europea ha fissato l’obiettivo ambizioso, ma non irraggiungibile, di accompagnare il settore manifatturiero a generare il 20% del PIL entro il 2020, rispetto all'attuale 15%. Tra i promotori di questa iniziativa voglio ricordare il Direttore generale Daniel Calleja Crespo, qui presente, e l’allora Vice Presidente della Commissione, Antonio Tajani. Tuttavia, un recente studio2 mostra che negli ultimi 20 anni i Paesi emergenti hanno raddoppiato la quota della loro industria manifatturiera, passando al 40% del totale mondiale, a spese della quota Europea, che è scesa dal 36% al 25%. Secondo questo studio, per assumere un ruolo di guida a livello mondiale grazie a “Industria 4.0”, l’Europa dovrebbe investire almeno 90 € mld all’anno per 15 anni (per un totale di 1.350 € mld), 2
Roland Berger, “Industry 4.0 – The new industrial devolution. How Europe will succeed”, marzo 2014
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che significa lo 0.5% del PIL dell’Unione Europea ogni anno, ovvero il 2% della quota del PIL legata alla manifattura. Non si tratta di un investimento impossibile, ma dovendosi estendere nel lungo periodo richiede una chiara e condivisa volontà politica a livello europeo. Tuttavia, garantire le risorse necessarie non è sufficiente: occorre avere un’idea chiara su dove investire. Ed è qui che COTEC può svolgere in pieno la sua funzione. Sotto l’egida dei Capi di Stato dei tre Paesi, COTEC si pone infatti come un soggetto in grado di individuare priorità di ricerca comuni per lo sviluppo di progetti per lo sviluppo tecnologico e innovativo del Mediterraneo, in conformità con le modalità previste dalla Comunità Europea per l’attuazione di programmi di ricerca e sviluppo comuni a più Stati membri. COTEC Italia, in particolare, grazie alle competenze dei suoi soci fondatori – esponenti della grande industria e del settore bancario – dispone delle competenze adatte a svolgere un ruolo di rilievo sia nell’individuazione delle priorità di sviluppo di nuove tecnologie e di grandi progetti, sia nella proposta delle conseguenti politiche di supporto e di strumenti di finanziamento innovativi. In questo senso, COTEC può fornire un valido supporto alle istituzioni europee e nazionali, nella definizione tempestiva di standard e norme nei diversi settori industriali, per evitare di doverci adeguare a quelle definite da altri Paesi, magari più adatte e favorevoli alla loro base industriale. Una maggiore e più articolata regolamentazione dei principali domini ad elevata intensità tecnologica secondo norme concordate tra le istituzioni europee e il settore privato aumenterebbero infatti la competitività delle aziende europee, mettendole in grado di contribuire al definitivo rilancio della economia dell’Unione. Un “Rinascimento” sostenibile In tutto questo, però, non dobbiamo trascurare una dimensione che ormai deve essere parte integrante di qualsiasi strategia industriale o economica, sia per il settore privato che per i governi e le amministrazioni pubbliche, e cioè la sua sostenibilità. In un mondo realmente globalizzato, ove gli impatti locali si trasmettono all’intero sistema rapidamente e in modo non completamente prevedibile né facilmente gestibile – come ci ha insegnato la crisi da cui stiamo faticosamente tirandoci fuori – non è più possibile pensare delle strategie di crescita e di sviluppo che non incorporino fin dall’inizio criteri chiari ed efficaci che le rendano sostenibili. D’altra parte non bisogna dimenticare che il perseguimento di modelli di sviluppo sostenibili ha anche un valore economico positivo, perché un ambiente di business trasparente, equilibrato e 5
lungimirante – in altre parole sostenibile – è anche più attraente per gli investitori e consente di ridurre gli sprechi e di ottimizzare l’uso delle risorse. Non è trascurabile che anche papa Francesco abbia ritenuto di dedicare un’intera enciclica, “Laudato si’”, a questo tema: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare”. Il ruolo della tecnologia e dell’innovazione in questo contesto è molto importante. Vorrei ricordare, a puro titolo di esempio, le tecnologie satellitari e dei velivoli non pilotati (tra cui i droni) e le loro molteplici applicazioni per (i) il monitoraggio dell’ambiente e dei cambiamenti climatici, (ii) la prevenzione e il soccorso in caso di disastri naturali, (iii) la gestione dei flussi migratori e la sicurezza dei confini. Ma ovviamente ne esistono molte altre. Il vero punto di incontro tra tecnologia e sostenibilità sta nell’orizzonte che fa da sfondo allo sviluppo tecnologico. Solo se le tecnologie emergenti di oggi saranno indirizzate a migliorare la vita di tutte le persone e colmare il divario che esiste tra il nord e il sud del mondo – come i vaccini, gli antibiotici e l’elettricità sono stati equilibratori sociali nel ventesimo secolo – avremo dato un contenuto etico al “Rinascimento” dell’industria manifatturiera europea, rendendolo davvero sostenibile. Grazie. 6