Unioni tra persone dello stesso sesso – gli sviluppi più recenti in

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Unioni tra persone dello stesso sesso – gli sviluppi più recenti in
Unioni tra persone dello stesso sesso – gli sviluppi più
recenti in sede europea
08 December 15
È ormai evidente che a livello europeo e globale vi sia un riconoscimento crescente del diritto delle coppie dello stesso sesso ad
ottenere riconoscimento giuridico delle loro unioni ed a vedersi così concessi quei diritti e quelle responsabilità che discendono da
un siffatto tipo di unioni. Inoltre, 24 dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa hanno adottato delle leggi che permettono alle
coppie gay di ottenere un riconoscimento giuridico della loro unione attraverso vari strumenti quali il matrimonio, le unioni civili o
quelle registrate, e così anche in Argentina, in Australia, Canada, Messico, Nuova Zelanda, Sudafrica ed Uruguay è stato legiferato
in questo senso.
Nell’arco di un mese ci sono state due decisioni giurisprudenziali estremamente importanti sul tema, e sarà interessante verificare
quale sarà l’impatto concreto che queste decisioni avranno globalmente. Il 26 giugno 2015 la Corte Suprema degli Stati Uniti, nella
decisione Obergefell and others v Hodges and others, ha stabilito che tutti gli Stati federati dovranno
concedere e riconoscere alle coppie gay il diritto a sposarsi. Il 21 luglio 2015 la Corte Europea dei diritti dell’uomo, nella decisione
Oliari ed altri c Italia (‘Oliari’), ha accertato all’unanimità che il governo italiano ha leso i diritti di sei cittadini italiani in violazione
dell’art. 8 CEDU. Il presente articolo si concentra su quest’ultima decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
In Oliari, i ricorrenti avevano lamentato che il legislatore italiano, non prevedendo un quadro giuridico per il riconoscimento delle
loro relazioni stabili e durature, avesse così posto in essere una discriminazione fondata sul loro orientamento sessuale. Il
legislatore italiano non solo non regolava i loro diritti ed i loro doveri in ambiti quali l’assistenza morale e materiale tra i partner, le
responsabilità nella contribuzione ai bisogni della famiglia, i diritti successori e la scelte concernenti l’indirizzo della vita familiare,
ma impediva loro anche di poter avere una cerimonia pubblica, che porta con sé legittimazione sociale ed accettazione
dell’unione.
Uno degli aspetti più interessanti della decisione è probabilmente l’argomentazione offerta dai ricorrenti in riferimento alla
discrepanza percepita tra l’approccio del governo italiano da un lato, e l’opinione pubblica e le più alte autorità giudiziarie dall’altra.
Una delle associazioni intervenute nel processo, Associazione Radicale Certi Diritti (ARCD), ha prodotto in giudizio gli esiti di una
indagine statistica secondo cui il 61,3% della popolazione italiana ritiene che le persone omosessuali siano tuttora esposte a
condotte discriminatorie e sempre secondo cui il 74,8% pensa che l’omosessualità non rappresenti una minaccia al concetto di
‘famiglia’. La Corte ha affermato che ‘le statistiche prodotte indicano che, tra la popolazione italiana, vi è una accettazione diffusa
delle coppie omosessuali, così come un supporto al loro riconoscimento ed alla loro protezione’.
La Corte ha quindi espresso preoccupazione per il contrasto ‘tra la realtà sociale dei ricorrenti, che – per la maggior parte – vivono
la loro relazione apertamente in Italia e la legge, che non garantisce loro alcun riconoscimento formale sul territorio’. Sebbene
il governo italiano avesse affermato che era difficile trovare un bilanciamento tra sensibilità divergenti su un tema sociale talmente
delicato e così profondamente sentito, le statistiche mostravano un’accettazione generale dell’omosessualità in Italia. La Corte,
nella sua decisione, ha anche fatto riferimento al fatto che Irlanda e Malta abbiano adottato delle legislazioni più favorevoli nel
riconoscimento delle unioni gay, nonostante il fatto che – come l’Italia – condividano un attaccamento profondo alla religione
cattolica. Il governo italiano ha recentemente mostrato un cambio di atteggiamento, avendo ridotto il tempo necessario per ottenere
un divorzio dopo la separazione legale a 6 mesi nei casi di separazione consensuale e ad un anno se non consensuale (quando il
divorzio venne legalizzato nel 1970 servivano cinque anni, poi ridotti a tre nel 1987 ed ora a sei mesi).
È sempre una questione complicata quando una corte ravvisa una discrepanza tra l’opinione pubblica e la legislazione; la corte ha
infatti il dovere di attenersi alla legge senza farsi influenzare dall’opinione pubblica. Uno dei giudici dissenzienti in Obergefell,
infatti, ha affermato che: ‘i giudici hanno il potere di dire quello che la legge è, non quello che la legge dovrebbe essere’.
In linea con questo ragionamento, quando il caso Oliari approdò davanti alla Corte costituzionale italiana, la Corte ritenne di non
poter trovare una soluzione ai problemi dei ricorrenti se tale soluzione non fosse già disponibile per legge. Così, sebbene secondo
l’articolo 2 della Costituzione italiana due persone dello stesso sesso hanno un diritto fondamentale di esprimere
liberamente la loro personalità nella coppia, la Consulta affermò che solo il Parlamento aveva il potere di trovare misure per
proteggere questo diritto fondamentale. La Corte non ha infatti il potere di colmare delle lacune legislative. Cinque anni dopo
questa decisione, e nonostante ripetute esortazioni al governo di adottare delle azioni conformi, il governo italiano non ha
ancora emanato una legislazione che affronti la questione.
In ragione di questa decisione della Corte costituzionale, tre dei giudici della Corte europea hanno affermato che non era
necessario per la Corte esprimersi circa un’obbligazione positiva dell’Italia ex art 8 a riconoscere le unioni delle coppie dello
stesso sesso. A differenza della maggioranza dei giudici, tre di loro hanno affermato che il ricorso poteva essere affrontato sulla
base del fatto che l’intervento attivo dell’Italia nel regolamentare il diritto al rispetto della vita privata e familiare era incompatibile
con i requisiti dell’articolo 8. Il fatto che il governo italiano fosse rimasto inattivo, di fatto negando il godimento di un diritto
fondamentale che solo il Parlamento ha il diritto di legiferare, significava che era del tutto appropriato per la Corte stabilire che il
governo avesse violato l’articolo 8. Sotto molti aspetti questa argomentazione appare più convincente; il governo italiano è in
violazione dell’articolo 8 perché ha mancato di proteggere un diritto che la sua stessa Costituzione prevede.
Indubbiamente è chiaro che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ribadito che le coppie formate da persone dello stesso sesso
hanno la medesima capacità di dare vita ad una relazione stabile e duratura ed hanno il medesimo bisogno di riconoscimento
giuridico e di protezione della propria unione rispetto a quelle formate da persone di sesso diverso. Tuttavia, è doveroso osservare
che la Corte, in Oliari, ha affermato chiaramente che l’articolo 12 non impone un obbligo agli Stati membri di riconoscere
l’accesso al matrimonio per le coppie gay. Ne consegue pertanto che i rimanenti 23 Stati non sono tenuti ad
adottare immediatamente delle leggi sulle unioni civili. La decisione della Corte in Oliari è in larga parte basata sulla situazione
specifica della legislazione in Italia, sulle sue decisioni giurisprudenziali e sull’opinione pubblica italiana in tema di omosessualità.
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