Unioni civili tra persone dello stesso sesso e convivenze: approvata
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Unioni civili tra persone dello stesso sesso e convivenze: approvata
Civile UNIONI CIVILI E CONVIVENZE Unioni civili tra persone dello stesso sesso e convivenze: approvata la legge giovedì 12 maggio 2016 di de Filippis Bruno Magistrato, Presidente di sezione Con la legge appena approvata vengono finalmente legalizzate nel nostro Paese le unioni tra persone dello stesso sesso, nonché si dettano norme per dare una disciplina giuridica alle coppie che per troppi decenni sono state definite "di fatto". Le novità e le connessioni tra norme sono molte e l'articolo ne fornisce una prima chiave di lettura, indispensabile per gli operatori e per quanto vogliano restare informati. Dopo la Riforma del 1975 e l'affido condiviso varato nel 2006, la legge regolatrice delle unioni civili e delle convivenze è il più importante e rivoluzionario evento della recente e ricca storia del Diritto di Famiglia in Italia. Essa avrebbe potuto essere più coraggiosa e progressista, se fosse stato conservato il testo licenziato in commissione giustizia e modificato con il maxiemendamento approvato in Senato nella seduta del 25 febbraio 2016. Dopo la modifica, infatti, il divario con la legislazione di altri Paesi europei, che hanno abolito ogni forma di differenziazione (e discriminazione) tra coppie composte da persone di sesso diverso e dello stesso sesso) è comunque rimasto. Il nuovo articolato consta di tre parti. Prima parte (commi 1-35) Unioni civilil'istituto è riservato alle sole coppie composte da persone dello stesso sesso Seconda parte (commi Coppie c.d. di fatto possono riguardare sia le coppie di sesso dal 36 al 49) diverso che quelle dello stesso sesso Terza parte (dal comma Possibilità per i conviventi di stipulare un contratto di convivenza 50 in poi) per disciplinare i loro rapporti La prima introduce il nuovo istituto delle Unioni civili, riservato alle coppie composte da persone dello stesso sesso, le quali ricevono la loro legittimazione in base degli artt. 2 e 3 Costit., venendo in tal modo incluse tra le formazioni sociali ove si svolge la personalità dell'individuo, tutelate dalle predette norme. Il passo avanti, a fronte di secoli di discriminazione, è evidente. In Italia, le unioni tra persone dello stesso sesso sono state considerate reato fino al 1887. Da tale epoca in poi, si può dire che il diritto abbia assunto un atteggiamento di neutralità, senza più punire, ma senza neppure fornire ad esse il riconoscimento e la tutela che la legge attuale, con il riferimento alla Carta fondamentale, ha attribuito. La seconda parte del nuovo testo, vale a dire i commi dal 36 al 49 (dell'unico articolo che, dopo il maxiemendamento, compone la legge), riguarda le coppie c.d. di fatto, le quali, pur ponendo in essere rapporti personali analoghi a quelli esistenti nel matrimonio, non manifestano alcuna volontà di formalizzarli o disciplinarli. Per esse, sia una legislazione frammentaria, sia la giurisprudenza, avevano già istituito forme di tutela minima, con particolare riguardo alla parte più debole del rapporto, tutela che la nuova legge ha sistematizzato ed ampliato. A differenza delle Unioni civili, che possono essere contratte solo da persone dello stesso sesso, le convivenze -cui si applicano i commi indicati- possono, senza che ciò comporti differenze sul piano giuridico ed applicativo della legge, riguardare coppie dello stesso sesso o di sesso diverso. L'ultima parte della legge, dal comma 50 in poi, collocandosi nel filone che contempla le possibilità di esplicazione dell'autonomia privata nell'ambito del diritto di famiglia, riguarda la possibilità che le coppie conviventi stipulino un contratto per disciplinare i loro rapporti. Neppure questa parte può dirsi assuma un carattere particolarmente progressista, in quanto limita i contenuti delle convenzioni ai rapporti "patrimoniali" della vita comune, non consentendo che anche alcuni aspetti di carattere personale, come avviene in altri Paesi, possano essere consensualmente disciplinati. La disciplina delle unioni civili di cui alla prima parte della legge (commi 1-35) era stata inizialmente dettata in modo che esse, se non per singoli punti (es.: adozione) differissero sostanzialmente dal matrimonio solo per il nome. La situazione è cambiata con il maxi emendamento, che ha avuto particolare cura nel rimarcare la differenza tra i due istituti. L'identità è rimasta per gli impedimenti alla stipula e le impugnazioni, ma non per le formalità di celebrazione, gli obblighi e le modalità di scioglimento. Così, ad esempio, le unioni civili non devono essere celebrate pubblicamente, non sono precedute dalle tradizionali pubblicazioni, non vi è lettura degli articoli del codice e dichiarazione di volersi prendere come marito e moglie ed il documento che le attesta non deve essere, come l'atto di matrimonio, compilato immediatamente. Per esse, eventuali ulteriori formalità potranno essere determinate in sede di attuazione della delega che la legge prevede. Prima del maxiemendamento citato, anche in ordine ai doveri discendenti dalla stipula vi era forte assonanza, mentre nel testo definitivamente approvato è stato, per le unioni, soppresso l'obbligo di fedeltà, che, come da impostazione tradizionale, costituisce "il cuore" dell'istituto matrimoniale. Gli obblighi imposti ai componenti dell'unione sono:√ la reciproca assistenza morale e materiale, √ la contribuzione ai bisogni comuni e √ l'indicazione di una residenza comune. A ciò deve aggiungersi l'unicità del rapporto, desumibile dal fatto che non è possibile essere contemporaneamente legati a più di una persona. Il risultato della modifica di cui all'emendamento non sembra aver determinato un istituto meno forte o un rapporto a due meno totalizzante, quando sembra aver sganciato l'unione dal baricentro della fedeltà, intesa in senso principalmente sessuale. Di conseguenza, alcuni commentatori hanno affermato che le unioni sono un istituto più moderno, che può aprire la strada anche a modifiche del matrimonio o del modo di intendere la fedeltà matrimoniale. Da tempo è infatti in corso un'evoluzione della giurisprudenza divorzile, in base alla quale la fedeltà nel matrimonio non deve essere intesa in senso esclusivamente sessuale, ma in modo più complesso, come obbligo di non tradire la fiducia del partner, ed in base alla quale l'infedeltà sessuale non è considerata causa automatica dell'addebito della separazione, dovendosi preliminarmente valutare se il rapporto a due non si fosse già, prima di essa, esaurito o svuotato di contenuti. Dal punto di vista patrimoniale, sono poche le differenze tra matrimonio ed unioni, essendo stata sostanzialmente trasfusa nelle seconde la normativa del primo. Anche per le unioni esiste la possibilità di adottare il regime della comunione legale e, anzi, esso costituisce il modello ordinario, applicandosi automaticamente in caso di assenza di differente dichiarazione. Analoga affermazione deve compiersi per gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, disciplina che già precedentemente si applicava alle coppie "di fatto" e che ora prevede espressamente l'applicabilità alle unioni civili. La disciplina degli alimenti, di cui al titolo XIII del libro primo del codice civile si applica alle unioni civili in forza della previsione contenuta nel comma 19 della nuova legge. Ciò significa che il contraente, allo stesso modo del coniuge, è tenuto a prestare gli alimenti al partner che si trovi in stato di bisogno. La normativa, nel matrimonio, assume rilievo nel momento in cui vi sia separazione personale senza diritto di mantenimento. Essa deve considerarsi valida anche in costanza di rapporto, pur vigendo, nel corso di esso, il più intenso ed assorbente obbligo di assistenza materiale, di cui all'art. 143 c.c. ed al comma 11 della nuova legge. Per le unioni, l'obbligo alimentare assume significato, in assenza di applicabilità della separazione, anche nel periodo di tre mesi, successivo alla manifestazione, dinanzi all'ufficiale dello stato civile, di volontà di scioglimento dell'unione. I componenti delle unioni civili non possono, in quanto tali, adottare minorenni, neppure nelle forme della stepchild adoption, come il testo precedentemente approvato prevedeva. Resta ferma la loro legittimazione ad adottare in quanto singoli, come qualsiasi altro cittadino, per i casi in la legge italiana prevede tale possibilità. (Es.: adozione di maggiorenni). Per effetto dell'art. 294 c.c., il quale afferma: "Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo che i due adottanti siano marito e moglie", i componenti dell'unione civile non possono adottare entrambi la stessa persona, indirettamente raggiungendo il risultato di una filiazione comune. La materia successoria è un ambito nel quale ritorna una sostanziale equiparazione tra matrimoni ed unioni. Ai componenti di queste ultime, infatti, si applicano le norme sulla successione legittima e sulla successione necessaria. Il partner del contraente civile, in assenza di testamento, è erede di esso e, anche in caso di disposizioni testamentarie, ha diritto alla legittima. Per le unioni civili non è prevista la separazione personale. In esse si può accedere direttamente al divorzio, dopo aver atteso il decorso del termine di tre mesi dalla dichiarazione compiuta, anche disgiuntamente, dinanzi all'ufficiale dello stato civile, come disposto dal comma 24. 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