partenariato pubblico-privato

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partenariato pubblico-privato
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“Il partenariato pubblico privato: strumento eclettico di applicazione del principio
di sussidiarietà orizzontale”
Dott.ssa Valentina Ceci
Sommario
1. Premessa
2. Partenariato: definizione
2.1. Nell'ambito europeo
2.2. La normativa italiana
3. Il servizio pubblico: evoluzione storica della sua definizione
3.1. Servizio pubblico in senso soggettivo
3.2. Servizio pubblico in senso oggettivo
3.3. Servizio pubblico: concezione intermedia
3.4. Servizi pubblici locali
4. Ipotesi di riforma: il Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale
5.
Il servizio pubblico nel diritto comunitario: i servizi di interesse generale
5.1.Il servizio universale: unificazione fra il diritto interno e quello comunitario
6. Conclusioni
******
1. Premessa
In questo dossier intendiamo fornire un ausilio a coloro i quali si trovano nella difficoltà di
comprendere il meccanismo del partenariato pubblico-privato, strumento sempre più utilizzato dalla
pubblica amministrazione per porre in essere la sua attività.
Non esiste in Italia una definizione compiuta del partenariato. Differentemente le fonti dello
strumento si rinvengono nelle normative europee che si andranno ad analizzare. L'applicazione, nel
nostro Paese, in assenza di normative ad hoc, si sostanzia nell'impiego di taluni istituti già
fortemente rodati, quali la concessione, il project financing, il leasing finanziario, la
compartecipazione alle società miste. Gli effetti, a rigore e secondo l'intenzione del legislatore
europeo e della amministrazione pubblica, si sostanziano, e differentemente non avrebbero ragion
d'essere, nella migliore qualità dei servizi resi alla cittadinanza.
L'ingresso dello Stato nei settori dell'economia, peraltro, non è cosa nuova. Pur essendo evidente
che il sistema preferibile sia quello dettato dalla libera concorrenza in cui i pubblici poteri
assumono una funzione tutoria accade talvolta che il suo intervento divenga necessario. Ciò accade
per diversi ordini di motivi:
1. fallimenti del mercato;
2. impossibilità attraverso il libero mercato di raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica1 ;
3. la volontà di raggiungere il pieno sviluppo nazionale, da intendersi come aumento della
capacità del sistema economico (obiettivo conseguibile non necessariamente attraverso
logiche di profitto2);
4. la necessità di redistribuire il reddito attraverso la predisposizione di servizi di primaria
necessità ad un basso costo.
Ciò premesso, dunque, occorre considerare come nel tempo si sia arrivati all'utilizzo del PPP. La
questione può essere ripercorsa analizzando dapprima la definizione di partenariato e le motivazioni
che hanno portato all'utilizzo dello strumento e, successivamente, individuando la nozione di
servizio pubblico, al fine di comprendere le ragioni della metamorfosi da servizi intesi quali
funzioni dell'attività amministrativa a compiti attribuiti alla P.A. la cui gestione è “delegata” ai
privati.
2. Partenariato: definizione
Il Partenariato Pubblico Privato non è definito né a livello nazionale, né a livello comunitario. Con
tale locuzione viene, infatti, indicata una vasta gamma di modelli di cooperazione tra il settore
pubblico e quello privato. La normativa nazionale fornisce, esclusivamente, una definizione di
contratto di partenariato pubblico-privato, contenuta nell’art. 3, comma 15 ter, del D.Lgs. 163/2006.
Si tratta dell'insieme delle forme di collaborazione tra pubblico e privato poste in essere al fine di
realizzare e gestire opere pubbliche o di pubblico interesse.
Lo strumento, nei suoi elementi di base, ci appare, però, in maniera univoca dall'ampia definizione
contenuta nel Libro Verde, secondo il quale “questo termine si riferisce in generale a forme di
cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il
finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un'infrastruttura o
la fornitura di un servizio”. Le caratteristiche principali del partenariato pubblico privato (d’ora in
avanti PPP) si sostanziano in:
•
DURATA à deve essere relativamente lunga, dato che implica una forte cooperazione tra il
1
Si tratta in sostanza del raggiungimento della piena occupazione e della piena produzione.
In genere ciò è effettivamente realizzabile attraverso l'incremento dei fattori della produzione propedeutici alla
realizzazione dei servizi (ad es. infrastrutture, ricerca scientifica etc.).
2
3
partner pubblico ed il partner privato su diversi aspetti del progetto da realizzare;
•
FINANZIAMENTO à deve pervenire dal soggetto privato anche per il tramite di relazioni
complesse con altri privati e dal quale non è esclusa la compartecipazione del soggetto
pubblico;
•
CENTRALITÀ DEL PARTNER PRIVATO à in virtù della partecipazione alle varie fasi
del progetto, quali la progettazione, realizzazione, attuazione e finanziamento. Il ruolo del
partner pubblico, invece, si concretizza nella definizione degli obiettivi da raggiungere per
soddisfare l'interesse pubblico, tra i quali figurano la qualità dei servizi e la politica dei
prezzi. Al partner pubblico, inoltre, spetta il controllo del rispetto degli obiettivi prefissati.
•
RIPARTIZIONE DEI RISCHI à il soggetto privato assume su di sé i rischi che
generalmente pertengono al soggetto pubblico, ciò non implicando, però, sempre il
completo trasferimento sul partner privato. Il peso da sostenersi, in termini di rischio, andrà
stabilito caso per caso e la ripartizione si baserà sulla capacità delle parti di valutare,
controllare e gestire gli stessi.
Le ragioni che hanno portato al crescente utilizzo dello strumento pertengono alla risoluzione di
diverse problematiche (gap infrastrutturali, problematiche di bilancio, sviluppo delle infrastrutture
nazionali e locali etc.).
2.1. Nell'ambito europeo
Il “Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico-Privati e al diritto comunitario degli appalti
pubblici e delle concessioni”, presentato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004, distingue
due categorie di partenariati in base agli strumenti giuridici attraverso i quali si realizzano tali
operazioni:
− partenariato contrattuale (appalto e concessione);
− partenariato istituzionalizzato.
Il primo si basa su vincoli contrattuali tra i partner coinvolti nelle operazioni, sulla scorta dei quali
uno o più compiti sono affidati a un privato. Fra i modelli più conosciuti per la cooperazione vi è la
concessione, caratterizzata dal legame diretto esistente tra il partner privato e l’utente finale.
Il termine PPP di tipo puramente contrattuale riguarda un partenariato basato esclusivamente sui
legami contrattuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazione nei quali uno o più
compiti, più o meno ampi, tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il
rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio, vengono affidati al partner privato. In
questo contesto, uno dei modelli più conosciuti, spesso denominato "modello concessorio ", è
caratterizzato dal legame diretto esistente tra il partner privato e l'utente finale: il primo fornisce un
servizio al pubblico, "in luogo", ma sotto il controllo, del partner pubblico. Una delle peculiarità di
tale modello riguarda, peraltro, anche il tipo di retribuzione corrisposta al partner privato,
consistente in compensi riscossi presso gli utenti del servizio, eventualmente completata da
sovvenzioni versate dall’autorità pubblica.
La selezione del partner privato avviene per il tramite di una atto attributivo qualificato come
appalto pubblico oppure di un atto qualificato come concessione.
Il regime applicabile all'aggiudicazione di appalti di lavori pubblici, o di appalti pubblici di servizi
definiti come prioritari, deriva dalle disposizioni delle direttive comunitarie che fissano norme
dettagliate, in particolare in materia di pubblicità e di partecipazione. Quando l'autorità pubblica è
un'amministrazione aggiudicatrice che agisce nel campo delle direttive classiche, di norma, per la
scelta del proprio partner privato, essa deve ricorrere alla procedura aperta o ristretta. A titolo
d'eccezione, e a determinate condizioni, talvolta è possibile il ricorso alla procedura negoziata. A
tale riguardo, il legislatore comunitario stabilisce che la deroga prevista all'articolo 7, par. 2 della
direttiva 93/37/CEE, che prevede il ricorso alla procedura negoziata qualora il bando riguardi
"lavori la cui natura o i cui imprevisti non consentano una fissazione preliminare e globale dei
prezzi ", ha un campo d'applicazione limitato. Questa deroga concerne soltanto le situazioni
eccezionali, nelle quali le incertezze gravano a priori sulla natura o sulla dimensione dei lavori da
effettuare, ma non le situazioni nelle quali le incertezze derivano da altre cause, quali ad esempio la
difficoltà di fissare in anticipo il prezzo a causa della complessità dell'operazione giuridica e
finanziaria realizzata. In seguito all'adozione della direttiva 2004/18/CE, una nuova procedura detta
"dialogo competitivo" può essere applicata in occasione della conclusione di contratti d'appalto
particolarmente complessi.
Siffatta procedura può essere impiegata nei casi in cui l'organismo aggiudicatore non sia
obiettivamente in grado di definire i mezzi tecnici che possono rispondere alle proprie necessità ed
ai propri obiettivi, nonché nei casi in cui l'organismo aggiudicatore non sia obiettivamente in grado
di stabilire le operazioni giuridiche e/o finanziarie proprie di un progetto. La procedura in oggetto
ha il pregio di permettere l'instaurazione di un dialogo con i candidati incentrato sullo sviluppo di
soluzioni atte a rispondere a queste necessità. Al termine i candidati saranno invitati a consegnare la
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loro offerta finale sulla base delle soluzioni individuate nel corso del dialogo, comprensiva di tutti
gli elementi richiesti e necessari per la realizzazione del progetto.
Gli organismi aggiudicatori valutano le offerte in funzione di criteri d'attribuzione prestabiliti.
L'offerente che ha consegnato l'offerta economicamente più vantaggiosa può essere invitato a
chiarire alcuni aspetti della stessa, o a confermare gli impegni in essa contenuti, a condizione che
ciò non comporti una modifica degli elementi decisivi dell'offerta o della gara d'appalto, una
distorsione della concorrenza ovvero delle discriminazioni. La procedura di dialogo competitivo
dovrebbe garantire la flessibilità necessaria alle discussioni con i candidati di tutti gli aspetti del
contratto in occasione della fase di attuazione, pur facendo in modo che queste discussioni siano
condotte nel rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, e non mettano a rischio i
diritti che il Trattato conferisce agli operatori economici. Essa si basa sul concetto che i metodi
strutturati di selezione devono essere salvaguardati in qualsiasi occasione, poiché contribuiscono a
garantire l'obiettività e l'integrità della procedura sfociante nella scelta di un operatore. Ciò
garantisce il buon utilizzo del denaro pubblico, diminuisce i rischi di pratiche poco trasparenti e
rafforza la sicurezza giuridica necessaria all’attuazione di tali progetti.
Non sono numerose le disposizioni di diritto derivato che coordinano le procedure d'aggiudicazione
di contratti qualificati come concessioni in diritto comunitario.
Per quanto riguarda le concessioni di lavori, si tratta unicamente di alcuni obblighi inerenti alla
pubblicità tesi a garantire la messa in concorrenza preliminare degli operatori interessati, e di un
obbligo relativo al termine minimo di ricezione delle candidature. Il modo in cui successivamente
viene selezionato il partner privato è lasciato alla libera scelta degli organismi aggiudicatori, che
devono tuttavia in questo quadro accertarsi del pieno rispetto dei principi e delle norme che
derivano dal Trattato.
Quanto al regime applicabile in occasione della fase di aggiudicazione delle concessioni di servizi,
esso è regolamentato unicamente attraverso il riferimento agli articoli 43 e 49 del Trattato,
segnatamente ai principi di trasparenza, di parità di trattamento, di proporzionalità e di mutuo
reciproco. Per ciò che attiene all’obbligo di trasparenza imposto all'amministrazione aggiudicatrice,
esso consiste nel garantire, a favore di ogni offerente potenziale, un grado di pubblicità adeguato
che consenta, da un lato l’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza, e dall’altro il controllo
dell'imparzialità delle procedure d'aggiudicazione.
Il regime derivante dalle disposizioni pertinenti del Trattato può essere riassunto negli obblighi
seguenti:
1. fissazione delle norme applicabili alla selezione del partner privato;
2. pubblicità adeguata riguardo all’intenzione di assegnare una concessione ed alle norme che
regolamentano la selezione, al fine di permettere un controllo dell'imparzialità nel corso
della procedura;
3. messa in concorrenza reale degli operatori potenzialmente interessati e/o in grado di
garantire lo svolgimento dei compiti in questione;
4. rispetto del principio di parità di trattamento di tutti i partecipanti nel corso della procedura;
5. aggiudicazione sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.
Il diritto comunitario applicabile nel quadro dell'aggiudicazione di concessioni deriva, dunque,
principalmente da obblighi a carattere generale che non implicano alcun coordinamento delle
legislazioni degli Stati membri. Inoltre, e benché gli Stati membri ne abbiano la facoltà, ben pochi
tra di essi hanno scelto di dotarsi di legislazioni interne volte a regolamentare in maniera globale e
particolareggiata la fase d'aggiudicazione delle concessioni di lavori o di servizi. Di conseguenza le
norme applicabili alla scelta di un concessionario da parte di un organismo aggiudicatore sono
generalmente disegnate ad hoc per un caso specifico.
Ne deriva che l'insicurezza giuridica legata all'assenza di norme chiare e coordinate potrebbe
eventualmente essere foriera di un incremento dei costi connessi all’attuazione di tali operazioni.
Vi è da aggiungere, inoltre, che talvolta gli Stati membri conferiscono al settore privato
l'opportunità di prendere l'iniziativa di un'operazione di PPP. Nelle formule di questo tipo gli
operatori economici formulano una proposta dettagliata di progetto, in generale relativa alla
costruzione e gestione di un'infrastruttura, eventualmente su invito dell'amministrazione.
Queste pratiche permettono di sondare in una fase precoce la volontà degli operatori privati di
investire in alcuni progetti, sollecitandoli a sviluppare o applicare soluzioni tecniche innovative,
adeguate alle esigenze particolari dell'organismo aggiudicatore. A prescindere dalla formula
adottata, il fatto che un progetto d'utilità pubblica tragga origine da un'iniziativa privata non cambia
la natura dei contratti stipulati tra gli organismi aggiudicatori e gli operatori economici, comunque
qualificati come appalti o concessioni.
La criticità che può presentarsi in questa situazione è la potenziale assenza di concorrenza fra gli
operatori (anche europei). Problematica che può essere risolta tramite l'accesso di tutti gli operatori
europei a questo tipo di progetti, in particolare tramite una pubblicità adeguata assicurata dall'invito
a formulare un progetto. In seguito, qualora la pubblica autorità desideri attuare un progetto
presentato deve organizzare la messa in concorrenza di tutti gli operatori economici potenzialmente
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interessati dallo sviluppo del progetto in questione, offrendo tutte le garanzie d'imparzialità della
selezione3.
La fase della scelta del contraente privato non è contemplata in maniera globale dal diritto derivato.
Tuttavia, in linea generale i principi di parità di trattamento e di trasparenza derivanti dal Trattato
ostano a qualsivoglia intervento del partner pubblico successivo alla selezione del privato, in
maniera tale da pregiudicare la parità di trattamento tra gli operatori economici.
Il carattere spesso complesso delle operazioni in questione, il lasso di tempo che può trascorrere tra
la selezione del partner privato e la firma del contratto, la durata relativamente lunga dei progetti e,
infine, il ricorso frequente al meccanismo dei subappalti, rendono a volte delicata l’applicazione di
tali norme e principi. Il successo di un PPP dipende soprattutto dalla completezza del quadro
contrattuale del progetto, e dalla messa a punto ottimale degli elementi che disciplineranno la sua
attuazione. In questo contesto sono determinanti una valutazione pertinente ed una ripartizione
ottimale dei rischi tra il settore pubblico ed il settore privato, in funzione della capacità di ciascuna
parte di assumersi tali rischi.
Il partenariato istituzionalizzato, invece, contempla l’esistenza di una struttura societaria cui le
azioni sociali sono di proprietà congiuntamente del partner pubblico e di quello privato. La società
che ne deriva ha il compito di assicurare la realizzazione di un’opera o la gestione di un servizio a
favore della collettività.
Generalmente, attraverso questo strumento, vengono erogati e gestiti i servizi pubblici a livello
locale (es. la raccolta dei rifiuti)4. Questo tipo di partnership - nel quadro di un organismo dotato di
personalità giuridica propria – consente al soggetto pubblico di mantenere un controllo
relativamente elevato sulla gestione delle operazioni, modificabile nel tempo in funzione delle
circostanze, attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi
decisionali dell’impresa comune.
La creazione di un PPP istituzionalizzato può avvenire mediante:
•
la creazione di una società mista con capitale proveniente sia dal settore pubblico sia dal
settore privato;
3
In alcuni stati membri, l'iniziativa privata è oggetto di una regolamentazione specifica (cfr, in Italia, la legge Merloni
ter, 11 febbraio 1994, n. 109 ss.mm.ii.).
4 Ci
sia concesso di rinviare al nostro articolo “Cosa succede a Lazio Ambiente S.p.a.”,
http://dirittoalpunto.com/2016/04/14/cosa-succede-a-lazio-ambiente-s-p-a/.
•
la privatizzazione.
La scelta di un partner privato destinato a svolgere tali incarichi nel quadro del funzionamento di
un'impresa mista non può dunque essere basata esclusivamente sulla qualità del suo contributo in
capitali o della sua esperienza, ma dovrebbe tenere conto delle caratteristiche della sua offerta –
economicamente più vantaggiosa – per quanto riguarda le prestazioni specifiche da fornire. Infatti,
in mancanza di criteri chiari ed oggettivi che permettano all'amministrazione aggiudicatrice di
individuare l'offerta economicamente più vantaggiosa, l'operazione in capitale potrebbe costituire
una violazione del diritto degli appalti pubblici e delle concessioni. In un siffatto contesto
l'operazione consistente nella creazione di un’impresa simile non solleva generalmente problemi
riguardo al diritto comunitario applicabile, qualora essa costituisca una modalità d'esecuzione
dell’incarico affidato nel quadro di un contratto ad un partner privato. Occorre tuttavia che le
condizioni relative alla creazione dell'impresa siano chiaramente stabilite in occasione della
pubblicazione del bando relativo agli incarichi che si desiderano affidare al soggetto privato.
La normativa comunitaria ha avuto un nuovo impulso agli inizi del 2014 con l'emanazione di tre
direttive inerenti gli appalti pubblici e le concessioni. Si tratta, in particolare della direttiva
2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei
contratti di concessione; della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26
febbraio 2014 sugli appalti pubblici; della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua,
dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.
La prima delle direttive citate, la 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26
febbraio 2014 ha avuto forte impatto sulla materia del partenariato pubblico-privato. Diverse sono
le novità che dovranno a breve essere recepite anche dal legislatore nazionale. Fra queste le più
rilevanti riguardano una più ampia definizione dello strumento della concessione.
In particolare, pur ricalcando la definizione abbracciata anche dal Codice dei contratti pubblici (art.
3, co. 11 e 12 del D.Lgs. n. 163/2006), la normativa ammette “la possibilità che vi sia
l'aggregazione di una pluralità dei soggetti, dal lato della domanda pubblica (amministrazioni
aggiudicatrici e enti aggiudicatori), per soddisfare la domanda di bacini ben perimetrati e dal lato
dell’offerta, si ribadisce la possibilità di affidare la "concessione" a raggruppamenti di imprese,
utile in questi casi di offerte complesse”. Il legislatore comunitario dà rilievo all'ininfluenza - ai fini
di una definizione delle concessioni - della titolarità dell’opera costruita la quale può rimanere
privata anche al termine della concessione. Ciò su cui invece pone maggiore attenzione è il servizio
pubblico “concesso” al privato, dal momento che esso rimane una prerogativa dell’ente pubblico
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che, al termine della concessione, potrà liberamente disporre una nuova concessione (questa volta di
solo servizi) od optare per la gestione diretta.
Altra rilevante novità consiste nell'elencazione del contenuto minimo di un contratto di concessione
e nella differente modalità di ripartizione del rischio che, sebbene presente anche nel Codice dei
contratti pubblici (art. 149 co. 9), viene ulteriormente aggravata in capo al concessionario. In
sintesi, la direttiva mira ad allocare il rischio operativo in capo al privato e ciò anche in virtù del
disposto dell'art. 3 comma 15-ter del Codice che, relativamente alla definizione dei contratti di
partenariato pubblico-privato (di cui fanno parte le concessioni), indica una “allocazione dei rischi”
conforme alle prescrizioni comunitarie vigenti. La ripartizione sarà tanto più gravosa per il privato
quanto più elevato sarà la sua capacità di valutare, controllare e gestire il rischio.
2.2. La normativa italiana
Prima di passare all'analisi della normativa italiana occorre rammentare che in tema di PPP è
intervenuta una riforma5 completa relativa al Codice dei contratti pubblici che recependo le direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, ha delineato delle novità anche in tema di partenariato. La
nuova disciplina prevede che il nuovo contratto di partenariato pubblico-privato (art. 180 Codice)
sia definito tra le parti in modo tale che il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti
dall’operatore economico, per eseguire il lavoro o fornire il servizio, dipenda dall’effettiva fornitura
del servizio o utilizzabilità dell’opera o dal volume dei servizi realmente erogati.
Ciò premesso in ordine alla riforma occorre a questo punto analizzare gli aspetti del PPP nel nostro
ordinamento.
Nel corso dell'ultimo decennio il fenomeno dei PPP si è sviluppato in molti settori rientranti nella
sfera pubblica. L’aumento del ricorso a siffatti modelli è riconducibile a vari fattori, giacché esso
risponde alla necessità di assicurare il contributo di finanziamenti privati al settore pubblico, anche
in considerazione delle restrizioni di bilancio cui gli Stati membri devono fare fronte.
Inoltre, il fenomeno è spiegabile anche con la volontà di beneficiare maggiormente del "know-how"
e dei metodi di funzionamento del settore privato nel quadro della vita pubblica. Lo sviluppo dei
PPP va d’altronde inquadrato nell'evoluzione più generale del ruolo dello Stato nella sfera
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D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
economica, che passa da un ruolo d'operatore diretto ad un ruolo d'organizzatore, di regolatore e di
controllo.
Il nostro ordinamento disciplina le forme di partenariato nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici
agli artt. 179 e ss., statuendo l’applicazione, anche rispetto ai servizi, delle disposizioni di cui alla
parte I, III, V e VI del codice stesso, se e in quanto compatibili, cioè, con i principi generali e con le
disposizioni comuni, con le norme relative ai contratti di concessione, con le norme concernenti le
infrastrutture e gli insediamenti prioritari e con le disposizioni finali e transitorie.
L’art. 180 co. 1 definisce il contratto di partenariato pubblico-privato nei termini di un contratto a
titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o
più operatori economici, per un periodo determinato in funzione della durata dell'ammortamento
dell'investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella
realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un'opera in cambio della sua
disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connessa all'utilizzo
dell'opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte
dell'operatore. Il contratto può avere ad oggetto anche la progettazione di fattibilità tecnico ed
economica e la progettazione definitiva delle opere o dei servizi connessi. Nella tipologia dei
contratti di cui al comma 1 rientrano:
•
la finanza di progetto;
•
la concessione di costruzione e gestione;
•
la concessione di servizi;
•
la locazione finanziaria di opere pubbliche;
•
il contratto di disponibilità6.
La scelta del contraente avviene con procedure ad evidenza pubblica anche mediante dialogo
competitivo.
La scelta è preceduta da adeguata istruttoria, con riferimento all'analisi della domanda e dell'offerta,
della sostenibilità economico-finanziaria ed economico-sociale dell'operazione, della natura e
dell’intensità dei diversi rischi presenti nell'operazione di partenariato, anche utilizzando tecniche di
valutazione mediante strumenti di comparazione per verificare la convenienza del ricorso a tali
forme di cooperazione in alternativa alla realizzazione diretta tramite normali procedure di appalto.
L'amministrazione aggiudicatrice esercita il controllo sull'attività dell'operatore economico
attraverso la predisposizione ed applicazione di sistemi di monitoraggio verificando in particolare la
6
Sul punto cfr. il nostro dossier “Il contratto di disponibilità”, liberamente
http://appaltiecontratti.uniroma2.it/wp-content/uploads/wordpress/Il-contratto-di-disponibilità.pdf.
scaricabile
al
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permanenza in capo all'operatore economico dei rischi trasferiti. L'operatore economico è tenuto a
collaborare ed alimentare attivamente tali sistemi.
Assai rilevante appaiono i richiami espressi, rispettivamente, dall'art. 189 al principio di
sussidiarietà orizzontale, e dall'art. 190 al baratto amministrativo.
Il partenariato istituzionalizzato, invece, si avvale degli strumenti inseriti nell'alveo delle società
controllate o partecipate. Senza andare ad analizzare gli strumenti tipici di cui si compone occorre,
invece, valutare le questioni inerenti l'oggetto dello stesso, ovverosia il servizio pubblico, senza
ovviamente tralasciare le novità emergenti a seguito dell'imminente recepimento delle direttive di
cui abbiamo trattato sopra. Per far ciò occorre valutare l'evoluzione del concetto di servizio
pubblico nel nostro ordinamento.
Non solo.
Trattandosi di materia spuria, che trova le proprie fonti anche all’interno del complesso normativo
comunitario, occorre prendere in considerazione anche le discrepanze fra il nostro ordinamento e
quello europeo.
Solo allora i dubbi sull'istituto potranno, forse, essere dipanati.
3. Il servizio pubblico: evoluzione storica della sua definizione
Il dato deve essere ricostruito partendo dalla Costituzione.
La Carta fondamentale, infatti, delinea quello che può essere senz'altro identificabile come Stato
sociale. Ciò si ripercuote indefettibilmente sull'assetto dei servizi e, in particolare, sulla titolarità e
la gestione degli stessi. Sono molti, infatti, i servizi in cui vi è una cooperazione fra soggetto
pubblico e soggetto privato.
Ciò premesso, è necessario distinguere la nozione di servizio pubblico da quella di pubblica
funzione: l'operazione è di capitale importanza data la usuale promiscuità con cui i termini vengono
frequentemente utilizzati. Deve essere chiaro, invece, che si tratta di entità nettamente distinte e non
sovrapponibili l'una all'altra perché ontologicamente differenti.
Possiamo già sin d’ora affermare, anticipando per il lettore quella che sarà la conclusione
dell'excursus storico, che il servizio pubblico inerisce al compito della P.A., mentre la funzione
attiene alla tecnica di organizzazione dello stesso.
A tal proposito una precisazione appare necessaria: questa distinzione non opera nell'alveo di quelle
funzioni in cui è forte il potere autoritativo, poiché in questo caso l'attività è preordinata al
raggiungimento di specifici interessi generali, quali, per esemplificare, i settori della giustizia,
dell’ordine e della sicurezza pubblici.
In linea di massima si tratta di quegli specifici settori nei quali la competenza è esclusivamente
attribuita allo Stato (art. 117 Cost.).
Ciò specificato procediamo con l’analisi dell'evoluzione storica della nozione di servizio pubblico.
3.1. Servizio pubblico in senso soggettivo
Una prima definizione di servizio pubblico è calibrata sul valore attribuito al soggetto che ne
detiene la titolarità, la P.A. Dunque, secondo questa prima interpretazione, il servizio è pubblico se
ed in quanto collegato all'esercizio di una funzione amministrativa.
La genesi di questa delimitazione sorge a partire dal 1900.
L'evoluzione è conseguenza della contingenza storica: il XVIII secolo è sinonimo di rivoluzione
industriale e nel mito del progresso e del profitto i privati vengono sostanzialmente lasciati liberi di
operare sul mercato, relegando l’intervento statale ad un ruolo marginale e residuale.
In definitiva, il servizio pubblico si equiparava e, anzi, si identificava totalmente nella pubblica
funzione, per cui erano considerati pubblici tutti quei servizi non lasciati all'iniziativa dei privati. Il
29 marzo del 1903 con l. n. 103 (legge Giolitti) vengono per la prima volta istituite le aziende
municipalizzate.
La novità non è di scarso rilievo, considerato il sistema liberista fino ad allora imperversante. In che
cosa consista la municipalizzazione è facilmente intuibile ed esemplificabile: tutte le attività rivolte
al soddisfacimento di interessi generali, fino ad allora svolte dai privati in forma di impresa,
vengono da allora in avanti prese in carico dai pubblici poteri, dando così inizio al cd. “socialismo
municipale”.
Si tratta, con buona evidenza, della sottrazione di attività economiche al libero mercato.
Con il R.D. n. 108/1904 vengono regolati, in linea generale, i servizi pubblici locali.
Tuttavia, la più rilevante novità inerente la materia la si rinviene nel T.U. n. 2578/1925, il cui
regolamento di esecuzione è stato varato solo nel 1986 con il D.P.R. n. 902.
Ma analizziamone gli elementi innovativi rispetto al precedente assetto legislativo.
Anzitutto occorre dire che si tratta della prima elencazione inerente i servizi pubblici: la materia
constava di ben 19 categorie. Pur essendo frutto di una grande capacità di schematizzazione da
parte del legislatore, essa comunque non fu mai ritenuta tassativa né dalla dottrina del tempo, né
tanto meno dalla giurisprudenza. Inoltre, il Testo unico fornisce una prima definizione di servizio
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pubblico, in tal senso ritenendosi tale il servizio la cui attività è esercitata dal soggetto pubblico in
virtù di uno specifico atto di assunzione secondo le modalità previste dalla legge.
Due sono le considerazioni conseguenti a questa definizione:
1. operatività del principio di legalità , atteso che è la legge ad istituire il servizio;
2. il soggetto pubblico ne assume l'esercizio per il tramite di uno specifico atto di
assunzione.
L'atto di assunzione poteva assumere diverse modalità, dirette o indirette.
Le procedure dirette si identificavano attraverso il ricorso alle aziende speciali e alle gestioni in
economia; quelle indirette si sostanziano, invece, nelle concessioni.
E' in questa prima fase che i servizi pubblici vengono gestiti localmente e che hanno inizio le
nazionalizzazioni statali (si pensi all'ENI).
3.2. Servizio pubblico in senso oggettivo
Secondo questa definizione il servizio è pubblico quando il suo esercizio soddisfa l'interesse e
l'utilità per la comunità, indipendentemente dal soggetto che effettivamente quel fine realizzi.
E' in questo momento che il servizio pubblico diviene sinonimo di “compito” (vedi sopra) e non più
di funzione e perciò suscettibile di essere gestito anche dai soggetti privati.
La nuova definizione prende le mosse dalla lettura degli artt. 41 e 43 della Costituzione, la cui
analisi è imprescindibile al fine di verificare la validità gnoseologica della “rivoluzione”.
- Art. 41 Cost. → L'iniziativa privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o
in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali.
Due sono le realtà su cui la Costituzione attiva la riflessione dell'interprete: da un lato la Carta
ammette con assoluta semplicità l'esistenza dell'attività economica pubblica, dall'altro (cosa assai
più innovativa) pone sulle stesso piano l'impresa pubblica e privata riconoscendone la capacità di
essere indirizzate a fini sociali. Ciò evidentemente sgretola la validità della precedente concezione
soggettiva della nozione di servizio pubblico, giacché chiunque può operare nel mercato con finalità
sociali.
- Art. 43 Cost. → Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire
mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori
o utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali
o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse
generale.
In questo caso occorre fare una interpretazione “a contrario” della disposizione in esame: infatti se
la regola fosse quella di destinare tutti i servizi pubblici allo Stato, non vi sarebbe bisogno della
norma. Da questo si evince che, al contrario, la norma generale vuole che i privati siano protagonisti
della vita economica salvo talune eccezioni che abbiano rilievo in virtù dell'interesse generale.
Dal combinato disposto delle due disposizioni, inoltre, è possibile trarre una prima conclusione: il
servizio è pubblico quando riguarda ogni attività pubblica o privata sottoposta ai programmi ed ai
controlli ritenuti opportuni dalla legge per indirizzarla e coordinarla ai fini sociali,
indipendentemente da chi lo pone in essere7.
A questa stessa conclusione sono giunte sia la Corte di Cassazione, sia il legislatore che ha
cristallizzato il concetto con la l. n. 142/1990.
La nuova definizione si è scontrata, però, con un dato oggettivo.
La linea di demarcazione che prima era netta (concezione soggettiva) diviene confusa e il limite fra
l'una e l'altra attività destinate al soddisfacimento di interessi generali si sovrappone, tanto da dare
vita ad una nuova concezione, quella intermedia.
3.3 Servizio pubblico: concezione intermedia
La nuova definizione di servizio pubblico passa per il collegamento teleologico che vi è fra l'attività
e il fine per il quale la si esercita. Secondo questa concezione, che deriva anche da una lettura
interpretativa dell'art. 22 della l. n. 142/1990 inerente ai servizi pubblici locali, il servizio è pubblico
quando le attività che lo costituiscono hanno il fine di assicurare prestazioni di beni o servizi di
rilevante interesse collettivo, gestite direttamente dai pubblici poteri in forma non autoritativa o da
questi solo controllate mediante l’imposizione di uno specifico regime di attività o di specifici
obiettivi sociali.
In tale ottica il servizio pubblico può essere definito come attività che l'ente assume e considera
propria perché diretta a raggiungere i fini istituzionali (benessere della collettività), anche se la fase
gestionale è svolta da terzi cui è stata conferita mediante un apposito titolo giuridico (es.
concessione).
7
Bellomo F., “Nuovo sistema del diritto amministrativo”, vol. 3, Bari, Diritto e scienza, 2013, p. 995.
15
Con la riforma degli enti locali (l. n. 142/1990), e in particolare con l'art. 22 poi trasfuso nell'art.
112 del D.lgs. n. 267/2000 (TUEL), come già accennato, vi è stata la cristallizzazione della
concezione intermedia della definizione di servizio pubblico.
La norma, invero, è un complesso intervento calibrato sui principi del diritto amministrativo: la
titolarità del servizio riservata alla P.A. soddisfa il principio di legalità formale (esso viene istituito
o assegnato dalla legge); l'attenzione relativa alla finalità alla quale risponde il servizio adempie al
principio di legalità sostanziale, secondo cui l’amministrazione deve esercitare il proprio compito in
corrispondenza con i contenuti prescritti dalla legge (l'attività viene assegnata o istituita al fine di
rispondere alle esigenze della collettività e il compito diviene sinonimo di “obbligo”); infine, la
definizione delle modalità di gestione soddisfa i principi di necessità, continuità e buon andamento.
Altra novità delineata dall'art. 22 è relativa alla tipizzazione delle modalità di organizzazione del
servizio. Viene quindi superata l'elencazione del 1925 dando risalto, al contrario, alle forme di
gestione. Si può dunque ritenere, secondo il dettato normativo, che il servizio è pubblico quando
viene gestito:
1. in economia;
2. in concessione a terzi;
3. a mezzo di azienda speciale;
4. a mezzo di istituzione;
5. a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale;
6. a mezzo di società a partecipazione minoritaria.
Si tratta di modelli di gestione tassativi e reciprocamente alternativi.
Ciò premesso può dunque in ultima analisi affermarsi che il servizio pubblico è connotato dal
carattere imprenditoriale della gestione e dal soddisfacimento di bisogni di carattere sociale
meritevoli di tutela.
Le premesse svolte finora tendono a mettere in luce come l'intervento dei privati nelle materie
prima di competenza della P.A. corrisponda alla nuova composizione del tessuto sociale.
Il rilievo del principio di sussidiarietà orizzontale è evidente, ma per comprendere come esso opera
all’interno della categoria del partenariato è opportuno analizzare le regole che lo governano.
Il principio, come noto, trova la sua fonte nella Costituzione all'art. 118, co. 4 che testualmente
dispone: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa
dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà”. Il contenuto del principio in esame trova la sua specificazione nell'art. 4
co. 3 della l. 59/1997 (legge Bassanini), nonché nell'art. 3 co. 5 della l. 267/2000 (T.U.E.L.) Da una
lettura combinata delle due disposizioni si evince chiaramente il perimetro di azione della
sussidiarietà orizzontale, il rapporto dialettico fra autorità e libertà.
In sintesi, l'ordinamento prende atto della coesistenza di interessi che possono essere soddisfatti
anche dai singoli o dalle formazioni sociali. Muta, in un certo senso, la funzione del cittadino che da
utente diviene egli stesso agente, ben potendo egli stesso soddisfare da sé i propri bisogni e, di
rimando, quelli della collettività intera8.
La funzione delegata ai pubblici poteri resta, in questo quadro, sussidiaria, in quanto ad essi viene
riconosciuto il compito di programmare, di coordinare e, solo eventualmente, di gestire il servizio.
Si realizza, dunque, un'endiadi composta da un lato dalla pubblica amministrazione soggetta ai
principi di legalità e buon andamento, e dall'altro dai cittadini che operano autonomamente per
soddisfare i propri bisogni. Dall'unione delle due forze discendono vantaggi reciproci.
Unico limite posto a delimitare tale sinergia è dettato dall'obbligo in capo a Stato, Regioni, Città
metropolitane Province e Comuni (art. 118 co. 4 Cost.) di favorire l'azione dei privati o delle
formazioni sociali quando vi sia la cura di un interesse generale.
3.4. Servizi pubblici locali
La definizione dei servizi pubblici locali e dettata dall'art. 112 del TUEL (Testo unico Enti locali).
Secondo la disposizione in esame la produzione di beni e attività diretti a realizzare fini sociali e a
promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali corrisponde a un servizio pubblico
locale. Secondo la giurisprudenza con tale sintagma deve intendersi qualsiasi attività che si concreta
nella produzione di beni e servizi in funzione di un’utilità per la Comunità locale, non solo in
termini economici ma anche ai fini di promozione sociale9.
La difficoltà nella loro individuazione si riscontra, da un lato nell'intenzione del legislatore di
riconoscere agli Enti locali ampia autonomia con riferimento alla scelta delle attività suscettibili di
essere considerate “servizi pubblici locali”, dall'altro dalla difficoltà di fornirne una nozione
univoca e condivisa, a sua volta derivante dai dubbi gnoseologici inerenti la nozione di “servizio
pubblico”.
Per il loro tramite si vuole raggiungere il benessere della comunità mediante forme e modalità
tipiche della gestione imprenditoriale (sono servizi pubblici locali di rilevanza economica, ad
8
9
F. Bellomo, Nuovo sistema del diritto amministrativo vol. 1, pp. 509, Diritto e scienza S.r.l. 2013.
Cons. di Stato, Sez. V, 17 aprile 2003, n. 2024.
17
esempio, quelli inerenti la distribuzione dell'energia elettrica, la distribuzione del gas naturale, il
servizio idrico, la gestione dei rifiuti urbani e il trasporto pubblico locale).
Diverse novità in materia sono state introdotte con la legge n. 448/2001 (finanziaria 2002) il cui art.
35 ha modificato alcuni principi fondamentali delle leggi precedenti, uniformandosi
all’ordinamento comunitario ed eliminando il vulnus relativo al rispetto del principio di
concorrenza.
In particolare le innovazioni si riflettono sulla scissione di tali servizi in:
a) servizi pubblici economici a rilevanza industriale;
b) servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale.
Per ciò che attiene quelli di cui alla lettera a) occorre evidenziare che gli aspetti innovativi
riguardano, principalmente, l’obbligo di evitare il disavanzo di amministrazione, la volontà di
affidare la gestione del servizio alle imprese private per il tramite di una gara con procedura ad
evidenza pubblica (nel rispetto delle regole concorrenziali), l'obbligo per l'azienda che gestisce il
servizio di prendere in carico anche la manutenzione dell'infrastruttura.
Con l’entrata in vigore del decreto legge n. 269/2003 (art. 14) il quadro normativo inerente i servizi
pubblici ha subito un ulteriore mutamento, in particolare per quanto concerne modifiche i modelli
gestionali indicati dal D.Lgs. n. 267/2000, con risvolti importanti e innovativi rispetto al passato.
A questo proposito viene meno la precedente distinzione in servizi industriali e non industriali, in
luogo dei quali vengono introdotti i servizi aventi rilevanza economica e i servizi privi di rilevanza
economica.
La distinzione non è, ovviamente, solo nominalistica, rivestendo notevole importanza per le
ricadute sul piano organizzativo del servizio. Tuttavia, la norma non detta criteri discretivi,
lasciando all’interprete l’arduo compito di valutare l'appartenenza all'una o all'altra categoria.
Allora l’interprete, come un novello Teseo, deve ricostruire il sistema seguendo il filo dettato dalle
altre norme presenti nell'ordinamento, giacché esso non è - e logicamente non potrebbe essere diviso in compartimenti stagni. Un utile referente normativo lo si rinviene all'art. 2082 c.c., secondo
il quale “È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.
Dunque, l’attività economica, ai sensi dell’art. 2082 c.c. costituisce che connota un soggetto in
quanto imprenditore.
L’economicità consiste nel fatto che l’attività è in grado di coprire i costi e remunerare il capitale e,
in sostanza, pertiene alla capacità di “stare sul mercato”.
Dalla lettura di queste norme si evince che vi è il superamento della concezione del servizio
pubblico in senso soggettivo, privilegiandosi al contrario la concezione oggettiva di servizio
pubblico.
A ben vedere la rilevanza economica dipende da molteplici fattori fra cui la caratteristica ontologica
del servizio pubblico e la volontà organizzativa dell'ente locale, restando indifferente che gli utenti
versino, o meno, un corrispettivo per l'erogazione di quel servizio, giacché esso continua a
mantenere rilevanza economica per il mercato, anche se erogato agli utenti senza oneri, allorquando
il prestatore incaricato dall’Ente locale riceve un corrispettivo.
In tal caso è l’utente collettivo che sostiene il servizio, ma non si può certo dire che il servizio
stesso sia privo di rilevanza economica. La legge n. 326/2003 ha introdotto tre possibili forme di
gestione
dei
servizi
pubblici
locali
aventi
rilevanza
economica:
-società di capitali individuate attraverso procedure ad evidenza pubblica;
-società a capitale misto pubblico e privato, nelle quali il socio privato sia stato scelto con gara;
-società per azioni a capitale interamente pubblico (affidamento in house).
Cosa debba intendersi per società a capitale interamente pubblico è chiarito dall'art. 113 del D.Lgs.
267/2000, come modificato dal D.L. n. 269/2003, secondo il quale è tale la società i cui Enti titolari
del capitale sociale esercitino sulla stessa un controllo analogo a quello sui propri servizi e che la
società realizzi la parte più importante dell'attività con gli enti che la controllano10.
Per i servizi pubblici privi di rilevanza economica le modalità di gestione dettate dall'art. 112 sono
le seguenti:
a) gestione in economia, in caso di servizi di modeste dimensioni o aventi particolari caratteristiche;
b) affidamento diretto (in house) a:
- istituzioni
- aziende speciali
- società a capitale interamente pubblico, a condizione che gli Enti titolari del capitale sociale
esercitino sulla società un controllo analogo a quello sui propri servizi e che la società realizzi la
parte più importante della propria attività con gli enti che la controllano.
c) affidamento diretto ad associazioni o fondazioni costituite o partecipate dall'ente locale, in caso
di servizi culturali e del tempo libero.
10
La giurisprudenza afferma esservi un tale controllo nel caso in cui la P.A. possieda almeno in 51% del capitale del
soggetto affidatario e comunque abbia una posizione dominante su di esso, Cons. di Stato n. 5316/2003.
19
La possibilità per gli Enti locali di utilizzare gli affidamenti in house solo per i servizi privi di
rilevanza economica è stata dettata dal diritto comunitario11 e consente di porre in essere un
affidamento diretto (senza gara) alternativo agli altri strumenti utilizzati per la scelta del contraente.
4. Ipotesi di riforma: il Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico
generale
La produzione di beni e attività diretti a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo
economico e civile delle comunità locali corrisponde a un servizio pubblico locale (art. 112 co. 1
TUEL).
Quando il benessere della comunità viene raggiunto attraverso forme e modalità tipiche della
gestione imprenditoriale i servizi pubblici locali si definiscono di rilevanza economica.
La questione della possibilità di una riforma viene da tempo perseguita invano dal consesso
parlamentare, ma attualmente non sembra più procrastinabile, in virtù dei notevoli mutamenti in
atto sia sul mercato comune, sia sul mercato interno.
A questo proposito, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto, ai sensi dell’art. 16, comma
4, della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche), il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo
recante il «Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale», adottato sulla
base degli articoli 16 e 19 della predetta legge. L’iniziativa in questione si colloca all’interno di un
più ampio contesto, nel quale il legislatore delegante ha ritenuto di affidare al legislatore delegato il
compito di adottare decreti legislativi di semplificazione dei seguenti settori:
a) lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione
amministrativa;
b) partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche;
c) servizi pubblici locali di interesse economico generale.
I principi ai quali il Governo deve attenersi nella stesura del nuovo Testo unico sono diversi. Fra
questi appaiono maggiormente interessanti, nell'economia di questo lavoro, quelli inerenti alle
problematiche di coesione, vigilanza, trasparenza, concorrenza e sussidiarietà.
11
Corte di Giustizia, 18 novembre 1999, causa C-107/98 (c.d. Sent. Teckal).
In sintesi, il Consiglio di Stato12 rende parere positivo dello schema proposto per differenti ragioni.
La delega si fonda su alcuni principi innovativi (accanto ad altri confermativi della disciplina
vigente), fra i quali taluni di essi meritano di essere esaminati:
− soppressione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque denominati, non
conformi ai principi generali in materia di concorrenza e comunque non indispensabili per
assicurare la qualità e l'efficienza del servizio;
− individuazione della disciplina generale in materia di regolazione e organizzazione dei
servizi di interesse economico generale di ambito locale in base ai principi di adeguatezza,
sussidiarietà e proporzionalità. La norma in esame è conforme alle direttive europee di cui
sopra e tiene anche conto, nei settori relativi ai servizi idrici, dell'esito del referendum
abrogativo del 12 e 13 giugno 2011;
− definizione dei criteri per l’organizzazione territoriale ottimale dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica;
− individuazione, anche per tutti i casi in cui non sussistano i presupposti della concorrenza
nel mercato, delle modalità di gestione o di conferimento della gestione dei servizi nel
rispetto dei principi dell’ordinamento europeo, ivi compresi quelli in materia di autoproduzione, e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei princìpi
di autonomia organizzativa, economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata
pubblicità,
non
discriminazione,
parità
di
trattamento,
mutuo
riconoscimento,
proporzionalità;
− definizione delle modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali;
− previsione di adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale per gli utenti dei servizi.
Il Consiglio di Stato rileva che lo schema di decreto legislativo si presenta come una base di
normazione organica e stabile, in grado di rendere immediatamente intellegibile alle
amministrazioni e agli operatori del settore le regole applicabili in materia, nonché di assicurare una
gestione più efficiente dei servizi pubblici locali di interesse economico generale a vantaggio degli
utenti del servizio, degli operatori economici e degli stessi Enti locali. Il parere auspica che il
Governo vigili (anche nei suoi rapporti col Parlamento) affinché detta «codificazione» sia
preservata da tentativi di tornare a norme introdotte disorganicamente in fonti diverse, evitando,
quindi,
nuove
dispersioni
attraverso
strumenti
normativi
episodici
e
disordinati.
Segnala, altresì, la necessità di effettuare un monitoraggio attento sull’attuazione della riforma, per
assicurarne un effettivo funzionamento e fugare i rischi di “fuga dalla riforma”.
12
Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 6 aprile 2016 n. 1075/2016 pubblicata il 3 maggio
2016.
21
Assai importante risulta essere anche il superamento del dualismo in ordine al concetto di servizio
pubblico locale di interesse economico generale, da sempre presente nelle fonti di diritto
comunitario e in quelle interne. Il Consiglio di Stato rileva inoltre che la definizione di servizio
pubblico locale di interesse economico generale (SIEG) contenuta nell’articolo 2 del testo in esame
è rispettosa di quella europea, e che il legislatore delegato ha optato per una nozione più “ristretta”
di SIEG preferendo, nell’ambito di discrezionalità lasciato dall’Unione Europea al legislatore
nazionale, l’opzione più favorevole alla “concorrenza nel mercato”. La scelta del legislatore
delegato nella definizione del servizio consta di questi elementi:
a) dal punto di vista oggettivo si àncora la definizione del SIEG alla circostanza che il servizio non
sarebbe stato svolto senza intervento pubblico o sarebbe stato svolto a condizioni differenti in
termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione qualità e sicurezza;
b) si perimetra la nozione di SIEG dal punto di vista soggettivo, prevedendo che sia tale solo quello
«assunto», cioè considerato come necessario dagli enti locali per il soddisfacimento dei bisogni
delle comunità locali.
I due elementi sono compatibili con la nozione europea di SIEG con le seguenti precisazioni.
Quanto alla prima, il servizio pubblico locale di interesse economico generale viene individuato in
termini relazionali rispetto alle potenzialità del mercato. Quanto alla seconda, invece, si prevede
una ricognizione del servizio da parte dell’ente competente, prima che lo stesso possa definirsi
servizio pubblico locale di interesse economico generale, senza che ciò possa far pensare ad un
accreditamento legislativo di quella nozione soggettiva di servizio pubblico, che deve ritenersi
superata, anche in attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale di cui
all’ultimo comma dell’art. 118 Cost.
Un’ulteriore particolarità, contenuta nell’art 7 dello schema, si registra nell'individuazione delle
eccezioni
alla
regola
dell'affidamento
a
terzi
con
procedure
ad
evidenza
pubblica.
Anche in questo caso, all’interno della discrezionalità lasciata al legislatore nazionale, si è optato
per una maggiore selettività e rigore del giudizio che consente la deroga all’affidamento del servizio
con gara pubblica.
La novità più rilevante consiste nella previsione, con carattere di regola generale, per cui gli Enti
locali devono affidare la gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica ad imprenditori o
società, in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure competitive ad evidenza
pubblica. A giudizio del Consiglio di Stato, il testo in esame appare rispettoso del dettato
costituzionale nella parte in cui stabilisce la valutazione discrezionale degli Enti locali nella scelta
delle modalità di gestione del servizio. Esso, inoltre, si muove in coerenza con l’ordinamento
europeo, assicurando un livello di tutela della concorrenza anche più elevato della media degli altri
Stati membri.
Una delle principali innovazioni della riforma è l’estensione dell’ambito di competenze
dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico anche al sistema di regolazione del
ciclo dei rifiuti. A fronte delle nuove competenze, per assicurare una effettiva attuabilità della
previsione e per evitare pregiudizi sulla qualità del servizio, il Consiglio di Stato raccomanda il
reclutamento di nuovo personale dotato di specifiche competenze tecniche, il cui costo in ogni caso
non graverebbe sulla finanza pubblica in forza del previsto meccanismo di autofinanziamento.
Il Consiglio di Stato sottolinea, ancora, l’importanza della scelta legislativa di prevedere
l’inserimento (a cura dell’ente affidante) dello schema di contratto nella documentazione di gara sin
dalla fase dell’indizione della procedura di evidenza pubblica, a garanzia dei principi di trasparenza,
di parità di trattamento e di non discriminazione, onde fissare ex ante in modo vincolante gli
elementi e le condizioni essenziali del contratto da stipulare con il soggetto affidatario all’esito della
procedura di evidenza pubblica.
Il parere raccomanda di utilizzare, per le modalità di aggiornamento tariffario, esclusivamente il
metodo del cd. price-cap 13 , rilevando che la previsione dell’applicazione della metodologia
alternativa di aggiornamento delle tariffe, attraverso l’individuazione di un prezzo massimo che
tenga conto dei costi standard del servizio (compresi quelli derivanti da eventi eccezionali), di una
congrua remunerazione del capitale investito e degli obiettivi di qualità del servizio, a
discrezionalità dell’ente gestore, contrasti con la finalità di perseguire i recuperi di efficienza che
consentano la riduzione dei costi a carico della collettività.
Diversi, invece, sono gli elementi di criticità messi in rilievo dal parere.
Fra questi vi sono quelli relativi alle proprietà delle reti e degli impianti e quelli inerenti il servizio
di trasporto pubblico locale. Rispetto al primo il parere segnala alcune criticità sia per il caso in cui
la proprietà delle reti sia nella mano pubblica, sia per quella in cui la proprietà sia privata,
raccomandando nella prima ipotesi, che la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
13
Trattasi di un metodo di regolazione dei prezzi dei servizi pubblici volto a vincolare il tasso di crescita di un
aggregato di prezzi o tariffe. Il regolatore stabilisce il massimo saggio a cui un insieme di prezzi è autorizzato a crescere
per un certo numero di anni e, nel rispetto di questo vincolo aggregato, l’impresa è libera di fissare i prezzi e le tariffe
che desidera.
23
patrimoniali essenziali rimanga in ogni caso nella mano pubblica, mentre nel secondo caso di
disciplinare meglio il vincolo all’uso pubblico delle reti. In riferimento alla tematica del servizio di
trasporto pubblico locale il monito del Consiglio di Stato è assai più incisivo e netto. Infatti, il
Consiglio rileva che le disposizioni contenute negli artt. 22, 23, 26, 27 e 35, poiché specificamente
concentrate su un singolo settore, determinano uno squilibrio sistematico nel testo unico e sembrano
porsi in contrasto con i principi e i criteri direttivi generali della legge di delega (art. 16, comma 2,
lett. a), b), c) e d).
Le stesse appaiono dunque, nel loro complesso, incompatibili con la finalità di procedere al riordino
sistematico della disciplina della materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Pertanto, se ne raccomanda l’espunzione dal decreto legislativo.
5. Il servizio pubblico nel diritto comunitario: i servizi di interesse generale
Come già accennato la cooperazione fra pubblico e privato sorge dalla necessità di realizzare
progetti comuni con vantaggi reciproci, al fine di assicurare ai cittadini una migliore qualità dei
servizi. Lo strumento, se correttamente usato, realizza una sinergia fra il settore pubblico e quello
privato capace di generare molteplici effetti positivi per la collettività. Non si tratta – e ciò pare
confermato sia dalla Commissione, sia dal Parlamento europei – dell'anticamera di una
privatizzazione selvaggia delle funzioni pubbliche. Al contrario, lo strumento è potenzialmente
idoneo a migliorare i servizi offerti e, di conseguenza, a diminuire la spesa pubblica generando,
peraltro, maggiore produttività statale.
Ciò premesso occorre analizzare il servizio anche nell'ambito del diritto europeo.
La creazione del mercato unico si realizza per mezzo della libertà di circolazione delle merci, dei
lavoratori, dei servizi e dei capitali. Tali libertà rendono effettiva – nell'alveo di normative ad hoc
(si pensi alla limitazione degli aiuti di Stato alle imprese) - la libera concorrenza.
L'art. 57 TFUE (ex art. 50 TCE) dispone:
Ai sensi del presente Trattato, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente
dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione
delle merci, dei capitali, e delle persone. I servizi comprendono in particolare:
a) attività di carattere industriale;
b)attività di carattere commerciale;
c)attività artigiane;
d) attività delle libere professioni.
Due sono gli elementi caratterizzati dalla norma: il primo relativo al concetto di servizio inteso
come prestazione retribuita14; il secondo dedicato alla perimetrazione del concetto stesso in senso
negativo, ovverosia come ogni attività economicamente rilevante che si traduca in una prestazione e
non in uno scambio di beni.
L'art. 51 TFUE, richiamato dall'art. 62, in tema di servizi dispone che sono escluse dall'applicazione
del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato
partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri.
Dall’analisi delle disposizioni citate emerge un dato: le fonti parlano di servizi al plurale senza,
tuttavia, mai elencarli in modo tassativo.
Appare evidente che nel diritto comunitario non vi è una tipizzazione dei servizi né dal lato
soggettivo, né da quello oggettivo e ciò significa che le attività possono essere prestate sia da
imprese private, sia da quelle pubbliche, in un regime di concorrenza o, anche, di monopolio.
Vi è, dunque, una posizione neutrale rispetto al modello di organizzazione salvo il rispetto degli
obiettivi di competitività del mercato e della qualità della vita che i cittadini hanno diritto di vivere.
L'espressione di servizio pubblico non appare mai nel Trattato (se non in via incidentale nell'art. 93
TFUE relativamente alle servitù imposte alle imprese esercenti il servizio di trasporto), dove invece
compare quella di “servizio di interesse economico generale” (SIEG).
Il diritto comunitario, al contrario, conosce il “servizio di interesse generale” (SIG), la cui
definizione ha portata più ampia rispetto a quella di SIEG (tra le due categorie sussiste un evidente
rapporto di specialità del tipo genus a species), in quanto comprensiva sia dei servizi di mercato, sia
di quelli non di mercato che le autorità pubbliche considerano di interesse generale, assoggettandoli,
per questo, a specifici obblighi di servizio pubblico.
In generale, con la locuzione “servizi di interesse generale” si suole indicare le attività di servizio
non economico (es. istruzione obbligatoria, servizi sociali, previdenza e assistenza), nonché quelli
facenti parte della pubblica potestà (es. giustizia, sicurezza etc.).
I SIEG, invece, riguardano in particolare i servizi di natura economica che, in virtù dell'interesse
generale, sono assoggettati a specifici obblighi di servizio pubblico, quali ad esempio i trasporti, i
servizi postali, l’energia elettrica. Alle attività inerenti i servizi non economici e a quelle inerenti le
14
La Corte di Giustizia collega la nozione di retribuzione all'oggetto della prestazione che deve avere carattere
industriale, commerciale, artigiano o professionale. Pertanto un'attività didattica impartita nell'ambito del sistema
nazionale della pubblica istruzione non è un servizio poiché lo Stato in quel caso, pur retribuendo l'insegnante, assolve
al proprio compito nei confronti dei cittadini.
25
funzioni tipiche del potere pubblico non si applica l'art. 106 TFUE il quale, letto in conformità con
il principio di sussidiarietà, sancisce il perimetro dell'azione pubblica: in sostanza, lo Stato deve
intervenire con propri strumenti solo quando difetti la concorrenza, dando luogo all'inefficienza nel
perseguimento degli obiettivi di interesse generale che debbono essere perseguiti.
L'esistenza e il perseguimento degli obiettivi attraverso i SIG e i SIEG sono un requisito per il buon
funzionamento del Mercato unico e per il soddisfacimento dei bisogni di tutti i cittadini europei.
5.1. Il servizio universale: unificazione fra il diritto interno e quello comunitario
Il servizio universale, come si evince dal titolo del paragrafo, è stato lo strumento che più di ogni
altro ha colmato la distanza tra le categorie comunitarie e quelle del nostro ordinamento.
La definizione di “servizio universale” è piuttosto vaga e controversa.
Attualmente si può senz'altro affermare che si tratta di quelle prestazioni che devono essere
disponibili a tutti, con ciò significando che ogni Stato deve assicurarli a prezzi accessibili. La sua
prima definizione compare nel Libro bianco sui servizi di interesse generale (2004): si tratta del
diritto di ogni cittadino di accedere a taluni servizi considerati essenziali, con l'obbligo alle industrie
di fornire un servizio definito a condizioni specificate, con una copertura territoriale totale a prezzi
abbordabili.
Il servizio universale è un concetto dinamico e flessibile che ha introdotto un'efficace rete di
sicurezza per coloro che non sarebbero altrimenti in grado di acquistare a titolo personale i servizi
essenziali. Esso può essere ridefinito periodicamente per adeguarsi ai mutamenti in campo sociale,
economico e tecnologico.
Il concetto, inoltre, garantisce la definizione di principi comuni a livello comunitario, lasciando agli
Stati membri il compito di attuarli, tenendo in debita considerazione le situazioni specifiche dei
singoli paesi, in linea con il principio di sussidiarietà.
Diverse sono i principi promanati dall'Unione Europea rispetto al servizio universale:
a) consentire alle autorità pubbliche di operare nell'interesse dei cittadini → necessità di organizzare
e regolamentare i servizi di interesse generale tenendo conto il più possibile degli interessi dei
cittadini e salvaguardando nel contempo il principio di sussidiarietà;
b) realizzare gli obiettivi del servizio pubblico all'interno di mercati aperti e competitivi →
l'obiettivo è quello di creare un mercato interno aperto e competitivo, compatibile con l'obiettivo di
sviluppare dei servizi di interesse generale accessibili, di alta qualità e a prezzi abbordabili. La
creazione del mercato interno ha infatti contribuito in maniera significativa a migliorare l'efficienza,
abbassando il costo di numerosi servizi di interesse generale, ampliando inoltre la scelta dei servizi
offerti, come risulta in particolare nei settori delle telecomunicazioni e dei trasporti;
c) garantire condizioni di parità a tutti i prestatori di servizi e di ottimizzare l'impiego del denaro
pubblico;
d) garantire la coesione e l'accesso universale → l'accesso di tutti i cittadini e di tutte le imprese a
servizi di interesse generale di alta qualità e a prezzi abbordabili in tutto il territorio degli Stati
membri è indispensabile per la promozione della coesione sociale e territoriale nell'Unione europea,
ivi compresa l'eliminazione degli svantaggi causati dalla mancanza di accessibilità nelle regioni
ultra-periferiche. Nell'ambito delle sue politiche, la Commissione è impegnata a promuovere e
migliorare l’accesso universale effettivo ai servizi di interesse generale;
e) mantenere un elevato livello di qualità e di sicurezza → tutti i cittadini e gli utenti devono poter
usufruire di servizi di interesse generale di alta qualità. È altresì necessario garantire l'incolumità
fisica dei consumatori e degli utenti, di tutte le persone che partecipano alla produzione e
all'erogazione di tali servizi e del pubblico in generale, assicurando anche la protezione contro
eventuali minacce, come ad esempio gli attentati terroristici e le catastrofi ambientali. La sicurezza
della fornitura dei servizi, e in particolare la sicurezza dell’offerta, rappresentano un requisito
essenziale che deve essere tenuto in considerazione in sede di definizione delle funzioni del
servizio. Le condizioni nelle quali vengono erogati i servizi devono offrire agli operatori incentivi
sufficienti a mantenere un adeguato livello di investimenti di lungo termine. La qualità e la
sicurezza dell'offerta implicano un costo economico a carico della società che deve corrispondere in
maniera sufficiente e trasparente ai previsti benefici. Conformemente alla politica dell’Unione in
materia di sviluppo sostenibile, è necessario considerare anche il ruolo dei servizi di interesse
generale per la tutela dell'ambiente e le caratteristiche specifiche dei servizi direttamente correlati al
settore ambientale, come ad esempio i servizi idrici e di smaltimento dei rifiuti;
f) garantire i diritti dei consumatori e degli utenti → garanzia di accesso ai servizi, ivi compresi i
servizi transfrontalieri, in tutto il territorio dell’Unione e per tutti i gruppi della popolazione, il
prezzo contenuto dei servizi, con regimi speciali per le fasce a basso reddito, la sicurezza materiale,
la protezione e l'affidabilità, la continuità, l'elevato livello di qualità, la varietà, la trasparenza e
l'accesso alle informazioni fornite dagli operatori e dalle autorità di regolamentazione. L'attuazione
di questi principi implica generalmente la presenza di autorità di regolamentazione indipendenti con
mansioni e poteri ben definiti, come ad esempio il potere sanzionatorio (attraverso il controllo del
recepimento e dell'applicazione delle disposizioni in materia di servizio universale), e disposizioni
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riguardanti la rappresentanza e la partecipazione attiva dei consumatori e degli utenti in sede di
definizione e valutazione dei servizi, la disponibilità di adeguati meccanismi di risarcimento e
compensazione e l'esistenza di una clausola evolutiva che consenta l'adeguamento dei requisiti in
base alle mutevoli esigenze e preoccupazioni degli utenti e dei consumatori e ai cambiamenti in
campo economico e tecnologico. Le autorità di regolamentazione dovrebbero inoltre controllare gli
sviluppi del mercato e fornire i dati necessari per la valutazione;
g) controllo e valutazione delle prestazioni → le valutazioni e i controlli sistematici rappresentino
uno strumento essenziale per mantenere e sviluppare all'interno dell’Unione europea dei servizi di
interesse generale accessibili, di alta qualità, efficienti e a prezzi abbordabili. In Italia, nel rispetto
del principio in esame, hanno assunto particolare rilievo le Carte dei servizi pubblici nate da una
direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27/01/1994.
h) rispettare la diversità dei servizi e delle situazioni → ogni politica comunitaria nel settore dei
servizi di interesse generale deve riflettere la diversità che caratterizza i vari servizi di interesse
generale e i differenti contesti in cui essi vengono erogati. Tuttavia, è necessario garantire un
approccio comunitario uniforme nei diversi settori e sviluppare concetti comuni applicabili agli
stessi;
i) aumentare la trasparenza → il principio di trasparenza è un concetto chiave per lo sviluppo e
l'attuazione di politiche pubbliche riguardanti i servizi di interesse generale. Esso garantisce che le
autorità pubbliche possano esercitare le proprie competenze e che le scelte vengano fatte su base
democratica e successivamente rispettate. Il principio dovrebbe essere applicato a tutti gli aspetti
del processo di erogazione del servizio e dovrebbe riguardare la definizione delle funzioni del
servizio pubblico, l'organizzazione, il finanziamento e la regolamentazione degli stessi, nonché la
produzione e la valutazione degli stessi, compresi i meccanismi di gestione delle azioni legali;
l) garantire la certezza giuridica → nella consultazione sul Libro verde è stato affermato che in
alcuni settori l’applicazione della normativa comunitaria sui servizi di interesse generale non era
sufficientemente chiara. In particolare, è stato spesso citato l'esempio dell’applicazione delle norme
sugli aiuti di Stato al finanziamento dei servizi di interesse generale e delle norme sugli appalti e
sulle concessioni dei servizi. Un altro tema ricorrente era la situazione dei servizi sociali e sanitari.
La Commissione è consapevole del fatto che l'applicazione del diritto comunitario ai servizi di
interesse generale potrebbe sollevare problemi complessi. Essa si adopererà pertanto per migliorare
la certezza giuridica riguardante l'applicazione del diritto comunitario all'erogazione dei servizi di
interesse generale, fatta salva la giurisprudenza della Corte di giustizia europea e del Tribunale di
primo grado. Come illustrato in seguito, la Commissione ha già effettuato un aggiornamento
dell'attuale normativa sugli appalti pubblici ed ha promosso una serie di iniziative nel settore degli
aiuti di Stato e dei partenariati pubblico-privati.
6.Conclusioni
Come appare evidente la materia è piuttosto complessa.
Molte delle difficoltà nella stesura e nella comprensione degli istituti trattati è data dalla vitalità con
cui essi stanno mutando nel tempo. Dovendo fare un paragone azzarderei quello con il legno. Il
legno, è noto, è materia viva. Si restringe e si dilata a seconda delle condizioni ambientali. Lo stesso
vale per il diritto e ancor di più per le materie che vengono influenzate dall'economia. Per questo, lo
studioso della materia corre il rischio di fallire nella comprensione degli istituti quando non presta
attenzione al mondo circostante. Come si è già avuto modo di dire, il diritto non è a compartimenti
stagni, anzi, è vero esattamente il contrario. Il diritto vive e l'ordinamento può essere accostato, con
una metafora “anatomica” al corpo umano.
Proprio come il corpo umano, infatti, in cui l’insieme dei molteplici organi di cui è composto,
ciascuno con un loro specifico compito, contribuisce in sinergia al benessere globale
dell'organismo, va in sofferenza quando anche solo uno di essi è malfunzionante, parimenti
l'ordinamento giuridico, composto da molte materie e discipline, non può essere indagato e
compreso se analizzato individualmente.
Tutti gli aspetti che lo costituiscono, infatti, concorrono in sinergia al benessere del sistema e, in
ultima analisi, al nostro.