DIRITTO DEL LAVORO
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DIRITTO DEL LAVORO
Considerato una condanna nella Bibbia (“ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte” ingiunge Dio ad Adamo dopo la cacciata dall’Eden), il lavoro fu in genere disprezzato nel mondo antico come attività non degna del cittadino, tanto che Platone, nella sua Res Publica, riservava ai lavoratori un ruolo subordinato nella società . Dopo che il lavoro era stato assimilato alla penitenza per tutto il Medioevo, l’idea del lavoro come una dimensione importante per la realizzazione personale dell’essere umano e della sua socialità, se pure rintracciabile già in Aristotele, si impone molto lentamente nella cultura occidentale e, definitivamente, solo in epoca moderna. Un ruolo importante in questo mutamento lo rivestono le religioni riformate, in particolare il calvinismo, che sviluppa una vera e propria etica del lavoro in cui Max Weber individua una delle origini del capitalismo. Persino la riflessione dei vari filosofi si è rivolta, con esiti molto diversi, soprattutto ad un’analisi delle condizioni in cui il lavoro si svolge: Tommaso Moro, ad esempio, immaginava un’utopia fondata sulla rotazione delle professioni, così che ogni utopiano sperimentasse personalmente ogni tipo di attività. Nell’epoca dominata dall’industria Adam Smith invece individuava nella divisione e nella diversificazione del lavoro il motore della crescita economica a livello mondiale. È spettato però a Karl Marx il compito di analizzare le conseguenze sociali di questa crescita secondo il modello capitalista, denunciando le condizioni di alienazione in cui si svolge il lavoro salariato. Tuttavia, a volte, il lavoro è stato associato a concezioni particolarmente negative, quali lo sfruttamento, anche minorile e sessista, e la schiavitù o, ancora, quale monito ad una finta libertà; “Arbeit macht frei”, campeggiava sul cancello d’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz. Molte vite nel corso degli anni sono state spese per poter addivenire ad una reale libertà e tutela di lavoro, così come molte battaglie sono state affrontate, e spesso vinte, al fine di veder sanciti i propri diritti, arrivando, finalmente, ad una pari dignità di sesso, “razza” e religione. Nel nostro panorama interno, molto importanti sono state le battaglie per la promozione di un mercato del lavoro migliore, in particolar modo per i soggetti più a rischio, compiute dai giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi. Gli stessi, assassinati 0 rispettivamente il 20 maggio 1999 e il 19 marzo 2002, entrambi ad opera delle Brigate Rosse, hanno letteralmente dato la vita per la causa. Il diritto al lavoro è indubbiamente uno dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino. Non a caso, il primo articolo della nostra Costituzione sottolinea in modo particolare, oltre all'identità repubblicana dello Stato, come la nostra Nazione sia fondata sul lavoro. Art. 1 Cost.: “L'Italia è una Repubblica democratica, FONDATA sul lavoro”. Non solo l’Italia riconosce il lavoro come un diritto basilare, marchiandolo a fuoco nei principi fondamentali della sua Carta, ma anche la maggior parte degli ordinamenti mondiali. Giusto per citarne alcuni a noi molto vicini, è bene ricordare che la Francia sancisce il diritto al lavoro addirittura nel Preambolo della sua “Constitution de la République Française” (Chacun a le devoir de travailler et le droit d’obtenir un emploi.) e la Germania, nell’art. 12 della sua “Grundgesetz” (Alle Deutschen haben das Recht, Beruf, Arbeitsplatz und Ausbildungsstätte frei zu wählen). Estendendo gli orizzonti, possiamo ricordare come il 10 dicembre 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato e proclamato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, al cui art. 23 troviamo fissato che “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione”. A livello Comunitario, in questo quadro internazionale di costante ed in continuo sviluppo interrelazione tra gli Stati, tale diritto lo ritroviamo nell'art. 136 del Trattato dell’Unione Europea, il quale afferma che gli Stati membri hanno come obiettivi la promozione dell'occupazione ed il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori che consenta la parificazione nel progresso. Ciò avviene mediante la tutela della libera circolazione, l’occupazione e mobilità dei lavoratori, l’unificazione del sistema previdenziale con riguardo ai lavoratori migranti. Per consentire l'obiettivo della massima promozione dell'occupazione e del miglioramento delle condizioni di lavoro, nell'art. 137, così come ampliato dal Trattato di Nizza, è dichiarato l'impegno delle Comunità a sostenere e completare l'azione degli Stati membri nel miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, delle condizioni di lavoro, nell’informazione e consultazione dei lavoratori, 1 nell’integrazione dei soggetti esclusi dalle opportunità occupazionali, nella sicurezza sociale e protezione dei lavoratori, nella protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro, nella lotta contro l'esclusione sociale e nella modernizzazione dei regimi di protezione sociale. Al fine di poter veder tutelato il proprio diritto al lavoro, nel corso dei secoli i cittadini si sono riuniti in varie associazioni, creando così i sindacati. Le varie Carte fondamentali ne hanno poi sancito il diritto all’esistenza e all’azione. In Italia il nostro articolo 39 Cost. stabilisce la libertà di organizzazione sindacale sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. A livello comunitario la conquista della dimensione sociale e sindacale è stata tuttavia lenta e faticosa. Fondamentale l’Accordo sulla politica sociale che, seppur relegato ad allegato al Trattato di Maastricht, ha ampliato la competenza in materia sociale e ha dato inizio a una particolare procedura definita esplicitamente “dialogo sociale”. Oggi l’espressione “dialogo sociale europeo” indica un’ampia gamma di relazioni intercorrenti sia trilaterali fra le istituzioni UE e le parti sociali, sia bilaterali fra le stesse: la consultazione, la concertazione, nonché la valorizzazione dell’autonomia negoziale e la partecipazione delle parti sociali al processo legislativo della UE. In considerazione di quanto sopra descritto, è opportuno pertanto scavare alla ricerca delle radici del diritto del lavoro, analizzarle e porle in relazione con il diritto sindacale e con quanto fissato a livello comunitario e internazionale, in vista di un futuro e molto vicino mercato globale dell’occupazione. 2