Scarica la nota informativa
Transcript
Scarica la nota informativa
NOTA INFORMATIVA Tra la fine dell’Ottocento e l’alba del Novecento, un fervore nuovo infiamma la scena artistica e culturale di Barcellona. Una crescita economica e urbanistica di proporzioni eccezionali aveva proiettato la città nel circuito delle metropoli moderne, sull’onda delle trasformazioni prodotte dalla rivoluzione industriale. Si affermano un nuovo ordine sociale, nuovi valori, nuovi stili di vita, nuovi modelli culturali, e si sviluppa uno straordinario rinnovamento artistico, il modernismo catalano, che si esprime in tutti gli ambiti della creatività. Allo stesso tempo, questa svolta epocale produce anche forti squilibri e genera un’instabilità politica e sociale che si manifesta in un profondo disagio morale e in azioni violente di grande risonanza pubblica. La mostra, a cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens e organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, vuole essere un viaggio attraverso questo periodo aureo dell’arte e della cultura catalana sullo sfondo di uno scenario storico-sociale complesso quanto affascinante, tra l’Esposizione Universale di Barcellona del 1888, con il suo clima di entusiasmo celebrativo, e la cosiddetta settimana tragica del 1909, che segna un punto estremo di conflittualità. È in questo frangente che Barcellona si guadagna la fama di “rosa di fuoco”, come testimonia la lettera di un militante anarchico. Tale metafora condensa efficacemente la particolare condizione del modernismo, i sogni e i fantasmi interiori dei suoi protagonisti, quei sentimenti contraddittori di fascinazione e di inquietudine che il progresso suscita nella società e negli artisti al volgere del secolo. L’esposizione mette a confronto tecniche e ambiti artistici differenti per esplorare le varie anime del modernismo catalano, ponendo in risalto la natura poliedrica ed eclettica di questo movimento, che trovava i propri modelli tanto nelle radici medievali della Catalogna, quanto nella Parigi Art Nouveau e negli altri poli del rinnovamento culturale europeo. 1. Introduzione La mostra si apre con due immagini simbolo che evocano idealmente la cornice entro cui si sviluppò l’immaginario dei modernisti, oscillante tra euforia e pessimismo. Il primo è il piano urbanistico del 1860 progettato da Ildefons Cerdà: il progetto, ispirato a ideali di uguaglianza e basato su un sistema modulare di isolati regolari, fornì le linee guida sulle quali, nel giro di qualche decennio, si sviluppò la Barcellona moderna oltre i confini del Barri Gòtic. Quarant’anni dopo, osservando il profilo della città dalla finestra del suo studio, Picasso ne coglierà il volto malinconico in un dipinto emblematico del “periodo blu”, I tetti di Barcellona (122). Lo sguardo dell’artista va oltre lo spettacolo del lusso offerto dalle dimore della borghesia emergente per soffermarsi su una Barcellona silenziosa, che prende forma in un capolavoro di essenzialità e lirismo. 2. L’architettura modernista: Gaudí e i suoi contemporanei Il percorso espositivo si concentra sulle innovazioni urbanistiche e mette in luce le peculiarità di un’architettura che cambia il volto della città all’insegna dell’eclettismo, attingendo alla tradizione medievale e all’artigianato locale per rifondare un’estetica e una pratica costruttiva nel segno della modernità. Una panoramica sulla produzione dei protagonisti del modernismo presenta le caratteristiche della loro pratica architettonica: dal naturalismo floreale di Lluís Domènech i Montaner, alle raffinatezze neogotiche di Josep Puig i Cadafalch, soffermandosi sulle fantasie orientaleggianti di Antoni Gaudí. Un suggestivo allestimento permette al visitatore di entrare idealmente nell’atelier di quest’ultimo, offrendogli una visione ravvicinata su alcune tra le sue invenzioni più originali, come la pavimentazione in cemento ideata nel 1904 e oggi ancora utilizzata per lastricare i viali di Barcellona, e soprattutto il progetto della chiesa della Colònia Güell. Il modello originale è andato distrutto, ma in occasione della mostra ne è stata realizzata una riedizione dall’Università Politecnica della Catalogna. Con un metodo empirico senza precedenti, Gaudí aveva creato nel suo studio un sistema di corde e pesi corrispondenti al carico esercitato sulle volte e sulle colonne, per simulare la forma capovolta della struttura della chiesa. Poi, rovesciando le fotografie di questa struttura, egli aveva tracciato i disegni progettuali, immaginando una struttura rivoluzionaria: un’architettura di forme organiche prive di angoli che rimanda agli elementi naturali che offrono riparo come la caverna o l’albero. In mostra sarà possibile ammirare questi rarissimi disegni accanto alla ricostruzione del modello (15). 3. Lo spazio pubblico Un’ampia sezione della mostra mette a fuoco la fisionomia sfaccettata della sua vita pubblica. Innanzitutto il luogo di ritrovo di gran parte degli artisti che animano il modernismo, la mitica taverna Els Quatre Gats, dove si tennero serate letterarie, concerti, esposizioni e spettacoli di ombre cinesi e marionette, in un clima bohémien e anticonformista. Una suggestiva galleria di manifesti evoca la straordinaria diffusione della cartellonistica pubblicitaria e delle arti grafiche, cui diedero un apporto fondamentale proprio i frequentatori dei Quatre Gats, facendosi interpreti della joie de vivre dell’estetica fine secolo in creazioni che guardano a Toulouse-Lautrec e alle stampe giapponesi (34). Accanto ai manifesti, una selezione di ritratti documenta l’esordio del diciottenne Picasso, che, con la sua prima mostra personale proprio ai Quatre Gats salì alla ribalta come uno dei più dotati talenti della scena modernista. La rievocazione dello spazio pubblico si sviluppa attraverso immagini contrastanti, con le quali gli artisti danno forma pittorica alle tensioni latenti e agli opposti stati d’animo che queste generano. Nella tela La garrota (18), dipinta da uno dei padri fondatori del modernismo, Ramon Casas, la durezza della scena è resa isolando al centro dell’inquadratura le sagome scure del condannato e dei penitenti, che risaltano sinistre sullo sfondo della città industriale. Per contrasto l’euforia grottesca del carnevale s’incarna in un acquerello di Picasso, che apparentemente rappresenta la speranza per l’inizio del nuovo secolo, ma nella maschera pallida del Pierrot rivela una nota sottilmente angosciante (25). Un’altra polarità, seppur su un terreno più mondano, viene proposta ancora da Casas, con l’atmosfera effervescente del Ballo al Moulin de la Galette (21), ambientato in uno dei luoghi resi emblematici dall’impressionismo, e Santiago Rusiñol, da un altro dei protagonisti del modernismo, nel capolavoro Le Grand bal (20), in cui l’obiettivo si sposta lontano dall’euforia della festa, nell’anonimo ingresso di un locale, dove una donna dall’aria assorta sembra attendere un incontro. 4. Lo spazio privato Nel capitolo successivo della rassegna, il visitatore è condotto all’interno delle abitazioni borghesi, in quell’intimità elegante che artisti come Casas riescono sapientemente a restituire attraverso informali ritratti d’ambiente (Scena domestica all’aria aperta, 44). Il pennello dei modernisti promuove inoltre nuovi modelli femminili: dalle pose estetizzanti delle giovani alla moda, effigiate da Casas con l’essenzialità comunicativa di un’affiche (Dopo il ballo, 45), fino ai risvolti più morbosi di cui si fa interprete Rusiñol, come mostra il dipinto La morfinomane. Nell’opera dello scultore Miquel Blay, invece, il “non finito” di Rodin è declinato in un simbolismo languido ed etereo, esaltato dal gioco chiaroscurale, volto all’espressione dei sentimenti. Il racconto della mostra è arricchito dal confronto tra immagini dipinte e alcuni oggetti di materiali differenti, attorno a nuclei tematici analoghi. Un esempio eloquente è offerto dal motivo della toletta: un dipinto sul tema del trucco di Joaquim Sunyer e una sequenza di disegni dei fratelli González vengono accostati agli specchi realizzati da Gaudí per la Pedrera, che sembrano liquefarsi in sensuali volute, e a un corredo di eleganti gioielli (64) e oggetti in ferro battuto. 5. La passione wagneriana e l’immedesimazione nella natura I modernisti subirono il fascino della musica e dell’estetica wagneriana che aveva contagiato tutta Europa. Al Teatre del Liceu di Barcellona andarono in scena rappresentazioni con scenografie spettacolari, grandiose architetture dipinte che riflettono l’importanza data al coinvolgimento di tutte le arti nella concezione wagneriana dell’opera d’arte totale. Un suggestivo allestimento presenterà il modello originale delle scene disegnate da Oleguer Junyent per il Tannhäuser (73) sullo sfondo del fregio creato da Adrià Gual per la sala della musica dell’Associazione Wagneriana, sui temi del Tristano e Isotta e del Parsifal. Anche Joaquim Mir subì il fascino dell’estetica del compositore di Bayreuth: come testimonia l’importante selezione di opere in mostra, la sua pittura di paesaggio perde quasi ogni dettaglio concreto e ogni accenno alla profondità per evocare sinfonie di colore. Sono opere create a Maiorca, dove l’artista trovò materia per le sue composizioni, inconfondibili per la cromia smaltata e la visione panteistica del paesaggio (87). 6. Lucciole. La femme fatale Con l’eccezione di Mir, i modernisti scelgono Parigi come seconda patria e qui raggiungono anche grande notorietà. È il caso di Hermen Anglada Camarasa che fu una star nella ville lumière del primo Novecento per le sue femmes fatales e, naturalmente, del giovane Picasso che, al suo esordio nella galleria di Ambroise Vollard, fu accolto dal successo critico e commerciale. Una sezione della mostra riproporrà questo confronto sul tema delle “lucciole” e dell’immagine ammaliante e nello stesso tempo minacciosa della vita notturna parigina. Si tratta di un motivo particolarmente congeniale a Picasso, affascinato dalle atmosfere sordide dei bordelli e dal ritmo frenetico dei cabaret, come mostra l’arabesco di ballerine orientali che fa da sfondo al ritratto del critico d’arte Gustave Coquiot (95). Il dipinto mostra lo stile graffiante e quasi espressionista che vale a Picasso il soprannome di “piccolo Goya”. Ne è una testimonianza anche Donna a teatro (94), di cui è protagonista una mondana abbigliata in modo stravagante, con il volto deformato dal trucco e dalle luci: la vediamo vagare assente nel tripudio del can can che le esplode intorno, in un turbine di colore e di effetti luminosi. Sebbene strettamente imparentata sul piano iconografico, la pittura di Anglada non ha il sottofondo stridente e proto-espressionista picassiano, ma un tono suadente e quasi ipnotico che la ricollega all’ambito simbolista. Le sue misteriose creature notturne, vestite di veli vaporosi e iridescenti come l’affascinante Pavone bianco (92), sembrano apparizioni che fluttuano senza peso. La forza seduttiva di queste opere è affidata anche agli impasti cromatici densi e preziosi nei quali le forme si dissolvono in brani di pura pittura. 7. La settimana tragica Una sala dell’esposizione evoca gli eventi drammatici del 1909, in cui confluiscono le tensioni che hanno attraversato questo periodo. Le durissime condizioni di vita di gran parte della popolazione e l’ambiente degradato in cui viveva offrivano uno stridente contrasto con la magnificenza dei vicini quartieri borghesi, contribuendo ad accendere gli animi. A far esplodere la miccia fu il reclutamento per la guerra coloniale in Nordafrica, contro il quale venne indetto uno sciopero generale; intervenne l’esercito e gli operai eressero barricate. Vennero date alle fiamme decine di chiese e conventi, profanate le tombe dei religiosi ed esposte le salme dei defunti. Ma lo sciopero rivoluzionario mancava di una guida e venne represso nel sangue. 8. I miserabili L’epilogo della mostra è dedicato soprattutto ai due artisti che più di ogni altro hanno saputo leggere la sofferenza che si nasconde tra le pieghe di questa situazione esplosiva, fino a dedicarvi un’intera stagione della loro pittura: Picasso e l’ultimo dei grandi protagonisti del modernismo in pittura, Isidre Nonell. Accanto alle loro opere, figurano una terracotta (Maternità) e una serie di disegni di un giovane scultore, Julio González, anch’egli sensibile interprete della fragilità dei diseredati. Isidre Nonell inizia ad interessarsi ai miserabili alla fine dell’Ottocento, tra Barcellona e Parigi, finché, rientrato definitivamente in patria all’inizio del Novecento, concentra la sua attenzione sui gitani. Le loro figure monumentali, silenziosamente serrate in loro stesse, sono protagoniste di una pittura che diviene poesia essenziale, come testimoniano Dolores, Gitana incinta e Due gitane (118). Ogni dettaglio è abolito e i corpi sembrano scolpiti dal colore, steso a pennellate spesse, con un tratteggio che ricorda la pittura di Cézanne. A sua volta Picasso, al rientro a Barcellona da Parigi, inizia a ritrarre i diseredati delle baraccopoli della spiaggia di Barceloneta: nell’acquerello Povertà il colore del mare si propaga a tutta l’opera, infondendo una vena lirica e malinconica che è un tratto inconfondibile del cosiddetto periodo blu. In un clima di allucinata sospensione, due genitori vagano semivestiti stretti ai loro figli, incerti sul proprio destino: gli allungamenti delle figure e l’atmosfera visionaria e primordiale, che Picasso attinge da El Greco e da Puvis de Chavannes, infondono alla scena un’aura di spiritualità. La mostra si chiude con un capolavoro come Ragazza in camicia (123), una straordinaria figura femminile appena delineata su un astratto fondo blu, che ha la forza assoluta di un simbolo universale. Gracile eppure orgogliosa, è un’icona della fragilità e della dignità umana, e nella estrema semplificazione dell’impaginato e della tavolozza annuncia quella rottura col naturalismo che culminerà nell’invenzione del cubismo. LA ROSA DI FUOCO. La Barcellona di Picasso e Gaudí Ferrara, Palazzo dei Diamanti 19 aprile – 19 luglio 2015 A cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens Organizzatori Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara La realizzazione della mostra è stata possibile grazie alla fondamentale collaborazione del Museu Nacional d’Art de Catalunya Informazioni e Prenotazioni Mostre e Musei tel. 0532 244949 [email protected] www.palazzodiamanti.it Ufficio stampa Studio ESSECI – Sergio Campagnolo tel. 049 663499 [email protected] www.studioesseci.net Le immagini ad alta risoluzione sono disponibili sul sito www.studioesseci.net