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Il trattato sul clima: un’inversione
di tendenza per uno sviluppo sostenibile
di Lucia Rossi
La Conferenza sul clima di Parigi si
è chiusa il 12 dicembre 2015 con
l’approvazione di un accordo vincolante: le delegazioni di 195 Stati
più l’Unione europea sono riuscite
ad appianare le divergenze e si sono accordate per ridurre a livello
globale le emissioni di CO2 e contenere il riscaldamento del pianeta, al fine di evitare il cambiamento climatico.
Le origini del Trattato di Parigi
La XXI Conferenza delle Parti (Cop 21) è l’evoluzione dell’United Nations
Framework Convention on Climate Change (Unfccc), la Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, vale a dire il trattato ambientale ratificato a Rio de Janeiro durante il Summit sulla terra
(1992).
I 154 paesi firmatari dell’Unfccc si impegnavano a ridurre entro il 2000
le emissioni dei gas serra ai livelli del 1990.
Tale accordo non era però vincolante, in quanto non prevedeva alcuna
verifica dell’operato degli Stati per assolvere gli impegni presi. Per superare questo importante limite, i paesi firmatari hanno in seguito deciso
di organizzare ogni anno una Conferenza delle Parti (Cop, Conference
of the Parties) per fare il punto della situazione e, dopo oltre vent’anni
di incontri, si è giunti a una conclusione: la 21ma Conferenza delle Parti si
è chiusa con il Trattato di Parigi.
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Le più importanti conferenze delle parti
Cop 1
Berlino 1994
Cop 3
Kyoto 1997
Cop 11
Montreal 2005
Cop 13
Bali 2007
Cop 15
Copenaghen 2009
Cop 17
Durban 2011
Cop 18
Doha 2012
Le misure stabilite a Rio appaiono già poco efficaci.
Viene firmato il primo Trattato mondiale per la riduzione dei gas serra tra un minimo del 6% e un massimo dell’8% entro il 2008-2012.
Il Trattato era vincolante solo per i paesi sviluppati, considerati i
maggiori responsabili.
Per entrare in vigore, il Trattato doveva essere ratificato da un numero di paesi che complessivamente rappresentassero il 55% di
emissioni, ma questo obiettivo non è stato raggiunto a causa soprattutto della mancata ratifica degli USA.
Entra in vigore il Protocollo di Kyoto in seguito alla ratifica della Russia (2004) e ne viene prolungata la validità fino al 2012, nonostante i
limiti rappresentati dalla mancata adesione dei Paesi emergenti (Cina, Messico ecc.) alle misure di riduzione delle emissioni.
Vengono decisi aiuti da parte dei paesi più ricchi ai paesi emergenti
per passare all’energia pulita.
Viene raggiunto un accordo per contenere l’aumento della temperatura del pianeta entro 2 °C e viene stabilita l’entità degli aiuti ai paesi
in via di sviluppo, subordinati all’introduzione delle tecnologie verdi.
Sia i paesi industrializzati, sia quelli emergenti si sono impegnati per
raggiungere un accordo globale vincolante non oltre il 2015 e cioè
entro la Cop 21 di Parigi.
Il periodo di attuazione del protocollo di Kyoto viene esteso fino
al 2020, ma questo nuovo impegno di riduzione viene siglato solo
dall’UE, dalla Norvegia e da pochi altri piccoli Stati, totalizzanti una
percentuale di emissioni non superiore al 10%.
I contenuti dell’accordo sul clima
I paesi che hanno siglato l’accordo hanno preso atto di un presupposto
fondamentale: il pianeta e il genere umano che lo abita sono minacciati
dal cambiamento climatico che rappresenta un danno irreversibile;
pertanto, si sono impegnati a cooperare per ridurre le emissioni di gas
serra in tempi più brevi.
Per raggiungere questo obiettivo hanno deciso di limitare il rialzo della
temperatura, non di 2 °C rispetto ai valori dell’era preindustriale, come
stabilito a Copenaghen nel 2009, ma di 1,5 °C a partire dal 2020.
In concreto le emissioni dovranno essere tagliate del 40-70% rispetto
al 2010. Si tratterà di ridurre le emissioni di CO2 al livello attuale di 10
miliardi di tonnellate di carbonio all’anno per giungere all’azzeramento
entro la fine del secolo.
Ciascun paese firmatario si impegna a inviare un piano nazionale di
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riduzione dei gas serra (Indc: Intended Nationally Determined Contributions, Contributi previsti stabiliti a livello nazionale) e a revisionarlo
ogni cinque anni. Il primo controllo è stato fissato per il 2023, ma già
nel 2018 gli Stati dovranno aumentare i tagli in modo da attenuare
l’impatto del 2020.
I paesi industrializzati devono predisporre i loro piani avendo come
obiettivo la riduzione assoluta delle emissioni, mentre i paesi in via di
sviluppo dovranno porsi questo obiettivo in futuro, ma nel frattempo
devono aumentare i loro sforzi in tal senso.
Un ulteriore punto fondamentale dell’accordo è il trasferimento di risorse dai paesi industrializzati ai paesi emergenti per consentire a questi ultimi di abbattere le emissioni adeguando i loro piani di sviluppo
alle nuove tecnologie: a partire dal 2020 saranno erogati 100 miliardi
di dollari l’anno per agevolare la diffusione delle tecnologie verdi (per
esempio le energie rinnovabili) in tutto il pianeta.
Tra l’altro, ai paesi geograficamente più vulnerabili è riconosciuto il diritto a ricevere rimborsi per le perdite finanziarie provocate dai cambiamenti climatici.
L’impegno nazionale di riduzione delle emissioni (Indc) presentato
dall’Italia a Cop 21 e siglato anche dagli altri Paesi dell’UE, prevede la
riduzione entro il 2030 di almeno il 40% delle emissioni di CO2, del 50%
entro il 2050 e l’azzeramento entro la fine del secolo.
Il Trattato di Parigi in cifre
Aumento medio della temperatura
Riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2050
Valutazione della situazione e ridefinizione dei Piani dei singoli Stati
Risparmio delle riserve fossili
Contributo dei paesi sviluppati ai paesi emergenti perché
adottino tecnologie verdi
Entrata in vigore del Trattato
1,5 °C, massimo 2 °C
40-70%
Ogni 5 anni a partire dal 2023
Almeno ⅓
100 miliardi di dollari all’anno a
partire dal 2020
Dopo la ratifica di almeno 55
paesi che rappresentino complessivamente il 55% delle
emissioni
L’accordo raggiunto a Parigi ha assunto un’importanza particolare non
solo per quanto stabilito, ma soprattutto per il consenso globale raggiunto: hanno aderito tutti, compresi Europa, Cina, India e Stati Uniti,
i quattro più grandi inquinatori.
Se quanto è stato concordato sarà rispettato, gli effetti positivi non
mancheranno e saranno sostanziali e verificabili direttamente
nell’atmosfera.
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La ratifica dell’accordo
La sottoscrizione dell’accordo dovrà avvenire nell’arco di un anno:
tra il 21 aprile 2016 e il 21 aprile 2017.
Il 21 aprile 2016, nel giorno dell’Earth day, la giornata che dal 1970 è
dedicata alla salvaguardia della Terra, 175 Paesi hanno ratificato
l’accordo di Parigi nel Palazzo di vetro dell’ONU a New York.
Tuttavia, per entrare in vigore, il Trattato deve essere ratificato e
approvato da almeno 55 Paesi che rappresentino il 55% delle emissioni mondiali di gas serra.
La Cina e gli Stati Uniti hanno sottoscritto il Trattato il 4 settembre
2016 in occasione del G20 ad Hangzhou (Cina): si tratta di
un’adesione importante, perché dall’adesione di questi due paesi
dipende il risultato effettivo dell’accordo, dal momento che la somma delle loro emissioni CO2 rappresenta il 40% del totale mondiale.
Le opinioni sul Trattato
Coloro che hanno contribuito in qualche modo alla realizzazione del
Trattato di Parigi esultano per l’obiettivo raggiunto, convinti che
questo accordo cambierà il futuro del mondo. Ban Ki-moon, il Segretario generale delle Nazioni Unite, dopo aver definito l’atto di ratifica
un “momento storico”, ha sollecitato tutti i paesi a “muoversi rapidamente per unirsi all’accordo a livello nazionale in modo che possa
diventare operativo il più presto possibile”.
Anche Papa Francesco ha salutato con un tweet l’impegno mondiale
a difesa dell’ambiente, a cui si è giunti dopo ventitre anni
dall’apertura della Conferenza di Rio de Janeiro sui cambiamenti
climatici: “un vero approccio ecologico sa curare l’ambiente e la giustizia, ascoltando il grido della Terra e il grido dei poveri”.
In genere, l’accordo è stato accolto con favore; anche le associazioni
ambientaliste si sono pronunciate positivamente, pur sollevando
qualche eccezione:
 l’avvio troppo lento (2020) per la riduzione delle emissioni;
 la mancanza di un termine entro il quale ciascun paese intende raggiungere il picco delle emissioni;
 la mancata previsione di controlli esterni sulla riduzione delle quote di emissione da parte di ciascun paese, cui è affidata la verifica e
l’autocertificazione;
 la mancata valutazione delle emissioni derivanti dai gas di scarico
degli aerei e delle navi;
 l’assenza di sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi
nazionali.
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Sono considerate invece positività rispetto agli accordi precedenti:
 gli obiettivi complessivi da raggiungere riguardano paesi industrializzati e non;
 le modalità di misurazione delle emissioni sono uguali per tutti;
 i dati e gli obiettivi nazionali sono soggetti a revisione ogni cinque
anni.
Il WWF, pur avendo espresso un commento positivo, ha sollecitato i
paesi firmatari ad agire con rapidità: “Mentre la firma dell’accordo
di Parigi entra nella storia come un passo importante negli sforzi
climatici globali, anche la temperatura planetaria e gli impatti climatici stanno scrivendo un pezzo di storia del pianeta.
Il mese scorso si è registrato il marzo più caldo che mai, dopo 11
mesi consecutivi di temperatura record. Una delle peggiori siccità ha
colpito l’Africa orientale e meridionale, il 93% della Grande Barriera
Corallina è stata colpita dallo sbiancamento dei coralli e la calotta
glaciale della Groenlandia sta affrontando una stagione anticipata di
scioglimento dei ghiacci”.
La portata storica del Trattato
non è data però soltanto
dall’abbattimento delle emissioni di CO2, ma anche dal fatto che poco alla volta cambierà il modo di produzione a
livello globale: l’uso dei combustibili fossili non sarà più
prevalente e le energie rinnovabili prenderanno il posto
del carbone. Il processo per il
cambiamento sarà lungo e
costoso, e sarà necessaria la
collaborazione di tutti.
Per non mancare l’obiettivo, sia i Piani nazionali dei singoli paesi per
l’abbattimento dei gas serra, sia i contributi ai paesi poveri per le
tecnologie verdi non devono rimanere impegni sulla carta, ma devono essere “azioni concrete e credibili” e, soprattutto “immediate”.
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Rifletti e rispondi
1) Commenta in breve i contenuti dell’accordo di Parigi.
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2) Sotto quali aspetti il Trattato di Parigi è considerato di portata storica?
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3) Spiega brevemente il tweet di Papa Francesco.
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4) Quale ritieni essere il maggior limite del Trattato di Parigi?
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