la sintesi 8

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la sintesi 8
AMBIENTE E BENI COMUNI
❑ LA SINTESI
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◗ I gas serra tornano a salire
Nonostante i due anni di recessione che ci lasciamo alla spalle, o forse proprio per questo, il Carbon Dioxide Information Analysis Center (CDIAC) – il Centro di Analisi e Informazione sull’Anidride Carbonica – stima in 33,5 miliardi di tonnellate la vetta raggiunta
dalle emissioni di gas a effetto serra nel 2010. Un livello che rappresenta un incremento
di cinque punti percentuali in un solo anno, nonché un vertiginoso più 45% rispetto al
1990, l’anno di riferimento del Protocollo di Kyoto, e che mette in evidenza quanto crisi
economica e climatica siano tra loro interconnesse e legate da una relazione a doppio filo. Se fino a pochissimi anni fa era solo la società civile globale riunita nel network internazionale Climate Justice Now! a reclamare giustizia sociale e climatica contestualmente, evidenziando il nesso tra modello di sviluppo dominante e febbre del pianeta, la
realtà ha ormai ribadito con i fatti il concetto.
Le emissioni crescono per via della crisi, che spinge giganti come la Cina e l’India ad assicurarsi ritmi sostenuti di crescita e benessere puntando proprio sulla fonte più inquinante: il carbone. Ma anche ma per l’uso di fonti fossili che si continua a fare in economie forti come Unione Europea, USA, Giappone e Russia. Perché con l’alibi della crisi, in
alcuni Paesi occidentali riprendono forza quanti mirano a posticipare il raggiungimento
degli obiettivi vincolanti di Kyoto. Dal punto di vista delle emissioni, comunque, si consolida il sorpasso dei Paesi in Via di Sviluppo rispetto ai Paesi Industrializzati, che oggi
sono responsabili solo del 43% dei gas serra.
◗ Curva in salita anche per le rinnovabili
Fortunatamente, però, la crisi lavora su un doppio binario: se da una parte ritarda il cambiamento e l’abbandono di un modello energetico destinato all’estinzione, dall’altra stimola innovazioni tecnologiche o di processo che possano aiutare a rilanciare l’economia.
Così, nonostante le recessione, gli investimenti nelle rinnovabili non sono diminuiti, sono anzi arrivati alla soglia dei 211 miliardi di dollari, e la produzione globale di energia
verde ha continuato a crescere. Tanto che a fine 2010 il 16% del consumo mondiale di
energia è stato garantito proprio dalle fonti rinnovabili, secondo i dati UNEP. E siccome
la Cina è un Paese dalle grandi contraddizioni, è stata proprio la Repubblica Popolare a
trainare il trend positivo del settore, con quasi 49 miliardi di dollari investiti. Hanno fatto notevoli investimenti nel settore, rispetto ai propri standard storici, anche alcuni Paesi del Medio Oriente e dell’Africa, dove gli investimenti sono schizzati di un vertiginoso
+104%, o dell’America centrale e meridionale, dove l’incremento dei fondi è stato del
39%. Fermo restando che a oggi i primi cinque Paesi per capacità “verde” sono gli Stati
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❑ LA SINTESI
La perdurante crisi globale, che dispiega tutti i suoi effetti più drammatici in termini di
perdita di occupazione, di benessere, di welfare e di diritti sociali acquisiti, ma pure di disparità sempre più marcata nella distribuzione della ricchezza, nell’ultimo anno si è saldata anche con una nuova impennata delle emissioni globali di anidride carbonica, che
sono tornate a crescere.
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CLIMA ED ECONOMIA, DUE EMERGENZE
E UNA SOLA VIA D’USCITA
Uniti, la Cina, la Germania, la Spagna e l’India, anche sul fronte delle rinnovabili la Cina
ha consolidato il proprio sorpasso sugli USA in termini di investimenti in nuova potenza
verde.
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◗ Energia sostenibile, svolta necessaria
RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI 2012
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A spingere verso una rivoluzione a basso tenore di carbonio del settore energetico non
ci sono le Nazioni Unite, la società civile globale e le Nazioni che hanno sposato la causa
della riduzione delle emissioni, ma la stessa International Energy Agency (IEA), l’Agenzia
Internazionale dell’Energia, che per bocca del direttore esecutivo ha lanciato un appello
chiedendo alle Parti della Conferenza ONU sul Clima di intensificare gli sforzi per evitare
i cambiamenti climatici, concentrandosi sulle energie sostenibili, o comunque su soluzioni sicure e a basso impiego di carbonio, per raggiungere la sicurezza energetica e soddisfare la domanda crescente di energia.
L’energia sicura è un tema sul quale negli ultimi mesi si è dibattuto e riflettuto molto. A
un anno da Fukushima, infatti, sono molti i Paesi che stanno pensando a una progressiva, ma definitiva, uscita dal nucleare.
◗ Un pianeta con l’afa
Insieme alle emissioni sale anche la concentrazione dei gas serra in atmosfera. Come riportato nel Global Carbon Budget 2010 siamo ormai arrivati al record di 394 parti per milione (PPM) di anidride carbonica nell’aria, contro le 280 dell’inizio dell’era industriale. E
ovviamente le temperature seguono a ruota. Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’Agenzia Nazionale per l’Oceano e l’Atmosfera degli Stati Uniti, i primi sei mesi del 2011 sono stati caratterizzati da una temperatura media globale superiore di 0,5° Celsius (C) rispetto alla media del XX secolo (media di 13,5° C), conquistando di diritto il titolo di undicesima metà anno più calda della storia. Un trend che
si è confermato nella restante parte dell’anno, classificando il 2011 come il nono anno più
caldo degli ultimi 132 anni.
E il 2012 promette di non essere da meno. Tanto che la banchisa dell’Artico si è ridotta,
in gennaio, del 7,5% rispetto alla media del periodo. Oltre al caldo fuori media stagionale, l’inizio del 2012 si è caratterizzato anche per le ondate di gelo che hanno causato 420
vittime nella sola Europa.
◗ I danni collaterali del global warming
Come da alcuni anni a questa parte, la febbre del pianeta si palesa in modo sempre più
violento, con fenomeni climatici ogni anno più estremi, intensi e frequenti.
Tra alluvioni, uragani, terremoti e tempeste tropicali, nel 2011 le catastrofi naturali – ma
sarebbe più opportuno chiamarle innaturali – hanno provocato 27 mila vittime e danni
per 380 miliardi di dollari.
Oltre alle vittime dirette dei fenomeni climatici estremi, il volto umano dei mutamenti climatici è quello dei sei milioni di profughi ambientali costretti ogni anno a lasciare il proprio Paese. Un’umanità dolente alla quale non è ancora riconosciuto lo status giuridico
di rifugiato ma che al 2050 potrebbe coinvolgere 250 milioni di persone. Sarebbero 42
milioni i profughi del clima costretti a lasciare le proprie case solo negli ultimi due anni
nell’area dell’Asia-Pacifico.
Come se non bastasse, il diffondersi di temperature sempre più alte a latitudini crescenti, si accompagna al diffondersi delle malattie tropicali in nuove aree geografiche. Accade per la dengue, che secondo un recente allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mette ormai a rischio oltre 2,5 miliardi di persone.
◗ Durban rilancia il processo verso
un accordo globale vincolante
È nel quadro sopra descritto che si è svolta alla fine del 2011 la diciasettesima Conferenza ONU delle Parti sul Clima. I negoziatori di oltre 190 Paesi si sono ritrovati in Sud Africa per tentare il tutto per tutto e contenere il global warming entro i 2° C.
I negoziati sono stati tesissimi, complessi e lunghissimi. Il negoziato ha rischiato di saltare più di una volta, con gli USA e il Canada apertamente ostili al necessario prolungamento del Protocollo di Kyoto da una parte, e i Paesi in Via di Sviluppo indisponibili a un
impegno vincolante senza veder prima sancita e giustamente pesata la responsabilità
storica dei Paesi Industrializzati sull’effetto serra.
Alla fine, grazie a strategie diplomatiche improntate al multicentrismo, Europa, Cina, Brasile, Piccole Isole del Pacifico e un vasto schieramento di Paesi in Via di Sviluppo sono
riusciti a trovare la formulazione giusta per un’intesa globale vincolante. Ma al prezzo di
rinviare il raggiungimento di un accordo vincolante per tutti al 2015 e la sua applicazione al 2020.
◗ La nuova cifra italiana
Il BelPaese è arrivato a Durban con un esecutivo rinnovato, circostanza grazie alla quale ha finalmente espresso posizioni coerenti con la politica energetica e climatica europea. Un cambiamento di passo che si sente anche dentro i confini nazionali. Se pur permangono tutte le criticità ambientali del Paese, come la fragilità idrogeologica, il consumo di suolo, l’abusivismo edilizio diffuso, lo sbilanciamento della mobilità su gomma
e la pluriennale emergenza rifiuti, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, rispetto ai
suoi predecessori, sembra proporre una diversa priorità degli interventi e delle politiche
ambientali.
Riporta all’ordine del giorno parole come innovazione e sviluppo sostenibile, affermando pubblicamente la necessità che l’Italia punti a un diverso modello energetico, industriale e di crescita. Avvia il Fondo rotativo per Kyoto e rivede, almeno in parte, le strategie sulle infrastrutture, dando priorità a interventi di messa in sicurezza del territorio
oltre che alla TAV.
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a lungo termine
Degradazione dei suoli fertili, siccità e crescita della popolazione mondiale, inoltre, mettono una forte ipoteca sulla futura capacità di sfamare il pianeta. Se l’allarme arriva dalla FAO, a riflettere su beni comuni, sicurezza e sovranità alimentare e accesso all’acqua
non sono solo i vertici istituzionali, ma piuttosto i movimenti, che nel corso degli ultimi
dodici mesi si sono dati appuntamento a Porto Alegre, per un Forum Sociale Mondiale tematico che ha riflettuto sulla crisi, sulla giustizia sociale e su quella ambientale, in vista
di Rio+20, e a Marsiglia, per il Forum Alternativo Mondiale sull’Acqua. Forum dal quale
hanno reclamato il diritto di tutti gli esseri umani all’acqua, la gestione pubblica e partecipata dell’oro blu e una governance globale in ambito istituzionale sulle risorse idriche,
denunciando per contro tutti i tentativi di finanziarizzazione e mercificazione dell’acqua.
Movimenti, associazioni e società civile globale si sono incontrate anche a Roma, dove
presso la FAO è stato chiuso il Trattato internazionale sulla terra come strumento di difesa dal land grabbing, fenomeno che negli ultimi 10 anni ha sottratto ai contadini dei
Paesi in Via di Sviluppo circa 227 milioni di ettari di terra. Tutto europeo, infine, il Forum
austriaco sulla Sovranità Alimentare finalizzato a mettere a fuoco strategie capaci di realizzare la sovranità alimentare e di aiutare tutti i popoli del globo a vedersi riconosciuto
il diritto a un cibo appropriato.
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❑ LA SINTESI
◗ Le riflessioni dei movimenti sulle conseguenze
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A livello sociale, invece, l’anno appena trascorso si è caratterizzato per la straordinaria
vittoria ai referendum su acqua e nucleare e per la capacità di mobilitazione e la vitalità
espresse dai movimenti in difesa dei beni comuni.
Qualcosa si muove, insomma, anche da noi. Magari è esagerato parlare di Primavera. Ma
almeno lo possiamo chiamare disgelo.
RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI 2012
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