Storia, memoria, immagini - Osservatorio Scolastico Provinciale di

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Storia, memoria, immagini - Osservatorio Scolastico Provinciale di
Storia, memoria, immagini:
un'esperienza didattica in una scuola media
Sandro Marianelli
Istituto Comprensivo G.B. Niccolini, S. Giuliano Terme
1. Scuse per il titolo Prima di tutto una precisazione sul titolo: è brutto e banale, e
sottintende che ciò che verrà detto è la solita relazione di una scuola che si propone come
modello per mettere in mostra ciò che fa. La prima versione del titolo doveva essere piuttosto
Le cose vecchie sono belle! Come (tentare) di suggerire (o imporre) questa idea a degli alunni
di scuola media utilizzando e producendo immagini; non ho però avuto il coraggio di proporlo
ad Alessandra, forse perché mi sembrava poco professionale (e anche eccessivamente
wertmulleriano), soprattutto rispetto al tema del dibattito di oggi, e poi mi pareva che
sottolineasse troppo la distanza tra il dibattito sulla didattica della storia e il livello concreto
dell'intervento quotidiano con cui gli insegnanti lavorano in classe.
E d'altra parte in questo tipo di convegni, è giocoforza che le scuole mettano in mostra i loro
lavori specifici, che di solito sono interessanti e ben presentati (e guai se non si usa Power
Point!), ma poi magari la realtà quotidiana è fatta di altro, di fatica, di ultime ore del sabato
passate a spiegare i Fenici sul manuale (ohibò), con i cedri, la porpora e magari anche il vetro.
Altro che affascinanti suggestioni sull'uso delle immagini nella didattica della storia! A parte
ciò, vorrei dire che mi sono sembrate molto interessanti alcune delle riflessioni che ho sentito
sia stamattina che oggi pomeriggio riguardo al rapporto tra la storia e la memoria, ai possibili
rischi insiti nella familiarizzazione del ricordo e nella banalizzazione della memoria, alla
necessità da parte dello storico di far uscire i fatti storici dall'emotività e da una sorta di alone
mitico. E sentire questo tipo di riflessioni, e poi rapportarle alle scelte didattiche che vado
facendo come insegnante di scuola media, mi porta a riflettere sui limiti di ciò che faccio e sulla
possibilità di cercare nuove vie per lavorare in modo meno banale e improduttivo. E proprio a
partire da queste riflessioni, ho come l'impressione che questa mia relazione possa essere
molto eccentrica rispetto al tema di questa giornata, pur non mancando evidentemente i punti
di contatto.
2. La memoria, la storia e i miei alunni Cerco di spiegarmi meglio: insegno lettere nella
scuola media da circa 20 anni, sono anche laureato in storia contemporanea, ho anche qualche
antico trascorso di ricerca, e mi piace ricordare che il mio professore era Lorenzo Gestri; credo
che oggi, se fosse ancora qui fra noi, avrebbe potuto darci anche qualche spunto intelligente e
acuto, come spesso faceva, proprio perché rispetto ai temi del mito e della memoria all'interno
dei suoi studi sulla classe operaia, e sul movimento operaio, aveva scritto cose importanti e
suggestive.
Nonostante questo know how (ehm…) storia è decisamente la materia che insegno peggio,
almeno secondo una mia percezione autovalutabile e automonitorante (o automonitorata?),
per giunta empirica e soggettiva. I motivi di questa insoddisfazione sono molti, e vorrei
accennare brevemente a qualcuno di essi, sui quali tra l'altro mi interesserebbe sapere il
parere dei colleghi qui presenti. Diciamo che uno dei punti più problematici è spesso la
difficoltà di ragionare con i ragazzi su ciò che il passato è e rappresenta per loro. E' di solito un
terreno minato, in cui probabilmente emergono in loro la mancanza di un linguaggio specifico
adeguato e la difficoltà di ragionare sulla storia (forse anche per l'abitudine ad una
comunicazione spezzettata e frammentata) e di comprendere la dimensione reale del tempo
che passa. Non son qui a fare il solito lamento squallido dell'insegnante che dice che i suoi
alunni non sono più quelli di una volta, e via discorrendo. Si tratta forse di una questione di
minore familiarità con determinati linguaggi e ambiti di riflessione, di cui la storia è senz'altro
un esempio non secondario.
Ma la mia impressione è che a questi elementi se ne aggiungano altri, forse più insidiosi. Nei
miei alunni, infatti, mi pare di intravedere non di rado una vera e propria insofferenza verso ciò
che è passato, ciò che è vecchio. E la storia è tendenzialmente qualcosa di sbiadito e poco
attraente, perché è appunto vecchio e opaco, è lento e noioso, è qualcosa che appartiene agli
adulti insomma. Visto che parliamo di immagini, faccio un riferimento televisivo: il canale di
riferimento dei ragazzi di questa età è di solito Italia 1, rete che bandisce quasi
inesorabilmente film o telefilm di carattere storico: lì la storia quasi non esiste, o, se ne affiora
un barlume, la troviamo stravolta nei fumetti di Hercules o nella fantasy di Xena, la principessa
guerriera, dove magari il dio Marte è un giovane muscoloso e con l'orecchino, e la protagonista
combatte contro Giulio Cesare un po' come in Guerre stellari. E' lì che qualche mio alunno ha il
primo approccio con la mitologia. E, sempre per parlare di immagini, bisogna essere prudenti
anche nell'usare il cinema per parlare di storia; ad esempio fino a qualche anno fa, parlando
della conquista del west, proponevo talvolta la visione di Piccolo grande uomo, un film non poi
così obsoleto; risale agli anni '70, è a colori, sembrerebbe un film anche spettacolare, c'è
Dustin Hoffman, e così via: eppure mi accorgo subito che c'è qualcosa che non va, perché vedo
i miei alunni che si annoiano rapidamente, forse perché il film sembra a loro troppo vecchio, o
perché il montaggio non è abbastanza frenetico, ci sono troppe parti dialogate (e quando i
dialoghi sono troppo frequenti, immediatamente tutto diventa noioso).
3. Le immagini, il vecchio e il cinema Che fare dunque, di fronte a questa situazione? Come
è possibile non dico intervenire proficuamente, ma almeno tentare di incrinare questo
atteggiamento che tanti nostri alunni dimostrano? Personalmente, oltre evidentemente a
lavorare nello spazio curricolare, cerco di usare anche le immagini, sia attraverso la fruizione
che la produzione diretta di immagini in movimento.
A proposito di fruizione, vorrei fare alcune brevissime riflessioni, anche se mi rendo conto che
questa non è forse la sede adatta. Volevo accennare al fatto che nella scuola (in questo caso
parlo di scuola media, evidentemente) il cinema è usato spesso in modo banale e poco
corretto, e soprattutto senza considerarne minimamente gli aspetti specifici del linguaggio. Di
solito i film vengono utilizzati come mero supporto di contenuto a determinati temi affrontati
nel "programma", mentre più raramente si tenta di ragionare con i ragazzi sui loro aspetti
formali e sul modo attraverso il quale certi contenuti vengono presentati. Personalmente, pur
con molti limiti ed in modo certamente elementare, cerco di sottolineare ai ragazzi almeno
alcuni elementi del linguaggio dei film che presento loro.
Comunque utilizzo con una certa frequenza la proiezione di film in videocassetta, a volte
organizzando minicicli su tematiche particolari: ad esempio, per quel che riguarda narrativa,
propongo spesso opere di fantascienza. E qui torniamo al discorso iniziale sul "vecchio": già
perché mentre i miei alunni, poverini, si aspettano Star Trek, Guerre stellari o Indipendence
Day, si devono sorbire i classici degli anni '50, quelli in bianco e nero, dove ci sono pochissimi
effetti speciali, L'invasione degli ultracorpi, Il villaggio dei dannati, Ultimatum alla terra, e così
via. L'idea è di valorizzare e di presentare come bello ciò che è avvertito "come vecchio".
Certo, ci sono grosse incognite, si rischia di suscitare noia, perché insomma il bianco e nero
per loro è innaturale e quasi eretico. A proposito di eresie, per tentare di rendere più
interessante la proiezione (oltre che per puntualizzare meglio alcuni concetti) interrompo
spesso i film; lo so che non si dovrebbe interrompere un'emozione, ma mi pare che così la
presentazione dell'opera sia più efficace. E poi i ragazzi, abituati alle interruzioni pubblicitarie,
trovano perfettamente normale che io metta in pausa il videoregistratore e dica loro qualcosa;
la mia impressione è che seguano meglio il film, anche perché la sottolineatura di un aspetto
formale importante (le luci, il tipo di inquadrature, eccetera) è più efficace se viene colta sul
momento, e non dopo la fine del film, quando magari non è facile ricordare certi particolari.
Insomma, per riprendere il filo del discorso, fin dalle proposte di fruizione di immagini che
faccio ai ragazzi, cerco di tenere presente questo discorso sul passato; si tratta quindi di
un'idea minimalista e molto empirica, in cui mi illudo di vedere il tentativo di coinvolgere i
ragazzi in un rapporto diverso, più fecondo e più bello con il vecchio; si potrebbe definirla
come la preistoria dell'approccio alla riflessione storica.
4. Computer, foto e storia Questa idea cerco di tenerla presente non solo nel momento in
cui propongo ai ragazzi la visione di immagini, ma anche quando realizziamo concretamente un
lavoro utilizzando fotografie o immagini in movimento. A questo proposito vorrei iniziare da
alcune esperienze che probabilmente sono comuni a molte scuole, come ad esempio avviene
alla scuola media di Barbaricina ad opera della professoressa Marina Crescimbeni. Si tratta di
lavori realizzati su supporto informatico utilizzando delle fotografie raccolte dai ragazzi in
famiglia. Sono lavori dai titoli ingenuamente ambiziosi, come La storia fotografica dell'Italia del
XX secolo, o Storia delle donne nell'Italia del '900; l'enfasi di questi titoli è un po' un gioco, e
anche i ragazzi se ne rendono conto, però il materiale raccolto in qualche caso è sufficiente per
dare un'idea di alcune tematiche, che poi i ragazzi affrontano anche sul manuale (il manuale!),
nel programma canonico.
La realizzazione del CD (uso il programma Front Page) avviene in modo molto tradizionale e
poco geniale: si tratta banalmente di raccogliere del materiale fotografico. La fase della
raccolta è molto semplice: "Ragazzi, portate delle foto vecchie.” “Ma vecchie quanto?” “Fate
voi, chiedetelo in casa, chiedetelo ai nonni”. "Ma solo di guerra?" "No, va bene qualsiasi cosa!"
"Anche la foto della mia zia in giardino?" "Ma sì, te porta tutto, poi si vede". Questa fase, che
potrebbe essere definita come una sorta di "image storming", dura molto, perché a volte "le
foto ce l'ha la mia nonna che sta a Ponsacco e ci vado tra quindici giorni".
Le foto raccolte vengono divise sia cronologicamente che per temi, e formano quindi un
percorso su cui è possibile navigare. Intendiamoci, dal punto di vista informatico sono lavori
poco interessanti, a grado zero di interattività (come direbbe il mio amico Paolo Carosi). Non
solo, per farli ci vuole molto tempo: bisogna scannerizzare moltissime foto, nel caso della
storia delle donne più di 400, poi scrivere le didascalie e realizzare centinaia di pagine HTML.
Abbiamo anche aggiunto delle musiche "emblematiche", che fanno da colonna sonora alle
immagini; ad esempio nella Storia delle donne sopra citata ci sono sia musiche scelte dai
ragazzi, sia brani che ho proposto io (sono quelli che riguardano la storia meno recente,
Balocchi e profumi in classe non la conosceva nessuno); su certe sezioni io e i ragazzi
litighiamo in un cruento scontro generazionale: nella sezione sulla prima guerra mondiale è
meglio La guerra di Piero o la versione di Vasco Rossi di Generale? Spesso le musiche creano
un contrappunto ironico: ad esempio nella sezione dedicata al tema della politica c'è il pezzo di
Mary Poppins in cui la signora Banks canta l'inno delle suffragette, mentre nell'introduzione ci
sono La donna è mobile e No, woman, no cry di Jimy Hendrix. Queste musiche accompagnano
la navigazione in maniera del tutto arbitraria, perché a differenza di un video, quando la
musica deve collegarsi esattamente su una certa inquadratura, in questo caso si creano
associazioni e contaminazione anche abbastanza casuali.
Per la verità esistono anche dei lavori cartacei che vengono realizzati con la stessa metodologia
iniziale, semplicemente le foto vengono ingrandite con una fotocopiatrice laser in formato A3,
sistemate dagli alunni con molta diligenza e poi rilegate da una copisteria. Queste storie
cartacee a me piacciono anche più dei CD: le foto sono grandi, si possono toccare, emanano
anche un buon odore, mentre il CD non mi suscita nessuna situazione affettiva, però ha un
vantaggio: può essere masterizzato e distribuito ai ragazzi (e infatti è ciò che avviene, mentre
far fare un'altra copia del libro cartaceo costa magari 100 euro).
5. Come leggere vecchie foto Le varie foto che vengono utilizzate, divise, come accennavo
prima, in sezioni di tipo cronologico e in altre più specificatamente tematiche, sono talvolta
direttamente collegate a contesti storici significativi, e in questo caso i ragazzi colgono
immediatamente il legame con la storia diciamo così alta (quella del manuale!). Ad esempio
abbiamo inserito una foto di un anello con la scritta "oro alla patria" che apparteneva alla
nonna di un'alunna, oppure foto di Balilla o di marce fasciste, o la copertina di un libro di
memorie partigiane scritto dal nonno di un'altra alunna.
In qualche altro caso la lettura delle fotografie può risultare insidiosa. Si pensi per esempio alle
foto che si riferiscono a periodi bellici: spesso i soggetti non sembrano inseriti in un contesto
appropriato, voglio dire per esempio che spesso si vedono soldati che scherzano con i
commilitoni in foto scattate nel 1942 o 1943 o gruppi di sfollati che sempre nel 1943 sorridono
serenamente all'obiettivo; in questo caso bisogna stare attenti a ragionare con i ragazzi sui
limiti delle fonti fotografiche, sul fatto cioè che spesso non possono mostrarci direttamente i
drammi e le angosce del periodo bellico.
Abbiamo inserito nel lavoro alcune sezioni che riguardano i grandi mutamenti economicosociali
del
secondo
dopoguerra,
dalla
realtà
contadina
al
lavoro,
dall'emigrazione
all'affermazione della società dei consumi. E' necessario anche chiarire che non si tratta di una
"storia locale", in questo caso non è la storia di San Giuliano o delle donne di San Giuliano; la
mia idea è di mettere insieme materiali che vengono da realtà molto diverse, che a me fa
piacere usare in modo indistinto; nella sezione dedicata all'emigrazione si trovano ad esempio
la foto di una zia che si è trasferita a Milano e quella di una lontana parente emigrata negli
USA, accanto a foto di persone e di luoghi da cui provengono alcuni dei nostri alunni,
dall'Albania all'Eritrea a Santo Domingo. L'intento è insomma quello di contaminare e
mescolare documenti molto diversi tra loro, mi piacerebbe riuscire a creare una situazione di
similarità (nel viaggio, ad esempio) in cui ci si riconosce nella diversità. In realtà, al di là del
tema specifico del rapporto con la storia e la memoria, c'è evidentemente un intento didattico
che riguarda anche un approccio al tema dell'integrazione.
Uno spazio significativo nella nostra Storia delle donne ce l'hanno infine anche gli aspetti del
cambiamento sociale, legati alla vita quotidiana: ci sono sezioni sulla scuola, sulla politica, sul
tempo libero, sullo sport, ma anche sul rapporto tra una generazione e l'altra (bambine,
ragazze, madri, nonne) scandito dai momenti di ritualità (le cerimonie religiose, i compleanni,
il matrimonio, ecc.).
6. Informatica ed emozioni Come penso si sarà capito, questo tipo di lavori è
sostanzialmente insignificante sul terreno dell'informatica: certo, si impara a usare un
programma ipertestuale, magari si gratificano alunni già esperti di cose informatiche, che
diventano protagonisti del lavoro e sanno trasmettere ai compagni (e a me) le loro
conoscenze. Però il punto importante non è questo, e quindi quale può essere la valenza
didattica di questo tipo di iper(mica tanto)testi? Penso che prima di tutto sia interessante la
parte iniziale, in cui i ragazzi sono costretti a ragionare sulle fotografie e su ciò che esse
mostrano, a chiedere informazioni in casa, a ricostruire pezzi di storia delle loro famiglie, a
riflettere sul tempo che passa, a pensare a ciò che avveniva ai loro cari in mezzo a grandi
avvenimenti storici, come le guerre, a capire che una foto che sembra poco significativa (ad
esempio i ritratti degli studi fotografici, che di solito i ragazzi portano in gran quantità) può
essere letta a diversi livelli, riflettendo anche sugli ambienti, sugli oggetti o sui vestiti che vi
compaiono. Uso questi lavori anche come strumenti di verifica, talvolta durante gli esami,
ponendo domande che partono dalle storie individuali dei familiari e che arrivano poi alla
discussione sui contenuti canonici del programma.
Ma c'è anche di più: tornando a quanto dicevo prima sul rapporto con il passato, la mia
ambizione è che i ragazzi "sentano" questi documenti fotografici come qualcosa di importante
per loro e per la loro famiglia, qualcosa di emotivamente forte, che faccia pensare alla vita di
queste persone, alle loro sofferenze e alle loro gioie, ai loro viaggi, alla loro vita. Non solo:
queste foto sono esteticamente interessanti, spesso sono belle e affascinanti, evocano in
qualche modo tempi quasi leggendari e forse proprio la familiarità con i soggetti fa cogliere ai
ragazzi anche questo elemento di tipo "estetico-affettivo" (?). Capisco che questo obiettivo
sembri rientrare in una dimensione largamente soggettiva e anche sfuggente, se volete; però
"didatticamente" ci tengo molto, e trovo alla fin fine entusiasmante che una foto che
appartiene alla loro storia, alla loro famiglia, sia valutato dai ragazzi come "bella".
Personalmente tendo ad enfatizzare questo tipo di atteggiamento, e magari quando qualcuno
mi porta una foto in qualche modo significativa, io spesso esclamo: "Ma questa foto è
ganzissima!" E poi finisce che arrivano dei ragazzi che mi chiedono: "Ma questa foto è ganza
oppure no? La mettiamo oppure no?" E così la memoria e la storia si confondono con le
emozioni e l'estetica.
7. Produrre video nella scuola Vorrei passare adesso al tema della produzione di video.
Faccio queste cose nelle scuole in cui ho insegnato e insegno (che poi sono due, Lari e San
Giuliano) da oltre 15 anni. Non sto qui a discutere sulla valenza didattica generale di questo
tipo di lavori, argomento complesso e anche insidioso; né mi azzardo ad accennare a questioni
metodologiche relative alla didattica degli audiovisivi, questioni che per altro appassionano da
oltre 30 anni quel gruppo di insegnanti carbonari un po' invecchiati che in Italia si occupano "di
cinema dei ragazzi". E in effetti, come testimoniano ad esempio le estenuanti discussioni svolte
nelle varie edizioni della Biennale del Cinema dei Ragazzi di Pisa, ci si scanna ancora (nelle
vendite dei cugini, appunto) sul modo didatticamente corretto di realizzare questo tipo di
prodotti. Si tratta per altro di questioni che mi sono trovato spesso a discutere in diversi
convegni o festival dedicati alla produzione di video nella scuola. Almeno una premessa però
mi sento di farla: non credo che la produzione di video, tanto meno di carattere storico, sia
una delle fondamentali "best Practicies" di ogni buon insegnante innovatore. Si tratta di
pratiche didattiche che uso accanto alla mia attività curricolare, senza mitizzarle; non solo, non
mi vedo nella parte dell'insegnante alternativo che trascura i linguaggi verbali per correre
dietro alle mode accattivanti legate all'immagine. Addirittura dichiaro qui che sono uso
spiegare i più svariati complementi dell'analisi logica, compresi quelli di svantaggio e di
vantaggio (della necessità di spiegare i Fenici in modo approfondito ho già detto).
Insomma potrei dire che questi lavori hanno una loro marginalità: spesso vengono fatti il
pomeriggio, quindi gratis, e c'è una forte componente volontaristica, per così dire. E sarebbe
difficile parlare di questi lavori come frutto di interventi strutturati all'interno del POF o di una
strategia didattica pianificata. Però forse sono frammenti e spezzoni di qualche cosa che nella
mia immaginazione ha una finalità unitaria. Tra l'altro qui parliamo di storia e di memoria, ma
io lavoro sul video in molti altri ambiti, per esempio proponendo anche lavori legati a opere
letterarie; per fare qualche esempio, a scuola abbiamo realizzato video tratti da brani di molti
autori, da Carolina Invernizio a Richard Matheson, da Friedrich Duerrenmatt ad Achille
Campanile, da Dorothy Parker a D'Annunzio.
8. Fare storia con i video? Vorrei adesso accennare direttamente alla produzione di piccoli
lavori che riguardano in qualche modo il tema della storia e della memoria. Ho cercato di
suddividerli in quattro tipologie diverse, e di dare di ciascuna di esse una breve
esemplificazione. Vorrei partire da un lavoro legato in modo specifico alla ricostruzione di un
episodio storico avvenuto durante la seconda guerra mondiale; il video in questione è La Storia
di Livia Gereschi, un breve documentario che ricostruisce sommariamente la vita di Livia
Gereschi, una giovane insegnante uccisa dai tedeschi nella strage della Romagna, avvenuta
nell'agosto del 1944. Questo video, che dura circa 6 minuti, non nasce da una ricerca storica
specifica: è basato sostanzialmente sulla memorialistica e non ha l'ambizione di ricostruire in
modo esauriente la vicenda della strage; punta se mai a ricordare la figura di Livia Gereschi
attraverso dei brevi cenni biografici, all'interno dei quali evidentemente la sua morte ha uno
spazio significativo. Inizialmente ho lavorato al reperimento delle fonti insieme alla
professoressa Linda Bimbi, dell'Istituto Professionale Alberghiero di Pisa, che ha realizzato un
video di testimonianze sul medesimo tema; siamo anche stati a Roma ad intervistare la nipote
di Livia Gereschi, che, vincendo il dolore che ancora è fortemente presente nel suo ricordo
della zia, ci ha dato molte informazioni sulla vita di Livia Gereschi.
La realizzazione del video è stata condotta soprattutto attraverso l'individuazione e
l'esplorazione dei luoghi in cui l'eccidio è avvenuto. Le riprese sono infatti state fatte in
numerose località della zona, dai dintorni della località della Romagna, ad altri nei comuni di
Lucca e Massarosa. Nel caso della Storia di Livia Gereschi il legame tra il video e la memoria
storica legata al territorio è credo comprensibile. Questo lavoro si inserisce cioè in una tipologia
che ha a che vedere (con tutti i suoi evidenti limiti) con la ricostruzione di eventi storici del
territorio e quindi con la storia locale.
9. Storie di vecchi edifici Meno direttamente legati alla ricostruzione di un evento storico
specifico, ma comunque significativi -credo- nell'ambito del discorso sulla memoria, sono due
brevi documentari che riguardano edifici in qualche modo significativi del territorio di San
Giuliano; tutti e due, sia pure in modo diverso, rimandano alla riflessione sul passato e alle
suggestioni che il passato ci rimanda. Il primo riguarda la locale stazione ferroviaria: essa si
trova attualmente in uno stato di abbandono, funziona solo come fermata del treno, ma
l'edificio è privo di manutenzione e non ci lavora nessuno. Perché ho proposto ai ragazzi questo
video? All'inizio mi dicevano: "Ma perché dobbiamo andare alla stazione? Fa schifo, è piena di
sporco”. E infatti, come ho detto, la stazione è, come recita il titolo del video, una vera e
propria "stazione fantasma": per accedere ad essa i passeggeri passano attraverso una scala
piena di scritte e parolacce, tutto è distrutto, non c'è biglietteria, non c'è nessuno, le finestre
sono rotte, ci sono ancora vecchi cartelli, come "telegrafo", "sala di prima classe" (e in effetti è
un rifugio per qualcuno che occasionalmente ci dorme). Ma questo squallore forse è in qualche
modo affascinante. E allora qui si torna al discorso precedente sul vecchio che può essere bello
o attraente: così il video non è, come a prima vista può sembrare, una denuncia politically
correct di un degrado con l'intento di spingere il Comune a recuperare questo luogo alla
cittadinanza (ciò che tra l'altro sta effettivamente accadendo). In fondo, attraverso le
immagini, ha anche la pretesa di mettere in luce un elemento emotivo e suggestivo che emana
da quel luogo; e forse, realizzandolo con loro, mi piace pensare di aver fatto cogliere ai ragazzi
questa atmosfera particolare.
L'altro brevissimo documentario, di cui invece vorrei mostrarvi uno spezzone, è dedicato alla
cosiddetta Casa del polacco, una vecchia villa completamente abbandonata che si trova sul
monte Castellare, proprio sopra San Giuliano. La casa fu fatta costruire alla fine dell'800 da
una singolare figura di scienziato-esule polacco, Sigismondo Bosniaski, e poi lasciata andare in
rovina dopo la sua morte; il tetto è stato sventrato da una cannonata durante la seconda
guerra mondiale. E' un posto che molti conoscono, è meta di passeggiate domenicali
attraverso il sentiero che porta al monte. Ed è un posto bellissimo, immerso in una
vegetazione particolare. In questo caso, la sottolineatura del bello con i ragazzi non è stata
difficile, data la condivisione generale del giudizio sul luogo. Anche in questo caso non c'è stata
una vera e propria ricerca storica, abbiamo però tenuto presente un libro di uno storico locale
dedicato al Bosniaski e alla donna da lui amata, con la quale aveva scelto di vivere proprio sul
monte Castellare; la conoscenza di questi dettagli storici è stata senza dubbio importante per
collocare storicamente l'edificio, però, di nuovo, mi interessava che il video facesse emergere
anche le emozioni e anche un misterioso senso di nostalgia che la casa del polacco, pur nel suo
degrado, riesce a trasmettere a chi la visita. Addirittura a questo scopo abbiamo usato il
computer con cui abbiamo montato il video in modo creativo (o almeno noi l'abbiamo giudicato
così), sostituendo nella parte finale i cieli e gli sfondi che avevamo ripreso con altri rubati a
fotografie portate dagli alunni; in fondo c'è anche una finta ripresa notturna, in cui una falsa
luna dovrebbe trasmettere una certa atmosfera di favola e di magia; in questo contesto anche
le musiche hanno un ruolo importante.
10. Videobiografie Un altro "filone" di lavori che hanno un rapporto con la memoria, in
questo caso individuale, è quello diciamo così videoautobiografico. Si tratta di dar vita a una
sorta di rappresentazione di sé, per realizzare la quale i ragazzi portano fotografie e spezzoni
di video che si riferiscono a un testo autobiografico che essi stessi scrivono; il tutto viene poi
assemblato in un video. Avendo a che fare con ragazzi di 11-14 anni, è storicamente sempre
più facile trovare famiglie che hanno da tempo in casa una videocamera e che hanno quindi
conservato riprese di battesimi, comunioni, gare sportive, e così via. Proprio quest'anno
abbiamo realizzato nel laboratorio video una storia di pochi minuti, che racconta la vita di
un'alunna di prima media, la quale, oltre che videocassette con riprese fatte dai suoi genitori,
ci ha portato una grande quantità di materiale, che è stato poi ripreso e inserito nel video: il
primo pupazzo di quando era più piccola, la croce che aveva usato in occasione della
comunione, il braccialetto che aveva al braccio appena nata, il gonnellino con cui ha
partecipato al suo primo saggio di danza.
Qualche anno fa ho proposto un'esperienza simile a una ragazza albanese della scuola media di
Lari, che ha anch'essa raccontato parti della sua vita; in questo caso, come potete capire, la
valenza didattica, chiamiamola così, andava oltre il discorso della ricostruzione di una memoria
individuale; questa ragazza tra l'altro ha scelto di raccontare cose molto semplici e dirette,
senza soffermarsi sugli aspetti più dolorosi della sua vita, e ha parlato -senza porselo come
intento esplicito- del suo desiderio di un inserimento dolce in un nuovo paese e con nuovi
compagni. E' un video quasi discreto, in cui Blerina (è il suo nome) parla timidamente di come
vive la sua esperienza in Italia e la confronta con la sua vita precedente, per lei ancora molto
viva, in Albania; racconta cose molto semplici, che le piace Britney Spears, che tifa per il Milan
perché ha la maglia con gli stessi colori della bandiera albanese, e che tra le materie
scolastiche trova noiosa la storia; tra l'altro è una bimba che non aveva gravi problemi di
inserimento nella scuola, e che aveva un rendimento positivo (anche ora che è alle superiori).
Anche lei ci ha portato delle foto e degli spezzoni video, che riguardavano una festa e una gita
in campagna in Albania. Quando le ho proposto di raccontare la sua storia, non capiva
assolutamente per quale motivo le sue vicende potessero interessare a qualcuno, e in fondo
forse non l'ha ben capito fino al momento in cui poi il lavoro è finito ed è stato proiettato anche
in situazioni pubbliche, davanti a molta gente. La prima volta (ricordo che eravamo ad un
festival a Napoli in un cinema pieno di ragazzi) ha reagito in un modo emotivamente forte e si
è messa a piangere. Poi il video è stato proiettato (sempre alla sua presenza) in altre situazioni
e in vari festival, e credo che Blerina abbia cominciato a capire meglio e ad apprezzare
l'interesse suscitato in tante persone dalla sua storia.
Un ultimo cenno alla valenza didattica di questo tipo di autobiografie in video: come del resto
avviene in lavori consimili di tipo cartaceo, è importante che i ragazzi ragionino sul tempo che
(anche per loro) passa e sulla loro storia (inserita in quella degli altri), però, a costo di
ripetermi, anche in questo caso mi sembrano decisivi l'aspetto emotivo e il coinvolgimento
affettivo con cui essi ci raccontano le loro storie.
11. Videoparodie L'ultimo esempio di tipologia di video che vorrei proporvi riguarda il tema
della parodia legata alla storia; quindi si tratta di un ambito ancora più eccentrico e anomalo
rispetto all'angolazione, già molto particolare e specifica, di questo intervento. Non mi
vergogno a dire che -soprattutto in passato- ho lavorato alla realizzazione di video parodistici
che partivano da argomenti storici o letterari; così abbiamo fatto video su Dante Alighieri, su
Cristoforo Colombo, su D'Annunzio, Galileo e via discorrendo. Lo scopo è di giocare con il
linguaggio cinematografico e con fatti e personaggi storici famosi.
Tra i possibili esempi di questa curiosa congerie di stupidaggini giocose ho scelto di proporvi un
brano di quello che forse è il video più presuntuoso e contemporaneamente più cialtronesco fra
quelli che ho fatto a scuola (e son passati 15 anni). Si chiama Ciminiere tempestose, ed è una
parodia dei film muti, soprattutto di quelli sovietici, degli anni '20. La storia è un collage un po'
insensato tra La corazzata Potemkin, Metropolis e Tempi moderni, insomma da Fritz Lang a
Eisenstein (chiedo perdono!). Bianco e nero, muto (a parte le musiche saccheggiate dalla
versione modernizzata di Metropolis), didascalie fatte con il mitico computer Amiga 500
Commodore (e qui siamo davvero nell'ambito del tema della memoria storica). La scalinata di
Odessa è sostituita da quella del castello di Lari; la storia è quella di una fabbrica con un
padrone (l'incontentabile conte Marli, come con una vistosa allitterazione stabilì la mia geniale
alunna Carlotta Bertagna, addetta alle didascalie) che opprime gli operai (anzi soprattutto le
operaie), il figlio però è innamorato di una di esse, la bella Maria, per cui, come potete
immaginare, ci sarà un finale interclassista. Ho spinto i ragazzi (a cui per altro avevo fatto
vedere e studiare i modelli di riferimento, compreso Fantozzi) a prendere in giro brani e anche
inquadrature tipiche dei film dell'epoca. C'è di tutto: la fabbrica e gli operai sottoposti a un
lavoro durissimo (gli interni sono stati girati significativamente nei locali della vecchia scuola
media di Lari, che una volta era un convento), c'è la carrozzina, ci sono l'anarchica ribelle e il
malvagio padrone che gozzoviglia con due donnine, e non manca un perfido sorvegliante che si
chiama Egisto, un nome che è tutto un programma.
Nel caso di lavori come questo ammetto di essere in difficoltà a trovare giustificazioni
didattiche razionali, però posso provare; certo non posso spacciare il video come uno
strumento per studiare in modo più approfondito la rivoluzione industriale o il movimento
operaio. Eppure, a ben vedere, la parodia è un genere interessante, perché costringe, se si
vuole giocare e scherzare, a conoscere bene il bersaglio e a studiarlo. Certo, in questo caso
probabilmente lo studio del linguaggio cinematografico era ciò che mi interessava di più, però
bene o male anche l'aspetto storico è stato tenuto presente. Comunque mi rendo conto che nel
contesto dell'odierna giornata di studio lavori come questo possano risultare quanto meno poco
ortodossi. Anche Gestri la penserebbe così, una volta sono andato a casa sua e gli ho fatto
vedere la cassetta al videoregistratore: per poco non mi buttava fuori di casa.
12. Conclusioni (?)
Finalmente arrivo ad una sorta di conclusione. Come avete notato e
come ho già avuto modo di ricordare, questi lavori di cui ho mostrato qui alcuni brevi
frammenti non nascono quasi mai da progetti didattici strutturati, ma da occasioni e spunti più
empirici e vorrei dire effimeri. Quindi è molto imbarazzante venire qui a spacciarli per
esperienze didattiche esemplari, soprattutto quando si parla di storia, di ricerca storica e di
riflessione sulla memoria; potrei forse essere più ambizioso se il discorso riguardasse in modo
specifico il rapporto tra didattica e linguaggio delle immagini in movimento.
Si tratta di piccoli momenti in cui, in vario modo, la storia si presenta ai ragazzi in un modo
comunque diverso dalle pagine del manuale, in cui l'approccio può essere meno ufficiale e
canonico. Forse qualche volta si ottengono dei corti circuiti positivi, magari molte volte questo
non succede. Se mi chiedete un monitoraggio scientifico e invalsesco (ma preferirei non
valermene) non so che dirvi. Questi prodotti sembrano piuttosto, e forse sono, solo dei pezzi,
dei frammenti di immagini e suoni in cui conta di più la dimensione emotivo-estetica (non
perché sono belli!), e in cui il rapporto dei ragazzi con l'uso e la produzione di immagini può
essere proposto attraverso un atteggiamento in qualche modo emotivamente coinvolgente, più
accogliente e affettuoso.