L`Europa dei mille colori Europa, nella mitologia greca

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L`Europa dei mille colori Europa, nella mitologia greca
L'Europa dei mille colori
Europa, nella mitologia greca, era una principessa che divenne, dopo la giovinezza, la
prima regina di Creta. L'origine e il significato del suo nome hanno avuto nel tempo
diverse interpretazioni. Secondo una scuola di pensiero questo nome è formato da due
parole, un aggettivo e un sostantivo: "ampio" e "occhio". Questi due termini hanno assunto
quindi il valore di "ampio sguardo", "grande veduta".
Sebbene esista da secoli il concetto geografico di Europa, solo recentemente si è iniziato
a immaginare l'Europa come unione di popoli, di nazioni. Si è iniziato quindi, soprattutto
negli ultimi anni, ad adoperare la parola "unione" accompagnandola all'aggettivo
"europea", binomio sempre più utilizzato nei quotidiani o nei notiziari di vario genere. La
prima idea di Unione Europea, seppur in forma embrionale e con appellativi diversi, è
nata circa settant'anni fa. Erano anni caratterizzati dalla "disunione", causata da una delle
guerre più sanguinose che l'uomo abbia mai creato, la Seconda guerra mondiale. In uno
scenario in cui dominava la morte, la povertà, la sfiducia, alcune potenze decisero di
avviare un processo di riconciliazione, creando un'unione destinata a durare negli anni.
La parola "unione" richiama a un legame forte e indissolubile. Si uniscono in matrimonio
due persone che si amano, scambiandosi gli anelli, simboli che ricordano - con la loro
forma circolare - quell'unione indispensabile per convivere in pace, rispettando i diritti e
ricordando i doveri di tutti. È una parola che richiama inoltre a fatti storici - nazionali e non
- come l'unificazione dell'Italia sotto un unico regno: da tanti piccoli stati, rivali e distanti
culturalmente, si decise di creare una potenza più solida, unendo tutti i piccoli regni
preunitari sotto un'unica corona.
Nata principalmente per motivi economici, l'Unione Europea con il passare degli anni,
oltre ad accogliere sempre più stati, si è prefissa un altro obiettivo: accogliere e proteggere
i diritti di tutti. I diritti economici, lavorativi, ma anche e soprattutto umani.
Sono in molti a sostenere che, in questo lasso di tempo, l'UE non abbia saputo
salvaguardare i diritti dei suoi abitanti. Altrettanti pensano che questa stia diventando
sempre di più un'Europa delle banche, sempre più indifferente ai reali problemi che
gravano sulle vite dei cittadini. E in un periodo come questo, in cui l'antipolitica diventa un
sentimento sempre più forte e radicato, è importante che tutti, dai più giovani ai più
esperti, rivendichino il loro diritto di esseri razionali e pensanti ed esprimano la loro
opinione, facendo sentire a piena voce quale è l'Europa che vorrebbero.
L'Europa che vorrei è un'Europa in cui la parola "unione" sia più vera, più concreta. Vorrei
un'Europa di tutti, in cui il Trattato di Schengen (il quale abolisce le frontiere interne
dell'UE) sia un punto di partenza, non di arrivo. Muoversi liberamente all'interno di un
vasto territorio (che storicamente e politicamente ci insegna essere la culla di una
comunità che convive da anni) è stata una conquista fondamentale per noi cittadini
europei. L'Europa che vorrei dovrebbe essere, però, più libera da barriere e ostacoli che,
purtroppo ancora oggi, scoraggiano tanti giovani impedendo loro di realizzare i loro sogni
di studenti e/o lavoratori, a causa di una burocrazia troppo lunga e difficile. La parola
stessa, "unione", ci dovrebbe ricordare che un popolo, una società, una comunità, sono
davvero uniti solo se a tutti coloro che ne fanno parte sono garantiti gli stessi diritti e sono
imposti gli stessi doveri. Il Trattato di Schengen ha permesso all'Europa di crescere
economicamente, ma soprattutto culturalmente. Permettere a tutti i cittadini di viaggiare e
muoversi liberamente rappresenta un gradino in più verso l'uguaglianza, poiché abolisce
parte di quelle differenze che, tutt'oggi, fanno sì che esistano cittadini di serie A e cittadini
di serie B. L'abolizione delle frontiere interne rappresenta inoltre un fattore importantissimo
e determinante per la circolazione della cultura, dello scambio di idee, di valori. Abolire il
macigno che un tempo rendeva più difficile il contatto tra i popoli permette che l'Unione
Europea non diventi uno stagno sterile, ma un campo fertile in cui far crescere nuove idee,
nuovi sogni e ricchezza economica e culturale.
È importante però che i confini europei vengano resi più accessibili anche a coloro che
non fanno parte dell'Unione Europea, soprattutto se sono persone che fuggono da guerre,
torture, persecuzioni. Sarebbe importante organizzare un sistema di accoglienza più
efficiente e responsabile. L'Unione Europea, in quanto unione di popoli, non dovrebbe
abbandonare nessuno dei suoi membri nella difficile e importante gestione
dell'accoglienza. L'Europa che vorrei, quindi, dovrebbe curarsi maggiormente dei problemi
che i singoli stati (soprattutto quelli che si affacciano sul Mediterraneo) affrontano
nell'accogliere vite umane in fuga dai loro paesi natii. Se la libera circolazione dei cittadini
dell'UE è importante per la nostra cultura, è altrettanto importante permettere a tutti di
progettare un futuro migliore e dignitoso. È in questi momenti che entra in gioco l'ampio
sguardo della nostra Europa, la capacità di agire per garantire il bene di tutti.
L'espressione "ampio sguardo" veniva usata in passato anche per indicare la divinità
Grande Madre. L'Unione Europea non è altro che una madre, che deve occuparsi di tutti i
suoi figli, i suoi stati, e di tutti coloro che ne hanno bisogno nei momenti più difficili. Per
questo tutti noi che facciamo parte di questa duratura comunità abbiamo il dovere di
aiutare i nostri vicini nel momento del bisogno, senza voltare loro le spalle ma agendo con
solidarietà e fratellanza.
L'Europa che vorrei deve dare a tutti gli uomini e a tutte le donne l'opportunità di fare ciò
che, secondo il filosofo Karl Marx, rende uomini gli uomini: lavorare.
Il lavoro è il diritto più importante , quello su cui l'Europa che vorrei dovrebbe basarsi.
Stiamo vivendo un periodo di forte crisi economica, e questo diritto, fondamento della
Costituzione italiana, sta venendo meno. Togliendo agli uomini il diritto di lavorare, si
toglie loro la dignità. Un popolo senza dignità è un popolo destinato a soccombere.
L'Europa che vorrei è più attenta ai diritti di tutti: il diritto al lavoro, come già detto
precedentemente, ma anche tutti gli altri diritti che incidono sulla vita privata e non dei
singoli. Penso, per esempio, al diritto di amare liberamente, senza discriminazioni
giuridiche nei confronti di persone con diversi orientamenti sessuali. In ogni paese
europeo tutti i cittadini dovrebbero essere liberi di amare chi vogliono, indipendentemente
dal loro orientamento sessuale. E nessun cittadino europeo dovrebbe essere punito o
perseguitato perché appartenente alla comunità LGBT. Ogni stato dovrebbe eliminare
ogni forma di discriminazione e, quando questo non avviene, l'Europa dovrebbe garantire
che l'uguaglianza venga rispettata intervenendo con sanzioni o moniti.
L'Europa che vorrei è un grande ponte, sostenuto da possenti pilastri, in grado di unire
popoli, culture, lingue, genti lontane e vicine. È un ponte che protegge la vita, che rende il
mare una distesa d’acqua e non più un cimitero. Un arcobaleno in cui ogni colore è un
diritto garantito a tutti.
"Building Bridges" era lo slogan dell'Eurovision Song Contest 2015, manifestazione canora
che, una volta all'anno, unisce i popoli europei.
Per un'Europa migliore dobbiamo costruire dei ponti, non abbatterli!
Fabio Piu