Archiloco, fr. 4 West2

Transcript

Archiloco, fr. 4 West2
Archiloco, fr. 4 West2
Fausto Montana
...
Dài, muoviti con la brocca fra i banchi della nave veloce
e leva i coperchi agli orci capienti,
attingi vino rosso, sino alla feccia: perché noi di sicuro
non potremo restar senza bere durante la veglia.
5
Introduzione
I vv. 5-8 di questo frammento elegiaco sono citati da Ateneo (II-III secolo d.C.) nella sua opera
miscellanea Deipnosofisti (I sapienti a banchetto), nell'ambito di una discussione sulle
caratteristiche del kw/qwn, un recipiente utilizzato tra l'altro dai soldati spartani per attingere acqua
(cfr. Plutarco, Vita di Licurgo 9, 4-5). Ecco come Ateneo introduce la citazione (XI 483D):
mnhmoneu/ei au)tou= (scil. tou= kw/qwnov) kai\ )Arxi/loxov e)n )Elegei/oiv w(v pothri/ou ou#twv:
a)ll)a1ge ktl., «del kothon fa menzione anche Archiloco nelle Elegie come di una coppa per bere,
con questi versi: "Dài, ecc."». L'idea di Ateneo, di illustrare questo uso militare del kw/ q wn
proponendone un'attestazione sicuramente famosa ai suoi tempi, è emblematica di un modo di
procedere degli eruditi greci, che ricorrevano spesso alla testimonianza della tradizione letteraria,
offrendo oggi anche a noi l'opportunità di conoscere frammenti della poesia lirica arcaica che
altrimenti sarebbero perduti per sempre. A riprova del valore della citazione di Ateneo (e della
cosidetta tradizione indiretta in genere) si deve osservare come il fortunato ritrovamento e la
pubblicazione nel 1908 di un frammento di papiro proveniente da Ossirinco, in Egitto, e contenente
brandelli di questa elegia archilochea, abbiano contribuito solo in piccola parte ad ampliare la nostra
conoscenza del componimento. Dal papiro ricaviamo che i versi riportati da Ateneo erano preceduti da
altri due distici: ma di quei primi quattro versi, come anche dei seguenti, il testimone papiraceo
conserva soltanto poche lettere o parole iniziali, che non aggiungono granché alla nostra possibilità di
comprensione del testo superstite.
Fonti
Papiro di Ossirinco 854 (vv. 1-8);
Ateneo, Deipnosofisti XI 483D (vv. 5-8).
Metro
Distici elegiaci.
Il distico elegiaco è una breve strofe epodica (formata cioè da un verso più lungo seguito da un verso
più breve) di tipo recitativo, costituita da un esametro dattilico e da un cosiddetto "pentametro" (alcuni
metricologi moderni preferiscono la denominazione di "elegiaco"):
esametro:
¯˘˘¯˘˘¯˘˘¯˘˘¯˘˘¯¯
(= 6 piedi dattilici ¯ ˘ ˘)
¯ ˘ ˘ ¯ ˘ ˘ ¯ || ¯ ˘ ˘ ¯ ˘ ˘ ¯
(= 6 piedi dattilici ¯ ˘ ˘, il terzo e il sesto dei quali catalettici, mancanti cioè di una sillaba)
pentametro:
Quasi in ogni sede dei due versi, è possibile la sostituzione delle due silabe brevi contigue con una
sillaba lunga.
Testo greco
fra[
ceinoi.[
dei=pnon d 0 ou[
ou1t ) e0moi\ wsai=[
a)ll ) a1ge su\n kw/qwni qoh=v dia\ se/lmata neo\v
foi/ta kai\ koi/lwn pw/mat ) a1felke ka/dwn,
a1grei d ) oi]non e)ruqro\n a)po\ trugo/v: ou)de\ ga\r h(mei=v
nhfe/men e)n fulakh=| th=d| e dunhso/meqa.
5
Note al testo greco
2 fra[: si è ipotizzato fra/zeo, «considera», «rifletti», imperativo in principio di discorso e di verso,
secondo un uso già omerico (ad esempio Iliade V 440).
3-4 c e i n o i . . . d e i =p n o n : tracce lessicali utili a ricostruire che nella prima parte del componimento si
parlava di un banchetto. La presenza di una o due negazioni (ou, ou!t0) ha indotto alcuni interpreti a
supporre che nei primi versi il poeta si soffermasse sulla frugalità del pasto offerto agli ospiti o
all'ospite (qualcosa del tipo: «non v'è di che mangiare né per te né per me»), preparando così l'invito
a consolarsi con l'abbondanza del vino. cei=noi, oppure cei=ne, è la forma ionica corrispondente
all'attico ce/n-.
0 l 0 a!ge: tipico nesso esortativo o di comando, di uso epico: cfr. il fermo invito rivolto da Atena
6 al
ad Achille, perché non trasformi la lite con Agamennone in uno scontro cruento, in Iliade I 210: a0ll 0
a!ge lh=g 0 e!ridoj, «su, poni fine al litigio». kw/qwni: il termine kw/qwn, di attestazione piuttosto rara
e comunque estraneo alla tradizione epica, indicava vari tipi di recipiente; qui Archiloco deve riferirsi
in particolare a una coppa di grosse dimensioni, impiegata per bere soprattutto dai soldati spartani.
L'invito ad attingere dall'orcio direttamente con il kw/qwn va inteso come richiesta di essere servito in
fretta e alla buona di vino schietto, senza l'utilizzo delle stoviglie consuete: il krath/r, il grande
recipiente in cui il vino era miscelato con acqua, e la brocca da vino o oi0noxo/h, normalmente
impiegata per mescere ai commensali. q o h =j . . . n h o / j : l'epiteto qoo/j, in unione con nau=j, sembra
mantenere qui il caratteristico valore puramente esornativo che ha nella poesia epica, ad esempio in
Iliade XV 391 tei/xeoj a0mfema/xonto qoa/wn e!ktoqi nhw=n, «(Achei e Troiani) combattevano
intorno al muro, lontano dalle navi veloci». nho/j è genitivo ionico, da cui deriva, per metatesi
quantitativa, l'attico new/j. se/lmata: i «banchi» su cui sedevano i rematori, allineati sul ponte della
nave. Il vocabolo e l'immagine sono di uso prevalentemente poetico e spesso vengono ripresi in
tragedia. C'è chi intende dia\ se/lmata foi/ta come un comando a servire il vino ai rematori seduti ai
banchi, con inversione dell'ordine delle azioni (servi il vino; stappa gli orci e attingi il vino); ma
sembra preferibile mantenere la successione logica delle azioni e intendere l'espressione nel senso di
«attraversa il ponte (fino agli orci)».
7 foi/ta: da foita/w, nonostante lo ionico preferisca di solito la forma in -e/w. Verbo ricorrente nella
lingua epica per esprimere l'andare su e giù in fretta o nervosamente, con preoccupazione. Cfr.
Odissea XII 420, dove Odisseo racconta come, dopo l'empia uccisione delle vacche del Sole da parte
dei suoi compagni, per punirli Zeus scatenò una spaventosa tempesta marina: au0ta\r e0gw\ dia\ nho\j
e0foi/twn, «io andavo su e giù per la nave» (nel disperato tentativo di governarla nella tempesta).
k o i / l w n -kk a / d w n : da notare l'allitterazione e l'omoteleuto dell'attributo e del sostantivo, uniti dalla
posizione in clausola dei due hemiepe del pentametro. Per l'espressione cfr. Esiodo, Opere 94 pi/qou
me/ga pw=m0 a0felou=sa, «dopo che (Pandora) ebbe tolto il gran coperchio dall'orcio». Il ka/doj era
una grossa anfora per liquidi, assai capiente (come misura di capacità, ad Atene corrispondeva a quasi
40 litri). pw=ma è attestato nell'epica omerica nel significato di «coperchio» di cofano o cassa, ma qui
è da intendere come «tappo (fatto di sughero)». a ! f e l k e : «strappa via», con voluta connotazione
violenta del gesto.
8 a ! g r e i : da a0 g re/ w , «assalire (per catturare)», «afferrare», talvolta usato in contesto militare
(Eschilo, Agamennone 126-127 xro/nw| me\n a0grei= Pria/mou po/lin a#de ke/leuqoj, «un giorno
questa spedizione conquisterà la città di Priamo») e connesso etimologicamente con a!gra, «caccia»:
cfr. Saffo, fr. 31, 14 Voigt tro/moj de\ pai=san a!grei, «un tremito tutta mi prende». Al pari del
precedente a!felke, anche questo verbo connota come aggressivo il gesto comandato al servo. oi}non
e 0r u q r o / n : nesso epico formulare, ricorrente nell'Odissea (ad esempio V 565); in Iliade XIX 38
l'attributo qualifica il nettare, cibo degli dèi. a 0p o \ t r u g o / j : sono possibili due interpretazioni
alternative: 1) il coppiere deve attingere «dalla feccia»: o perché gli orci sono ormai quasi a secco, o
perché il continuo rollare della nave impedisce il deposito delle impurità del vino sul fondo degli orci;
2) l'azione deve essere compiuta «(separando il vino) dalla feccia»: un accorgimento facilitato, a
quanto pare, proprio dalla forma del kw/qwn militare. Accanto al significato di «feccia», altrove tru/c
ha anche quello di «mosto», come ad esempio in Anacreonte, fr. 352, 2 Page tru/ga pi/nei melihde/a,
«beve mosto dolce come miele». o u 0d e \ g a \r h 9m e i =j : enjambement. Il carattere frammentario del
componimento non consente di stabilire con certezza il valore di ou0de/. Con il testo a disposizione, si
può pensare che la negazione non abbia funzione correlativa, ma, in unione con ga/r, enfatica: «una
cosa è certa: non ...». Vi è inoltre la possibilità che la negazione implichi un riferimento ai rematori
seduti ai banchi, o ancora che sia in correlazione con ou!te del v. 5 o con un altro ou0de/ caduto in
lacuna.
9 n h f e / m e n : questa è l'unica occorrenza, nei frammenti noti di Archiloco, di un infinito in -e/men,
forma eolica di largo uso epico. Meglio intenderlo nel senso moderato di «astenersi dal vino», più che
«non ubriacarsi». f ulak h |:= «turno di guardia», come il latino vigilia. Ma si è anche inteso il termine
nel senso più generico di «veglia», perché è parso inadatto a una situazione di guardia notturna
l'invito a non restare sobri. Quest'ultima difficoltà viene superata assegnando a nhfe/men, come si è
detto, il significato di «astenersi dal vino».
10 d u n h s o / m e q a : il verbo esprime la capacità naturale, intrinseca, innata; dunque il senso
dell'espressione è «non ci riuscirà di ...».
Guida alla lettura
La lacunosità del componimento è all'origine della varietà d'interpretazioni proposte dai moderni.
Vediamo i dati oggettivi. Nei vv. 1-4 erano menzionati uno o più «ospiti» (cei=n 0 oppure cei=noi) e un
«pasto» (dei=pnon); la voce parlante faceva riferimento alla propria persona in contesto negativo (ou!t 0
e0moi/). Ai vv. 5-8, citati da Ateneo, la medesima voce invita qualcuno a percorrere il ponte della nave,
attraverso i banchi dei rematori (se/lmata), per andare ad attingere vino dagli orci e mescerlo ai
presenti (h9mei=j), cosicché questi bevano durante la veglia (e0n fulakh=)| .
Sembra fuori discussione che il componimento descrivesse un pasto (forse particolarmente sobrio o
scarno, data la sede) e il successivo simposio, su una nave ancorata in rada o in navigazione. La
critica è però divisa nell'interpretare la situazione descritta come fantasia allegorica dietro cui si
celerebbe un banchetto reale (i se/lmata sarebbero i letti su cui sono distesi i commensali, la fulakh/
sarebbe la veglia notturna del simposio) o, invece, come rappresentazione di un simposio
improvvisato durante un momento di vita militare (se/lmata e fulakh/ avrebbero allora il significato
proprio di «banchi dei rematori» e di «turno di guardia»). La seconda lettura del frammento sembra la
più appropriata, in considerazione del fatto che la simulazione di situazioni reali, in particolare di
momenti della rude vita dei soldati, è un tratto tipico della poesia archilochea e risponde alle
caratteristiche tematiche della lirica simposiale in genere.
Secondo un'ipotesi avanzata da Bruno Gentili e più volte ripresa da altri, questo frammento sarebbe
da unire al fr. 2 West2, che ne rappresenterebbe la conclusione:
E
) n dori\ me/n moi ma=za memagme/nh, e)n dori\ d ) oi]nov
I) smariko/v: pi/nw d ) e)n dori\ keklime/nov.
L'ipotesi presuppone che, nel fr. 2, e0n dori/ venga inteso non «sulla lancia», ma «sul legno», cioè
«sul ponte (della nave)»; inoltre, sembra trovare conferma in un passo del poeta ellenistico Teocrito.
Questi, nelle Talisie (Idilli 7, 63-70), fa descrivere al poeta-pastore Licida una tipica situazione
simposiale: to\n Pteleatiko\n oi}non a0po\ krath=roj a0fucw= / pa\r puri\ keklime/noj ... / kai\
pi/omai ... / ... e0j tru/ga xei=loj e0rei/dwn, «attingerò dal cratere vino di Ptelea, / sdraiato accanto al
fuoco ... / e berrò ... / ... premendo il labbro sino alla feccia». Le azioni descritte e le espressioni
utilizzate da Teocrito riecheggiano chiaramente quelle impiegate da Archiloco nei due frammenti.
Tuttavia si deve osservare che, da un lato, l'interpretazione di e0n dori/ come «sul legno» non è esente
da obiezioni e, dall'altro, che l'imitazione di Teocrito non comporta necessariamente che egli avesse in
mente un unico componimento archilocheo: è anche possibile che il poeta ellenistico volesse
riecheggiare situazioni e stilemi caratteristici del repertorio di Archiloco. Altri hanno creduto di
riconoscere una prova dell'unione dei due frammenti nella comune concentrazione di allitterazioni e
assonanze: ma questo pare un tratto stilistico tipico della lirica arcaica e della sensibilità poetica di
Archiloco, piuttosto che la scelta espressiva esclusiva di un solo componimento.