Interview with Bruno Bottai - Historical Archives of the European

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Interview with Bruno Bottai - Historical Archives of the European
Interview with
Bruno Bottai
Interview by
M. G. Melchionni
Roma 17/02/1998
Voices on Europe collection
Bruno Bottai
Cassetta 1, inizio lato A
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Maria Grazia Melch;onn; : :E il 17 febbraio 1998, ci troviamo l' Ambasciatore Bruno Bottai ed io
Maria Grazia Melchionni nella sede della Societa per la Storia Orale per raccogliere il racconto della
sua partecipazione alIa costruzione europea per conto del Programma di Storia Orale della
Commissione.
:E d'accordo Ambasciatore a registrare la conversazione?
Bruno Botta; : Assolutamente, anzi sono molto interessato.
MG.M : La ringrazio. Ambasciatore, Ella e entrata in carriera nel gennaio del 1955, proprio presso
la Direzione generale Affari economici, l'Ufficio VII. Di che cosa si occupava esattamente questa
Ufficio e chi erano i diplomatici con i quali si e trovato a svolgere il suo apprendistato ?
B. B. : Se mi consente faccio una piccola premessa. Per un giovane laureato che affiontava il
Concorso, la grande novita di quegli anni, molto incoraggiante, era il processo di costruzione
europea. Sembrava una novita naturale, dal momenta che I'Europa aveva vissuto la spaventosa
guerra mondiale dalla quale tutti erano usciti sconfitti, comprese Francia e Inghilterra. La
dissoluzione dell'impero britannica era, infatti, cominciata immediatamente e Ia Francia ebbe subito
guai in Vietnam proseguiti poi in Algeria. Vi era inoltre una Unione Sovietica minacciosa che nel
decennio precedente aveva fatto fuori ogni barlume di liberta e democrazia nei paesi satelliti.
L'Europa unita, per un giovane che voleva essere costruttivo, sembrava l'unica grande speranza. Ho
10 stesso giudizio oggi con gli occhi di 50 anni dopo.
Quando entrai in carriera fui affidato ad una Direzione, quella della Cooperazione Intemazionale,
che, a seguito di quei rimaneggiamenti puramente formali che si fanno al Ministero di tanto in tanto,
smise presto di vivere e fu suddivisa fra i Politici e gli Economici.
L'Ufficio economico, che era il mio, si occupava anche delle trattative che avrebbero portato aIle
Comunita, dell'OECE e di quanta economico e multilaterale vi fosse nella NATO.
Una delle matrici fondamentali della Comunita europea e la cooperazione fra europei favorita dagli
Stati Uniti. II Piano Marshall e 10 stesso modo di concepire I'Alleanza Atlantica furono un grande
incentivo ad un coordinamento fra gli europei, dal quale non era esente l'invito a coraggiosi passi
ulteriori.:E una America molto generosa e democratica quella che sta di fronte all'Europa in rovina.
Fin dall'inizio entrai in contatto con questa mondo.
M G.M : Era ancora Antonio Venturini che si occupava delle cose atlantiche ?
B.B. : Non pili, non ho conosciuto subito [Antonio] Venturini. Del resto nell'ufficio che ho detto
sono stato solo un anna perche allora la regola era molto precisa: dopo un anna al Ministero, si
doveva partire per un Consolato. L'unica conoscenza importante, per me deterrninante, che feci in
quell'anno, fu quella del mio Direttore generale Attilio Cattani. A questa conoscenza devo di essere
andato tre anni dopo a Bruxelles. Questo e il vero capitolo dal quale comincia la mia partecipazione
di giovane alIa costruzione europea.
M G.M : Dove [Attilio] Cattani era rappresentante permanente ?
B.B. : Si.
M G.M : Quindi e stato il primo rappresentante permanente dell'Italia presso il Mercato Comune e
L'Euratom?
B.B. : E proprio cosi. Noi ragazzi appena entrati a Palazzo Chigi distinguevamo, forse un poco
puerilmente, due specie di diplomatici fra i pili anziani : i multilateralisti, di cui [Attilio] Cattani era
certamente il piu rilevante, ed i bilateralisti, come Pietro Quaroni. Anche [pietro] Quaroni giudicava
positivamente la costruzione europea rna con disincanto e una vena di scetticismo. Usava una
espressione ironica per quelli che gli sembravano forse troppo assertivi: "i derlisci urianti
dell'europeismo". Era molto, forse troppo, realista.
[Attilio] Cattani era una personalita diversa dai diplomatici suoi coetanei. Si distingueva da essi, era
piu concreto, forse grazie alIa sua Iunga esperienza nel Piano Marshall e all'OECE. Era stato
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Direttore generale degli Affari economici, prima nostro rappresentante appunto presso l'OECE a
Parigi. Era un uomo per nulla retorico e salottiero, abbastanza diverso dalla maggior parte dei suoi
coetanei anche per caratteristiche minori: una grande sobrieta, niente fronzoli.
M G.M : Quali altri erano allora i multilateralisti di spicco ?
B.B. : Indubbiamente Roberto Ducci, Franco Bobba, Cesidio Guazzaroni, [Antonio] Venturini,
Giorgio Frascani de Vettor Bombassei. Alcuni posso scordarli, non Ii ho conosciuti tutti bene.
M G.M : Vittorio Zoppi era ancora Segretario generale ?
B.B. : No, forse 10 fu per qualche mese, poi gli successe Alberto Rossi Longhi.
M G.M : E di [Alberto] Rossi Longhi e di [Vittorio] Zoppi cosa dice?
B.B. : Credo di non averli conosciuti. Forse Ii ho visti. Fra l'altro il mio ufficio non si trovava a
Palazzo Chigi - il Ministero era sparso per Roma - rna a Villa Lubin e avevo menD occasioni degli
altri di incontrarli.
MG.M : [Attilio] Cattani la chiama a Bruxelles, all'epoca del demarrage ..
B.B. : Se mi permette, faccio un'altra premessa. Nel gennaio 1956 fui mandato a Tunisi a fare il mio
adempimento consolare. La Tunisia era ancora sotto protettorato francese e nell'arco dei miei due
anni e quattro mesi ho assistito alle dure ripercussioni che vi aveva la guerra d'Algeria. Ho visto la
fine del protettorato: i francesi tentarono fino all'ultimo di mantenere alcuni aspetti - un certo
controllo dei rapporti con l'estero - rna non vi riuscirono. Leggevo sui giomali Ie vicende del
negoziato europeo, e vissi la fine dolorosa della Francia come potenza coloniale. Parlare dell'Algeria
soltanto come di una guerra coloniale e peraltro inesatto. I dipartimenti lungo la costa africana erano
francesi non solo formalmente. La Francia vi si era insediata dal 1830. Si tratto veramente di un
dechirement terribile per Parigi, che appariva come una lezione per tutta I'Europa: nessun paese
poteva ormai intraprendere una strada per conto proprio.
Lasciai la Tunisia il 12 maggio del 1958, il giomo prima del eolpo di state che porto rapidamente
Charles de Gaulle al potere. Pur con la mia scarsa esperienza di giovane diplomatieo, ero
assolutamente convinto che Parigi si trovasse sull'orlo di un profondo cambiamento perche il dramma
che si svolgeva in Algeria aveva ormai fortissime ripercussioni emotive interne.
M G.M : Ho trovato tracce di una reazione come la sua nel diario di Gregoire Gafencu. Da Parigi,
in quegli anni, segue quotidianamente l'agonia della Francia imperiale e contrappone a quest'epilogo
la nascita del disegno europeo come unica prospettiva di salvezza da un effondrement generale. La
percezione degli avvenimenti era quella.
B.B. : Prima di arrivare a Bruxelles, vorrei anche ricordare qualche aspetto familiare. Anche Ie
vicende di mio padre mi portarono con passione alIa scelta europea. Mio padre, rientrato dalla
legione straniera, dopo un'esperienza di vita cosi complessa nel fascismo, era profondamente
europeista. C'era un background cultural-familiare favorevole. Nell'estate del 1940, in quella curiosa
estate dopo l' arrnistizio francese e quando la guerra conobbe come una specie di pausa in Africa del
Nord e in Europa, mio padre porto personalmente a Benito Mussolini un lungo documento in cui
sosteneva la necessita di proporre un disegno europeo per i vincitori e per i vinti.
M G.M : Questo in che periodo ?
B.B. : Nell 'estate del 1940, dopo la nostra entrata in guerra e prima di quella maledetta contro la
Grecia.
M G.M : Lei ha questa documento ?
B.B. : E negli archivi, nellibro di Renzo De Felice 10 si trova indicato.
M G.M : Ci sono molte tracce di un pensiero europeo che si e sviluppato prima e durante la guerra
in vari ambienti della resistenza e non. Non e un disegno completo quello che e stato tracciato, per
cui tutte queste tracce vanno aneora rielaborate. Lei ha avuto occasione di toccare nelle
conversazioni con suo padre, dopo il ritomo dalla legione straniera, il tema europeo ?
B.B. : Si spesso, rna ovviamente non in maniera sistematica. Mio padre venne due volte in Tunisia e
fu felice della mia andata a Bruxelles. Tra l' altro eonosceva [Attilio] Cattani. Si erano incontrati e
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stimati alIa fine degli anni '20 in Grecia. Mio padre c'era andato come Ministro; [Attilio] Cattani era
un giovane Segretario di Ambasciata. Fu molto contento che rni avesse scelto.
A Bruxelles all'inizio eravamo solo in quattro diplomatici alla rappresentanza: il Rappresentante
permanente, il vice - Giulio Pascucci Righi -, un primo - Guglielmo Folchi - ed un secondo
Segretario - appunto io -. Ho avuto la fortuna di essere il pili giovane in questa piccola equipe, che
molto rapidamente crebbe. Oggi e diventato un Ministero, rna gia tre anni e mezzo dopo il rnio arrivo
i funzionari erano saliti a dieci.
M G.M : Mi interessa una cosa dell' atteggiamento di suo padre su questa tema. Ho notato che in
molti personaggi del periodo immediatamente successivo alIa guerra e nello stesso Alcide De
Gasperi, il disegno europeo viene visto come una garanzia per il futuro delle istituzione democratiche
italiane.
. B.B. : Capisco benissimo che [AlcAde] De Gasperi 10 vedesse cosio Ovviamente non posso dire la
stessa cosa di rnio padre ... dato il suo curriculum politico, sarebbe una forzatura. Ma se si fa un
discorso pili generale, anche per rnio padre l'inquadramento europeo era positivo e ad esso I'Italia
era predisposta dall'universalismo che caratterizza la sua cultura.
MG.M : Anche in Jean Monnet c'e questa componente e ne ho trovato delle tracce nel suo libro.
L'Europa non era uscita dall'Ancien Regime al terrnine della prima guerra mondiale. Le dittature
erano state una risposta al problema di gestire Ie societa di massa in un quadro ancora
profondamente arretrato. Allora ecco che il disegno europeo per [Jean] Monnet e un metodo per
gestire democraticamente delle societa di massa in un quadro di sviluppo econornico. Tutto questa
secondo me era molto percepito.
B.B. : Su quello che dice non c'e dubbio. Mio padre era arnico di un antifascista che era state in
carcere ove aveva letto la sua rivista Critica Fascista. Mi riferisco a Piero Malvestiti. Quando andai
a Parigi, era diventato vice-Presidente della Comrnissione , Presidente era Walter Hallstein. [Piero]
Malvestiti chiamo rnio padre ed espresse il desiderio (non ne sapevo nulla, ero ancora a Tunisi) che
partecipassi al suo gabinetto. Mio padre chiamo [Attilio] Cattani, il quale 10 sconsiglio di mandarrni.
Secondo lui, in un Gabinetto non avrei imparato niente: molto meglio fare l'apprendistato alla
rappresentanza. Mio padre fu subito d'accordo.
Arrivai a Bruxelles alIa fine di maggio del 1958. La rappresentanza, teoricamente, esisteva dal 1
genoaio, rna era ancora in piena fase di sistemazione. [Attilio] Cattani ne inizio subito una guida forte
e personalizzata.
Furono anche Ie circostanze pratiche della vita a rendere straordinario il primo periodo. Bruxelles
era una citta in risveglio. C'era I'Expo che Ie conferiva una nota intemazionale e decine di funzionari
accampati. Ci vollero mesi per sistemare uffici ed abitazioni. [Attilio] Cattani, [Giulio] Pascucci
Righi, [Guglielmo] Folchi ed io, vivevamo praticamente insieme. Era un continuo scambio di
impressioni sull'esperienza che stavamo vivendo.
I Trattati di Roma e l'idea di sovranazionalita erano nuovi, e la loro applicazione ancora di pili. Gli
articoli di un trattato non dicono mai esattamente cosa sara la realta che sta per nascere. [Walter]
Hallstein, il primo Presidente della Comrnissione, personalita di grande rilievo politico, difficile dal
punta di vista caratteriale, cerco di collocare la Comrnissione - forse fu anche un errore - al livello
dei Capi di stato e di govemo. n COREPER, alle cui sedute partecipavo e di cui [Attilio] Cattani era
il membro italiano, avrebbe voluto avere come interlocutrice la Comrnissione. Ma [Walter] Hallstein
10 considerava ad un livello inferiore. Secondo lui la Comrnissione doveva parlare con i governi: al
COREPER si faceva rappresentare dai direttori generali. Le cose poi cambiarono.
M G.M : Quando cornincio a funzionare il COREPER ?
B.B. : Subito. Quando sono arrivato eravamo al penultimo mese della Presidenza belga. Ci si
riuniva ancora a Val Duchesse, sede molto romantica rna piccola e disadatta.
M G.M : I capi delle altre Rappresentanze avevano esperienze di diplomazia multilateraIe, erano
stati alI'OECE. Nel COREPER c'era questa atmosfera di complicita che aveva favorito Ie iniziative ?
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B.B. : Direi di si. Ricordo Jean-Charles Snoy et d'Oppuers, primo rappresentante belga, persona
certamente di grande livello. Ancora Carl Friedrich Ophiils, primo rappresentante tedesco. Non
ricordo il primo rappresentante francese, sono cambiati spesso anche in base alle circostanze
politiche della Francia.
MG.M : Bene, c'era un clima effervescente. Ricorda il ruolo di Emile Noel in questi anni di mise
en place delle istituzioni ? Era gia evidente ?
BB. : Certo, e 10 e diventato sempre di pili. Quello che fu subito percepibile a Bruxelles fu
l'importanza fondamentale del ruolo dell'Italia fra i sei. Come sappiamo, una delle motivazioni della
Comunita era il superamento del tradizionale dissidio franco-tedesco. Ma fra i due era necessaria la
presenza di un terzo grande.
MG.M : Ecco, questo mi interessa molto.
. B.B. : Uno dei principi, forse allora pili facilmente applicabile che adesso, era l'uguaglianza fra tutti
i paesi membri. Sapevamo perc tutti benissimo che c'era una scala d'importanza, rna il principio
andava rispettato. L'Italia stava conoscendo una delle sue fasi di crescita miracolose. In Francia si
era aperta la fase della decolonizzazione dell' Algeria da parte di [Charles] de Gaulle. La Germania
era ancora assai lacera e divisa. II nostro ruolo di spicco fu subito interpretato da una persona in
modo eccezionale, da Emilio Colombo. II Ministro degli Esteri in quella fase era Antonio Segni, che
non amava vlaggtare.
M G.M : Mandava [Emilio] Colombo ache titolo ?
B.B. : Era Ministro dell'Industria e aveva un titolo sufficiente. Era un uomo molto giovane. Aveva
38 anni. Ebbe rapidamente una chiara percezione di cosa fosse il mondo multilaterale, quindi della
cautela che si doveva avere verso tutte Ie sensibilita, della necessita di non usare la furbizia, di
maturare una visione prudente e leale soprattutto nelle fasi di presidenza che esercito molte volte.
M G.M : La rappresentanza quale interIocutori privilegiati aveva aRoma, oltre al Ministero?
[Emilio] Colombo veniva tenuto regolarmente al corrente come il Ministero, in duplice copia ?
B.B. : Assolutamente, perche era lui che veniva sempre. Altra persona che veniva spesso era Carlo
Russo, in qualita di Sottosegretario.
Personalmente in rappresentanza, mi furono inizialmente assegnate soprattutto Ie questioni
EURATOM. Conobbi quindi bene Etienne Hirsch ed il suo gabinetto composto da Henri Rochereau
e Pierre Duchateau, giovanissimo allora. [Etienne] Hirsch era stato uno dei principali collaboratori di
[Jean] Monnet, che era di Bordeaux e di una famiglia che produceva cognac e aveva intensi rapporti
con l'Inghilterra ove 10 esportava.
M. G.M : Erano meno sistematici dei francesi.
B.B. : Assolutamente, e una caratteristica che spiega alcune cose.
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MG.M : Come si svilupparono i rapporti intorno alIa mise en place di EURATOM?
B.B. : Penso che vi fosse un'ottica un poco sbagliata che collocava non dico in parallelo, rna su un
piano teoricamente egualitario Ie due Comunita.
II settore risenti di molte cose tra cui una particolare influenza negativa da parte di [Charles] de
Gaulle, che aveva in mente I' arma atomica. Anche se i suoi fini erano militari e non pacifici, Ie
interferenze erano evidenti. EURATOM risenti di questa cambiamento di quadro e rapidamente
deluse molte speranze sia per motivi scientifici che politici. Nellavoro quotidiano ebbi via via questa
sensazione di difficolta.
. Accanto ai tanti obiettivi scientifici, c'era il problema della creazione del Centro di ricerca comune e
della cosiddetta Universita europea. Comincio subito il problema della ripartizione delle sedi, vizio
delle Comunita. Per noi intervenne non molto tempo dopo la crisi Ippolito, che fu deterrninante
nell'accentuare Ie difficolta di partecipazione italiana. Poi e venuto il nostro abbandono nucleare. Ma
queste sono cose piu lontane.
MG.M : In che misura c'e un collegamento fra EURATOM e l'Universita europea ?
B.B. : Per una stranezza. Durante i negoziati di Messina aleggiava l'idea di impegnarsi alIa
formazione di una grande Universita europea. Credo che sin da allora chi mostro delle resistenze
furono i francesi, reticenti forse ad imrnaginare una cultura europea che in qualche modo si
sovrapponesse alIa loro.
M G.M : La loro politica culturale e sempre stata molto nazionale.
B.B. : Una clausola che impegnava alIa creazione di un Istituto universitario europeo, sebbene solo
net campo della ricerca nucleare, fini per essere inserita nel Trattato EURATOM. Penso che [Attilio]
Cattani e [Etienne] Hirsch, che consideravo entrambi miei capi, comrnisero un errore di partenza.
Ritennero, con una forzatura, di potere riprendere il discorso piu generale, basandosi sull'articolo del
Trattato EURATOM. Impostarono, velocemente, il negoziato avendo di mira la creazione di
un'Universita grande e completa.
M G.M : Perche avevano questa desiderio ?
B.B. : Che l'Europa si estendesse alIa cultura e ai giovani aveva un grande valore simbolico. Era
chiaro a tutti, peraltro, che la creazione di una grande Universita europea non avrebbe dovuto
appiattire la ricca varieta di cultura dei suoi popoli.
M.G.M : Ma che tipo di Universita avevano in mente?
B.B. : Proprio una Universita con molte Facolta, non post-universitaria come ha finito per essere
l'Istituto di Fiesole. Si voleva inviare un messaggio non tanto alIa cultura europea, quanta ai giovani.
Fu un errore perche dette modo, principalmente ai francesi, di partecipare, si, al negoziato rna di
obiettare circa la base giuridica. In questa lunghissimo negoziato gioco invece subito un molo
importante e positive la candidatura di Firenze per la sede. Firenze e stata sempre un grande simbolo
della cultura italiana. La scelta, infatti, non fu mai contestata. In una delle fasi iniziali anche i francesi
approvarono l'assegnazione della sede a Firenze, rna non ancora la creazione dell'Universita.
M G.M : Poi alIa fine non e una Universita, rna ne hanno fatto una specie di Accademia
multinazionale con aree disciplinari lottizzate fra i diversi paesi. Altiero Spinelli la definisce nel diario
"quella coglioneria pseudoeuropea e pseudofederalista".
RB. : Mi pare che sia generosamente eccessivo. Credo che la Presidenza di [Emile] Noel abbia
parecchio cambiato Ie cose a Fiesole.
MG.M : Ha dato un senso.
B.B. : E riuscito a dare una dimensione piu europea.
MG.M : Ma questa viene dopo. II comrnento di [Altiero] Spinelli e degli anni '70. [Emile] Noel
effettivamente ha molto raddrizzato Ie cose, legando l'Istituto al tempo presente.
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B.B. : L'idea dell'Universita mi consenti una conoscenza diretta di [Etienne] Hirsch. Vi furono
moltissimi incontri per cercare di vararla in quella fase del tutto preliminare, spesso a Firenze. Erano
incontri di piccoli gruppi di studio. [Etienne] Hirsch veniva a vedere gli edifici che erano proposti.
Firenze era un passaporto importante per il progetto, rna anche i fiorentini 10 furono. Era sindaco
Giorgio La Pira, che non era proprio un europeista dassico. Ma era un uomo molto intelligente e si
adopere perche il Comune di Firenze potesse fare tutto quello che poteva per it progetto. Era sempre
molto presente, anche personalmente. Cosi pure il Professor Giovanni Sartori, il Professor Giuseppe
Vedovato ed il Professor Giuliano Toraldo di Francia.
MG.M : Per la scelta della sede dell'Universita non furono avanzate altre candidature?
B.B. : Si, rna velleitarie. In realta Firenze non fu mai discussa, aveva in se qualcosa di unico.
M G.M : La sua carriera la vede poi a Londra.
·B.B. : Vorrei dire ancora qualcosa. In quei anni ci fu una delle prime grosse crisi della Comunita,
quella della sedia vuota.
M G.M : Prima che Lei andasse a Londra.
B.B. : Fu una crisi molto seria. Nacque da un errore di valutazione della Commissione che,
sperando nella disattenzione di [Charles] de Gaulle e della Francia, propose un passaggio nel campo
della politica agricola, diciamo verso una maggiore comunitarizzazione. La Commissione non tenne
nemmeno conto degli interessi materiali degli altri. Ma il Generale coise in qualche modo la palla al
baizo per bacchettare sulle dita la pretesa di indipendenza della Commissione.
M G.M : La Commissione, come pendant di questa perfezionamento della politica agricola,
chiedeva delle cose che erano contro il desiderata di [Charles] de Gaulle.
B.B. : Si, determine una crisi che con la politica agricola aveva in realta poco a che fare. La crisi,
provocata da Parigi, era mirata a ridimensionare la Commissione ed il processo comunitario in
generale.
Pere [Charles] de Gaulle non ha mai pensato a distruggere il meccanismo comunitario, era troppo
realista e capiva che, date Ie dimensioni della Francia, occorreva a tutti, anche a Parigi quantomeno
dal punto di vista economico, una entita pili vasta.
Durante una presidenza italiana esercitata da [Emilio] Colombo, io ero tomato a Roma alia
Segreteria generale con [Attilio] Cattani. Ma seguivo spesso entrambi nei negoziati principali,
andando a Bruxelles 0 a Lussemburgo. Ricordo che la condusione della crisi della sedia vuota
avvenne a Lussemburgo. Per merito di [Emilio] Colombo fu una prudente vittoria comunitaria. Non
ci fu nessun formale ritomo indietro rispetto all'uso del voto a maggioranza, rna si chiuse in pratica
la polemica con Parigi. La dialettica si era concentrata sulla necessita - francese - di sandre, rna non
giuridicamente, soltanto dal punta di vista politico e rispetto ana disputa aperta, il libero giudizio di
ogni govemo su alcuni passi. La Francia conserve la sua opinione, rna anche gli altri riaffermarono la
loro. Si decise di riprendere tranquillamente la vita comunitaria: su questa punto furono i francesi a
fare marcia indietro. Naturalmente si possono vedere Ie cose da destra 0 da sinistra, rna credo che
allara la fine della crisi fu sentita come un alt alIa politica anti-comunitaria di [Charles] de Gaulle.
M. G.M : Anche se it GeneraIe salvo la faccia, come [Walter] Hallstein.
B.B. : Secondo me [Charles] de Gaulle non usci vincitore perche non ottenne quello che voleva.
Negli anni di Roma, sono state anche abbondantemente testimone del negoziato sull'Unione politica.
M G.M : Ho visto tra i documenti pubblicati da Enrico Serra - "I.e raccoltine del Ministero degli
Esteri" - quello relativo ad [Attilio] Cattani.
B.B. : L'atteggiamento dell'Italia nel lunge negoziato Fouchet mirava a tentare di avere con se
anche la Francia del Generale. Si tolleravano alcune ubbie di [Charles] de Gaulle pur di creare un
embrione di Unione della politica estera contentandosi all'inizio anche di poco, a patto di inserire
delle clausole di revisione.
M G.llf. : Questa linea sembra alquanto diversa da quella prevalente in alcuni ambienti politici
italiani ostili a [Charles] de Gaulle. Era una linea che [Attilio] Cattani suggeri al Ministero 0 e
espressione di quello che voleva la Famesina ?
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B.B. : Un Segretario generale e sempre realista e consapevole e rispettoso di cio che il govemo
deve approvare ed it parlamento ratificare. [Attilio] Cattani fomi delle valutazioni molto autorevoli e
acute, rna non fece mai una politica personale. II suo prestigio era notevole e [Antonio] Segni,
Presidente del Consiglio, aveva fiducia in lui. Fino a quando si produsse purtroppo l'episodio che
provoco la rottura tutto ando benino. Si era arrivati ad una bozza di accordo. Questa bozza,
negoziata dal Ministro degli Esteri Maurice Couve de Murville, un gollista convinto, rna fine e di
buona volonta, scontento invece il primo Ministro Michel Debre, che la sottopose, con la propria
denuncia per i suoi contenuti, a suo dire troppo sovranazionali, allo stesso [Charles] de Gaulle.
Quindi [Charles] de Gaulle, spinto da [Michel] Debre, costrinse [Maurice] Couve de Murville e
Christian Fouchet, Presidente francese della Comrnissione per I'Unione politica, a tomare indietro. I
nostri amici francesi furono a disagio perche avevano approvato it documento il giomo prima e il
giomo dopo dovettero rimangiarsi la loro approvazione.
MG.M : Qualcuno ha parlato di tre documenti al Piano..
RB. : Non ho presente un terzo documento in questa momento. Quando si apri la crisi ci furono
dei tentativi di rammendo, che non funzionarono. [Christian] Fouchet, Ambasciatore francese a
Copenaghen ed in contemporanea Presidente della Comrnissione, fu assegnato da [Charles] de
Gaulle ad altri incarichi, e della Comrnissione, designato all'unanimita, divenne Presidente [Attitio]
Cattani.
M G.M : Dove si svolgeva il negoziato, a Parigi ?
B.B. : Si, rna non era obbligatorio. Si svolgeva a Parigi perche [Christian] Fouchet era il Presidente,
rna it negoziato non aveva una sua sede. [Attilio] Cattani divento Presidente in una situazione di
stallo, in quanta la nuova bozza presentata dai francesi aveva suscitato riserve da parte di tutti,
specie olandese e tedesca.
M G.M : E belga con Paul Henri Spaak.
B.B. : Un po' da parte di tutti, anche nostra, anzi massimamente nostra. SuI piano della politica
intema italiana riemerse la tendenza a considerare [Charles] de Gaulle un dittatore, una specie di
Benito Mussolini.
Si confondevano dei modi autorevoli ( quelli di [Charles] de Gaulle) con l'autoritarismo 0 peggio
con la dittatura. All'intemo vi furono fortissime resistenze ad insistere nella ricerca di un'intesa con
Parigi, incentrate in Ugo La Malfa. La liberta di manovra che si lascio ad [Attilio] Cattani fu
pochissima. Tento e fece vari giri in tutte Ie capitali. Fu ricevuto a lunge da [Charles] de Gaulle. Ma
quel minimo che avrebbe consentito di riprendere it negoziato non emerse.
La fine della CED precedette la mia entrata in carriera. Certamente ci si ponevano degli obiettivi
ancora pill importanti, rna it fallimento della Comrnissione Fouchet-Cattani fu un'altra occasione
persa per avviare l'Europa ad avere una consistenza politica, oltre che economica e finanziaria.
M G.M : Devo dire che it Suo pensiero corrisponde a quello di [Roberto] Ducci, quando abbiamo
fatto quel giro di interviste sui Trattati di Roma. Tutti hanno rimpianto il Piano Fouchet come
un'occasione perduta, persino coloro che allora erano stati scettici.
B.B. : Si, perche successivamente non si e pill riusciti a fare dei passi avanti. In pill di una
occasione, ci si e trovati a confrontarsi con gli stessi ostacoli.
MG.M : In quell'occasione e nella seconda meta degli anni '60, quando era a Londra, si verificano
i due no di [Charles] de Gaulle all'ingresso della Gran Bretagna. II tema dell' ingresso come 10
ricorda?
RB. : Lo ricordo nel breve biennio autunno 1966-autunno 1968 trascorso all'Ambasciata d'Italia a
Londra. All'Ambasciata mi fu affidato il settore europeo. La base dell'atteggiamento del govemo
italiano era improntata ad una fortissima protesta anti-gollista. La protesta non arrivo ad un
boicottaggio 0 ad una rottura nostra con la Comunita, rna cercavamo tutto quello che potesse aprire
la porta agli inglesi, senza compromettere la sopravvivenza della Comunita, forse con eccessivo
ardimento. Cercammo di essere portavoce, ancora pill degli olandesi, del buon diritto dell'Inghilterra
di entrare nella Comunita. Fu un atteggiamento molto spinto.
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M. G.M. : Ma dovuto a quali cause ?
B.B. : Sempre, secondo me, all'anti-gollismo che ammantava anche di europeismo democratico,
basandosi sulle analogie supposte tra [Charles] de Gaulle e un dittatore.
M.G.M. : Anche l'anti-americanismo di [Charles] de Gaulle faceva ombra ?
B.B. : Anche quello, rna soprattutto il suo rifiuto della sopranazionalita europea. Facevamo poi una
lettura delle posizioni inglesi positiva, con molte illusioni. II governo era laburista - guidato da
Harold Wilson - rna Edward Heath spiccava nella vita pubblica con il suo deciso europeismo. La
posizione Inglese era assai menD visibilmente fredda sull'Europa di quella che e oggi.
C'era una sorta di Mister Europe al Foreign Office che era Frank: K. Roberts, Capo degli Uffici a
cui facevano capo Ie questioni europee. Avevo con lui un contatto direi quotidiano, e lavoravamo
come fossimo entrambi di una stessa nazionalita. Certo non ero l'unico tramite, rna noi due avevamo
uno scambio di opinioni costante e coordinato, che preparava il dialogo politico. Si arrive - rna
avevo gia lasciato Londra - a concepire un accordo anglo-italliano, poi effettivamente firmato nel
1969, che in qualche modo costituiva un ponte, un surrogato bilaterale all'ingresso di Londra nella
Comunita.
M.G.M. : Da Pietro Nenni suggerito e, mi pare, anche da [A1tiero] Spinelli.
B.B.: Proprio cosio Ma rientrava pienamente nella linea della Farnesina. L'accordo
istituzionalizzava la collaborazione anglo-italiana. II destino fu curioso perche fu firmato pochi giomi
prima che [Charles] de Gaulle cadesse. Presto tutto doveva cambiare. Ci volle qualche mese, rna si
capi subito che il veto francese all'ingresso della Gran Bretagna sarebbe venuto meno. L'interesse dei
nostri amici inglesi a questa rapporto particolare con I'Italia diminui, e la porta principale tome ad
essere Parigi.
M.G.M. : Subito dopo c'e un suo primo passaggio all' Ambasciata presso la Santa Sede, di pochi
mesi, e poi inizia la sua collaborazione stretta con [Emilio] Colombo.
BB. : Si, anche se la collaborazione con [Emilio] Colombo era, in realta, gia iniziata. Nell'estate
1970 costituisce il suo governo che durera fino al febbraio 1972, poco dopo la firma dell'adesione
Inglese alIa Comunita.
Avevo gia collaborato con lui quando era Ministro del Tesoro, in base al rapporto che si era
stabilito quando ero a Bruxelles. Non appena divente Presidente mi chiese di fare il Consigliere
diplomatico, cie che era abbastanza fuori delle regole perche allora avevo appena 40 anni ed ero
soltanto Consigliere d' Ambasciata. Credo che alIa base dell'offerta di [Emilio] Colombo fosse
. proprio il mio precedente lavoro europeo con lui.
In quell'anno e mezzo di convulsa vita alIa Presidenza del Consiglio (A1do Moro era agli Esteri) il
Presidente pote dedicare un'attenzione relativa ai problemi di politica estera e a quelli comunitari. La
costruzione comunitaria viveva, del resto, un periodo abbastanza tranquillo: [Charles] de Gaulle era
scomparso.
M. G.M. : Si era in una fase di rilancio. Con un Ministro degli Esteri non particolarmente europeista,
[Emilio] Colombo Ie ha dato delle indicazioni, ?
B.B : In modo particolare auspicava il superamento dell'ostacolo Inglese. II "Colombo" inglese,
[Edward] Heath, era divenuto Ministro degli Esteri ed i due erano molto amici.
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B.B. : [Pietro] Quaroni ha ricordato che, durante una visita di [Emilio] Colombo - Ministro del
Tesoro - a Londra per colloqui con [Edward] Heath - Ministro incaricato del primo negoziato per
l'adesione alla Comunita europea -, [Edward] Heath, buon musicista, in una occasione, credo ai
Checkers, suono l'organo davanti a [Emilio] Colombo. [Pietro] Quaroni disse di aver avuto chiara la
percezione che un futuro primo Ministro britannico suonasse per un futuro Presidente del Consiglio
Italiano.
Da Presidente del Consiglio [Emilio] Colombo fece, come e tradizione, vari viaggi di contatto che
10 portarono in tutte Ie principali capitali europee. Ricordo l'impegno che mise allo sviluppo positivo
dei negoziati inglesi nella illusione, come si e poi rivelata dopo, che il forte europeismo di [Edward]
Heath fosse diffuso in Inghilterra.
Quanto ad [Aido] Moro Ministro degli Esteri, ho lavorato con lui direttamente negli anni
successivi, tomato alla Farnesina come Capo del Servizio stampa. Di solito non gli vengono
attribuite delle particolari inclinazioni europeiste. Devo dire che il mio pensiero su di lui eben
diverso da quello corrente. Si guarda a lui come ad un politico di grandi concezioni un po' astratte, al
massimo interprete degli svolgimenti della politica estera italiana, una persona che guarda in avanti e
che in qualche modo favorisce una prudente maturazione della sinistra, del Pci.
Si perde, pero, di vista la assoluta ortodossia di [Aido] Moro come Ministro degli Esteri sui grandi
temi della politica estera italiana. E stato un Ministro molto ligio alla linea europea come a quella
atlantica tradizionali. Per quanta riguarda il periodo in cui fu Ministro degli Esteri nel suo govemo,
[Emilio] Colombo aveva una assoluta fiducia nella linea che applicava.
M G.M : E [Aitiero] Spinelli che 10 dipinge molto freddo sui temi europei, rna si sa che aveva un
atteggiamento un poco estremo.
B.B. : Non ho letto queste frasi, ed i temperamenti dei due erano profondamente differenti, rna ho
ricordi vivissimi e non c' erano dubbi che la linea europea italiana fosse da lui del tutto condivisa.
MG.M : [Emilio] Colombo frequentava quell'ambiente che si raccoglieva intomo ai Magliano,
Angelo e Cristina. Lei ha dei ricordi di questa che e nota come un salotto politico dell'epoca ?
B.B. : Moltissimi, [Angelo] Magliano era intimo amico di [Emilio] Colombo. Quando sono tomato
aRoma da Bruxelles, [Angelo] Magliano era Direttore de II Giornale d'Italia.
L'ho conosciuto meglio nella seconda meta degli anni '60. Spesso ci riunivamo con [Emilio]
Colombo e altri suoi collaboratori per parlare sia della situazione italiana che di quella europea. Da
questa nacque 1'idea di fondare una rivista, l'Europa, che e stata piuttosto importante e ha avuto
varie fasi e forme. In tutta la sua esistenza la rivista puntava a riunire persone che, al di la delle linee
partitiche, si ritrovavano in una certa concezione dell'Europa e della democrazia. Ho anche
collaborato in qualche occasione.
[Angelo] Magliano a sua volta era amico di Manuele Gazzo e di [Aitiero] Spinelli e manteneva una
serie di contatti che rientravano.fra gli obiettivi della rivista.
MG.M : Cos'era il cementa di questa ambiente?
B.B. : Credo che il cementa fosse proprio I'Europa, intesa come una forma di democrazia piu
matura alla quale si accedeva anche allargando gli orizzonti. Non che l'Italia 0 che quel gruppo
volesse riversare i problemi italiani sull'Europa. Aliora non c'era neanche 1'ombra di un qualche
complesso di inferiorita 0 di difficolta Italiano rispetto alla costruzione europea. L'Italia si sentiva
pienamente a suo agio nella linea scelta - salvo l'opposizione, naturalmente - ed erano anni in cui i
progressi italiani economici e sociali erano tra i piu rilevanti in Europa. Sembrava che si fosse
imboccata una via maestra.
L'Unione Sovietica non era cosi aggressiva come ai tempi di Iosif Vissarionovic' Giugasvili Stalin,
rna non si stava mica cosi tranquilli. Nel 1968 c'era stata Praga e si sentiva la sua potenza militare
presente nel centro dell 'Europa.
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MG.M : Ambasciatore, l'ambiente era composito. C'erano diplomatici, uomini politici, giomalisti,
filosofi che scrivevano, come Fabrizio Del Noce e Domenico Fisichella. Politicamente quale era 10
spettro delle posizioni politiche ? Anche la sinistra ?
B.B. : La sinistra comunista continuava ad essere molto critica del disegno europeo.
M G.M : Mi riferisco alIa socialista.
B.B. : I comunisti erano molto lontani dall'Europa e dall' Alleanza Atlantica. I socialisti, con sforzo,
cominciavano invece ad aprirsi
M G.M : Fino a quando e durato il "salotto Magliano" ?
B.B.: Fino ache sono vissuti [Angelo e Cristina] Magliano. [Angelo] Magliano negli ultimi anni
non stava piu bene. La rivista ha smesso di uscire - credo - negli anni '70. Angelo e venuto meno
all'inizio degli anni '80. L'intensita dell'amicizia e dei comuni interessi ha continuato a lungo.
- Vorrei ricordare un'altra persona importante nella costruzione europea: [Cesidio] Guazzaroni. E
un uomo particolarissimo, molto schivo, senza essere per nulla timido, un abruzzese molto concreto
e di grande intuito. Costituiva un'eccezione nella carriera diplomatica. 11 cosiddetto bollettino, la
graduatoria, non 10 ha mai interessato. La sua camera si e svolta all'insegna della costruzione
comunitaria, e stato veramente "l'uomo Europa" della Famesina. La continuita del suo impegno
europeo e stata portata avanti attraverso i diversi incarichi che ha avuto, che si sono conclusi come
Direttore generale degli Mari economici. Aveva una visione politica COS! netta sia di come avrebbe
dovuto progredire la Comunita, sia della posizione italiana e dell'apporto che dovevamo dare, che
doveva essere essenzialmente politico. E state anche per alcuni mesi membro della Comrnissione
della CEE.
M G.M : Dopo [Altiero] Spinelli.
B.B. : Lo ha fatto per pochi mesi, con grande spirito di servizio, perche gli chiesero di sostituire
[Altiero] Spinelli..
M G.M : Che era diventato parlamentare.
B.B.: Vorrei sottolineare anche un altro aspetto. All'intemo del Ministero degli Esteri, [Cesidio]
Guazzaroni divento il capofila di coloro che si occupavano dell'Europa.
M G.M : Scrive sempre La lettera diplomatica..
BB. : Scrive con molta chiarezza. E sempre molto aggiomato, un diplomatico italiano esemplare.
Ce ne sono stati altri: in primo luogo [Attilio] Cattani; poi, a modo suo, [Roberto] Ducci. Ma
[Cesidio] Guazzaroni e esemplare per un insieme di modestia, costanza, nettezza di vedute e capacita
di tenere unita la gente che lavora per un certo obiettivo.
AI. G.M : Devo dire che il ruolo di [Cesidio] Guazzaroni e state riconosciuto anche da altri. Dopo
la scomparsa di [Roberto] Ducci, chiesi a Roberto Gaja chi avrebbe potuto appoggiarrni per
continuare questa campagna di inchieste sull 'Europa e lui mi fece il suo nome.
BB.: [Cesidio] Guazzaroni e [Roberto] Ducci furono due personalita molto diverse. Si
completarono, in un certo senso, a vicenda. In quegli anni, dopo la Presidenza di [Emilio] Colombo,
rientrai alla Famesina e sono state dal 1972 al 1976 Capo del Servizio stampa con [Aldo] Moro e
Mariano Rumor.
Sono quegli gli anni nei quali ho tratto la valutazione di [Aldo] Moro che ho riferito. [Mariano]
Rumor l'ho visto prima come Ministro degli Esteri e poi come Presidente del Consiglio. Aveva
intuito, era abile e capace ed era convinto della causa europea, rna certo non aveva la personalita di
[Aldo] Moro.
M G.M : Come Capo del Servizio stampa applicava quelle che erano Ie direttive della Famesina in
relazione all'informazione sull'attivita del Ministero. Gli affari europei che posto occupavano in
quegli anni, il suo osservatorio come Ii vedeva ?
B.B. : Erano al primissimo posto, senza distinzione fra il rapporto con l' America, fondamentale per
la costruzione europea. Bisogna riconoscere che Ia costruzione europea nasce in fondo
dall'impostazione che gli Stati Uniti, con grande lungimiranza, hanno dato subito dopo la guerra al
loro rapporto con I'Europa, un rapporto di stimolo verso l'unificazione europea.
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M G.M : Gli anni '70 furono, pero, anche anni di turbolenza nelle relazioni tra Europa e Stati Uniti.
Lei come Ie ha vissute ?
B.B. : Quali turbolenze ?
MG.M. : A corninciare dal 1973, l'anno dell'Europa che doveva essere e che non e stato, il
contenzioso con Henry Kissinger..
B.B. : Per la verita, forse sbaglio, erano piccole turbolenze pili dialettiche che sostanziali. Per
quanta conceme il suo rapporto con [AIdo] Moro, devo evidenziare che non potevano esservi due
persone pili differenti. II modo di fare di [AIdo] Moro era per [Henry] Kissinger una cosa
stranissima, incomprensibile. QueUo di [Henry] Kissinger, per [AIdo] Moro, era estremamente
irritante. II Segretario di Stato guardava alla politica estera pili da studioso che da politico.
Ricordo di quel periodo la difficolta di valorizzare all'intemo la politica europea. I dettagli, i passi
avanti non spettacolari interessavano assai poco, a parte la stampa specializzata. Non dimentico Ie
sofferenze di [AIdo] Moro con il gruppo di giornalisti che stavano a Bruxelles, a cominciare da
Mastrobruni e Arturo Guatelli. Le riunioni rninisteriali diventavano sempre pili complesse e difficili
da spiegare e c'era una naturale insofferenza reciproca tra giornalisti e rappresentanti politici. La
stampa ci accusava di nascondere Ie cose 0 di non presentarle in modo compiuto. II gruppo di
giomalisti di Bruxelles aveva delle caratteristiche particolari, si sentiva un po' fiustrato, per essere da
troppo tempo relegato "ne! piccolo orto comunitario" che difficilmente arrivava in prima pagina.
Nel1976 diventai vice Direttore degli Affari politici, Direttore generale era Walter Gardini.
Fra il 1981 ed il 1985, con l'incarico di Direttore generale degli Affari politici, ho fatto esperienza
della cooperazione politica. Sembrava che i paesi membri trovassero una propria convenienza suI
terreno di una accentuata cooperazione e quindi di azioni comuni. Ricordo la Dichiarazione di
Venezia. Fu [Emilio] Colombo colui che ispiro e riusci a portare quel documento alla firma.
M G.M : Mi puo raccontare quest' episodio ?
R.B. : Siamo stati sempre molto sensibili ai problemi del Medio Oriente. [Emilio] Colombo ed i suoi
colleghi di allora ritennero utile esercitare pressioni su entrambi Ie parti: da cio nacque la
Dichiarazione di Venezia. Israele, reputando la posizione europea imparziale, fini con I' essere
risentita. Gli Stati Uniti, avendo per tanti motivi un legame stretto e necessario con Israele - che non
si spiega solo con la lobby ebraica -, non avevano fatto molti tentativi per superare Ie reticenze al
negoziato. La Dichiarazione di Venezia e rimasta valida ed emblematica per parecchi anni e ha
rappresentato una forte spinta al negoziato da parte europea.
MG.M. : Fu gestita nell'ambito della cooperazione politica ?
I1B. : Proprio, preparata nelle riunioni dei Direttori generali degli Affari politici e dai collaboratori.
Furono anni, non dico di entusiasmo, rna di grande novita. Avevo la sensazione che si costituisse un
Ministero degli Esteri europeo unitario, con i propri uffici nelle nove capitali. C' era un confronto
quotidiano intense del tutto nuovo.
MG.M. : Nell'ambito della cooperazione politica quale era il ruolo di Francia, Gran Bretagna e
Germania. C'era una qualche presenza pili incisiva ?
B.B. : Non direi, rna non sto dicendo che Londra e uguale a Lussemburgo. E evidente che c'e una
distinzione accettata, che dipende dalla estensione della rete diplomatica e dalla capacita di
informazione.
M G.M : Ma in quegli anni, anche in relazione alle personalita in carica e aIle situazioni politiche
degli altri paesi, la Germania aveva..
B.B. : Aveva dei problemi , quindi forse erano pili tradizionalmente disinvolti inglesi e francesi. Non
c'era l'impressione, pero, di trovarsi di fronte ad un Direttorio. Quindi anche sotto questa profilo la
cooperazione politica e stata molto positiva, sebbene si sia rivelata in parte un'illusione. Rispetto a
quei tempi ritengo che siamo tomati indietro. La macchina funzionava, non per idealismo, rna perche
in quel periodo i singoli governi trovavano comodo avere alcune posizioni comuni. Le circostanze di
allora oggi non esistono pili.
M G.M : Adesso e diventato pili impegnativo prendere una posizione comune.
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B.B. : Non e tanto questo. Oggi sembra piu facile mantenere una poslZlone propria. La
cooperazione politica per molti anni non ha avuto un segretariato e c'era anzi un minimo di rivalita
fra l'insieme dei Direttori degli Affari politici e la macchina burocratica di Bruxelles. La Commissione
aveva un suo rappresentante aIle nostre riunioni intergovernative. L'assenza di un segretariato poteva
essere una debolezza. Ora per cercare di andare avanti vogliamo creare un Mister Pesc. Nei fatti, in
quella fase iniziale artigianale, il girovagare per Ie capitali a seconda delle presidenze ed il mobilitare
ogni sei mesi un Ministero obbligava ad un distacco dalle proprie posizioni nazionali per trovare la
linea media possibile fra i nove.
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B.B. : In seguito sono state per due anni Ambasciatore presso la Santa Sede. Ho ripetuto
l'esperienza fra il 1994 ed il 1997. Ricordo il rnio incontro con il Papa Giovanni Paolo II, per la
presentazione delle credenziali.
M G.M : Era gia accaduto I' incidente ?
B.B. : No, era molto prima, nel giugno 1979, all'inizio del pontificato.
MG.M : Erano gli anni di Wojciech Jaruzelski ?
B.B. : Non ancora, fu l'elezione di un Papa polacca che determin6, in qualche modo, come reazione
di timore, la fase rischiosa e delicata di [Wojciech] Jaruzelski.
.Nella conversazione privata dopo la consegna delle credenziali al Papa e i discorsi di rito, ben
presto il discorso cadde sulle Comunita. Avendorni egli chiesto della rnia carriera, con grande
entusiasmo gli parlai della costruzione europea. Sua Santita era notoriamente a favore dell'Europa.
Sottoline6 per6 con me che I'Europa di Bruxelles che si stava edificando avrebbe dovuto ricordare
sempre coloro che erano forzatamente assenti. Che il Papa polacco pensasse al suo paese rni e
apparso da questa colloquio molto chiaro.
M. G.M : Non fece nessun accenno a quello che a lui poteva sembrare il confine orientale
delI'Europa allargata ?
B.B. : No. II discorso, peraltro, non aweniva in termini diplomatici, rna con riferimento a
concezioni di fondo riguardanti l'Europa.
MG.M : Un concetto che stava molto a cuore a Karol Wojtyla era quello del contributo della
spiritualita del mondo orientale. Avete parlato anche di questa ?
B.B. : Certo.
Un altro aspetto che rni colpi durante quella rnia prima rnissione presso la Santa Sede non riguarda
personalmente il Papa, rna la Segreteria di Stato. La diplomazia vaticana ha faticato un poco a capire
il processo comunitario, forse perche il processo partiva da risvolti econornici, rispetto ai quali vi
erano delle perplessita, se non delle riserve. Anche rispetto alla moneta unica di Maastricht alcuni
cattolici hanno ancora delle riserve : e piuttosto una Europa piu politica e morale che vorrebbero
vedere emergere.
M G.M : Quando ha avuto la sensazione che corninciassero ad occuparsene di piu ?
B.B. : Tra il 1994 ed il 1997, il rnio secondo periodo di Ambasciatore presso la Santa Sede, ho
tmvato una notevolissima maturazione, un interesse molto piu vivo per gli sviluppi europei.
Dopo che la Santa Sede ha perso il potere temporale - e stata una sua grande fortuna - si e in
qualche modo depurata sempre di piu e oggi possiede una diplomazia che si dedica crescentemente a
grandi problerni morali e di vita e crescita dell'umanita. La Santa Sede e una entita differente dagli
Stati: non solo non ha gli eserciti, rna nemmeno una struttura e Ie attrezzature di una normale
diplomazia. Credo che la tendenza sara sempre di piu quella di occuparsi essenzialmente dei grandi
terni che riguardano 10 sviluppo dell'umanita.
M G.M : E esatto pensare che la diplomazia vaticana, ad esempio, mantiene dei contatti con Ie
Conferenze episcopali per trarre materiale per la sua azione 0 per veicolare la sua azione verso questi
affari ?
B.B. : Si, anzi credo che qui dal centro si desidererebbe che Ie Conferenze episcopali svolgessero
autonomamente un ruolo piu attivo, non in esecuzione degli ordini della Segreteria di Stato, rna per
interpretare Ie istanze del mondo cattolico che esse rappresentano.
E quanta e accaduto durante Ie trattative che hanno portato al Trattato di Maastricht e poi a quello
di Amsterdam. La Santa Sede avrebbe voluto che in questa secondo Trattato ci fossero degli accenni
anche alla liberta religiosa, come elemento importante della cultura europea da riaffermare. Essa si e
mossa anche direttamente, rna ha soprattutto cercato di fare intervenire Ie Conferenze episcopali,
.
..
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Clascuna SUI propn goverru.
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Torniamo molto indietro. La Dichiarazione solenne sull'Unione europea, firmata a Stoccarda nel
giugno 1983, nasce da una forte sintonia tra [Emilio] Colombo e Hans-Dietrich Gensher. A partire
dal novembre 1980, i due si trovarono d'accordo nel muovere verso l'Unione politica. Ci fu un lunge
negoziato, cui partecipai come Direttore generale degli Affari politici, nel Quale naturalmente erano
presenti anche gli inglesi in una posizione, ovviamente, di grande freno. Ne nacque la Dichiarazione
solenne che poi dette luogo all' Atto Unico.
M G.M : Nello stesso periodo il Parlamento europeo gestiva il progetto di Unione europea di
[Altiero] Spinelli. Come seguivate quell' episodio?
B.B. : n progetto di [Altiero] Spinelli e sempre stato considerato da noi come un'iniziativa utile,
.
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anzi necessana.
Ciascuno, doveva svolgere il suo ruolo : il nostro era diverso da quello del Parlamento e del "Club
del coccodrillo". E chiaro che [Altiero] Spinelli dovesse essere in qualche modo oltranzista e faceva
bene ad esserlo. Quando accusava noi diplomatici di contentarci di piccole cose, sapevamo benissimo
che aveva ragione, rna avevamo ragione anche noi ad andare avanti come era possibile.
M G.M : Comunque vi e stata una dialettica.
B.B. : Non c'e dubbio. [Altiero] Spinelli considerava i piccoli passi avanti quasi un boicottaggio dei
suoi disegni. I suoi disegni erano uno stimolo forte che purtroppo non trovava nella realta dei
governi una base. E difficile fare una rivoluzione europea: sino ad ora non ci si e riusciti.
AlIa fine degli anni '80, con la presidenza di Jacques Delers, vi sono stati degli anni in cui di nuovo
si e avuta l' illusione di essere arrivati ad una Comunita pronta ad estendersi a degli aspetti molto piu
incisivi di quelli sino ad allora contemplati. Si parlava della moneta unica e di problematiche sociali.
Da parte italiana si registrc di nuovo una piena adesione, in polemica sopratutto con Margaret
Thatcher. I duelli Bettino Craxi - Signora di ferro sono una cosa nota; non amava [Bettino] Craxi e
ancora di meno [Giulio] Andreotti.
La Signora fu sconfitta dopo il Consiglio europeo di Roma del 1990 e dovette lasciare it campo a
John Major. In qualche modo successe quello che era successo con [Charles] de Gaulle, pur se i
paragoni sono sempre molto relativi :quando apparve, [John] Major sosteneva Ie stesse tesi rna in
modo diverso dalla combattiva Signora. II suo vago europeismo iniziale si stemper<), perc,
rapidamente.
A mio giudizio la fine dei due blocchi ha gradualmente cambiato una infinita di cose. La Germania,
per oltre due anni, ha avuto il difficilissimo obiettivo della riunificazione da attuare senza
sconvolgimenti politici. Nessuno voleva, in realta, l' asserbimento della Germania est da parte di
Bonn.
Ci si accorse a posteriori che la sfida sovietica era ormai in declino e che l'Unione Sovietica di
Leonid Breznev era ben lontana dall'essere quella di [Iosif Vissarionovic' Giugasvili] Stalin. Con
Mikhail Gorbacev si ebbe I'illusione che fosse possibile una evoluzione lenta e graduale.
MG.M : E poi c'era l'eurocomunismo all'interno dei paesi occidentali.
B.B. : Venuto meno il muro, si e allentata la pressione verso la costruzione europea che era anche
un modo di difendersi dal mondo sovietico, come e del resto nelle cose umane. Non c' e dubbio che il
processo comunitario abbia perso slancio proprio quando sembravano maturate Ie condizioni per
passi avanti nel campo politico.
M G.M : Quali possono essere nella situazione attuale i fermenti positivi per il processo di
integrazione ?
B.B. : Diciamo ancora una cosa suI recente passato. Noi italiani abbiamo ancora l'esperienza del
settembre 1992, vissuta in prima persona da Carlo Azelio Ciampi. L'uscita dallo SME e la
svalutazione della lira sono stati fatti gravissimi. L'Italia ha pagato tante leggerezze rna anche
qualche fardello che forse non Ie apparteneva. E certo che vi furono due pesi e due misure tra Italia e
Francia; infatti il franco fu salvato. Si capisce in termine di Realpolitik perche cic sia accaduto, rna ai
problemi interni del passaggio fra una prima ed una ipotetica seconda repubblica si aggiunse anche
un problema di sostanziale emarginazione che ci veniva dall'Europa.
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MG.M : Sono molti gli episodi in cui dall'Europa l'aiuto 0 non viene, oppure comporta delle
conseguenze negative. Prendiamo il caso della Germania: che aiuto ha dato alia riunificazione
tedesca l'Europa?
B.B. : SuI piano politico nessuno, anzi sono venute delle perplessita e forse delle remore. SuI piano
economico, pero, l'Unione europea ha consentito alIa Germania di affrontare questa peso,
addossandosi la sua parte.
MG.M : Ma non ha partecipato.
B. B. : Sono questioni che bisognerebbe approfondire. Certamente la Germania di Bonn ha potuto
svolgere una funzione di calamita economica verso i Lander dell'Est proprio perche aveva anche
l'Europa dietro.
Circa il futuro prossimo, sono ormai fuori dalle cose e posso basarmi piuttosto sulla mia esperienza.
Credo che molte speranze europee siano legate al futuro di Helmut Kohl. Sappiamo che i sondaggi
in questa momenta non sono a suo favore e non si sa se la sua scommessa con l'elettorato tedesco
potra essere vinta. Questo cancelliere ha una visione in base alia quale la Germania deve essere
profondamente inserita in Europa.
E Certo che se al momenta del varo della moneta unica la causa europea potra ancora avvalersi del
prestigio personale di [Helmut] Kohl avremo qualche garanzia in piu. So bene che e pericoloso
fondarsi sulle persone, che possono venire meno in ogni momento, per 10 meno dal loro ruolo
politico. Tuttavia vediamo che tutti i propositi di rilancio politico, Amsterdam compreso, sono stati
deludenti.
Fino ad ora insomma un vero rilancio politico trova grossissime difficolta, con una Gran Bretagna
scettica ed una Francia al bivio. La Germania spinge sulla moneta puntando sulle conseguenze
politiche e psicologiche della moneta unica per arrivare fino al governo dell'economia, che a sua
volta esigera che la politica estera non sia difforme. Peraltro sono modi di ragionare consolatori, che
si fondano su una serie di agganci abbastanza logici, rna di incerto avvenire.
MG.M : Si, c'e anche l'imponderabile.
B.B. : II primo imponderabile potrebbe essere che invece di una personalita sperimentata come
l'attuale Cancelliere avessimo un governo di Gerhard Schroeder, anche se e vero che ogni governo
democratico deve seguire alcune linee fondamentali e non puo cambiare a suo piacimento.
MG.M : Ambasciatore la ringrazio per l'intervista piena di spunti.
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