Riconosce i visi, combatte il terrorismo Ora il computer impara da

Transcript

Riconosce i visi, combatte il terrorismo Ora il computer impara da
Codice cliente: 8727381
ECONOMIA
Corriere della Sera Mercoledì 5 Ottobre 2016
35
#
CorriereInnovazione
Riconosce i visi, combatte il terrorismo
Ora il computer impara da solo in Rete
È il «deep learning»: sfrutta i dati sul web per identificare i segnali di pericolo
D
elle cinquemila startup
incubate fra le bougainville della Silicon Wadi
circostante Tel Aviv, salta subito all’occhio come le più avanzate siano quelle che hanno
deciso di fare della sicurezza il
proprio core business. C’è chi,
come la Airobotics, è al lavoro
per fornire ad aziende e amministratori pubblici un servizio
low cost di droni sentinella in
grado di garantire una copertura costante e prolungata nel
tempo del proprio territorio e
chi, come Infinity Ar, utilizza
la realtà aumentata per migliorare le interazioni fra uomo e macchina durante gli addestramenti di Tsahal. Ma è
forse sul terreno della cybersecurity che Israele, affetto da
un’evidente quanto comprensibile sindrome d’accerchiamento, in questo periodo
sembra dare il meglio di sé. E
questo in gran parte grazie alle
inedite possibilità offerte dall’ultima frontiera dell’intelligenza artificiale: il deep learning.
La querelle, in realtà, è un
po’ che si trascina. Può o non
può un computer, cioè un ammasso di silicio, microsaldature e cavi di rame, imparare a
imparare? Il mondo finora si
era diviso in due blocchi: da
un lato chi, come il fisico vicentino Federico Faggin, conosciuto ai più per essere l’inventore del microchip, sostiene che l’intelligenza artificiale
non potrà mai essere intelligente, almeno nel senso comune che diamo al termine;
dall’altro chi invece, come
l’Ibm, è da anni al lavoro per
sviluppare le ultra capacità di
calcolo del quantum computing, in grado di erogare in
cloud la sconvolgente potenza
di 5 qubit.
Oggi consideriamo una cosa
del tutto naturale interagire
con Siri (Apple), Cortana (Microsoft) o Alexa (Amazon);
Google Translate è ormai in
grado di tradurre in tempo reale discorsi, anche complessi,
in 32 lingue, mentre la nuova
versione di Adobe Photoshop
è capace di riconoscere e analizzare i vari elementi di
un’immagine (dalle espressioni del volto agli elementi del
Un cervellone artificiale intelligente
Chi sono
I PROGRAMMI
DI EDITING
FOTOGRAFICO
Riconoscono
le espressioni
del volto
60
%
GLI ALGORITMI
Calcolano
i cambiamenti
di gusto
dei consumatori
IN MEDICINA
I computer sono
in grado di leggere
le radiografie,
le tac e le ecografie
I SOFTWARE DI ANALISI
DELLE COMUNICAZIONI
Possono prevenire
attacchi terroristici
SULL’AUTO SENZA PILOTA
È utile per gestire le innumerevoli
variabili del traffico cittadino
paesaggio alla razza dei cani).
Ma questo è solo la superficie,
la parte commodity si potrebbe dire, di una tecnologia tanto potenzialmente rivoluzionaria quanto immediatamente applicabile a numerosi camp i : d a l l ’e c o m m e r c e a d ,
appunto, l’antiterrorismo.
Lo scenario è da film di fantascienza, tipo Minority Report: cervelloni artificiali
sguinzagliati per il rumore
bianco del web nel tentativo di
estrarne informazioni strutturate utili alle polizie internazionali per prevenire cyber
frodi e, soprattutto, attacchi
terroristici. Al 37esimo piano
dell’Azrieli Round Tower di Tel
Aviv, la Fifth Dimension guidata da Caspi Guy, laurea all’Harvard Business School e
più di dieci anni passati in un
reparto di élite dell’intelligence, ha elaborato un software in
grado di analizzare contempo-
raneamente migliaia di immagini, file audio, testi, movimenti di denaro e attività sui
social per costruire profili di
potenziali attentatori.
Il fatto è che Internet ha reso
disponibile un’inedita quantità di informazioni per l’apprendimento automatico dei
nuovi processori intelligenti:
gli informatici le chiamano reti neurali profonde, specie di
autostrade su cui viaggiano,
grazie alle nuove unità di elaborazione grafica (Gpu) prodotte da Nvidia, gerarchie di
milioni di bit connessi fra di
loro seguendo logiche d’im-
Silicon Wadi
Attorno a Tel Aviv
fioriscono cinquemila
startup, molte legate
alla cybersecurity
di Massimo Sideri
I nemici del biotech?
Don Camillo e Peppone
P
TRADUTTORI
AUTOMATICI
Riducono
del 60%
il margine
d’errore
 Smart economy
Pparra
Federico
Faggin (nella
foto in alto)
è un fisico
vicentino,
è stato a capo
del progetto
dell’Intel 4004,
il primo
microprocessore al mondo.
Caspi Guy
(sotto),
israeliano, è
chief executive
officer di Fifth
Dimension,
startup attiva
nei sistemi
informatici
di sicurezza
portanza differenti nonché diversi gradi di merito. Con risultati sorprendenti. In medicina, ad esempio, l’Istituto sanitario nazionale del Maryland
ha studiato un software in grado di leggere radiografie, Tac
ed ecografie più velocemente
e più accuratamente rispetto
al personale medico. Tesla e
Ford stanno inserendo elementi di apprendimento artificiale nei programmi di guida
delle loro auto senza pilota per
gestire la mole crescente di variabili in strada. Microsoft, infine, utilizza il deep learning
per selezionare i prodotti da
proporre ai propri clienti eliminando le fastidiose ridondanze del vecchio marketing
basato sui cookies. Al pc, ormai, manca davvero solo un
po’ di sense of humor.
Massimiliano Del Barba
[email protected]
otrebbe sembrare un gesto di
sudditanza culturale esultare per la
scelta di Amgen, principale società
biotech indipendente, di affidarsi non solo
al San Raffaele di Milano ma anche a una
startup meneghina per fare ricerca sulle
cellule staminali ematopoietiche. Potrebbe
sembrare la solita storia: siamo terra di
conquista. Bravi ingranaggi di un sistema
che scopre qui e rende ricchi dall’altra parte
del mondo. «Molto cervello, poco Pil»:
potrebbe essere il titolo di un libro sulla
storia italiana degli ultimi vent’anni.
Partiamo dalla realtà: Milano sarà anche la
contro-capitale italiana: europea, attiva
culturalmente, scientificamente qualificata,
musicalmente elitaria. Ma non è certo San
Francisco, dove Jp Morgan organizza ogni
anno la conferenza mondiale sul biotech
facendo girare miliardi di dollari. Gli Usa
sono la patria del biotech. Ma proprio per
questo appoggiarsi a una startup italiana
per fare ricerca e sviluppo, cioè la linfa
vitale per la crescita futura, è come per
Armani, Prada o Dolce & Gabbana affidarsi
a una boutique di San Francisco per capire
quali saranno i tagli che andranno nei
prossimi anni. O siamo di fronte a un
paradosso oppure sta accadendo qualcosa
di importante. Anche perché Luigi Naldini,
il genetista “cervello di rientro”, ha già
fondato la società biotech Genenta con un
altro milanese, di nascita e di adozione,
Pierluigi Paracchi (tanto milanese nel
sangue da essere imparentato con Giovanni
Testori, il Balzac meneghino). Non è
accaduto tutto d’un colpo. I nostri genetisti
piacciono anche perché Milano ha avuto il
coraggio, con Don Verzé, di tenere acceso
sotto le ceneri il sogno della ricerca sul Dna
quando l’opinione pubblica e la Chiesa non
avevano il tempo, né la voglia, di
distinguere tra scienziati e stregoni. Oggi il
clima è cambiato e il risultato di Genenta,
insieme a quello di Molmed — la società di
Claudio Bordignon che ha ricevuto, prima
al mondo, l’autorizzazione a due terapie
geniche ex vivo — permette a Milano di
essere ancora più credibile nell’ambire
all’Ema, l’Agenzia europea per il farmaco,
ora che Londra, causa Brexit, vi dovrà
rinunciare. Ma la strada non è in discesa.
Dovremmo, per esempio, rinunciare ai
campanilismi, come quello che
contrappone Assobiotec (Federchimica,
milanese) con Farmindustria (romana) su
chi dovrebbe rappresentare il biotech
italiano. Una matassa di cui,
incredibilmente, deve occuparsi anche il
ministero della Salute. Non c’è più tempo
per l’Italia di Don Camillo e Peppone.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dal carrozziere al sarto, gli artigiani a scuola di digitale
Per stare al passo coi tempi le Pmi si reinventano e si adattano ai cambiamenti imposti da Industria 4.0
«D
igital fabrication?
Io ho iniziato
quando ancora
non si usava il digitale e l’artigiano lavorava con le sue mani, ma ho avuto l’intuizione di
introdurre nel processo quello
che vent’anni fa si chiamava
rapid prototyping, e con l’uso
del modellatore 3d ho ridotto
costi e tempi di realizzazione
di oggetti definitivi, non solo
prototipi». Gioacchino Acampora, che ha rilanciato nel
1994 la storica Carrozzeria Castagna di Milano, è architetto
e designer automobilistico. E,
mettendo insieme la passione
per le auto e la laurea in architettura, ha reinventato il me-
stiere del carrozziere.
«Qui siamo in una dozzina a
lavorare, e tutto quello che richiede una grande artigianalità il nostro atelier è in grado di
farlo. Perché la digitalizzazione per noi è una sfida, non
Architetto
Gioacchino
Acampora
nel 1994
ha rilanciato
la Carrozzeria
Castagna
esclude la manualità anzi, la
valorizza. La potenzialità di un
settore manifatturiero a forte
vocazione artigiana come la
nostra, e la personalizzazione
del prodotto, che sono anche
il valore aggiunto del made in
Italy, non possono infatti prescindere da un aggiornamento
tecnologico».
A dare la spinta in questo
senso ha contribuito la Siam
(Società d’incoraggiamento
d’arti e mestieri) che dal 1838
si occupa di formazione e promozione dei mestieri. «Il nostro obiettivo è quello di formare anche l’artigiano 2.0 di
cui siamo un riferimento, attraverso le nuove tecnologie
digitali, che si evolve pur mantenendo la sua manualità —
spiega il direttore didattico
Antonio Corrias —. L’elettricista, l’idraulico, il caldaista e
l’impiantista del clima, il sarto, l’orafo, ma anche il fotografo e l’interior designer da noi
si trasformano e rinascono in
una nuova veste al passo coi
tempi. Siamo riusciti a coniugare l’alchimia del sapere tradizionale con le tecnologie innovative e proprio per quei lavori che venivano tramandati
di padre in figlio e che si imparavano sul campo c’è la maggior richiesta di innovazione.
E se l’elettricista oltre a maneggiare fili elettrici ora è in
grado di rispondere alla richiesta di case sempre più
smart, le forbici non sono più
il solo strumento di lavoro del
sarto». Insomma, il futuro è
già presente e per essere pronti alla nuova era dell’industria
4.0, prosegue Corrias, «macchine a controllo numerico,
stampanti 3d e robotica devono diventare strumenti di uso
quotidiano per le piccole e
grandi imprese. Infatti nel nostro palazzo ci sono sia una super FabLab, sia una smart digital agency. Il rapporto azienda-artigiano con il mercato è
sempre più competitivo».
Elena Papa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli attori
 La Società
d’incoraggiamento d’arti
e mestieri di
Milano (Siam),
in partnership
con Api (piccole
imprese) e Aica
(informatica
e calcolo
automatico),
si rivolge alle
Pmi che
vogliono
orientarsi verso
la manifattura
digitale