Il concetto di padre e l`origine delle istituzioni: La

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Il concetto di padre e l`origine delle istituzioni: La
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SIGMUND FREUD
IL CONCETTO DI PADRE E L’ORIGINE DELLE ISTITUZIONI:
LA FAMIGLIA, LA RELIGIONE E IL DIRITTO 1
Maria Gabriella Pediconi 2 e Glauco Maria Genga 3
1.
2.
3.
4.
5.
6.
IL COMPLESSO PATERNO E LA NASCITA DELLA CIVILTA’: L’ONTOGENESI RICAPITOLA LA
FILOGENESI ...................................................................................................................................................... 2
LA NEVROSI NASCE ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA: IL CONFLITTO DOMESTICO...................... 4
EDIPO: CONFLITTO O SOLUZIONE? ............................................................................................................. 5
LA RELIGIONE MANTIENE IL PADRE NELLA CRISI: IL CONFLITTO TRA CIELO E TERRA ............. 6
L’IPOTESI DI UNA FONDAZIONE INDIVIDUALE DEL DIRITTO.............................................................. 6
IL PADRE INEDITO: CONCLUSIONI .............................................................................................................. 7
«Cosa direbbe Monsieur notre père, se potesse essere qui adesso?»
(S. Freud, Un disturbo della memoria sull’Acropoli, 1936)
Lavorando con i suoi nevrotici, Freud scopre le leggi della vita psichica. Il nevrotico, quasi
sopraffatto dall’angoscia, subisce le idee fisse, lotta contro i sintomi, lamenta le inibizioni. Eppure
egli sa che la sua nevrosi non è nata con lui, ma è sopraggiunta da un certo momento in poi. Infatti
il nevrotico conserva, più o meno distintamente, la memoria e il ricordo di essere stato un bambino
sano.
Accenneremo alla costituzione psichica fondata sul principio di piacere: il bambino nasce sano e
solo successivamente qualcosa - il trauma - ammala il suo pensiero.
1
La versione inglese di questa relazione è stata presentata da M.G. Pediconi all’8° Simposio Psicoanalitico Internazionale di
Delfi “The Father” (21-24 giugno 2013).
Riportiamo le frasi di avvio: «Mi accingo ad esporre, nel mio “basic English”, gli argomenti centrali del mio lavoro, che
condivido con Glauco Genga, coautore di questa comunicazione e con Luca Flabbi, che l’ha tradotta, oltre che con i
Colleghi della Società Amici del Pensiero «Sigmund Freud» di Milano. Tenterò dunque di riferirvi in pochi minuti
quello che in verità è il lavoro di tutta una vita.»
2
Maria Gabriella Pediconi, Psicoanalista, Ricercatore di psicologia dinamica presso l’Università degli Studi ‘Carlo Bo'
Urbino, SAP, Milano.
3
Glauco Maria Genga, Psichiatra, Psicoanalista, Consulente presso l’Istituto di Medicina Aerospaziale “Angelo
Mosso” dell’Aeronautica Militare, SAP, Milano.
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Seguono rimozione e senso di colpa come nuovi e indelebili ostacoli alla elaborazione psichica. Da
quel momento anche i primi ricordi saranno oggetto di rimaneggiamenti e giustificazioni. Solo la
ricostruzione analitica potrà discernere la realtà storica dal sovraccarico psicopatologico.
Eccoci in medias res quanto al tema di questo importantissimo Simposio. Freud in Totem e Tabù
scrive: «È stata una grande sorpresa per me che anche questi problemi della vita psichica dei popoli
si siano mostrati risolvibili a partire da un unico punto concreto: il rapporto con il padre.»4 Come
mostrano la nevrosi e la civiltà, tale rapporto vive nella crisi: una crisi che investe tanto
l’esperienza quanto il concetto di padre.
Giacomo Contri, già allievo di Jaques Lacan, ha dedicato al tema del Padre come concetto nella
crisi molti suoi lavori. Qui indichiamo in particolare il Pensiero di natura 5 e L’Ordine giuridico
del linguaggio.6
In questa breve comunicazione vorremmo mostrare tale crisi nelle forme del conflitto, sia esso
manifesto o latente. Con questo scopo ci muoveremo, come Freud, tra ontogenesi e filogenesi, tra
individuo e civiltà. Rintracceremo i destini del concetto di padre per proporne poi una formulazione
rinnovata.
1.
IL COMPLESSO PATERNO E LA NASCITA DELLA CIVILTA’: L’ONTOGENESI
RICAPITOLA LA FILOGENESI
Freud usa per la prima volta l’espressione complesso paterno nel 1910 in Le prospettive future
della terapia psicoanalitica.7 Tuttavia la prima intuizione a questo riguardo è contenuta in una
celebre lettera a W. Fliess del 21 settembre 1897, allorché egli indaga sull’eziologia delle nevrosi:
«Voglio subito confidarti il grande segreto che ha cominciato lentamente a chiarirsi in me negli
ultimi mesi. Non credo più ai miei neurotica». E, poco più avanti: «Poi, la sorpresa che in tutti i
casi la colpa fosse sempre da attribuire al padre, non escluso il mio, e l’accorgermi dell’inattesa
frequenza dell’isteria».8
A questo punto vorremo soffermarci su un dettaglio: J.M. Masson (1985) ci informa in una nota
che Strachey ha inserito nuovamente la frase “non escluso il mio [padre]”,9 che era stata omessa in
The Origins of Psychoanalysis, la prima traduzione inglese delle lettere a Fliess, pubblicata a cura
di Anna Freud (e Altri) nel 1954. Ci si potrebbe chiedere la ragione di questa curiosa omissione.
Purtroppo non c’è tempo per farlo ora, ma ciò ha strettamente a che fare con la conclusione di
4
S. Freud, Totem e Tabù (1912-13) OSF vol. VII, pag. 159.
L’espressione inglese thinking nature è accostabile e affine a talking business: parlare d’affari.
6
Cfr. G.B. Contri, Il pensiero di natura. Dalla psicoanalisi al pensiero giuridico, Sic Edizioni, 3^ ed. ampliata, 2007, e
L’Ordine giuridico del linguaggio, Sic Edizioni, 2003.
7
S. Freud, OSF, vol. VI.
8
- S. Freud, Epistolari. Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Bollati Boringhieri, 1986, pag. 297, corsivo nel testo.
9
SE I, p. 259. In tedesco: “mein eigener nicht ausgeschlossen”.
5
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Freud nella lettera citata: «Di conseguenza, rimane la spiegazione che la fantasia sessuale si
impossessi regolarmente del tema dei genitori».10
In Totem e Tabù (1913) Freud individua il passaggio dal matriarcato al patriarcato come il
momento fondativo della civiltà così come la conosciamo. Da questo passaggio si sviluppano tre
istituzioni: la famiglia, la religione e il diritto, tra loro correlate e in una certa misura
interdipendenti, come vedremo.
Circa il matriarcato, il giudizio di Freud si distingue nettamente da quello di altri studiosi suoi
contemporanei: il matriarcato non è originario, ma viene istituito dai fratelli dopo il parricidio.
Infatti i fratelli mettono a capo la madre rinunciando a possederla (esogamia e tabù dell’incesto), e
innalzano il padre ucciso a totem (religione). Al matriarcato succede poi un nuovo patriarcato
democratico e “moderato” che sposterà dio-padre in cielo. Il passaggio dal concetto di padre a
quello di dio è denso di conseguenze. «God is a concept by which we measure our pain», «Dio è un
concetto col quale misuriamo il nostro dolore»: così J. Lennon denunciava nel 1970 l’impoverimento
generale in cui versavano padri e figli subito dopo il ’68.
Freud, che ha letto l’opera di Bachofen Das Mutterrecht (1861) circa la genesi matriarcale dei miti
greci patriarcali della Teogonia, corregge la teoria di una Grande Madre originaria: matriarcato
prima e patriarcato poi rappresentano piuttosto i tentativi di elaborazione del parricidio.
Se ci chiediamo che cosa ha spinto gli uomini al parricidio, ecco in estrema sintesi che cosa
troviamo.
Quanto all’ontogenesi: nell’esperienza del bambino il padre viene messo in cattiva luce e perde il
suo posto a causa di una delusione reale. La spinta che porta a svalutare il Padre è dunque esogena.
Il caso del Piccolo Hans in questo senso è esemplare.
Quanto alla filogenesi: facciamo nostro l’invito alla prudenza di esimi studiosi quali:
- R. Graves (1955),11 per il quale «il sistema di analisi che poggia su basi storiche e antropologiche
è l’unico accettabile»;
- E. Benveniste (1969),12 che analizza il Padre come istituzione;
- E. Cantarella (2010), 13 la quale afferma: «Più che rappresentare società matriarcali questi miti
sembrano voler esorcizzare l'idea di un eventuale potere femminile.»
La tesi che matriarcato e patriarcato siano casi di promoveatur ut amoveatur è stata già esplorata da
Freud in Mosè e il Monoteismo: «I nuovi padri non raggiunsero in verità mai il potere assoluto del
padre primordiale; erano in molti e vivevano associati in raggruppamenti più grandi dell’orda di un
tempo; dovevano mantenere buoni rapporti reciproci ed erano limitati da norme sociali.»14
10
S. Freud, ibidem, pag. 298.
R. Graves, I miti greci, Longanesi, 1963, pp 12-13.
12
E. Benveniste, Il Vocabolario delle istituzioni indoeuropee, 2 voll., Einaudi, 1976.
13
E. Cantarella, L’ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana, Feltrinelli,
2010, p. 34.
14
S. Freud (1938), L’uomo Mosè e la religione monoteistica, OSF v. XI, p. 403.
11
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Da una parte possiamo osservare almeno tre diversi destini della paternità nelle civiltà che si
affermarono intorno al Mediterraneo:
1) presso gli Ebrei si affermò la religione monoteistica, come Freud descrive nel Mosè;
2) presso i Greci «il potere paterno non produsse un conflitto padre-figlio così forte e diffuso tanto
da diventare un problema sociale, come accadde invece a Roma, dove invece fu più pervasivo, sia
nello scopo che nella durata».15 Se ne trovano molti documenti nella mitologia;
3) nell’antica Roma prese vita l’istituto della patria potestas, che fondò il diritto civile.
Dall’altra parte resta un nucleo problematico, che fa capo all’avvenuto parricidio e si riflette
nell’organizzazione sociale e nelle tre istituzioni che prendiamo ora in esame:
1) la famiglia sarà il primo teatro di una conflittualità la cui origine si perde nella notte dei tempi;
2) la religione sposterà il conflitto tra cielo e terra, tra il nostro tempo finito e l’aldilà;
3) infine, il diritto - come lo conosciamo - proverà a fondare una convivenza pacifica che mantenga
sotto il controllo del Super-io l’ostilità tra i fratelli.
2.
LA NEVROSI NASCE ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA: IL CONFLITTO DOMESTICO
«La famiglia fu una restaurazione dell’antica orda primordiale e restituì ai padri gran parte dei loro
diritti di un tempo», pur mantenendo una «non placata nostalgia per il padre.»16 La nostalgia, sigillo
del parricidio, destina l’istituzione della famiglia all’insoddisfazione.
L’avvio traumatico della nevrosi si consuma infatti tra le mura domestiche, per via delle
conversazioni della vita quotidiana. In esse prende vita il conflitto tra concezioni (bambino–
adulto/ontogenesi) che si allarga al conflitto tra generazioni (vecchia-nuova/filogenesi).
La stessa istituzione famiglia si configura come dicotomia: «La madre è la stabilità del focolare; il
padre è la vivacità della strada.»17 Così sintetizza Winnicott. La madre è la natura, il Padre è la
legge. Una modellizzazione cui hanno contribuito importanti psicoanalisti (D. Winnicott, M.
Mahler, J. Laplanche, F. Dolto, lo stesso J. Lacan), e che prevede il passaggio obbligatorio dalla
prima al secondo: la simbiosi materna deve essere rotta dalla cesura paterna (Bion). Non si tratta
tuttavia di un passaggio evolutivo prestabilito, ma di una caduta che segue una prima delusione e
sfocia nella nevrosi.
Ci chiediamo: la vita psichica individuale e la storia della civiltà sono davvero centrati sul
passaggio dalla Madre originaria al complesso paterno? No. Padre è un concetto presente sin dagli
inizi. Per il bambino, all’inizio ci sono i Patres, come giustamente la lingua spagnola definisce
15
E. Cantarella, Fathers and Sons in Athenian Law and Society, in G. Thuer, (ed.), “Symposion 2009”, Wien 2010, pp.
1-14, traduzione nostra.
16
S. Freud (1912-13), Totem e Tabù, OSF v. VII, p 152.
17
M. Davis and D. Wallbridge (1981), Boundary and Space: an Introduction to the Work of D.W. Winnicott, London
and New York: Bruner, Mazel, Karnac. P. 130.
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entrambi i genitori: Patres sono coloro che favoriscono il pensiero del bambino. In seguito, sono i
partner del principio di piacere.
3.
EDIPO: CONFLITO O SOLUZIONE?
Nell’ultima tragedia sofoclea, presentendo la propria morte, «Edipo rinnova contro i figli la sua
maledizione».18 Tale maledizione riguarda, a dire il vero, solo i figli maschi, ovvero coloro che
potrebbero concepire e attuare nuovamente il parricidio di cui egli stesso si è macchiato. Il
trattamento riservato invece alla figlia Antigone è improntato a grande confidenza ed esclusività.
Una predilezione che, come mette bene in luce G. Steiner in Antigones (1984), ha attratto con
ambivalente fascino pensatori, filosofi e giuristi della modernità.
Come Bion e Gaddini, segnaliamo l’Edipo come un passaggio fondativo del pensiero del padre
nella storia individuale e della civiltà. Edipo, dapprima figlio illustre, poi padre tragico della cultura
greca, diventa un prototipo. Come nevrotici, siamo tutti figli o figlie di Edipo e prendiamo sulle
nostre spalle i difetti della nostra genealogia.
Lo documenteremo brevemente attraverso il racconto del sogno di una giovane donna in analisi.
Essa stentava a raccontarlo, ritenendolo perturbante. Vi compariva una specie di “ammucchiata”
sessuale: su un lettino o divano, accanto al lettone matrimoniale, giacevano le progenitrici: la nonna
materna sotto, la madre sopra. Sopra la madre c’era suo padre che la chiamava ad unirsi a loro.
Come i Labdacidi, la celebre stirpe la cui storia resta a metà strada fra endogamia ed esogamia, fra
relazione incestuosa e scelta dell’oggetto sessuale al di fuori della famiglia. In questo sogno il
padre non fa una brutta figura, perché mostra di avere un legame erotico con la propria moglie e
con la suocera, legame erotico cui invita anche sua figlia. Con il sogno questa donna, provando a
ricostruire come sono andate le cose, si riappropria del proprio albero genealogico.
Allo stesso modo, porteremo un esempio che potremmo chiamare una nuova versione del
complesso edipico dei nostri giorni. Si tratta di una storia vera: una breve conversazione tra un
bambino di quattro anni e sua madre. Dopo avere visto insieme più volte il cartone Cenerentola, un
giorno il bimbo le chiede di giocare insieme. Con qualche difficoltà fonologica, ma nessuna
incertezza nell’assegnare le parti, le dice: «Io plincipe, tu Cenelentola. Poi andiamo alla fetta [festa]
con notti [nostri] amici, mangiamo, balliamo… e papà… papà…». La madre, attenta e discreta,
chiede: «E papà?». Il bambino si ferma pensoso per un momento, poi riprende con tono soddisfatto:
«Papà chiude callozza!». Eureka!: papà farà il lacchè, come il cane Tobia nel cartone di Disney.
La maggior parte degli adulti vi vedrebbe solo una divertente conversazione, che invece descrive
un pensiero coniugale, perfettamente colto e civile, posto dal bambino, motu proprio.
18
M. Quilici, Storia della paternità. Dal pater familias al mammo, Fazi Editore, Roma 2010, pag. 71.
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Il nostro “piccolo Hans” desidera entrare a far parte del legame già esistente tra quell’uomo e quella
donna che egli conosce come papà e mamma. E’ un vero pensatore, che approfitta di questa favola
per corteggiare sua madre.
Possiamo osservare qui una soluzione intellettuale, morale e giuridica di gran lunga migliore di
quella creata da Sofocle e usata da Freud per descrivere il complesso edipico. Infatti non troviamo
pensieri o sentimenti ostili verso il padre, nessun parricidio reale o fantasticato. Piuttosto, il
bambino promuove la madre a sua sposa e celebra con lei nozze legittime davanti a tutti. Questi
sono rappresentati in special modo dal ruolo assegnato al padre: papà farà da testimone. E alla fine
troverà anche un nuovo lavoro.
4.
LA RELIGIONE MANTIENE IL PADRE NELLA CRISI: IL CONFLITTO TRA CIELO E
TERRA
Come abbiamo detto, Freud descrive in tutta la sua opera il padre nella crisi: una crisi che motiva
l’istituzione della religione. Commentiamo ora sinteticamente le linee freudiane.
Il parricidio non è un semplice omicidio, poiché esso colpisce il partner della relazione per
eccellenza. Si tratta di un omicidio che toglie a tutti qualcosa. Infatti chi uccide il Padre ha già
pensato che tutti avrebbero voluto ucciderlo: il parricidio ci fa tutti uguali, dando inizio alla
psicologia delle masse. I fratelli diventano complici, pari e compari; chi fosse privilegiato
toglierebbe agli altri qualche cosa. Il desiderio del privilegio diventa ostaggio del senso di colpa.
A garanzia ideale dell’uguaglianza tra i fratelli sulla terra ci sarà un dio-padre ormai trasferito nei
cieli, un essere perfetto che programmaticamente amerà tutti con lo stesso amore.
5.
L’IPOTESI DI UNA FONDAZIONE INDIVIDUALE DEL DIRITTO
Gli sviluppi della religione procedono di pari passo con il progresso civile che modifica l’assetto
delle comunità umane. Il diritto segnala tale progresso. La concessione di pari diritti a tutti i
membri dell’alleanza dei fratelli limita la loro tendenza alla rivalità. Per «mantenere durevolmente
il nuovo ordine sorto dopo la fine del padre»,19 nessuno avrebbe più dovuto prendere il suo posto
sulla terra. E’ l’imperativo che anima il contratto sociale e «la fondazione di determinate istituzioni
dichiarate inviolabili.»20
Sono gli inizi della morale e del diritto che leggiamo nel Mosè. I cui statuti, tuttavia, rimangono
imperfetti. Hans Kelsen, insigne giurista, analizzando il concetto di democrazia, afferma: «pure la
19
20
S. Freud (1938), L’uomo Mosè e la religione monoteistica, OSF v. XI, p. 435.
Ibidem, corsivo nel testo.
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dottrina della sovranità popolare è una maschera totemistica.»21 La parità dei diritti non garantisce
la giustizia, come mette bene in evidenza Rawls (1971).22
«Diritto e violenza sono per noi oggi termini opposti»,23 sostiene Freud rispondendo ad Einstein nel
1936. L’accertamento che lo strapotere di uno solo poteva essere bilanciato dall’unione dei più
deboli ha condotto gli uomini a preferire il diritto alla violenza. Esso rappresenta sì la potenza di
una comunità, ma a condizione che l’unione rimanga stabile.
Non è sufficiente dunque che l’unione sia fatta per andare contro qualcuno o qualcosa, occorre una
precisa comunione di interessi fondata su legami emotivi solidi. Ma il diritto viene meno al suo
compito, annota Freud, quando diventa espressione dei rapporti di forza, sordo al richiamo degli
ideali etici. Esso non sembra sufficiente a difendere l’uomo da se stesso, dall’ostilità, sigillo del
parricidio, che egli sembra produrre in proprio.
Tuttavia rimane ancora una ultima possibilità, seguendo Freud: «C’è anche un’altra forma di
mutamento del diritto, che si manifesta solo in modi pacifici, cioè la trasformazione dei membri di
una collettività.»24 Pur senza farsi illusioni, Freud arriva a concepire i legami libidici come
trasformativi, promotori di legami giuridici rinnovati. A questo lavoro amoroso e giuridico G.B.
Contri ha dato il nome di vita psichica come vita giuridica. Tra l’individuo e la collettività non
sono necessarie istituzioni intermedie, poiché l’individuo stesso è una istituzione.
6.
IL PADRE INEDITO: CONCLUSIONI
1.
Vorremmo concludere con il nostro omaggio a Delfi per l’Oracolo, la cui eco risuona da
secoli e secoli per tutto l’Occidente. Eppure il Padre, il tema dei nostri lavori, non prende parte a
quella voce: il posto del padre non è quello dell’oracolo. La forma dell’oracolo non è la forma
paterna. Il Padre non lavora per premonizione, ma per costituzione.
2.
Freud, appassionato lettore, ammirava la cultura greca. In quest’ultima, un ottimo esempio
della rappresentazione del padre è la figura di Priamo. Il suo pianto alla morte del figlio Ettore,
caposaldo della resistenza della città (Iliade, canto XXII), e la sua supplica ad Achille (Iliade, canto
XXIV) perché gli restituisca le spoglie del figlio morto, non sono esenti dalle tracce del parricidio.
Ettore, con il consenso del padre, ha risposto alla provocazione del nemico. Priamo ha lasciato che
la logica fosse quella dell'ostilità e dell’eroismo, invece che una strategia prettamente militare. In
un certo senso, egli non ha saputo sottrarsi al parricidio.
21
H. Kelsen, Foundations of Democracy, 1955, La democrazia, Il Mulino p. 196.
J. Rawls, A Theory of Justice, Harvard University Press, 1971.
23
S. Freud (1936), Perché la guerra?, OSF, v. XI, p. 293.
24
S. Freud, ibidem, p. 295, corsivo nostro.
22
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3.
La «nevrosi è inseparabile da una fuga dinanzi al desiderio del padre, al quale il soggetto
sostituisce la sua domanda» (Lacan, 1963).25 Un tale desiderio è attestato dall’intera opera
freudiana, che documenta a più riprese un preciso orientamento volto a guadagnare, per via logica,
il rapporto con il padre. Quale esempio, citeremo solo la nota pagina autobiografica Un disturbo
della memoria sull’Acropoli (1936), in cui Freud riferisce che persino Napoleone Bonaparte
avrebbe voluto il padre accanto a sé nel momento della sua massima gloria. L’esergo della nostra
relazione (che è anche l’omaggio alla terra che ci ospita oggi) riporta la frase con cui Napoleone si
sarebbe rivolto al fratello al momento dell’incoronazione: «‘Cosa direbbe Monsieur notre père, se
potesse essere qui adesso?’».26 Freud fa sua la frase di Napoleone.
3.
A questo proposito, concluderemo il nostro esame servendoci dell’ultimo autore e pensatore
che abbia saputo trattare questi temi, così articolati tra loro, all’alba dell’era moderna: W.
Shakespeare. Vi troviamo un concetto di padre attestato su eredità, successione, regalità, titolarità.
Nell’Enrico IV il re padre, ormai morente, rimprovera il giovane figlio e futuro Enrico V il quale,
vedendo il padre addormentato e credendolo già morto, aveva preso la corona dal cuscino: “Hai
tanta fame di veder vuoto il mio seggio / che hai voluto investirti degli emblemi del mio potere /
prima che la tua ora fosse matura? Giovane sventato!”27 E ancora: “Hai rubato una cosa che dopo
poche ore / sarebbe stata tua senza colpa (…) Nascondi nei tuoi pensieri mille pugnali / affilati sulla
cote del tuo cuore di pietra / per immergerli nell’ultima mezz’ora della mia vita. / Non puoi dunque
concedermi neppure una mezz’ora?”28 Enrico IV sa bene che anni prima ha conquistato quella
corona con la violenza, mentre in cuor suo avrebbe desiderato che il diritto alla successione gli
fosse riconosciuto. Perciò ora con questo atto di parola perdona volentieri il figlio e ne sancisce la
successione legittima: “Quel che io ho acquisito / discende a più giusto titolo su di te, / che porterai
la corona per successione diretta.”29
Shakespeare non è un tragico alla maniera dei classici greci, ma inglese. Il suo lascito, al pari di
quello dell’ebreo Freud, corregge il parricidio. Per questo rappresenta una vetta del pensiero, alla
portata di chiunque voglia servirsene. E’ questo un compito di civiltà cui noi psicoanalisti non
possiamo derogare.
25
J. Lacan (1963), Des Noms-du-Père, Ed. du Seuil, 2005. Dei Nomi-del-Padre, ed. it. a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi,
2006, pag. 45.
26
S. Freud, Un disturbo della memoria sull’Acropoli: lettera aperta a Romain Rolland, 1936, OSF, vol. XI, p. 480.
27
W. Shakespeare, Enrico IV, trad. di Giuliano e Giorgio Melchiori, testo originale a fronte, Oscar Mondadori, 1991,
pag. 447.
28
Ibidem, pag. 449.
29
Ibidem, pag. 455. Nel testo originale («You’ll wear the crown by right of succession»), right of succession potrebbe
essere ben tradotto successione legittima anziché diretta.
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