lezione dott. Bettosi - Società Italiana di Medicina Veterinaria

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lezione dott. Bettosi - Società Italiana di Medicina Veterinaria
Dr Alessandro Bettosi – Appunti per il Corso
“Aspetti veterinari nella gestione della fauna selvatica:
cattura e problematiche connesse, analisi delle predazioni e valutazioni relative,
vigilanza e controllo sui centri di detenzione fauna”
SIMeVeP - Università di Torino 9, 10, 16 e 17 febbraio 2012
TUTELA GIURIDICA DELLA FAUNA SELVATICA AUTOCTONA
La legge di tutela delle fauna selvatica omeoterma nel nostro Paese origina da due convenzioni e da
una direttiva comunitaria.
CONVENZIONE DI PARIGI
“relativa alla protezione degli uccelli”
firmata a PARIGI il 18 ottobre 1950, ratificata in ITALIA con Legge 24/11/1978 n° 812 ed attuata
con Legge 11 febbraio 1992 n.157.
La Convenzione stabilisce che debbano essere protette tutte le specie di uccelli, almeno durante il
loro periodo di riproduzione, e in particolare quelle migratrici durante il loro percorso di ritorno
verso il luogo di nidificazione. Durante tutto l'anno devono essere protette le specie minacciate di
estinzione o che presentino un interesse scientifico. Gli Stati aderenti alla Convenzione hanno il
compito di studiare e di adottare i mezzi atti a prevenire la distruzione degli uccelli dovuta agli
idrocarburi o ad altre cause di inquinamento, ai cavi elettrici, agli insetticidi, ai veleni e ad ogni altra
causa. Inoltre essi devono attuare campagne di educazione dell'opinione pubblica per far loro
comprendere la necessità di preservare e di proteggere gli uccelli. Introduce in più il divieto di
utilizzo di alcuni mezzi di cattura ed il differenziarsi dello status di “selvatico” da quello “non
selvatico”.
CONVENZIONE DI BERNA
“relativa alla conservazione della vita selvatica e degli ambienti naturali”
firmata a BERNA il 19 settembre 1979, ratificata in ITALIA con Legge 5/7/1981 n° 503 ed attuata
con Legge 157/92.
Lo scopo della Convenzione di Berna è assicurare una duplice tutela: la conservazione della vita
selvatica e dell’ambiente naturale prevedendo interventi degli Stati Parte in tal senso. A tal fine
devono essere promosse: l'educazione e la divulgazione di informazioni sulla necessità di tutelare la
fauna selvatica ed il suo habitat; la regolamentazione di ogni tipo di sfruttamento della fauna
selvatica; le attività di ricerca. Inoltre sono promossi la reintroduzione di specie di fauna minacciate
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d'estinzione ed il controllo delle specie alloctone. Successivamente sono stati modificati i
sottoelencati annessi (Allegati I, II e III – G.U. n°122 del 28/5/’98 – e Allegati II e III dalla
Decisione del Consiglio del 21/12/’98 – G.U.C.E. L358 del 31/12/’98).
Allegato I - flora particolarmente protetta
Allegato II - fauna particolarmente protetta
Allegato III - fauna protetta
Allegato IV - mezzi uccisione/cattura/sfruttamento vietati
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO CEE 79/409 DEL 2 APRILE 1979
“concernente la conservazione degli uccelli selvatici”
L’emanazione della Direttiva nasce dalla considerazione che per molte specie di uccelli selvatici si
era registrata in Europa una diminuzione della popolazione e che tale diminuzione rappresenta una
minaccia per gli equilibri biologici. Un caso particolare è costituito dall’avifauna migratrice, che
viene dichiarata patrimonio comune degli Stati membri, da tutelare con azioni sotto la responsabilità
comune. La Direttiva prevede che, ai fini della conservazione delle specie, le misure da adottare
debbano applicarsi ai diversi fattori che possono influire sull'entità delle popolazioni selvatiche, in
particolare alla distruzione e all'inquinamento degli habitat, all’attività venatoria ed al commercio.
Nel quadro di una politica di conservazione, la severità di tali misure deve essere commisurata allo
status di conservazione delle diverse specie. Le misure di conservazione previste dalla Direttiva si
applicano sia agli animali, sia alle uova, ai nidi ed agli habitat. Ha classificato le specie presenti in
Europa in diverse categorie e ha stabilito quali possono essere cacciate e quali devono essere
assolutamente protette, vietando forme di disturbo o di cattura, evidenziando l’importanza della
tutela degli habitat ed incentivando studi scientifici in relazione alla funzione di certe specie come
indicatori d'inquinamento. Gli allegati sono stati modificati dalle seguenti Direttive della Comm.ne:
Dir 81/854/CEE; Dir 85/411/CEE; Dir 91/244/CEE e più recentemente Dir 97/49/CE del 29/7/1997.
Chiamata anche “direttiva uccelli”, in Italia è stata recepita dalla Legge 157/92.
Allegato I - fauna per cui sono previste misure speciali di tutela
Allegato II - fauna cacciabile con particolari deroghe
Allegato III - fauna cacciabile con controlli
Allegato IV - mezzi uccisione e cattura vietati
LA LEGGE 11 FEBBRAIO 1992 N.157
L’OGGETTO DELLA TUTELA
Trattato dagli artt.1 e 2 che inquadrano la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato,
tutelato anche nell’interesse internazionale.
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La Legge divide l’oggetto in due categorie:
1. FAUNA NON PROTETTA (topi propriamente detti, talpe, ratti, arvicole).
2. FAUNA PROTETTA che possiamo ulteriormente suddividere in
a. PARTICOLARMENTE PROTETTA anche dal punto di vista sanzionatorio (art.2, es.: tutti i
rapaci, grossi carnivori);
b. CACCIABILE ma tutelata al di fuori dei periodi di prelievo (art.18, es.: merlo, tordo);
c. COMUNQUE PROTETTA (es.: riccio, scoiattolo, pipistrello, airone).
E’ importante chiarire alcune definizioni relative alla norma:
-
selvatica: che vive allo stato di naturale libertà, quindi esclusa ogni forma domestica;
-
omeoterma: temperatura corporea costante, quindi solo mammiferi ed uccelli;
-
autoctona: vive stabilmente nel nostro paese (stanziale), inclusa quella che vi transita in
migrazione (migratoria).
L’ESERCIZIO VENATORIO (cioè il prelievo ammesso)
Il PIANO FAUNISTICO VENATORIO (Regione - Provincia), cioè la pianificazione della caccia,
dovrà prevedere al massimo il 20/30% territorio Regionale protetto ed un max 15% di territorio per
gestione privata della totalità del territorio agro-silvo-pastorale. Il resto del territorio viene
suddiviso in vari Ambiti Territoriali di Caccia per ogni Provincia (ATC).
L’ESERCIZIO dell’ATTIVITA’ VENATORIA può essere espletato in tre diverse FORME:
vagante zona Alpi; da appostamento fisso; nell’insieme delle altre forme consentite. Per ottenere la
LICENZA di CACCIA sono necessari: 18 anni, l’idoneità psicofisica, l’assenza di precedenti penali
e l’abilitazione all’esercizio venatorio rilasciata dalla Provincia.
Tutto ciò si traduce nel possesso della seguente DOCUMENTAZIONE: il libretto porto di fucile;
una cedola bollata (cd licenza) che riporta i rinnovi annuali (fatto salvo il pagamento delle T.C.G.);
il tesserino venatorio Regionale; il tesserino dell’ATC; l’assicurazione annuale, più le varie ricevute
di versamento.
I MEZZI di caccia consentiti sono esclusivamente i seguenti: il fucile, l’arco oppure il falco.
I DIVIETI
Sono previsti principalmente dall’art.21 (ma non solo) ed in linea di massima se ne distinguono tre
tipologie:
-
ZONE VIETATE (esercitare la caccia in giardini, parchi, oasi, zone militari, cortili rurali);
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-
DISTANZE VIETATE (esercitare la caccia a meno di 50 m. da strade o 100 m. da immobili e
macchine agricole, o sparare a meno di 150 m. in direzione di immobili o vie di
comunicazione);
-
COMPORTAMENTI VIETATI (trasporto di armi cariche e senza custodia, caccia a rastrello in
più di tre persone, sparare da veicoli, detenere uova e piccoli di mammiferi ed uccelli, uso di
richiami acustici elettromagnetici o della munizione spezzata per ungulati, uso di trappole o
reti);
L’ATTIVITÀ DI VIGILANZA E LE FIGURE PROFESSIONALI PREPOSTE
a) LE FORZE DI POLIZIA (Corpo Forestale dello Stato, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di
Finanza, Polizia Penitenziaria): qualifiche di P.G. e P.S. ed armati SEMPRE.
b) AGENTI DIPENDENTI DAGLI ENTI LOCALI (delegati Regioni: Polizia Provinciale,
Guardiaparco, Polizia municipale): qualifiche di P.G. e P.S. ed armati limitatamente a (art.29):
svolgimento dell’attività di vigilanza; nell’ambito territoriale dell’Ente di appartenenza; luogo in cui
sono comandati di servizio.
c) GUARDIE VOLONTARIE DI VARIE ASSOCIAZIONI (venatorie; agricole; di protezione
animale): qualifica di guardia giurata; PRIVI di armi e di qualifiche di P.G. e P.S.
L’attività di vigilanza si svolge di norma con controlli, dai quali possono sfociare
contestazioni di illeciti. In caso di reato coloro che rivestono qualifiche di polizia giudiziaria
pongono in essere quanto previsto dal codice di procedura penale. Coloro che non esercitano
funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria,
redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le
circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore e li trasmettono all'ente da cui
dipendono ed all'Autorità competente.
Gli illeciti possono essere sia di natura amministrativa, sia di natura penale.
Vengono di seguito schematizzati solo I REATI VENATORI.
Sono previsti dall’art.30, comma 1, della Legge e sono riconducibili alle seguenti fattispecie:
a) l’esercizio della caccia in periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di chiusura e la
data di apertura;
b) abbattimento, cattura o detenzione di mammiferi o uccelli compresi nell'elenco di cui all'articolo
2 (particolarmente protetti);
c) abbattimento, cattura o detenzione di esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo,
muflone sardo;
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d) l’esercizio della caccia nei parchi nazionali, nei parchi regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi
di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti
ad attività sportive;
e) l’esercizio dell'uccellagione;
f) l’esercizio della caccia nei giorni di silenzio venatorio (martedì e venerdì);
g) abbattimento, cattura o detenzione di esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina,
non contemplati nella lettera b), della quale sia vietato l'abbattimento;
h) abbattimento, cattura o detenzione di specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia
non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi
vietati. La stessa
pena
si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati
(elettromagnetici);
i) l’esercizio della caccia sparando da autoveicoli, da natanti o da aeromobili;
l) il commercio o la detenzione a tal fine di fauna selvatica in violazione della presente legge.
SANZIONI
Per le violazioni previste dall’art.30 (reati contravvenzionali) le pene previste sono l'arresto
e/o l’ammenda: il massimo è previsto dalla lettera “c” del 1° comma con l’arresto da tre mesi ad un
anno e l'ammenda da euro 1032 ad euro 6197 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso,
stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo.
Nei casi
previsti dall'articolo 30, coloro che esercitano funzioni di polizia giudiziaria
procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del
cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo
30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi ed i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
TUTELA GIURIDICA DELLA FAUNA SELVATICA ESOTICA
CONVENZIONE DI WASHINGTON
Tra le Convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese, quella che più direttamente ci
coinvolge nella cooperazione per la tutela delle popolazioni selvatiche è la Convenzione di
Washington (CITES dall’acronimo inglese). Tale trattato, sulla regolamentazione del commercio
internazionale di flora e fauna in pericolo di estinzione, ha uno scopo fondamentale: mantenere ad
un livello che ne permetta la sopravvivenza e la moltiplicazione molte popolazioni di esemplari
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selvatici le cui condizioni risultavano critiche all’inizio degli anni settanta. Le rappresentanze di
circa ottanta Paesi infatti si riunirono nel febbraio del 1973 a Washington accordandosi su
procedure di sfruttamento equilibrato delle fonti, applicando il cosiddetto “uso sostenibile” ove
possibile od in alternativa una interdizione totale dal commercio. L’accordo ha dimostrato di
funzionare. Il mercato clandestino si è ridotto, molti dei Paesi utilizzatori hanno fatto campagne di
sensibilizzazione per cui è meno frequente trovare l’incauto turista in possesso di un souvenir
prodotto con parti di specie animali o vegetali protette, alcune popolazioni selvatiche in reale
pericolo di estinzione si sono stabilizzate ed altre tendono ad un incremento. Alla Convenzione,
entrata in vigore nel 1975, aderiscono attualmente 169 Paesi. Per la gestione delle varie attività è
stato costituito un Segretariato CITES, amministrato dallo UNEP (United Nations Environment
Programme) con sede a Ginevra.
La CITES regola il commercio internazionale di circa 30.000 specie, di cui approssimativamente
25.000 sono piante, distinte in tre livelli di protezione. Allegate al testo infatti ci sono tre elenchi
(Appendici) che catalogano le specie il cui rischio di estinzione è decrescente a seconda che siano
iscritte nella I oppure nella II o nella III Appendice. Questo sistema non è comunque statico; se gli
Stati Parte della Convenzione decidono durante una delle loro conferenze (normalmente si tengono
ogni due anni) che una specie in Appendice II possa ritenersi in pericolo per un continuo
decremento delle popolazioni, tale specie potrà essere inserita nell’Appendice I con la conseguente
interdizione totale dal commercio. Ovviamente potrà anche avvenire il fatto inverso, con
l’inserimento di esemplari dalla I alla II Appendice dopo averne constatato l’effettivo incremento
numerico delle popolazioni selvatiche, scongiurando quindi il pericolo di estinzione.
1. APPENDICE I - interdizione totale dal commercio di esemplari selvatici, tranne deroghe per
particolari situazioni (es.: ricerca scientifica per progetti di studio o salvaguardia della specie); si
contano circa 600 specie animali che corrono un concreto pericolo di estinzione.
2. APPENDICE II - commercio regolamentato dall’attività di controllo, espletata in ogni Stato
Parte dagli organismi preposti alla gestione, tramite il rilascio di permessi; oltre 4000 specie
animali possono incorrere in un grave rischio senza una disciplinata limitazione dei prelievi in
natura. Qui vengono inoltre compresi esemplari apparentemente somiglianti alle specie della
precedente Appendice, in modo da garantirne un controllo più efficace.
3. APPENDICE
III - commercio regolamentato su richiesta dei singoli Stati che intendono
tutelare quella specie in particolare, libero per tutti gli altri. Sono 230 circa le specie animali in
questa sezione.
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Ogni Paese firmatario dell’accordo ha un’Autorità di Gestione, coadiuvata da un’Autorità
Scientifica per i pareri tecnici. Il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è
l’Autorità di Gestione Italiana. Le Autorità amministrative italiane che, unicamente, possono
emettere licenze e certificati per il settore CITES, sono il Ministero del Commercio Internazionale Direzione Generale per la Politica Commerciale per licenze di importazione ed esportazione ed il
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali - Servizio CITES del Corpo Forestale
dello Stato per notifiche di importazione, certificati di riesportazione e certificati comunitari.
NORMATIVA COMUNITARIA E NAZIONALE
La prima normativa Italiana specifica entra in vigore di fatto il 1° gennaio 1980, ma alcune
difficoltà applicative saranno risolte solo qualche anno più tardi. Successivamente infatti la
Comunità Europea in quanto tale ha deciso di fare proprie queste disposizioni internazionali e di
conseguenza, con propri Regolamenti, ha introdotto molte novità, in un primo momento dal 1°
gennaio 1984 e più recentemente dal 1° giugno 1997, alle quali com’è ovvio anche il nostro Paese
si è dovuto adeguare.
Regolamenti Comunitari attualmente in vigore
1. Regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 2006 (Disposizioni relative alla
protezione delle specie di flora e fauna selvatiche attraverso il controllo del loro commercio).
2. Regolamento (CE) 1332/05 della Commissione del 9 agosto 2005 (Elenco delle specie della
fauna e flora selvatiche sottoposte a protezione mediante il controllo del loro commercio).
3. Regolamento (CE) 865/06 della Commissione del 4 maggio 2006 (Modalità di applicazione del
Regolamento (CE) 338/97 del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della
fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio).
4. Regolamento (CE) 997/’10 della Commissione (Sospensione dell'introduzione nella Comunità
di esemplari di talune specie di fauna e flora selvatiche).
Molto sinteticamente, al di là di alcuni aspetti formali (es. nuovi formulari per licenze e permessi),
tutte le specie elencate nelle tre Appendici CITES vengono ora collocate in quattro Allegati
(Allegato A, B, C e D, in ordine di tutela decrescente) che includono tra l’altro esemplari non
previsti dalla Convenzione di Washington, ma che comunque l’Unione Europea intende tutelare
perché possibile oggetto di richiesta/commercio all’interno della stessa.
Importazione, esportazione, riesportazione devono essere autorizzate, ma anche la
movimentazione intracomunitaria di esemplari in Allegato A (gran parte dei quali appartenenti
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all’Appendice I della CITES) dalla località indicata nella licenza di importazione o in un certificato
rilasciato in conformità con la normativa vigente, dovrà essere autorizzata dall’Organo di gestione
dello Stato Membro in cui si trova l’esemplare. L’autorizzazione è necessaria quindi per ogni forma
di commercio, al quale vengono assimilati anche alcuni tipi di alienazione (permute, scambi). Si
deroga a questa disposizione solo per urgenti interventi veterinari e per soggetti dei quali è
certificata in maniera idonea l’origine “non selvatica”, cioè riprodotti in cattività, ed adeguatamente
marcati. In ogni altro caso di spostamento, il responsabile dello spostamento dell’esemplare dovrà,
se del caso, poter fornire la prova dell’origine legale dell’esemplare stesso. Il Regolamento 338/97
impone inoltre che un animale di Allegato A per essere commercializzato o per essere mobilitato
debba essere marcato in maniera idonea, per cui diventa indispensabile avere un sistema di
identificazione (di norma riconducibile all’anello inamovibile, al tatuaggio od al microchip).
In Italia la norma che ha disciplinato in maniera più puntuale la materia è la Legge 7
febbraio1992 n.150 .
Di seguito sono elencati gli aspetti salienti:
1. viene messo a punto un sistema sanzionatorio specifico;
2. definizione dell’esemplare “selvatico” (cosiddetta fonte w), condizione che l’animale perde
dalla seconda generazione nata in cattività, distinto dal soggetto nato e riprodotto in cattività
(cosiddetta fonte c);
3. denuncia di detenzione al Servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato di esemplari selvatici
di Appendice I, il cui termine era previsto dalla stessa Legge, legata ad una sorta di
“censimento”, per una valutazione quindi della situazione nazionale;
4. una denuncia di nascita di nuovi esemplari da una coppia di riproduttori, estesa ai soggetti di
Appendice I e II, entro dieci giorni dalla stessa al Servizio CITES del Corpo Forestale dello
Stato;
5. una comunicazione di cambiamento del luogo di custodia di esemplari selvatici di Appendice I
al Servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato;
Integrazioni alla Legge 150/92 sono state successivamente effettuate dalla Legge 426/98 e
dal D.Lgs 275/01. Le novità di maggior rilievo presuppongono l’attivazione da parte dell’allora
Ministero dell’Ambiente di un modello di registro di carico e scarico per allevatori/commercianti,
l’obbligatorietà della denuncia di morte di esemplari selvatici di Allegato A (in pratica quasi tutti
corrispondenti all’Appendice I) ed il ricorso ad indagini genetiche per la verifica di eventuali
parentele. Vengono inoltre inasprite le pene comminate per violazioni al commercio delle specie
protette, incluse quelle in Allegato B (molte delle quali corrispondenti all’Appendice II).
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La Legge 7 febbraio1992 n.150 ha introdotto anche un altro aspetto, legato in maniera marginale al
commercio internazionale: il divieto di detenzione dei cosiddetti “animali pericolosi”, cioè
mammiferi e rettili vivi che in qualche modo potrebbero costituire pericolo per la salute e
l’incolumità pubblica, elencati in un successivo Decreto Ministeriale.
Dal momento dell’avvento del D.M. 19 aprile 1996, i detentori di animali pericolosi, pur non
rientranti nell’allora Appendice I della CITES, avrebbero dovuto inoltrare la comunicazione in
Prefettura, ed attendere il successivo sopralluogo degli organismi preposti per il nullaosta alla
detenzione. Su questo aspetto non ha alcuna influenza il fatto che il soggetto origini da una
riproduzione in cattività.
La componente “pericolosità” del soggetto viene mantenuta dal legislatore distinta e separata
all’interno della Legge 150/92, per cui il possessore di un’esemplare che rientrava
contemporaneamente nell’Appendice I della CITES e nell’elenco degli animali considerati
pericolosi, aveva l’obbligo di una doppia denuncia di detenzione: la prima al Servizio CITES del
Corpo Forestale dello Stato e la seconda alla Prefettura.
Salvo poche deroghe, dall’ottobre 1996 è vietata l’acquisizione di animali pericolosi vivi di
cui al Decreto suddetto, successivamente integrato, che ha visto inoltre l’aggiunta degli Aracnidi.
Normativa italiana di riferimento
1. Legge 7 febbraio 1992
n.150 (Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della
Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione).
2. Modifiche della Legge 7 febbraio 1992 n.150 → Legge 13 marzo 1993 n.59, Legge 9 dicembre
1998 n.426, D.Lgs 18 maggio 2001 n.275.
3. DD. MM. dell’Ambiente del 19 aprile 1996 e del 26 aprile 2001, Legge 1 agosto 2003 n.213
(Elenco delle specie che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica e di cui
è proibita la detenzione).
4. DD. MM. dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 3 maggio 2001 e dell’8 gennaio 2002
(Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali).
ASPETTI GIURIDICI E BALISTICI DELLA TELENAESTESIA
Allo stato attuale dei fatti, non esiste un titolo autorizzativo specifico per il porto/utilizzo di un
fucile lanciasiringhe, e l’argomento è ancora piuttosto “nebuloso”. L'inquadramento legislativo
della pratica della teleanestesia necessita quindi di una visione generale di alcune norme, da
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applicare di volta in volta alla situazione specifica, le più importanti delle quali sono la legge
110/’75 ed il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.
L'articolo 2 della legge 110/’75 ricorda che il fucile ad anima liscia rientra tra armi comuni da
sparo. È importante ricordarlo perché alcuni fucili per la teleanestesia, cosiddetti a gas caldo,
corrispondono come descrizione al fucile ad anima liscia. Sempre all'articolo 2 della legge si ricorda
che gli strumenti ad aria compressa, oltre una certa potenzialità offensiva, rientrano tra le armi
comuni da sparo, e che le cartucce particolari che lanciano sostanze o strumenti narcotizzanti hanno
necessità di una speciale licenza del questore.
Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza all'articolo 35 ricorda che per acquistare un'arma è
necessario un titolo di porto o nulla osta all'acquisto; all'articolo 38 ricorda la necessità di denuncia
di detenzione dell'arma e all'articolo 42 che il porto d'armi lunghe da fuoco viene rilasciato dal
questore.
Ogni qualvolta si utilizzi ciò che la legge definisce un’arma, per qualunque motivo cioè se ne abbia
la piena disponibilità “offensiva”, colui che la utilizza deve essere in possesso di un titolo
autorizzativo al porto.
Per detenere e poter utilizzare quindi un fucile lanciasiringhe, se si tratta di fucile a gas caldo
(sostanzialmente un’arma vera e propria), è necessaria la normale procedura più l’autorizzazione
del questore per le munizioni particolari.
Per detenere e utilizzare un fucile lanciasiringhe a gas freddo, cioè ad aria compressa, se è iscritto
nel catalogo nazionale delle armi da sparo perché di potenzialità offensiva ritenuta notevole (> 7,5
joule) bisogna seguire la normale procedura. Qualora non fosse iscritto, perché tecnicamente di
potenza offensiva ritenuta “marginale”, sarebbe libero da vincoli.
Strumenti che non vengano considerati giuridicamente armi non hanno bisogno ovviamente di
nessuna licenza di porto d'arma.
Bisogna ricordare però che dal 1° gennaio 2012 è stato abolito il catalogo nazionale delle armi
comuni da sparo, per cui d’ora in avanti per essere certi di un corretto acquisto ci si dovrà rivolgere
ad un’armeria di fiducia e, nel dubbio, consultare l’Ufficio armi della Questura di residenza.
La balistica è lo studio del movimento del proiettile e dei suoi fenomeni connessi.
Viene divisa scolasticamente in balistica interna, relativa ai fenomeni meccanici che agiscono sul
proiettile all'interno della canna, balistica esterna, che studia il moto del proiettile dalla canna fino
all'obiettivo, e balistica terminale che studia gli effetti del proiettile dopo che ha intercettato il
bersaglio.
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La traiettoria è la linea ideale che congiunge il tiratore, o meglio il fucile, con il bersaglio che deve
raggiungere. Normalmente la traiettoria ha un andamento parabolico. La traiettoria, soprattutto nel
caso si tratti di una siringa ad essere lanciata, subisce una serie di influssi da varie componenti che
rendono difficile stabilire con certezza il punto finale di contatto con il bersaglio.
Le principali sono l'attrito della canna, la resistenza dell'aria e la forza di gravità, che determinano
soprattutto un aumento del fenomeno dell'impennamento e dello spostamento laterale, in virtù della
lunghezza dell’oggetto lanciato, e dell’ondeggiamento per il fatto che all'interno ci sia un liquido di
densità e motilità variabile.
Per una corretta teleanestesia pertanto serve molta professionalità e molta esperienza.
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