La creazione dantesca di Beatrice File

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La creazione dantesca di Beatrice File
Aurbach Erich:9788879522281A CAN BOCCACCIO
28-10-2011
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I classici • Dante Alighieri
E. Auerbach, La creazione dantesca di Beatrice
VOLUME 1
Le origini e il Duecento
Erich Auerbach
La creazione dantesca di Beatrice
Opera: Studi su Dante, La poesia giovanile di Dante
Punti chiave:
Il mito della perfezione
L'interpretazione figurale di Beatrice
uerbach sottolinea l’importanza, nella poesia
della Vita nova, di Beatrice, motivo ispiratore del
primo libro di Dante. Secondo lo studioso la donna
cantata dal poeta può essere una donna realmente vissuta, e che realmente Dante ha conosciuto, e magari anche amato, ma tutto questo non conta a livello
poetico: Beatrice – come le altre donne dei poeti stilnovisti – è soprattutto un ideale, un mito di perfezione. «La poesia della Vita nova – scrive Auerbach –
non è utilizzabile come materiale biografico in senso pragmatico», ma essa si rivela decisiva per la biografia interiore del poeta.
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L’esperienza decisiva della sua1 giovinezza, il dato fondamentale della sua vita furono
gli eventi che egli stesso ha rappresentato come la vita nuova, cioè la storia del suo
amore per Beatrice. Per la nostra indagine è indifferente sapere chi era Beatrice, e se essa
sia vissuta davvero; la Beatrice deIla Vita Nuova e della Commedia è una creazione di
Dante e non ha quasi a che fare con una giovane di Firenze che più tardi sposò Simone
de’ Bardi. E se essa d’altro canto è niente più che un’allegoria di mistica sapienza, resta
in lei tanta realtà e personalità che si ha il diritto di considerarla una figura umana, che
possano o no quei dati di fatti reali riferirsi ad una persona determinata. Il ragionare in
termini di aut-aut – o Beatrice visse e Dante l’amò veramente, e allora la Vita Nuova è
una poesia nata da un’esperienza, oppure tutto è un’allegoria, e perciò un’illusione, una
costruzione non poetica, e uno dei nostri ideali più belli è distrutto – questo modo di
giudicare non è soltanto ingenuo, ma anche antipoetico. Tutti i poeti dello Stil Nuovo
hanno una amata mistica, a tutti loro accadono le stesse, stranissime espenenze amorose, a tutti loro Amore dispensa o rifiuta doni, che sembrano più un’illuminazione che
un godimento dei sensi, tutti appartengono a una specie di lega segreta, che determina
la loro vita interiore e forse anche esteriore: e solo uno di loro, Dante ha saputo rappresentare quei fatti esoterici in modo tale che devono essere accettati come autentica realtà, persino quando sono assolutamente misteriosi nei loro motivi e nelle loro allusioni.
Questo è decisivo per la natura poetica del loro autore, e non si capisce perché si debba
riconoscere maggior forza di ispirazione a un’esperienza erotica che può succedere a
ogni uomo, che non a un’illuminazione mistica che è capace di conservare l’evidenza
delle cose; come se la mimesis poetica2 dovesse essere una copia di cose determinate, e
non fosse piuttosto autorizzata a fondere a suo piacimento il suo materiale di realtà,
tratto dall’infinito numero delle cose di cui la memoria dispone.
Dunque la poesia della Vita Nuova non è utilizzabile come materiale biografico in senso
pragmatico: gli avvenimenti che vi succedono, gli incontri, i viaggi, i discorsi possono
non aver avuto luogo nel modo che vi si dice, e non consentono neppure conclusioni
che possano essere messe a profitto per la biografia. Ma per la biografia interiore di
1. sua: di Dante.
2. mimesis poetica: è la creazione poetica; mimesis è una parola di origine
greca che significa “imitazione”. A parti-
re da Platone, la nozione di mimesi, come imitazione della realtà, è stata al
centro della riflessione sulla creazione
artistica. Auerbach estende il concetto
G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
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di mimesi alla creazione letteraria e intitola Mimesis lo studio del realismo
nelle letterature occidentali, uno dei
suoi saggi più famosi.
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I classici • Dante Alighieri
E. Auerbach, La creazione dantesca di Beatrice
VOLUME 1
Le origini e il Duecento
L’AUTORE
Erich Auerbach è nato a Berlino il 9 novembre 1892; è stato un
importante studioso e filologo tedesco. Laureatosi dapprima in
giurisprudenza, Auerbach approda alla filologia romanza solo dopo la fine della Prima guerra mondiale.
Inizia la carriera accademica nel 1929, dopo un periodo passato come bibliotecario della Staatsbibliothek di Berlino. Tra i suoi
interessi di studioso si affaccia fin da subito la poesia di Dante:
particolarmente importante lo studio sull’interpretazione figurale dei personaggi nella Commedia.
Essendo di origini ebraiche, Auerbach è costretto a lasciare la
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Germania nel 1936: si rifugia dapprima a Istanbul, città nella
quale rimane, insegnando e scrivendo, fino al 1947; in seguito si trasferisce negli Stati Uniti, dove insegna nella prestigiosa Yale University.
Con Ernst Robert Curtius e Leo Spitzer, anch’essi tedeschi, Erich
Auerbach è considerato uno dei maestri della moderna stilistica, una delle più importanti correnti critiche del Novecento.
La sua produzione è molto ricca, numerose sue opere sono state tradotte in italiano, tra queste ultime si segnalano Studi su
Dante (1929) e Mimesis (1946). Auerbach è morto a Wallingdorf
il 13 ottobre 1957.
Dante, l’opera è decisiva. Essa mostra la derivazione della sua struttura spirituale dal
misticismo erotico dello Stil Nuovo, e insieme il posto che specialmente gli compete
entro quel movimento. Già nell’opera giovanile infatti si rivela una forza ordinatrice
unitaria, una coerenza a lui peculiare nel dar forma alle cose, che legava in un tutto le
manifestazioni astratte e polivalenti dello Stil Nuovo. Nonostante tutte le sue stranezze
e i malintesi derivatine, l’opera suscita e mantiene nei lettori un’impressione ben definita e senza dubbio giustificata, l’impressione di una esperienza, mediante una visione, in
cui la perfezione diviene cosa sensibile, di una peripezia prima fortunata, e poi sfortunata, e infine d’una separazione definitiva, che si svela come la vera riunione o almeno
la certa speranza di essa. Molte cose singole vi sono strane, soprattutto quelle terze persone che compaiono nella suddetta peripezia, la “donna dello schermo,” la fanciulla
morta e le figure introdotte più tardi; ma anche se non si capisce il loro significato, o lo
si capisce solo a metà – e chi lo capirebbe tutto! – questo non incrina affatto la forma
dell’opera, perché dal complesso viene a quelle figure e a quegli avvenimenti misteriosi
una realtà irrazionale e sensibile, che anche se non interpretata trova accoglienza nella
fantasia. Ma l’oggetto stesso della visione, la mistica saggezza mandata da Dio, ha qui,
come in nessun altro dei compagni dello Stil Nuovo, caratteri cosi evidenti di fenomeno
sensibile che noi ci sentiamo autorizzati a chiamarla Beatrice, al pari di Dante, senza con
questo voler dire che una giovane fiorentina sia servita di modello alla sua creazione.
In Beatrice il motivo orientale-cristiano della divina perfezione incarnata, la parusía dell’idea3, prese una strada che fu decisiva per tutta la poesia europea. Il temperamento
severo e appassionato di Dante, il suo desiderio sempre presente di realizzare il giusto,
non sopportava una esperienza, una visione, che non potesse essere subito leggittimata
dalla ragione e dall’azione; l’arcana verità, che qui fu insieme il primo dolcissimo incanto dei sensi, egli la trasse dall’ambito della particolare, oscura lega segreta e su di essa
fondò la realtà; la nostalgia di essa non è divenuta nel suo cuore infruttuosa eterodossia
o misticismo informe. La Donna esoterica dei seguaci dello Stil Nuovo appare ora a tutti
nel suo significato; essa è parte ordinata e necessaria, prevista nei consigli divini, della
redenzione; in quanto sapienza teologica, Beatrice, la beata, è la necessaria mediatrice
della salvezza per gli uomini che mancano di conoscenza. Questa sua posizione può
avere un che di pedante e di non-poetico per i romantici increduli del XIX secolo; ma
per Dante, il tomista4 per il quale sapere e fede erano cosa unica, l’amata sibillina – cui
Maria ha dato il potere di salvare lui Dante con lo svelargli gradualmente la reale verità,
il vero pensato e il vero essere – non è una figura mista, ibrida, costruita, ma la reale sintesi sensibile e razionale della perfezione.
3. parusía dell'idea: parousía è una parola di origine greca che significa "presenza", è un termine usato nella dottrina filosofica del platonismo per indicare
la presenza dell'idea nella realtà sensi-
bile. Il termine compare anche nel Nuovo Testamento dove indica la venuta di
Gesù alla fine del mondo.
4. tomista: seguace del tomismo, una
dottrina filosofica e teologica, elaborata da
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Tommaso d'Aquino, che si fonda sull'integrazione tra il cristianesimo e il pensiero
aristotelico.
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Molteplici motivi di origine diversa si intrecciano in questo mito della perfezione incarnata; Beatrice è insieme una santa cristiana e un’antica sibilla; come amata terrena è un
sogno giovanile, i cui contorni sono a stento conoscibili, e come beata, membro della
gerarchia celeste, è una figura reale. Forse il tratto particolare in lei non sembrerà a prima
vista quello cristiano. Gia il Minnensag5 possedeva nella poesia d’amore motivi cristiani; i caratteri del dolore terreno e dell’ascetismo, propri di un santo, sembrano mancare in Beatrice, mentre l’elemento didattico, la rivelazione della verità segreta, sono sincretistici6 e della tarda antichità, ma non veramente cristiani. E tuttavia la novità della
creazione dantesca di Beatrice, che la distingue da un lato dalla Donna dei trovatori, dall’altro dai miti antichi e dalle allegorie della tarda antichità, è eminentemente cristiana,
più profondamente cristiana che la tendenza del Minnesang ad appoggiarsi al culto dei
santi: è il motivo dell’incielarsi e trasfigurarsi nella conservata figura umana. La Sibilla è
un essere ultraterreno, e non fu mai altro; la Donna dei trovatori, come essere ultraterreno, è solo una metafora. Gli dei del mito, che scendevano in terra, erravano per il
mondo degli uomini talvolta non conosciuti, ma non contrastati nella loro divinità,
intatti nell’intimo, restavano dei. Solo Cristo fu l’uno e l’altro: fu uomo e si trasformò,
e per il credente egli si trasforma di nuovo ogni giorno.
Per quanto evanescenti e appena sfiorate, la vita e la passione terrena di Beatrice esistono; noi sentiamo il profumo della sua persona umana, che era giovane e meravigliosa;
aveva sofferto ed era morta; assistiamo al suo incielarsi, e nella trasfigurazione dell’aldilà vediamo mantenuta e potenziata la sua contingente figura terrena. Perciò la Vita
Nuova non è, come alcuni oggi asseriscono, un’opera giovanile disarmonica e non originale; certo le sue oscurità sono innegabili, e innegabile è che essa nasce da una violenta esagerazione dello stile del tempo; ma la necessità di tale esagerazione nasceva dall’essenza cristiana dell’oggetto, dall’inclusione consapevole della problematicità e incertezza terrena nella perfezione; oscurità di ugual origine si trovano in ogni opera mimetica veramente cristiana e soprattutto nei libri del Nuovo Testamento. La Vita Nuova è piuttosto il primo gradino necessario del concetto dantesco di realtà, il suo vero germoglio,
il necessario preludio della Commedia. Perché ciò che Dante fu ed è, il poeta cristiano
della realtà terrena conservata nell’aldilà, nel compimento attraverso il giudizio divino,
lo è divenuto nella sua esperienza giovanile, e la Vita Nuova è la testimonianza di questo divenire.
E. Auerbach, La poesia giovanile di Dante, in Studi su Dante, Feltrinelli, Milano 2005
(prima ediz. italiana 1963; ediz. tedesca 1929).
5. Il Minnesang: è la più importante
scuola poetica del Medioevo.
6. sincretistici: tipici del sincretismo, un
sistema filosofico e teologico caratterizzato dalla fusione di dottrine di diversa origine.
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