il risveglio del dormiglione - Corpo Forestale dello Stato
Transcript
il risveglio del dormiglione - Corpo Forestale dello Stato
IL RISVEGLIO DEL DORMIGLIONE Il ghiro non può dormire sonni tranquilli perché i bracconieri, che lo vogliono nel piatto, sono in agguato. Dalla sua parte ci sono però i Forestali di Felice D'Agostini ra il ghiro è in letargo, si sveglierà tra aprile e maggio, dopo circa 6 mesi di lungo sonno. Ad attenderlo in diverse zone della Calabria troverà i fucili dei bracconieri ma anche gli uomini del Corpo forestale dello Stato che cercano di contrastare il fenomeno del bracconaggio che riguarda questa specie protetta. Soprattutto in Calabria e Campania, ma anche nel Lazio e in Toscana il ghiro è ricercato perché considerato una ghiottoneria. “Spezzatino di ghiro” si trova illegalmente in alcuni menù o ancora “ghiro farcito”. Già i Romani avevano scoperto che questo roditore poteva essere allevato, ingrassato e cucinato. Lo testimonia anche un’orcio per ghiri rinvenuto a Cosa, in Toscana, il cosiddetto glirarium. A molti parrà strano, ma gli antichi Romani O andavano molto ghiotti per il ghiro, il roditore noto per il suo proverbiale letargo. Le carni di questo piccolo animaletto (il suo peso non supera i 250-300 grammi nel pieno dello sviluppo), apprezzate perché tenere e gustose, lo resero un cibo particolarmente gradito nell’antichità: in poco tempo diventò una pietanza che non poteva mancare sulle mense dei Romani più ricchi e raffinati. Durante la cena di Trimalcione, descritta da Petronio, e diventata la più celebre abbuffata dell’antichità, il ghiro viene infatti servito tra gli antipasti. Contemporaneamente all’affermarsi della moda di cucinarlo, si diffuse l’usanza di allevarlo. Plinio e Varrone, due autori antichi, ci informano che i ghiri potevano essere allevati in recinti circondati da muretti, e coperti da una rete, oppure in orci Il Forestale n. 54 - 19 © D. Capizzi BRACCONAGGIO / Il ghiro © Archivio CFS di terracotta come quello in figura rinvenuto a Cosa. Una volta messi all’interno di questo contenitore, i ghiri venivano coperti, tenuti al buio e nutriti con noci, castagne, nocciole e miele in modo da accelerarne e forzarne l’ingrassamento. Allevare e cucinare il ghiro era diventata una moda così diffusa che nel 115 a.C. si tentò, invano, di bandirlo dalle tavole attraverso una legge emanata per contenere lussi e inutili sprechi. Ma il suo uso e consumo continuarono ancora per diversi secoli; solamente nell’editto dei prezzi di Diocleziano, emanato nel 301 d.C., lo troviamo annoverato tra le merci con un prezzo abbastanza basso, segno evidente che la moda era finita. Chi cerca il ghiro oggi In Calabria, soprattutto nel Rossanese e nella Locride, a cavallo fra le provincie di Reggio Calabria e Catanzaro, la Forestale ha messo a segno diverse operazioni di repressione del bracconaggio. Le trappole vengono ancora usate, anche se la caccia si fa ora anche muniti di fucile e di una torcia. Si tratta, infatti, di animali molto rumorosi e quindi non è difficile individuarli di notte quando sono attivi, accecarli con la luce e quindi sparargli. Il suo aspetto è molto simile a quello di uno scoiattolo, con una lunga e folta coda che gli serve come equilibratore nei movimenti sui rami e quattro zampette prensili per afferrare saldamente le fronde. A differenza dello scoiattolo, però, il suo mantello è di un grigio uniforme (e inoltre, in media, le sue dimensioni sono leggermente più piccole), la testa è più 20 - Il Forestale n. 54 simile a quella di un topolino. Gli occhi del ghiro sono molto grandi, talvolta bordati di nero, tipici di un animaletto dalle abitudini notturne. Infatti è dal tramonto del sole fino all’alba che esce dal suo rifugio per compiere le proprie attività, la prima delle quali è la ricerca del cibo. Per tutta la primavera e l’estate l’alimentazione del ghiro è molto varia e comprende principalmente vegetali e frutti del bosco, ma viene integrata con insetti, uova e nidiacei di uccelli ed addirittura viperidi. Delle abitudini così eclettiche spiegano il grande successo ecologico di questo roditore che è diffuso in tutta Italia, in qualsiasi formazione vegetale, dalle poche residue delle pianure (siepi, boschi ripariali, ecc.) a quelle d’alta montagna che lambiscono i 2.000 metri di quota. Anche se, avendone la possibilità, preferisce l’ambiente collinare e montano al di sotto dei 1.000 metri di altitudine, con boschi misti di querce, castagni e conifere. Quando sorge il sole il ghiro si rintana per dormire in cavità naturali, nidi abbandonati di picchi o di altri uccelli, oppure in un caratteristico rifugio di forma globosa che si costruisce tra i rami intrecciando stecchi e fronde. La stagione degli amori inizia in maggio e dura per tutta l’estate, ma, a differenza degli altri roditori che sono sempre piuttosto prolifici, si verifica un solo parto all’anno, tra giugno ed ottobre, quando, dopo una gestazione di circa un mese, nascono dai cinque ai sette piccoli. Questi, inizialmente, sono ciechi e nudi e solamente dopo tre settimane apriranno gli occhi ed inizieranno a nutrirsi da soli. Spesso capita che due o tre femmine partoriscano ed allevino i © Archivio CFS Da leggere n libreria si trova un utile manuale sui roditori (ghiro incluso) che li analizza dal punto di vista naturalistico e di gestione. Non è solo il classico manuale del disinfestatore! I © Archivio CFS “I roditori italiani. Ecologia, impatto sulle attività umane e sugli ecosistemi, gestione delle popolazioni” di Dario Capizzi e Luciano Santini Delfino Antonio editore, pp. 400, euro 38 piccoli nello stesso nido: infatti il ghiro è un animale gregario, a differenza degli scoiattoli o del suo cugino moscardino, ed è abbastanza frequente trovare alcuni individui che condividono anche il rifugio in cui trascorrono il letargo. Ghiri e foreste Quando l’estate volge al termine l’alimentazione del piccolo roditore diviene a base di ghiande, castagne ed altri frutti del bosco particolarmente nutrienti, che trasformano la bestiola in una palletta di grasso: in questo periodo, infatti, l’animaletto giunge a pesare anche 200 o 300 grammi, contro un valore che va dai 70 ai 180 nel periodo estivo. Questo tessuto adiposo sarà la sua scorta di nutrimento per i mesi del letargo. “Può creare problemi ai boschi e ai frutteti, ad esempio nel Lazio ne risentono i noccioleti, ma l'entità del danno è solitamente limitata alle piante coltivate che si trovano al confine con la faggeta” spiega Dario Capizzi, dell’Arp (Agenzia regionale parchi). “È un animale molto curioso e iperattivo, anche se piuttosto stanziale. Con ogni probabilità sulle isole di Salina e dell’Elba è arrivato portato dai Romani, scappato dagli allevamenti si è poi ambientato. Fortunatamente non crea gli stessi problemi che invece portano i ratti sulle piccole isole”. Mentre il ghiro si preoccupa di aumentare di peso in estate, contemporaneamente accumula grandi riserve di cibo nel rifugio in cui in autunno inoltrato cadrà in letargo. Queste non gli serviranno certo durante l’inverno, quando il suo metabolismo e la sua attività nervosa si ridurranno al minimo, tanto che la sua temperatura corporea si abbassa dai normali 35,5°C fino a diventare simile a quella dell’ambiente. Bensì gli saranno utili al momento del risveglio, in primavera avanzata, quando, ormai dimagrito ben oltre la metà del suo peso, non avrebbe le energie sufficiente per uscire alla ricerca di cibo. Tra qualche mese arriva il risveglio e la ripresa della sua vita intensa, visto che ha solo pochi mesi prima di cadere nuovamente in letargo. Ghiro sardo na sottospecie di ghiro che si pensava estinta è stata osservata e fotografata nella foresta di Urzulei, un piccolo centro della Sardegna. Erano almeno due decenni che del roditore si erano perse le tracce. Gli anziani di Urzulei lo chiamavano sorighe 'e arbore (topo degli alberi). Sono stati proprio i vecchi del paese del nuorese, benché fossero scettici sulle possibilità di successo della ricerca scientifica, a indicare l’areale in cui erano stati avvistati per l’ultima volta. L’animale pesa 250 grammi, vive sugli alberi, ha una sagoma agile e la testa tondeggiante, poco marcata dal tronco. Gli occhi sono grandi, il musetto leggermente appuntito, la coda è molto lunga. Gli arti anteriori mostrano quattro dita, mentre quelli posteriori ne hanno sei. La schiena è grigio bruno mentre il ventre è chiaro. Ha abitudini notturne. U Il Forestale n. 54 - 21