15-19 dicembre - Filtea

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15-19 dicembre - Filtea
Dipartimento Internazionale
http://www.cgil.it/internazionale/
RASSEGNA STAMPA
INTERNAZIONALE
15 - 19 dicembre 2008
A cura di Maria Teresa Polico
DIPARTIMENTO INTERNAZIONALE CGIL
RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE
15 - 19 dicembre 2008
INDICE
ARGOMENTO
Unione europea
TESTATA
Il voto porrà fine all’esenzione della Gran Bretagna dalla settimana
lavorativa di 48 ore
International Herald Tribune
Francia
Otto sindacati indicono uno sciopero intercategoriale per il 29 gennaio
Le Monde
Germania
Aumentano i dubbi per l’accordo di “non licenziamento” di Berlino
International Herald Tribune
Grecia
Atene colpita da nuove manifestazioni di protesta
BBC
Gran Bretagna
La CBI chiede di agire sulla “bomba ad orologeria delle pensioni”
Financial Times
Italia
Il leader sindacale Epifani dice che il governo non sta facendo abbastanza
per contrastare la crisi
Financial Times
Organizzazioni internazionali
Il Programma Alimentare Mondiale si impegna per 5 miliardi e 200 milioni di
dollari
Financial Times
America Latina e Caraibi
La Compagnia brasiliana Vale chiede al governo di aiutarla ad evitare i
licenziamenti
International Herald Tribune
Asia
I lavoratori migranti sono duramente colpiti in Cina
Le Monde
Medio e Vicino Oriente
22 persone incarcerate dai 3 ai 5 anni e 27 rilasciati per gli incidenti di al
Mahalla
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Al Masry al Youm
International Herald Tribune
17/12/08
Il voto porrà fine all’esenzione della Gran Bretagna dalle 48 ore
settimanali
BRUXELLES. Il Parlamento europeo ha votato mercoledì la fine dell’esenzione della Gran
Bretagna dalla limitazione delle 48 ore lavorative settimanali, minacciando uno dei più potenti
simboli del mercato del lavoro flessibile del paese.
La votazione, inoltre, mette in dubbio un accordo negoziato attentamente sulla questione se il
momento in cui i medici ospedalieri sono di guardia deve essere considerato lavoro o di riposo.
La decisione del Parlamento è stata accolta con favore dai sindacati, ma è stata criticata dai datori
di lavoro, che hanno detto che il rallentamento dell'economia la rende più che mai necessaria per
mantenere la flessibilità del mercato del lavoro.
La votazione, 421 su 273, mette i membri del Parlamento in conflitto diretto con i 27 governi
dell'Unione europea, che avevano deciso di mantenere il cosiddetto "opt-out" per la Gran Bretagna,
anche se con alcune condizioni nuove.
L'esito dello scontro rimane difficile da prevedere. Se gli ulteriori negoziati tra i rappresentanti dei
governi nazionali UE e il Parlamento non riuscissero a produrre un accordo, la versione aggiornata
della legge in discussione non passerebbe, lasciando l'opt-out intatto.
La Gran Bretagna, però, potrebbe essere messa in minoranza se altri governi nazionali
cambiassero le loro posizioni e si schierassero con il Parlamento.
I funzionari britannici sottolineano che un totale di 15 governi dell'UE utilizza l’opt-out, almeno in
alcuni settori, così è improbabile che Londra si trovi isolata.
In Gran Bretagna, i lavoratori possono fare un accordo scritto con i datori di lavoro per ritirare il
massimale di 48 ore e lavorare più ore.
Alcuni diplomatici hanno dichiarato di prevedere che la principale area di negoziazione sarà il
lavoro di guardia dei medici ospedalieri - un settore su cui la Corte europea di giustizia ha
decretato contro alcuni governi.
Mercoledì il Parlamento europeo ha votato per classificare questo come tempo di lavoro,
respingendo un compromesso che avrebbe dato ai governi nazionali flessibilità per tenere conto di
alcuni come "inattivi".
Il portavoce del Parlamento sulla legislazione del lavoro, Alejandro Cercas, un socialista spagnolo,
ha descritto il voto come una "grande vittoria" per l'Europa sociale.
"Abbiamo la possibilità di modificare una decisione sbagliata", ha detto in una dichiarazione. "Il
Parlamento ha ascoltato i medici, i sindacalisti e i lavoratori le cui condizioni di salute e sicurezza
sul luogo di lavoro erano a rischio".
John Monks, segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati, ha inoltre accolto
con favore il voto. "Abbiamo sconfitto misure che rendere più facile ai datori di lavoro l’imposizione
eccessiva di ore di lavoro", ha detto Monks in una dichiarazione.
Ma il ministro del lavoro britannico, Pat McFadden, ha promesso di lottare per preservare le
disposizioni dell'opt-out, aggiungendo che il testo respinto dal Parlamento ha incluso il
rafforzamento di tutele per garantire che a nessuno può essere richiesto di lavorare per lunghe ore,
se non volevano.
"Porre fine all'opt-out sarebbe negativo per le imprese nel Regno Unito, i cui valori si basano su
un mercato del lavoro flessibile", ha detto in una dichiarazione McFadden. "Il voto di oggi non è la
fine della storia".
Tale punto di vista è stato ripreso dalla Confederation of British Industry, che rappresenta i datori di
lavoro britannici, il cui vice direttore generale, Giovanni Cridland, ha descritto il voto come
sbagliato.
"Nell’attuale contesto di rallentamento economico," Cridland ha detto in una dichiarazione, "una
famiglia potrebbe dipendere da uno dei genitori in grado di lavorare ore supplementari, qualora
l'altra perdesse il posto di lavoro."
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Secondo le proposte respinte dal Parlamento europeo, non ci sarebbe stata una maggiore
salvaguardia per garantire che i dipendenti non fossero posti sotto pressioni dall'opt-out di 48 ore
alla settimana. Ci sarebbe anche un tetto assoluto di 60 ore la settimana, o di 65 ore in alcuni casi
eccezionali.
Andrea Ward dell’azienda di diritto internazionale Hogan & Hartson, ha detto che era un "fatto
riconosciuto che i lavoratori inglesi lavorassero lunghe ore di lavoro", ma che le attuali leggi danno
flessibilità ai datori di lavoro e ai lavoratori.
"Questa decisione, nel bel mezzo di una recessione economica, non riesce a riconoscere che con
l’ 'opt out' possono beneficiare i lavoratori, come pure i datori di lavoro, come lo è da un decennio,”
ha dichiarato Ward.
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Le Monde
15/12/08
Otto sindacati indicono uno sciopero intercategoriale per il 29
gennaio
Otto organizzazioni sindacali hanno lanciato un appello lunedì 15 dicembre per una “giornata
nazionale di mobilitazione intercategoriale per giovedì 29 gennaio”, con “scioperi e manifestazioni
in tutte le regioni”. Questo appello, della CFDT, della CFE-CGC, la CFTC, la CGT, FO, la FSU,
Solidaires e UNSA, si rivolge ai “salariati del privato e del pubblico, ai disoccupati e ai pensionati” ,
si spiega nel comunicato congiunto.
Secondi i firmatari, “il superamento del la crisi comporta misure urgenti di altra natura rispetto a
quelle prese dallo Stato e dalle imprese, per essere al servizio dell’occupazione e delle
retribuzioni”. Tra le rivendicazioni sono comprese “la difesa dell’occupazione nel privato e nel
pubblico”, e “la lotta alla precarietà e alle deregolamentazioni economiche e sociali”. Il segretario
confederale della CGT ha dichiarato che “il 29 gennaio ci permetteremo di dire molto chiaramente
ai poteri pubblici, al governo e ai datori di lavoro, privati e pubblici, che non si tratta di servirsi della
crisi come un pretesto” per l’austerità.
Per Marcel Grignard della CFDT, “la data del 29 gennaio è sia troppo presto e sia troppo lontano”.
“Questo ci dà il tempo per preparare la mobilitazione e per vedere che cosa accade da oggi in poi”,
specialmente nei tre grandi negoziati sociali in corso, riguardanti l’assicurazione-disoccupazione, la
retribuzione dello sciopero parziale e l’indennizzo della formazione professionale.
“Siamo sicuri che questa mobilitazione sarà seguita”, ha ritenuto Michèle Biaggi di Force Ouvriere.
I sindacati dei dipendenti degli enti pubblici si riuniranno mercoledì per decidere se aderiranno al
movimento del 29 gennaio.
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International Herald Tribune
17/12/08
Aumentano i dubbi per l’accordo di “non licenziamento” di Berlino
Di Judy Dempsey
Berlino. Il governo tedesco ha finito il vertice economico affermando che i datori di lavoro si sono
accordati su una politica “volontaria di non licenziamento” come parte degli sforzi per tirare fuori il
paese dalla recessione.
Ma alcune società tedesche stanno già facendo dei tagli alla loro forza lavoro, e i gruppi di
imprenditori affermano di aspettare di vedere che cosa il governo sta facendo per aiutarli a
mantenere la promessa nel 2009.
“E’ difficile accettare una politica volontaria di non licenziamento quando non sei del tutto sicuro
che cosa intenda fare il governo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”, ha affermato
Thomas Hune della Federazione dell’Industria tedesca.
Il cancelliere Angela Merkel e il ministro delle finanze Peer Steinbruck hanno chiesto nell’incontro
di domenica con gli economisti, i datori di lavoro, i sindacalisti e i politici di raggiungere un
“orientamento concertato” per affrontare la crisi economica.
Includendo quanti più gruppi possibili di interesse nelle consultazioni, Merkel sperava di forgiare un
accordo informale tra i sindacati e i datori di lavoro con l’intento di prevenire la perdita di posti di
lavoro. I sindacati accetterebbero aumenti più bassi in cambio di un’intesa con i datori di lavoro per
difendere i posti di lavoro.
Bllomberg ha riferito che Steinbruck, Social Democratico, ha affermato domenica a Berlino che “Le
grandi società applicheranno una politica volontaria del non licenziamento” e istituiranno in
alternativa programmi di formazione.
Non è stata concordata all’incontro nessuna immediata misura per controbilanciare gli effetti della
crisi finanziaria globale.
Merkel, conservatrice, ha affermato di voler valutare le diverse previsioni economiche e vedere
quale politica economica adotterà Barack Obama una volta entrato in carica come presidente degli
Stati Uniti il 20 gennaio. Nel frattempo, si incontrerà il prossimo mese con le 30 compagnie più
grandi della Germania, ha affermato Ulrich Wilhelm, portavoce del governo. Steinbruck stabilirà
gruppi che valuteranno ogni settore, e ci sarà un altro incontro il 5 gennaio.
Un’idea che è emersa dall’incontro di domenica era prolungare i pagamenti dello stato per coloro
che lavorano a breve termine e in programmi di formazione. Una politica simile dovrebbe
persuadere le compagnie a tenere lontano i licenziamenti e ad adottare ore di lavoro più brevi.
La prima volta in cui è stato tentato un simile “orientamento concertato” che riguardava l’impresa e
il lavoro, fu alla fine degli anni ’60, durante la prima grande coalizione dei conservatori e dei social
democratici tedeschi. Allora, l’economia stava affrontando una forte crisi e il cancelliere
conservatore a quel tempo, Kurt Kiesinger, credeva che l’unico modo per trovare una soluzione
fosse quello di far salire tutti a bordo.
Ma Hune osservò che l’attuale crisi finanziaria era molto più vasta. Inoltre, l’economia tedesca è
così dipendente dai mercati globali che le compagnie non potevano più dare un impegno in bianco
per salvare i posti di lavoro come poterono farlo negli anni ’60, quando iniziarono ad utilizzare i
mercati per l’esportazione.
Con l’economia che quest’anno è entrata nella recessione, le imprese tedesche hanno già risposto.
BASF, l’impresa chimica globale, ha affermato lo scorso anno che stava temporaneamente
chiudendo circa 80 fabbriche e riducendo la produzione in 100 impianti nel mondo. Jurgen
Hamrecht, presidente della BASF, ha affermato che saranno colpiti nel mondo circa 20.000 posti di
lavoro, e che ci sarà un’enfasi sulla creazione di accordi sui tempi di lavoro flessibili.
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L’industria dell’auto non si trova in nessuna posizione per fare alla Merkel qualsiasi promessa a
causa del forte rallentamento nel mercato americano. L’Opel e la Daimler-Benz stanno
introducendo ore di lavoro più brevi, e ci si aspettano licenziamenti.
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BBC
15/12/08
Atene colpita da nuove manifestazioni di protesta
Centinaia di persone stanno organizzando vere manifestazioni di protesta ad Atene, dopo
giorni di rivolte che si sono diffuse in Grecia in seguito alla morte di un adolescente da
parte della polizia.
Si sono radunati vicino alle sedi della polizia della capitale e al principale tribunale, dove alcuni dei
manifestanti arrestati la scorsa settimana dovranno presentarsi davanti ai giudici.
Il poliziotto accusato di aver sparato ad Alexandros Grigoropoulos, di 15 anni, è stato accusato di
assassinio.
Gli spari hanno generato un diffuso sentimento antigovernativo. Il 60% degli intervistati dal
quotidiano greco Kathimerini ha respinto l’affermazione che i disturbi sono stati soprattutto una
serie di attacchi coordinati da un piccolo gruppo di anarchici oltranzisti.
“[il governo] si sta logorando, collassando e disgregandosi in un vicolo cieco”
George Papandreou dell’opposizione del partito Pasok
Un altro sondaggio pubblicato nel quotidiano Ethnos, ha suggerito che l’83% dei greci erano
scontenti della risposta del governo alla violenza. Kathimerini ha fissato il livello di disapprovazione
al 68%. Malcom Brabant della BBC ad Atene dice che i risultati sembrano confermare quello che
molti commentatori hanno detto: che il primo ministro conservatore Kostas Karamanlis ha fatto
l’unica impresa per alienarsi tutte le parti della società greca.
Karamanlis che sta partecipando lunedì al funerale dell’ex presidente cipriota Tassos
Papadopoulos, ha respinto gli inviti a dimettersi.
Ha affermato che il paese ha bisogno di una “mano ferma” per affrontare il rallentamento
economico, “non scenari di elezioni e di successioni”.
Timori per l’economia
Le nuove proteste nelle strade sono state tenute con una massiccia presenza della polizia.
Perlomeno 70 persone sono state ferite nelle proteste causate dagli spari
I manifestanti cantano slogan antigovernativi, ma non è stato riferito nessun incidente importante
fino ad oggi.
Sono previste ulteriori proteste per lunedì fuori al parlamento che giungono domenica dopo il
ritorno alla calma nella capitale.
In tutto, circa 70 persone sono state ferite in proteste violente in tutta la Grecia durante l’agitazione
provocata dagli spari del 6 dicembre.
Domenica, il leader dell’opposizione del Movimento Socialista Panellenico (Pasok) ha chiesto le
elezioni e ha affermato che il governo che “ignora le richieste della società, è incapace a guidare
fermamente il paese verso il cambiamento, e teme per la popolazione”.
“Si sta logorando, collassando e disgregandosi in un vicolo cieco…Il suo tempo politico è finito”, ha
affermato George Papandreou in un incontro di partito.
Un alto funzionario del sindacato ha avvisato nel frattempo che erano coinvolti nei disordini circa
un quarto di giovani disoccupati, l’agitazione potrebbe crescere nei mesi a venire quando più
persone perderanno i loro posti di lavoro.
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“Una massiccia ondata di esuberi entrerà con il nuovo anno quando, secondo le nostre stime,
saranno persi 100.000 posti di lavoro che rappresentano un ulteriore 5% di tasso di
disoccupazione”, ha affermato Stathis Anestis della Confederazione Generale dei Lavoratori Greci.
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Financial Times
15/12/08
La CBI chiede di agire sulla “bomba ad orologeria delle pensioni”
Di Nicholas Timmins
L’organizzazione dei datori di lavoro,la CBI, ha affermato domenica che i medici, gli infermieri, gli
insegnanti e i dipendenti pubblici dovrebbero lavorare più a lungo per creare più contributi per le
loro pensioni per contrastare la “bomba ad orologeria delle pensioni” nel settore pubblico.
Come primo passo, il governo dovrebbe istituire una commissione indipendente per spiegare con
precisione la “spinta speculativa al rialzo del costo” delle pensioni del settore pubblico e fare
proposte per il cambiamento, ha affermato John Cridland, vice direttore generale della CBI.
“Il debito che si sta riempiendo è veramente un pozzo d’acqua ed è destinato a peggiorare”, ha
affermato, chiedendo che il governo “chiarisca” il vero costo.
L’attuale posizione, ha affermato la CBI, sta mettendo “un massiccio e crescente carico sui futuri
contribuenti” che stanno lottando per costruire pensioni private e “non è sostenibile”.
Il Tesoro non ha pubblicato dal 2006 una stima della passività totale per gli schemi pensioni non
finanziati del settore pubblico, anno in cui aumentò l’ammontare da 650 a 2050 miliardi di sterline.
Questo dato non è solo non aggiornato, spiega la CBI, ma utilizza assunzioni finanziarie non
realistiche nel calcolo che i lavoratori del settore pubblico non vivranno come quelli del settore
privato.
Cridland ha affermato che una stima più realistica sarebbe del 40% più alta, ossia di 915 miliardi di
sterline, sebbene anche questo sia un “dato prudente” per alcuni analisti che lo mettono al di sopra
di 1.000 miliardi di sterline.
Ha affermato che le riforme che il governo ha introdotto, che includono l’aumento dell’età
pensionabile da 60 anni a 65 per i nuovi aderenti, farebbero risparmiare solo 13 miliardi di sterline
nei prossimi 50 anni.
Sono necessarie azioni maggiori e più radicali, che includono l’aumento graduale dell’età
pensionabile a 65 anni per i lavoratori esistenti, e la possibilità di accedere ad uno schema
finanziario anzichéé affidarsi alle passività non finanziate che i contribuenti dovrebbero sostenere.
“C’è un massiccio costo qui che i contribuenti devono capire”, ha affermato Cridland. I risultati di
una commissione indipendente saranno “il punto di partenza di un dibattito su una riforma molto
necessaria”.
Il settore privato ha dovuto fare cambiamenti “difficili e dolorosi” alle condizioni delle pensioni, e
con l’attuale crisi finanziaria è probabile che si vedranno ancora più schemi pensionistici chiusi al
salario finale.
Le passività del settore pubblico, invece, stanno crescendo, con la maggior parte del personale
ancora in grado di andare in pensione a 60 anni con pensioni libere da rischi e a riparo
dell’inflazione. E durante i recenti anni, ha affermato, la vecchia spiegazione che il settore pubblico
necessitava di pensioni migliori perché aveva in media una paga peggiore, è cessata di essere
vera.
La crescente discrepanza tra il settore pubblico e privato delle pensioni sta distorcendo il mercato
del lavoro, rendendo il settore pubblico dei posti di lavoro più attraente nel momento in cui le
imprese sono già preoccupate “riguardo alla dimensione e la capacità dello stato”.
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Brendan Barber, segretario generale del TUC, ha affermato, rispondendo, che la soluzione è “dare
una pensione decente in ogni posto di lavoro, non di fare la politica dell’invidia verso le pensioni
del settore pubblico”.
Ha aggiunto che il “vero scandalo” è il numero di pensionati che dipendono da mezzi di sostegno
alla pensione perché i “loro datori di lavoro sono troppo avari per dare loro una pensione decente”.
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Financial Times
18/12/08
Il leader sindacale Epifani dice che il governo non sta facendo abbastanza per contrastare
la crisi
L’oppositore più visibile di Renato Brunetta – Gugliemo Epifani, leader della confederazione
sindacale di sinistra CGIL – viene anch’egli dal partito socialista, scrive Guy Dinmore.
Lo scorso mese, Epifani non era d’accordo con le altre confederazioni sindacali italiane più piccole
e rifiutò di firmare i contratti di lavoro per il servizio pubblico presentati da Brunetta, ministro della
pubblica amministrazione, spiegando che i magri aumenti salariali non tenevano il passo con
l’inflazione.
Epifani, anch’egli 58 anni, accusa Brunetta di ridurre i salari, penalizzando i lavoratori malati del
settore pubblico e dando magri premi di produttività. Ha definito la sua ultimissima proposta di far
andare le donne in pensione cinque anni dopo “assurda”.
Ma in pubblico è qualche volta il sindacalista che risulta come il più liberale sotto il profilo
economico nei suoi appelli alle riduzioni delle tasse e di incentivi all’economia.
Epifani, laureato in filosofia, paragona gli stimoli fiscali che chiede ai pacchetti adottati ovunque in
Europa. Silvio Berlusconi, il primo ministro miliardario, dice, è indeciso ed è fissato a mantenere il
deficit del bilancio entro gli stretti limiti europei. La CGIL ha organizzato lo scorso venerdì uno
sciopero generale di una giornata per protestare contro la politica economica del governo.
“Non stanno affrontando questa crisi con abbastanza sforzo”, afferma in un’intervista nella sede
generale di Roma.
Epifani avvisa che due anni di recessione in Italia metteranno a rischio 1 milione di posti di lavoro,
specialmente lavoratori con contratti a tempo che secondo il sistema del welfare italiano limitato
non ricevono dallo stato nessun aiuto quando il loro lavoro finisce.
Mentre lo sciopero della scorsa settimana ha aggiunto disagio al caos già causato dalla pioggia
torrenziale, il suo principale effetto è stato mostrare contrasti all’interno del movimento del lavoro.
Le altre due confederazioni hanno rifiutato di aderire. Prima dello sciopero Berlusconi, ha affondato
il coltello nell’isolamento di Epifani non invitandolo intenzionalmente ad un incontro con gli altri due
leaders sindacali e rimproverandolo al telefono in un programma televisivo.
Epifani, attaccato dalle critiche di sinistra per essere troppo prudente, è stato spinto in prima linea
a causa della confusione e degli scandali per corruzione all’interno del partito democratico di
centro sinistra e al crollo della sinistra radicale nelle elezioni generali dello scorso aprile.
Alcuni commentatori chiedono se questo sia il “momento tatcheriano” del governo per sfidare il
potente movimento del lavoro italiano.
Epifani ammette che la situazione è “delicata”. “Dovremmo essere uniti in tempo di crisi”, dice.
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Financial Times
15/12/08
Il Programma Alimentare Mondiale si impegna per 5.2 milioni di
dollari
Di Javier Blas
Il Programma Alimentare Mondiale ha lanciato un “appello urgente” ai governi per la donazione
record di 5.2 miliardi di dollari, dato che si confronta con un aumento dei paesi richiedenti aiuto a
causa della crisi economica nel momento in cui i prezzi alimentari sono alti e le sue casse sono
vuote.
Il PAM, l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile della riduzione della fame, ha affermato in una
lettera ai paesi donatori durante il fine settimana che è necessario una quota significativa di
danaro immediato poiché non possiede abbastanza fondi disponibili da spendere agli inizi del 2009.
“Non esiste un potenziale sostegno”, ha affermato al Financial Times Josette Sheeran, direttore
generale del PAM. “Rimarremo a corto di cibo in alcune zone operative entro marzo”, ha aggiunto,
avvisando che paesi come l’Etiopia, il Congo, Haiti, il Sudan e il Bangladesh sono a rischio.
L’organismo situato a Roma fa affidamento sul danaro e sugli alimenti del precedente anno per
finanziarie le sue operazioni all’inizio dell’anno prossimo, ma il primato raggiunto dai prezzi
alimentari all’inizio del 2008 ha esaurito le riserve del PAM.
La lettera mostra che invece di diminuire i prezzi di vendita degli alimenti, i bisogni di finanziamenti
del PAM stanno aumentando mentre molti paesi chiedono di essere soccorsi con aiuti alimentari.
“Nessun paese sta uscendo dalla lista della crisi alimentare, e la crisi finanziaria sta introducendo
nuovi paesi nella lista”, ha affermato Sheeran, avvisando che la combinazione di rimesse molto più
basse, con un’occupazione più bassa a causa delle esportazioni verso gli Stati Uniti e l’Europa e il
mancato accesso al credito, sta minacciando i paesi poveri.
Ha affermato: “I paesi vulnerabili hanno già esaurito le loro riserve alimentari e finanziarie ed ora
sono colpite dalla crisi finanziaria”. “La caduta delle rimesse sta colpendo una popolazione che
stava già soffrendo per i prezzi alti degli alimenti”.
Il PAM ha bisogno di circa 90 giorni da momento in cui riceve le donazioni di danaro per
consegnare gli alimenti, così se il danaro non arriverà prima di gennaio, inizierà il razionamento
degli aiuti alimentari.
Il bilancio del programma si innalzerà a 5.2 miliardi di dollari, il 10.6% di aumento passando da 4.7
miliardi quest’anno e sarà uguale ai bilanci del 2006-2007. E’ la seconda volta quest’anno che il
PAM ha lanciato un simile appello, dopo essere rimasto a corto di danaro all’inizio della primavera.
“E’ importante inviare un messaggio di speranza alla popolazione più vulnerabile che non è
dimenticata”, ha affermato Sheeran. “Mentre ci preoccupiamo di Wall Street e di High Street,
stiamo dando attenzione ai bisogni di coloro che vivono in posti senza strade”. Ha sollecitato i
governi a donare l’1% dei loro programmi di salvataggio e di incentivi per contrastare la povertà e
la fame.
Gli Stati Uniti sono in contribuente più grande per il PAM, avendo donato circa 2 miliardi di dollari
quest’anno, per lo più in alimenti spediti in navi. L’Arabia Saudita, con 500 milioni di dollari, e la
Commissione europea, con 290 milioni di dollari, sono i secondi e i terzi donatori più grandi, per lo
più di danaro.
L’appello giunge dopo che la FAO delle Nazioni Unite ha affermato la scorsa settimana che la crisi
alimentare di quest’anno ha spinto il numero delle popolazioni affamate a circa 1 miliardo.
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13
International Herald Tribune
14/12/08
La Compagnia brasiliana Vale chiede al governo di aiutarla ad
evitare i licenziamenti
The Associated Press
Sao Paulo, Brasile. Un quotidiano ha riferito domenica che il presidente del più grande produttore
di ferro al mondo chiede al governo di moderare le sue rigide leggi del lavoro in modo da evitare di
licenziare i lavoratori nella crisi economica globale.
Roger Agnelli, presidente della miniera della Companhia Vale Rio Doce SA, è stato citato dal
quotidiano O Estado de S. Paulo per aver detto di aver personalmente trasmesso al presidente
Luiz Inacio Lula da Silva e ai rappresentanti sindacali l’importanza di “fare leggi del lavoro più
flessibili”.
Prima di diventare presidente, Silva ha guadagnato popolarità come leader del più grande
sindacato del paese.
La portavoce della Vale, Fatima Cristina ha confermato le osservazioni di Agnelli.
Le leggi del lavoro rendono dispendioso alla Vale e ad altre compagnie licenziare lavoratori in
Brasile.
“Il governo e i sindacati devono convincersi del bisogno di fare leggi del lavoro un po’ più flessibili”,
ha affermato Agnelli al quotidiano. “I contratti collettivi di lavoro potrebbero essere sospesi e il
numero delle ore lavorate e i salari potrebbero essere ridotti”.
Agnelli ha affermato che tali misure sarebbero di aiuto temporaneo al tempo della crisi.
“So di proporre qualcosa che è molto difficile”, ha affermato. La soluzione dei problemi in tempi
difficili richiede “misure eccezionali”.
Agnelli ha anche affermato che avrebbe accettato un salario temporaneo “finché la situazione non
migliora”.
All’inizio di questo mese, la Vale ha ridotto del 2% la sua forza lavoro a causa del crollo della
domanda globale di acciaio. La riduzione equivale a 1.300 posti di lavoro della sua forza lavoro
globale che è di circa 62.000. Ulteriori 5.500 lavoratori sono in cassa integrazione per rallentare la
produzione e 1.200 sono riqualificati per nuove mansioni.
Ha anche sospeso la produzione di pallottole di ferro in due dei suoi impianti nello stato
meridionale di Espirito Santo a causa della “grave recessione globale” ed è diminuita la domanda
dei produttori di acciaio. I due impianti producono 7.3 milioni di tonnellate l’anno.
La chiusura dell’impianto giunge con la decisione della Vale di chiudere indefinitamente una
miniera in Canada nella provincia dell’Ontario. La compagnia ha chiuso le attività anche nelle
provincie del Newfoundland e del Labardor per il mese di luglio e ha ritardato di un anno lo scavo
di un nuovo pozzo nel Labrador.
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14
Le Monde
17/12/08
Reportage
I lavoratori migranti sono duramente colpiti in Cina
Servizio da Shangai
"Ho tentato di lamentarmi all'Ufficio del lavoro, ma nessuno m’ha ascoltato, racconta un lavoratore
che lavora a Shanghaï. Uno è andato anche al municipio." La sua fabbrica, filiale di una fabbrica
tailandese di componenti di computer, la Huan Hsin, società a partecipazione azionaria, si è
fermata per quattro giorni, da lunedì 8 a giovedì 11 dicembre, per premi non pagati. L'uomo e due
dei suoi colleghi, in uniforme grigia fanno parte del fior fiore dei lavoratori migranti: la paga e i
vantaggi sociali sono considerati buoni a Shangai nell’industria di punta. Tre automobili della
polizia sono ancora ad una centinaia di metri, davanti alla porta di Yi Hsin Industry, per, dicono
sottovoce gli operai, cercare i responsabili dello sciopero selvaggio.
Tutto cominciò lunedì 8 dicembre quando i lavoratori di Yi Hsin rifiutarono di raggiungere le loro
postazioni. Tre fra loro, colpiti da persone inviate secondo loro dalla direzione, sono andati in
ospedale. I lavoratori di un'altra fabbrica del gruppo, situato nella stessa zona industriale, sono
venuti a dare aiuto.
"Si ha il diritto al premio per i giorni di calore eccessivo e per le ore supplementari, spiegano i
lavoratori. Prima, se non ci pagavano, si poteva aspettare, ma da novembre, il nostro salario è
passato da 2 000 yuan (190 euro) a 960 yuan. Abbiamo chiesto di pagarci ma i capi non vogliono
saperne." Inoltre, non hanno ottenuto dall'impresa la loro tessera per l’assicurazione. Hanno
negoziato con la direzione, attraverso il sindacato ufficiale? La domanda la fa sorridere: “Ci
rappresenta uno dei dirigenti, ma si dice che sia stato lui a proporre ai padroni di non pagare i
premi!”
NESSUN DESIDERIO DI RITORNARE A CASA
Passato sotto silenzio dei media locali, la rabbia di queste piccole mani dell’elettronica ha fatto
tremare le autorità locali, che sono intervenute. Venerdì mattina, un grande manifesto incollato
all'entrata delle fabbriche ha spiegato che in ragione dell’ "incidente improvviso", un eufemismo per
dire manifestazione, degli ultimi quattro giorni, la società ha accettato di pagare per tutti i premi dal
2007 fino al 31 dicembre e di dare ai lavoratori la loro tessera per l’assicurazione.
Non contabilizzati nelle statistiche della disoccupazione, i 230 milioni di lavoratori cinesi migranti
venuti dalle zone rurali delle province dell'interno, sono la chiave della competitività dell’officina del
mondo. Ma loro sono anche i più vulnerabili in caso di rallentamento dell'attività.
La loro reazione preoccupa: dopo il sud della Cina, è nel delta dello Yangzi, l'altra grande regione
industriale della Cina attorno a Shanghaï, ad essere la preda di agitazioni sociali. Secondo Zheng
Gongcheng, uno specialista di affari sociali che è al comitato permanente del Congresso nazionale
del popolo, nominato attualmente dalla stampa cinese, la disoccupazione, attualmente del 4% non
deve superare il 5%, altrimenti bisognerebbe dare alle città i lavori di emigranti. Questi ultimi
dovranno poi ritornare a casa loro, e la "stabilità sociale" ne sarebbe minacciata. I lavoratori
migranti anziani sono a volte pronti a coltivare i loro appezzamenti di terra e a vivere qualche volta
dei loro risparmi. Ma i più giovani, che hanno approssimativamente vent’anni, non vogliono
ritornare a casa. Loro vogliono la loro parte di ascesa sociale.
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“SI SORVEGLIA”
L'equazione da risolvere si pone spesso in questi termini: tipico di queste regioni costiere con una
crescita molto forte del delta, la città - prefettura di Shaoxing, culla del tessile nella provincia del
Zhejiang, al confine con Shanghaï, conta 1 milione di migranti e 3 milioni di cittadini. Il 70% - 80%
dei lavoratori del tessile sono migranti. "Gli anni precedenti, c'era una mancanza di lavoratori nelle
prossimità del Nuovo Anno cinese che quest’anno avrà luogo il 26 gennaio 2009. Le persone
cominciano in generale a rientrare un mese prima. Questa volta, sono questi i lavori che mancano",
ammette Zhang Hao, vice direttore dell'Ufficio del lavoro di Shaoxing.
“Come ogni anno, l'Ufficio ha fatto del pagamento degli arretrati dei salari una priorità di fronte alla
grande migrazione annuale della festa di primavera: i lavoratori non retribuiti hanno provocato in
passato delle insurrezioni, e Pechino considera i poteri locali responsabili delle esplosioni. È il
seguito che preoccupa M. Zhang: "Se la situazione economica peggiora, si teme una riduzione
considerevole delle assunzioni dopo il nuovo anno lunare, quando gli emigranti vengono di nuovo
a lavorare nelle fabbriche. E là, non si sa quello che accadrà!"
L'Ufficio ha dunque chiesto alle imprese di Shaoxing di trasmettere, ogni dieci giorni, alcune
informazioni sulla situazione del lavoro e le loro intenzioni di assunzione al “rientro”. Shaoxing sarà
anche in contatto con le città vicine che confinano con lo Hangzhou e il Ningbo per “scambiarsi le
offerte di lavoro." Infine, M. Zhang si è informato dalle stazioni sui flussi di passeggeri: "I media
cinesi dicono che i migranti inattivi vanno in massa nei loro paesi. Da noi, non è il caso, ma si
sorveglia."
La rete di soccorso sociale in favore delle popolazioni rurali, e perciò degli emigranti, voluta dal
potere centrale è stata appena creata: “È solamente dall’anno scorso che le cinque assicurazioni,
tra cui anzianità e disoccupazione, sono nei fatti obbligatorie per le imprese e che gli emigranti
hanno accesso alle casse locali. Prima, le persone dell’esterno non erano contabilizzate nel
sistema”, spiega il funzionario. In teoria, un operaio licenziato ha il diritto ad un’indennità di
disoccupazione di due mesi l’anno, il livello base di 688 yuans (66 euro). Ma si possono pagare
abbastanza contributi per avere il diritto a quello che sarà.
Brice Pedroletti
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Al Masry al Youm
16/12/08
22 persone incarcerate dai 3 ai 5 anni e 27 rilasciati per gli
incidenti di al Mahalla
Di Ahmed Shalabi e Adel Durah
Mohamed el-Said
Familiari arrabbiati durante la manifestazione
La Corte Criminale per lo Stato di Sicurezza di Emergenza ha condannato 22 persone dai tre ai
cinque anni di prigione per gli incidenti di al Mahalla durante lo sciopero del 6 – 7 aprile. La corte li
ha prosciolti dalle accuse di raduno, di saccheggio, di danni e di impedimento dei mezzi di
trasporto.
La Corte ha prosciolto altre 27 persone, mentre 550 familiari degli accusati organizzavano una
manifestazione di fronte alla corte gridando contro quella che definiscono ingiustizia contro i loro
cari.
La polizia ha arrestato due manifestanti e ha chiuso le strade che conducono al tribunale mentre
gli accusati venivano trasportati con forti misure di sicurezza. Gli accusati hanno gridato contro il
governo e la sentenza è passata contro di loro.
Prima che la sentenza fosse letta, la giuria ha letto una dichiarazione nella quale ha dichiarato di
essere totalmente indipendente e libera mentre esaminava i fatti del processo. La Corte ha
elogiato gli sforzi del giudice durante le indagini (4.000 pagine, 300 accusati) e ha aggiunto che la
corte aveva agito saggiamente ed equamente.
La Corte ha affermato che l’appello a scioperare e a protestare contro l’aumento dei prezzi e
contro salari invivibili è stato utilizzato da orientamenti e forze sociali, anche all’esterno della città,
per incitare i residenti locali di al Mahalla al raduno e a manifestare.
La corte ha invitato gli imprenditori egiziani a fare il loro ruolo atteso nell’interesse della patria ed
ha affermato che gli accusati erano un gruppo di persone con precedenti penali e con un’istruzione
bassa, aggiungendo che la gente vive soltanto per se stessa e non ha cervello.
La Corte ha anche detto di non poter accusare le persone delle perdite materiali avvenute durante
gli incidenti.
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