2-13 marzo - Filtea-Cgil Federazione Italiana Lavoratori Tessili

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2-13 marzo - Filtea-Cgil Federazione Italiana Lavoratori Tessili
Dipartimento Internazionale
http://www.cgil.it/internazionale/
RASSEGNA STAMPA
INTERNAZIONALE
02 – 13 marzo 2009
A cura di Maria Teresa Polico
Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
DIPARTIMENTO INTERNAZIONALE CGIL
RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE
02 – 13 marzo 2009
INDICE
ARGOMENTO
Unione europea
TESTATA
Il commissario europeo afferma che le donne sono la risposta per fermare
la recessione
Deutshe Welle
Belgio
Agitazione sindacale mentre gli operatori delle poste fanno a pugni
Labour Start
Gran Bretagna
La produzione nel Regno Unito affronta il più grande calo in 30 anni
Financial Times
Romania
Il ministro del lavoro Sarbu: “Non esistono soluzioni miracolose in tempi di
crisi”
Financiarul
Turchia
La protesta con la pistola, un segnale delle preoccupazioni dei turchi
Financial Times
Economia internazionale
Il Foreign Office rivela i due livelli del G 20
Agitazione mentre la classe media in Europa lotta per tirare avanti
Financial Times
Financial Times
Africa
I sindacati fissano i termini dei negoziati sugli Accordi di Partenariato
Economico (EPA)
The Citizens
Asia
I lavoratori giapponesi chiedono nel mezzo della recessione un aumento
della paga
AFP
Stati Uniti
Il Congresso potrebbe sospendere la spesa in favore dei camion messicani
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International Herald Tribune
Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Deutsche Welle
03/03/2009
Mercato del lavoro
Il commissario europeo afferma che le donne sono la risposta
per fermare la recessione
L’Unione europea ha iniziato un nuovo programma che introduce più donne nel mondo del lavoro.
Un funzionario dell’Unione europea ha affermato che una maggiore presenza di donne nei luoghi
di lavoro potrebbe aiutare l’Unione europea ad uscire dalla recessione e a limitare l’impatto della
futura crisi finanziaria. Le statistiche mostrano che il divario di genere in Germania è
particolarmente alto.
“La discriminazione produce inefficienza”, ha affermato martedì 3 marzo il commissario per le pari
opportunità Vladimir Spidla nell’inaugurazione della campagna europea contro la differenza
salariale di genere. “E’ precisamente durante i tempi di crisi che dovremmo essere più attivi”.
Secondo un rapporto sulla disoccupazione nell’Unione europea, nell’Unione europea lavorano
circa il 58% di donne e il 72% di uomini in età lavorativa lavorano – con il 31% di donne e il 7% di
uomini che fanno lavori a tempo parziale.
Spidla ha citato una serie di studi che mostrano che una partecipazione più attiva delle donne nei
luoghi di lavoro aiuta il lavoro ad essere più efficiente e ad evitare investimenti più rischiosi.
Il lavoro delle donne più efficiente
Alcuni studi hanno rivelato che le dirigenti donne rendono le imprese più efficienti
Uno studio simile realizzato su 15.000 piccole e medie imprese in Finlandia, ha scoperto che le
imprese gestite da donne tendono ad essere più efficienti di quelle gestite dagli uomini del 10%.
Un recente studio francese ha mostrato che le imprese con una maggiore presenza di donne nella
direzione dell’impresa tendevano a migliori risultati in Borsa.
L’autore dello studio, il professore Michel Ferrary del Ceram Business School in Francia, ha scritto
nel Financial Times di lunedì che questa ricerca ha mostrato che le donne sono maggiormente
avverse al rischio e si concentrano maggiormente su una prospettiva di lungo termine. Ferrary ha
paragonato il risultato del gigante bancario francese BNP Paribas, dove il 38.7% dei dirigenti
donne che ha conosciuto un calo del prezzo delle loro azioni del 39% nel 2008, con quello di
Credit Agricole, dove soltanto il 16% di dirigenti donne ha conosciuto il crollo del prezzo delle
azioni c del 62.3% nello stesso periodo.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Intollerabile discriminazione
Le donne continuano a guadagnare molto meno danaro degli uomini per lo stesso lavoro
Secondo i dati dell’Unione europea, soltanto il 30% dei dirigenti europei sono donne. Questo dato
scende appena al 10% nelle grandi società.
Quel che è peggio, è che le donne sono pagate in media il 14.7% meno degli uomini che svolgono
esattamente la stessa mansione. In Germania, l’alto numero di donne che hanno un’occupazione a
tempo parziale ha espresso nella misura del 23% il divario salariale tra uomini e donne, ben al di
sopra del 17.4% dei 27 stati membri dell’Unione europea.
L’Unione europea afferma che le donne lavoratrici tendono a ricoprire posti di lavoro meno
remunerativi rispetto agli uomini, lavori a tempo parziale e carriere e promozioni svuotate per
ragioni familiari. Mentre mette in evidenza che le ragioni del divario di genere sono varie, Spidla ha
affermato che il divario rappresenta un’intollerabile fonte di discriminazione.
Il commissario ha citato un rapporto della Commissione europea pubblicato martedì che ha
scoperto che alcune economie che hanno registrato il peggiore risultato in Europa, come l’Italia,
hanno avuto una bassa partecipazione delle donne nei luoghi di lavoro.
“Se (un paese) non utilizza appieno il suo potenziale umano, avrà maggiori problemi”, afferma
Spidla.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Labour Start
02/03/09
Agitazione sindacale mentre gli operatori delle poste fanno a
pugni
I lavoratori delle poste in Belgio organizzeranno uno sciopero in parte per le preoccupazioni che
parte della privatizzazione stia portando verso la perdita di posti di lavoro e per un cambiamento
teso a rimpiazzare i lavoratori a tempo pieno con lavoratori a tempo parziale, ma soprattutto
perché il sindacato dei lavoratori delle poste è furioso per gli enormi profitti che sarebbero stati
realizzati a spese della forza lavoro.
Il 50% de La Poste belga è stato venduto alle poste danesi e al CVC nel 2006. Il Belgio mantiene
il 50% del pacchetto azionario per essere certo di rimanere il maggiore azionista, ma ora le poste
danesi stanno vendendo circa il 25% delle loro azioni alla CVC per 373 milioni di euro.
Il CVC ha venduto il 22% di azioni nelle poste danesi alle poste svedesi.
Si ipotizza largamente che la CVC si assocerà alle poste danesi per fare un’offerta azionaria alla
Royal Mail.
Lord Mandelson, che sta capeggiando la vendita di minimo il 30% di azioni nelle Royal Mail per
aumentare il capitale di investimento e per portare competenza commerciale, ha affermato che è
importante che qualsiasi acquirente acquisisca esperienza di un servizio postale in conflitto.
La liberalizzazione delle poste è stata introdotta per spezzare i monopoli postali e la maggior parte
dei paesi europei in Europa devono essere pienamente liberalizzati entro il 2011, con una
manciata di poste alle quali verrà data un’estensione, ma già diversi operatori hanno acquistato
azioni in altre compagnie mentre lottano per assumere una posizione.
Nel Regno Unito, lo scorso mese Lord Mandelson ha detto alla Camera dei Comuni che in Europa
i conglomerati sono una tendenza crescente per la sopravvivenza e come parte di un mercato
liberalizzato. Ha sottolineato che la Royal Mail ha urgentemente bisogno di un partenariato per
assicurarsi una buona collocazione in modo da trarre vantaggio dalle opportunità all’interno
dell’Europa.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financial Times
02/03/09
La produzione nel Regno Unito affronta il più grande calo in 30
anni
Di Daniel Pimlott e Andrew Taylor da Londra
Secondo un’indagine che sarà pubblicata oggi, la produzione manifatturiera inglese,
mentre il pieno impatto della recessione prende piede, è destinata a diminuire quest’anno
raggiungendo il livello più basso in quasi trent’anni, con una diminuzione dell’8.6%. Le
previsioni, dell’organizzazione dei datori di lavoro EEF, suggerisce che si tratta del peggior
crollo dalla recessione del 1980, dopo un calo del 2.9% dello scorso anno.
L’indagine trimestrale dell’organizzazione datoriale delle condizioni nella produzione,
mostra che le ordinazioni hanno raggiunto livelli bassi. Le imprese si aspettano che il
risultato sarà particolarmente basso nei prossimi tre mesi.
Il rapporto mostra che la produzione degli autoveicoli e le nuove ordinazioni sono le più
colpite, seguite dall’industria metallurgica.
Le intenzioni degli investitori sono diminuite ulteriormente mentre la liquidità delle imprese
viene schiacciata dalla domanda in calo e da un limitato accesso al credito.
I nuovi dati giungono tra le richieste dell’organizzazione datoriale inglese, secondo le quali
il fallimento del governo inglese a sostenere posti di lavoro nel settore produttivo durante
la recessione, potrebbe incoraggiare le imprese internazionali a licenziare i loro lavoratori
in Gran Bretagna anziché quelli d’oltremare.
“Se guardate al continente, ha [maggiore protezione del posto di lavoro] misure [in
attuazione]. Laddove esiste sostegno ai posti di lavoro, esiste il rischio che il carico delle
perdite cadrà lì”, ha affermato Steve Radley, capo economista all’organizzazione datoriale
inglese. “Dove noi non stiamo vedendo una sufficiente azione è sulle imprese che hanno
lavoratori qualificati”.
Circa un terzo dell’industria manifatturiera inglese è di proprietà straniera.
I produttori hanno spinto a favore di uno schema le cui linee di sussidio al salario sono
state introdotte in Olanda, dove il governo paga una parte dei salari per un periodo breve.
Schemi simili sono in esecuzione in Germania, in Francia, in Italia e in Spagna, mentre i
sussidi al salario sono stati concordati da un’assemblea scozzese incaricata.
In Gran Bretagna, i lavoratori possono soltanto rivendicare un’indennità di disoccupazione
se il loro lavoro si riduce a due giorni la settimana.
L’organizzazione datoriale sta guardando a misure temporanee, come i pagamenti
straordinari, per coprire la differenza durante la recessione.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Le imprese nel Regno Unito si sono già mosse per mettere i lavoratori a paga ridotta e per
congelare i salari nel drastico deterioramento della domanda. Ma il timore è che questi
tentativi non saranno sufficienti, obbligando i produttori a sbarazzarsi del lavoro qualificato
che sicuramente mancherà quando l’economia inizierà a riprendersi.
I dirigenti dei sindacati inglesi e delle piccole imprese chiederanno oggi che il governo, per
salvare posti di lavoro, dia dei sussidi ai salari di lavori a breve termine. Il Congresso dei
Sindacati, il TUC, e la Federazione delle Piccole Imprese stanno chiedendo 3 miliardi e
300 mila sterline l’anno per finanziare la copertura dei costi dei salari e per proteggere i
redditi di oltre 6.000 lavoratori.
I ministri si sono preoccupati dei probabili costi a “peso morto” di un simile schema.
Temono che le richieste di sussidi possano creare una spirale e i contribuenti finirebbero
per pagare i salari della gente senza nessun pericolo reale di essere licenziati.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financiarul
09/03/09
Il ministro del lavoro Sarbu: “Non esistono soluzioni miracolose in tempi di
crisi”
Il ministro del lavoro, della Famiglia e della Previdenza Sociale, Marian Sarbu, ha
affermato sabato a Vaslui che il governo non può inventarsi soluzioni miracolose in questi
tempi critici di malessere economico e finanziario. Sarbu ha richiamato i sindacati alla
calma e alla ragionevolezza, mentre ha osservato che alcuni sindacati sono diventati più
“battaglieri” che mai.
“Sono pronto a trattare con ognuno e con qualsiasi lavoratore” o a negoziare le
rivendicazioni dei sindacati, ma, allo stesso tempo, li sollecito alla ragionevolezza perché
nessuno è in grado di inventarsi soluzioni miracolose dato che l’attuale stato della crisi
economica e finanziaria è abbastanza complicato. Nel contesto attuale, dovremmo unire le
forze per cercare le migliori soluzioni”, ha affermato Sorbu.
“Sebbene credo che le rivendicazioni sindacali siano giustificate, non credo che
un’accanita competizione tra le diverse confederazioni sindacali per la supremazia in
questi campi stia facendo del bene ora”, ha affermato Sarbu. Sarbu ha visitato sabato il
villaggio di Vutcani, nella contea di Vaslui, dove ha ottenuto nelle ultime elezioni generali
di novembre la garanzia del suo seggio alla Camera dei Deputati. Sarbu ha aperto qui il
suo promo ufficio elettorale locale.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financial Times
03/03/09
La protesta con la pistola, un segnale delle preoccupazioni dei
turchi
Di Delphine Strauss da Ankara
Ieri, in una drammatica protesta per i sacrifici economici fatta fuori l’ufficio del primo ministro turco,
un uomo puntava una pistola alla sua testa e un altro sul suo petto.
Non è la prima volta che i turchi colpiti dalla crisi economica si rivolgano a mezzi melodrammatici
per portare i loro problemi finanziari all’attenzione del governo. Ma con le proteste violente
scoppiate in altri paesi colpiti dalla recessione, l’incidente di ieri è un segnale di preoccupazione
per Recep Tayyip Erdogan, il primo ministro, mentre cerca di convincere gli elettori che la Turchia
può sfuggire alle peggiori conseguenze della recessione economica.
Fino ad oggi, sebbene i sindacati abbiano organizzato raduni per manifestare contro la politica, la
crisi economica non ha provocato in Turchia le proteste di dimensioni simili a quelle viste in Grecia,
in Russia o persino in Gran Bretagna.
Ma i racconti riguardo alle difficoltà personali in Turchia – l’uomo che aveva la pistola era un
poliziotto in pensione che protestava perché si trovava nell’impossibilità di pagare i debiti – si
stanno moltiplicando mentre il calo della produzione nel mondo obbliga le imprese turche a
licenziare i lavoratori o a tagliare i salari durante il blocco della produzione. L’ultimissimo dato ha
mostrato che la disoccupazione era al di sopra del 12% alla fine del 2008, il più alto in cinque anni,
e gli economisti affermano che questi dati potrebbero sottostimare la realtà date le dimensioni
dell’economia informale. Le banche informano dell’aumento del numero delle piccole imprese e dei
possessori di carte di credito che non riescono a pagare i debiti.
Gli economisti si preoccupano che l’iniziativa del primo ministro tesa ad ottenere i voti nelle
elezioni del prossimo mese, stia indebolendo la politica fiscale, ed osservano che il deficit del
bilancio di gennaio è stato pressoché sei volte più grande dell’anno precedente.
Il governo ha annunciato un pacchetto di incentivi limitati che darebbe ai datori di lavoro maggiori
sussidi per mantenere i lavoratori che altrimenti sarebbero licenziati, e include agevolazioni fiscali
finalizzate a sostenere le vendite di automobili e ad incoraggiare l’investimento nella zona
sudorientale più povera. Si vocifera che altre misure stanno per essere prese in considerazione e
includerebbero pagamenti diretti a persone che hanno bassi redditi.
“Crediamo che il passo di alleggerire la politica monetaria e fiscale sia troppo rapido, e ignori una
moltitudine di …debolezze che mettono la Turchia da parte dalle economie avanzate”, hanno
affermato gli analisti del centro di consulenza, Istanbul Analytics.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financial Times
13/03/09
Il Foreign Office rivela i due livelli del G 20
Da George Parker
I ministri delle Finanze dell’Australia, Russia e Canada arrivano in Gran Bretagna venerdì per
colloqui sul salvataggio dell’economia globale - presumibilmente ignari che il Foreign Office ha
segretamente relegato i loro paesi ad un secondo livello non ufficiale del G20.
Un documento riservato ottenuto dal Financial Times in Gran Bretagna rivela come gli sforzi della
Gran Bretagna sul G20 prima del vertice del mese prossimo, siano stati destinati a "11 gli Stati ad
alta priorità" – una fotografia intrigante di come il Foreign Office vede il mondo.
Il documento non può rendere piacevole la lettura della "B-list" dei ministri delle
finanze dei paesi che non hanno realizzato "un’intensiva pressione politica e
impegno diplomatico" prima del vertice di Londra.
Gli Stati assegnati al secondo livello, da parte del governo britannico
comprendono l’Australia - un paese che non è gradito per essere protetto dai
"poms" - e la Russia, che ha già tese le relazioni con Londra.
Gli altri paesi del G20 classificati dal Foreign Office nel secondo livello sono l’Argentina, il
Canada,l’Indonesia, il Messico e la Turchia.
Il documento riservato è una gara d'appalto indetta lo scorso dicembre dell’Ufficio Informazioni del
governo centrale, a nome del Foreign Office, "per la fornitura di servizi per il vertice di Londra ".
Le agenzie e i lobbisti sono stati invitati ad esporre il lavoro, per aiutare il Foreign Office ad
esercitare pressione sui paesi del G20, per il lancio di campagne mediatiche e di assistenza,
anche nei “momenti carichi di significato per i media "prima del vertice.
Ha affermato: "L'obiettivo centrale è quello di elevare il profilo del vertice verso l’opinione pubblica
e verso i principali opinionisti per facilitare un processo decisionale positivo ".
Gli offerenti hanno detto che l’offerta è "riservata e delicata" e "non può essere divulgata al
pubblico o ai media".
Il documento dice che gli sforzi saranno concentrati soprattutto su “11 stati ad alta priorità”, mentre
quei paesi del G20 nel secondo livello riceveranno minore attenzione.
Quelli introdotti nel primo livello sono gli Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania, che sono
descritti come paesi "chiave" del G8. L’Italia entra in questo elenco per default in base al fatto che
è il "prossimo presidente del G8".
La Cina e l'India sono incluse, come il Sud Africa, la Corea del Sud (sarà il prossimo presidente
del G20, dopo la Gran Bretagna), il Brasile e l'Arabia Saudita. La Commissione europea, che
rappresenta l'Unione europea come membro del G20, è anche inclusa.
Alla fine il contratto del valore di 300.000 sterline, non è mai stato assegnato, con la rabbia di
queste società che hanno fatto l'offerta di lavoro.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Un dirigente di pubbliche relazioni, ha dichiarato: "Presumibilmente hanno pensato che sarebbe
sbagliato per il contribuente promuovere Gordon Brown come l'uomo che salva il mondo".
Il Foreign Office ha insistito che la lista di "paesi prioritari" per l'iniziativa non è stata
"assolutamente una rigida gerarchia degli Stati più importanti per le nostri relazioni politiche".
Un portavoce ha detto che i paesi sono stati oggetto di interesse perché avevano sviluppato bene
le organizzazioni non governative, i media, la società civile, il mondo accademico e le
organizzazioni sindacali e "non i tradizionali protagonisti come i fondi sovrani di ricchezza".
E' stato l'ultimo di questi criteri, che ha presumibilmente messo l’ Arabia Saudita sopra all’Australia
nella lista del Foreign Office.
Il documento potrebbe causare imbarazzo ad Alistair Darling, cancelliere, mentre riceve i ministri
delle finanze del mondo industriale e dei paesi in via di sviluppo per i colloqui.
William Hague, portavoce dei conservatori per gli affari esteri, ha dichiarato: "Il declassamento di
alcuni partecipanti, anche prima di aver messo piede a Londra invia assolutamente un messaggio
sbagliato”.
"In particolare è sbagliato per i paesi del Commonwealth, come l'Australia e il Canada essere
messi nel cosiddetto secondo livello. Così come lo sono alcuni dei paesi del mondo in via di
sviluppo la cui popolazione sarà probabilmente tra quelle più colpite dalla crisi globale" .
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Financial Times
11/03/09
Agitazione mentre la classe media europea si sforza per tirare
avanti
Di John Thornhill
L’economia sta sconvolgendo la politica europea. I governi hanno fallito in Islanda e Lettonia;
sono scoppiati scioperi o proteste in Grecia, Irlanda, Francia, Germania, Gran Bretagna, Lituania,
Ucraina e Bulgaria. Le turbolenze finanziarie hanno scosso persino gli avamposti più remoti del
continente: l'isola francese caraibica della Guadalupa è stata devastata da violenti scioperi, mentre
la polizia antisommossa russa, si è diretta a Vladivostok bloccata dal ghiaccio per reprimere le
proteste in strada.
Era difficile prevedere questo spasmo dei disordini quando scoppiò la crisi durante l'estate del
2007: molti europei credevano che si sarebbero risparmiati gli effetti peggiori di una catastrofe
forgiata nei sobborghi degli Stati Uniti. Da allora, mentre la crisi si diffondeva, le iniziali previsioni
ottimiste hanno aperto la strada a previsioni sempre più cupe: i ministri delle finanze dell'Unione
europea questa settimana hanno rivolto verso il basso lo sguardo truce già lasciato appena 10
settimane fa.
Oltre l'economia, vi è ora un’assillante preoccupazione che l'Europa possa essere solo all'inizio di
un ciclo di instabilità molto più turbolento. Consideriamo che l’amministrazione di Barack Obama
negli Stati Uniti potrebbe cercare di sfruttare politicamente il lato positivo della crisi, i leader
europei sono più interessati a limitare il suo aspetto negativo. Le democrazie della regione, come
pure le istituzioni della UE, sono sotto stress come non mai.
Le conquiste più orgogliose dell’organizzazione dei 27- un mercato unico, una moneta comune e
la convergenza tra est e ovest - sono sotto pressione. "Non vi è alcun dubbio che stiamo vivendo
la più grande crisi finanziaria ed economica nella memoria viva", dice José Manuel Barroso,
presidente della Commissione europea. Dato che i governi prendono spesso impopolari decisioni
per salvare le loro economie, la rabbia è in aumento a causa della crescente disoccupazione, dei
freni alle paghe, dei salvataggi delle banche e dei crolli dei prezzi delle case e del valore dei fondi
pensione.
Juan Somavia, direttore generale dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, un organismo
delle Nazioni Unite, ha avvertito che le tensioni sociali potrebbero aggravarsi se non si vede che la
gente comune trae beneficio dai pacchetti di incentivi, e dirà: "C'è l’impressione che si tratti di
miliardi per le banche, ma di centesimi per la gente".
Per il momento, è impossibile prevedere quali saranno le scosse di terremoto della politica
economica. La sinistra dovrebbe essere il naturale beneficiario. Eppure, molti partiti socialisti in
Europa sembrano più interessati a difendere gli interessi di parte dei loro sostenitori, piuttosto che
elaborare una risposta globale. I dirigenti sindacali malauguratamente ricordano che è stata
l'estrema destra piuttosto che la sinistra moderata ad aver ottenuto il potere in gran parte d'Europa
nel 1930 durante l'ultima catastrofe del capitalismo.
Alcuni osservatori, come Emmanuel Todd, un sociologo francese, prevedono la fine della
democrazia, o almeno la sua significativa erosione, come i leader populisti di destra tra cui Silvio
Berlusconi, primo ministro italiano, e il presidente francese Nicolas Sarkozy diventerà sempre più
autoritario e demagogico . Altri prevedono un ritorno dei paesi al nazionalismo e protezionismo,
come l’abbandono dell'ideale europeo e cercano di difendere i propri.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
In questa prospettiva, l'Unione europea può sempre essere vista come parte del problema
piuttosto che la soluzione, il "cavallo di Troia della globalizzazione" con le parole di Sarkozy. E’
stato, insieme agli altri leader nazionali, in testa alla risposta da dare alla crisi, lasciando i burocrati
di Bruxelles irritati in merito alle violazioni di aiuti di Stato, alle regole della concorrenza e a
cestinare le norme fiscali della zona euro.
Ma nonostante la retorica accesa, l'impulso politico nazionale e il tradizionale guazzabuglio della
politica, i leader politici del blocco non hanno ancora tradito la santità del mercato unico o la
necessità di un'azione collettiva. Dopo un inizio esitante, la Commissione sta prendendo l'iniziativa
per sviluppare una regolamentazione finanziaria pan-europea e per aiutare gli Stati membri più
vulnerabili. E' ancora possibile che la crisi si traduca in una più profonda integrazione piuttosto
che in una disintegrazione.
Diversi paesi stanno rispondendo in modo diverso a seconda della vulnerabilità delle loro
economie, dei loro sistemi politici, dei loro leader nazionali e delle loro culture. Tuttavia una
caratteristica comune a quasi tutti è che a soffrire di più in questa recessione è il ceto medio.
Ancora prima della turbolenza finanziaria, alcuni sociologi hanno parlato della nascita di una "
società clessidra " in Europa, di come la globalizzazione abbia setacciato i vincitori dai perdenti.
"La classe media - almeno in Germania - ora è in fase di contrazione. Questa è una situazione
completamente nuova per la Germania. Abbiamo più mobilità verso l'alto e più mobilità verso il
basso della classe media. Presumo che la crisi finanziaria acceleri il processo ", sottolinea Stefan
Hradil, sociologo tedesco. Tale analisi è troppo risonante in Gran Bretagna, dove i media hanno
messo in evidenza la difficile situazione delle "classi che fronteggiano una difficile situazione",
coloro che una volta erano professionisti sicuri di sé che ora sono finanziariamente esposti.
Forse il momento politico più esplosivo verrà quando gli europei si dovranno presentare con il
progetto di legge per il salvataggio dei pacchetti di salvataggio oggi. I governi saranno in grado di
riequilibrare le proprie finanze pubbliche solo con il taglio della spesa e con l'aumento delle
imposte per la classe media in lotta.
Wouter Bos, ministro delle Finanze olandese e leader del partito laburista, dice che la crisi ha
ucciso il mito della globalizzazione "felice", in cui tutti traggono beneficio. I politici devono fare di
più per proteggere i perdenti della globalizzazione, se vogliono mantenere il sostegno all'apertura
dei mercati e al libero scambio. Ciò significa che il "pugno visibile" del governo sarà sempre più
utilizzato, accanto alla "mano invisibile" del mercato. Una regolamentazione efficace e la giustizia
sociale stanno per diventare le priorità.
Ma Bos non ha alcun dubbio circa l'entità della sfida: "Per la prima volta nella fase del dopo guerra
della seconda guerra mondiale, abbiamo una generazione che mette seriamente in dubbio il fatto
che la generazione successiva vivrà meglio di se stessa".
Hugh Williamson
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
The Citizens
03/03/09
I sindacati fissano i termini dei negoziati sugli Accordi di
Partenariato Economico (EPA)
Il Congresso dei Sindacati dell’Africa Orientale ha aderito alle richieste dei gruppi di estendere la
scadenza della firma degli Accordi di Partenariato Economico (EPA) tra la comunità dell’Africa
Orientale e la Commissione europea.
Un incontro generale dell’organismo di tutti i sindacati nella regione ha elencato un totale di dieci
condizioni, che secondo loro, sono importanti per dare continuità ai negoziati.
In un comunicato stampa che fa il dettaglio delle decisioni dell’incontro tenuto in Uganda la scorsa
settimana, il segretario generale del Congresso dei Sindacati. Emmanuel Nzunda, ha affermato
che i membri hanno chiesto l’estensione della scadenza di luglio 2009 per consentire ulteriori
consultazioni.
Nzunda ha affermato che i sindacati hanno detto di essere molto interessati ai negoziati per avere
garanzie riguardo la previdenza sociale per centinaia di lavoratori di vari settori esposti che
rischiano di essere colpiti una volta che gli Accordi verranno firmati.
L’invito ad estendere la scadenza degli accordi giunge dopo inviti simili da parte di Oxfam
International e di un raggruppamento di altre organizzazioni della società civile, che includono
alcune organizzazioni della Tanzania che vogliono che la Comunità dei Paesi dell’Africa Orientali
riconsideri la sua posizione negoziale sui punti economici.
I sindacati vogliono, tra le altre cose, che gli stati membri della Comunità dei Paesi dell’Africa
Orientale della Tanzania, del Kenya, dell’Uganda, del Rwanda e del Burundi limitino gli accordi
soltanto ai prodotti ed evitino qualsiasi negoziato sui servizi, sull’investimento, sulla politica di
concorrenza, sugli appalti governativi e sulla proprietà intellettuale.
Riguardo agli impegni sui prodotti, Nzunda ha affermato che la richiesta degli stati membri della
Comunità di liberalizzazione di oltre l’80% dei prodotti commerciali dovrebbe essere rivista poiché
potrebbe minare l’industrializzazione nella regione.
Stanno chiedendo che i provvedimenti siano inseriti nell’accordo che garantirà che l’aumento del
benchmark sarà collegato ad ogni settore liberalizzato. Questa strada, hanno osservato i sindacati,
metterà in grado i paesi per misurare l’impatto socio-economico.
“Vogliamo anche che l’inclusione di un capitolo sociale affronti l’impatto sociale e occupazionale
della liberalizzazione e garantisca la piena protezione dei diritti dei lavoratori”, ha affermato Nzuda.
L’incontro di Kampala ha chiesto la creazione di comitati regionali per avere la certezza che
l’inclusione nell’agenda sociale negli Accordi negoziati fosse inclusa la partecipazione dei sindacati
e di altri attori sociali.
Un’altra proposta ha riguardato l’inserimento di una clausola che consente la piena rinegoziazione
dell’accordo mentre si dà la priorità all’integrazione regionale.
“Lo sviluppo dei mercati regionali offre maggiori prospettive promettenti per la lotta alla povertà e
allo sviluppo economico rispetto alla possibile crescita dei mercati internazionali”, hanno affermato
mentre mettevano in guardia dalla conclusione affrettata degli Accordi di Partenariato Economico.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
“Gli Accordi devono garantire che ai diritti allo sviluppo, ai diritti umani e sociali sia accordata
maggiore importanza di quella commerciale e finanziaria”, si legge nella dichiarazione rilasciata ieri
da Arusha.
Nzunda ha affermato che il principale problema sembra essere la mancanza di un’appropriata
consultazione e ha sollecitato l’Unione europea e i paesi della Comunità a tenere incontri consultivi
per garantire che gli interessi economici, sociali e politici dei popoli dell’Africa Orientale siano tenuti
in considerazione nei negoziati degli Accordi.
I sindacati hanno dichiarato che gli stati membri della Comunità sono stati obbligati a firmare gli
Accordi ad interim contro la loro volontà a causa dei cambiamenti nelle norme dell’OMC.
“Gli impegni verso l’OMC da parte dei nostri paesi rimangono molto limitati quando si arriva
all’agricoltura, alla manifattura e ai servizi”, ha affermato Nzunda.
L’incontro di Kampala era inteso ad analizzare gli Accordi ad interim tra la Comunità degli Stati
dell’Africa Orientale e l’Unione europea firmati alla fine del 2007 e a formare una strategia
sindacale e un piano di azione per far avanzare la posizione del Congresso dei Sindacati
dell’Africa Orientale.
I capi di stato della Comunità degli Stati dell’Africa Orientale accettarono nel 2007 di firmare in
blocco gli Accordi con l’Unione europea e i sindacati fino ad oggi hanno affermato che i negoziati
hanno mostrato continui squilibri di potere. L’Africa ha un piccolo potere negoziale se ce l’ha,
hanno affermato i sindacati.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
AFP
08/03/09
I lavoratori giapponesi chiedono nel mezzo della recessione un
aumento della paga
2 giorni fa
Tokio – Migliaia di lavoratori radunati sabato in un parco a Tokio, hanno chiesto alle società di
conservare il posto di lavoro e di aumentare i salari per stimolare la ripresa da una recessione che
si aggrava.
“Garantire regolari aumenti della paga! Avere negoziati seri con la direzione sugli aumenti dei
prezzi a consumo”, ha affermato in un discorso al lancio del raduno, il presidente della
Confederazione Sindacale Giapponese, Tsuyoshi Takagi.
I sindacati hanno spiegato che i salari sarebbero aumentati in conformità agli aumenti dei prezzi,
sulla base degli aumenti annuali delle paghe.
Tsuyoshi Takagi ha affermato che non era “altro che oltraggioso” che alcune grandi imprese
stessero ora considerando di evitare gli aumenti annuali delle paghe basati sulla durata del
servizio.
La confederazione, meglio conosciuta come Rengo, è un’organizzazione che raggruppa i sindacati
nel paese con più di sei milioni di iscritti.
I lavoratori che si sono riuniti insieme nel parco nella centrale Tokio, hanno poi marciato nella
capitale con manifesti sui quali si leggeva “Pagare l’aumento è il più forte stimolo all’economia” e
“Non permettete che i lavoratori siano licenziati!”.
I sindacati sono nel mezzo di trattative con la direzione sugli aumenti salariali per l’anno fiscale che
ha inizio il1 di aprile.
Le società giapponesi stanno lottando nella peggiore recessione avuta in trent’anni ed esiste una
piccola speranza che le richieste del Rengo siano soddisfatte.
Le aziende hanno annunciato forti tagli di posti di lavoro, frantumando il mito giapponese un posto
di lavoro a vita.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
International Herald Tribune
05/03/09
Il Congresso potrebbe sospendere la spesa in favore dei camion
messicani
The Associated Press
Washington. Il Congresso potrebbe obbligare il presidente Barack Obama ad un chiarimento con il
Messico sul libero commercio.
I legislatori stanno preparando la sospensione dell’erogazione di danaro ad un programma pilota di
un anno e mezzo che aveva aperto la strada alla guida di oltre 500 camion messicani di 100
operatori all’interno degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno consentito solo a pochi camion messicani di guidare oltre la zona tampone del
confine meridionale, sebbene avesse accettato di dare pieno accesso ai camion messicani sulle
autostrade americane ad iniziare dal 1995 quando firmò l’Accordo Nord Americano per il Libero
Scambio.
Se gli Stati Uniti non rispetteranno l’accordo, il Messico potrebbe prendere un’azione di ritorsione
come introdurre o aumentare tariffe sui prodotti americani.
“Se il programma perderà alla fine il finanziamento del Congresso, il Messico manterrà aperte le
sue opzioni, inclusa la ritorsione,”, ha affermato Arturo Sarukhan, ambasciatore messicano negli
Stati Uniti.
Il portavoce della Casa Bianca, Benjamin LaBolt, ha rifiutato di commentare via e-mail il
programma dei camion. Ma Tren Nguyen, portavoce della rappresentanza americana del
commercio, ha affermato che l’ufficio sta esaminando tutte le possibili opzioni. Non ha detto quali
fossero queste opzioni.
Per ora, il Congresso non è parte di una delle opzioni.
Il Senato sta considerando l’approvazione di una legge di 410 miliardi di dollari alla Camera che
fermi il finanziamento al programma dei camion messicani. Due anni fa, il Senato votò con 74 su
24 la sospensione del finanziamento. A votare con la maggioranza in quel momento furono Obama
e Joe Biden, ora vicepresidente.
I Repubblicani al Senato non hanno mai previsto di cercare di mantenere in vita il programma ora
che un Democratico è alla Casa Bianca.
Il senatore John Cornym, del Texas, che cercò di mantenere l’afflusso di danaro nel 2007, non
intende farlo ancora, ha affermato questa settimana un assistente.
“E’ molto deludente che i miei colleghi abbiano scelto il protezionismo rispetto alla creazione di
posti di lavoro con l’eliminazione del programma pilota dei camion all’interno degli Accordi con il
Messico”.
Il danaro al programma potrebbe essere infilato in altre leggi di spesa, ma affronterebbero ancora
una forte opposizione.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Obama discusse degli Accordi Nafta con il presidente messicano Felipe Calderon quando i due si
incontrarono una settimana dopo l’incarico ad Obama, e Obama affermò che avrebbe lavorato
immediatamente per rafforzare le relazioni tra i due paesi.
Dal 1982, la maggior parte dei camion messicani sono strati relegati alla guida di non oltre 20
miglia negli Stati Uniti, ad eccezione dell’Arizona, dove il limite era di 75 miglia.
I camionisti, i gruppi di consumatori e gli assicuratori indipendenti, citando le preoccupazioni per la
sicurezza, hanno fatto pressione sul Congresso perché mantenesse i camion fuori dalle autostrade
americane.
Ma una delle più forti opposizioni proveniva dal sindacato preoccupato che autisti americani
avrebbero perso posti di lavoro e che avrebbero lavorato per una paga più bassa per gli autisti
messicani.
L’amministrazione Bush iniziò il programma pilota dopo che una compagnia messicana di camion
vinse la causa nell’ambito degli Accordi Nafta. Il Congresso sospese il finanziamento al
programma pilota alla fine del 2007. L’’amministrazione Bush continuò il finanziamento dopo aver
trovato una scappatoia nella legge.
Bill Adams, portavoce del dipartimento del Trasporto, ha rifiutato di commentare se l’agenzia
avrebbe fatto ancora lo stesso.
All’interno del Dipartimento del Commercio Americano, in una pubblicazione on line, è stata citata
da Duane DeBruyne, portavoce della Federal Motor Carrier Safety Adminuistration del
Dipartimento Trasporti, per aver detto che il segretario al trasporto Ray LaHood ordinò una
revisione del programma dei camion messicani il 9 febbraio. Come membro della Camera, LaHood
votò anch’egli per la fine del programma.
Sarukhan, ambasciatore messicano, affermò che mantenere i camion messicani fuori dalle strade
americane avrebbe fatto aumentare il costo dei beni per produttori e consumatori.
“Questo è protezionismo”, ha affermato. “Non ha nulla a che fare con la sicurezza delle strade
americane”.
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