Motivazioni e strategie nell`apprendimento dell`italiano L2. Il

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Motivazioni e strategie nell`apprendimento dell`italiano L2. Il
Seminario del corso di Linguistica italiana II (prof. Tavosanis)
Motivazioni e strategie nell’apprendimento dell’Italiano L2:
Il caso dell’Australia
Davide Nardi (LILE)
Abstract
Il presente lavoro si propone di indagare le ragioni che inducono oggi un numero cospicuo di discenti australiani di vario
background allo studio dell’Italiano L2 e le metodologie glottodidattiche più innovative collaudate negli ultimi anni al fine
di stimolare l’interesse per la lingua e il suo uso attivo lungo il processo di apprendimento, specie in quei contesti in cui più
determinante è il peso e il contributo delle comunità italiane. Si farà riferimento alle nuove generazioni di oriundi italiani,
oggi più che mai divise tra un inarrestabile language shift verso l’Inglese e il recupero identitario della propria
lingua/cultura d’origine (linguistic-cultural revival), sintomo quest’ultimo del crescente prestigio tributato in Australia alla
cultura italiana e al made in Italy, e dei legami sempre più stretti fra i due paesi. Vengono fatti precedere due paragrafi
volti a illustrare, sinteticamente, i principali interventi del governo australiano in materia di politica linguistica e la
posizione attuale dell’Italiano all’interno dei curricula scolastici, dalla scuola primaria all’università, anche in rapporto alle
altre LOTEs (Languages Other Than English) e all’avanzata delle lingue asiatiche.
Dagli anni Cinquanta ad oggi, cronistoria dell’italiano in Australia
Per meglio comprendere quale riconoscimento spetti oggi all’italiano tra le molte lingue parlate e studiate in
Australia, non basta considerare la storia recente ma occorre guardare al passato, ricostruendo le tappe di un
cammino che ha portato l’italiano ad essere attualmente la seconda lingua straniera con il maggior numero di
discenti dopo il giapponese. Come è facile aspettarsi, storia di una lingua significa anzitutto storia di un popolo:
le migrazioni di massa dall’Italia verso l’Australia hanno inizio nei primi anni ’50 e registrano il picco massimo
nella decade 1951-1961, per poi diminuire e concludersi negli anni ’70, in conseguenza del boom economico e
del passaggio dell’Italia al postindustriale. Si stima una media di 18,000 nuovi arrivi l’anno per il periodo
considerato, numeri che sono parsi ad alcuni confrontabili solo col più recente fenomeno migratorio, che ha
visto migliaia di giovani italiani emigrare in Australia con un permesso vacanza-lavoro “457” (Working Holiday
Maker) temporaneo o con un visto studente. Stando al Rapporto di Italiani in Australia 2014 (“Da temporanea
a permanente, L’immigrazione giovanile italiana in Australia. Analisi e trend al 30-06-2014”), sarebbero più di
20,000 i giovani tra i 18 e i 30 anni emigrati nel 2013-14 con visto regolare, un incremento del 163% rispetto al
2011.1 A partire sono oggi giovani istruiti e in genere dotati di una buona conoscenza dell’inglese, essendo
1
http://www.australiasoloandata.it/_assets/rapporto-italiani-2014.pdf. Più cauta l’analisi di Moritsch, seppure
circoscritta al periodo 2008-2012, il quale fa notare come, a fronte dell’alto numero di arrivi, siano in realtà molti di meno
gli effettivi stabilimenti in loco, sia a lungo termine che permanenti, cifre irrisorie che non posso far pensare “ad un esodo
di massa o ad un revival delle ondate migratorie italiane degli anni ’50 e ’70”. Cfr. S. Moritsch, Giovani italiani in Australia.
quest’ultima uno dei requisiti fondamentali per il rilascio di un visto lavorativo di lunga durata: una migrazione
dunque più colta che ha poco a spartire con le centinaia di migliaia di contadini, operai, manovali provenienti
dalle zone più depresse d’Italia (Sicilia, Calabria, Veneto, Campania), scarsamente alfabetizzate e in larga parte
dialettofone, che si riversarono down under nel secondo dopoguerra. Cambia la tipologia dei migranti ma
restano sostanzialmente inalterate le motivazioni che spingono a partire; diverso appare anche l’atteggiamento
dell’Australia, meno disposta all’accoglienza dei nuovi arrivi e certamente meno bisognosa di manodopera
qualificata che in passato. Il fenomeno è davvero troppo recente per dire se avrà ricadute positive sul
mantenimento della lingua/cultura italiana nei nuovi contesti d’immigrazione; senz’altro notevole, e degno di
attenzione, è il sorgere di sempre nuove associazioni di mutuo soccorso con lo scopo di fornire servizi
informativi e assistenza, spesso attraverso il canale del web, a chi intenda stabilirsi in Australia in via definitiva,
ma fungere anche da ponte tra i giovani italo-australiani di seconda e terza generazione e i nuovi arrivati,
superando l’impostazione regionalistica di molti gruppi di vecchia data (si pensi soltanto ai numerosi circoli
veneti in Australia). Ne è un esempio virtuoso il GIA (Giovani Italiani in Australia) fondato a Roma nel 2008,
dall’incontro di quaranta ragazzi australiani, con la precisa finalità di promuovere la lingua e la cultura italiana
presso la comunità giovanile australiana e organizzare, annualmente, un forum di discussione che aggrega
diversi enti (tra cui il Co.As.It, il Comites, l’IIC di Melbourne). L’ultimo di questi incontri, tenutosi a Melbourne
nel 2011, ha affrontato, tra gli altri temi, le differenze fra vecchia e nuova emigrazione, ma da allora il GIA
sembra aver cessato ogni attività.2
Se la storia può insegnare qualcosa, è che proprio l’associazionismo, fra gli anni ’50 e ’60, contribuisce allo
sviluppo di una società multiculturale, preservando al contempo i legami delle comunità con la cultura e la
lingua d’origine. In una situazione di bilinguismo italiano-dialetto, l’italiano popolare-regionale ha agito spesso
da strumento di mediazione tra gruppi non corregionali e in contesti formali. Tra parenti e in famiglia si
continua a parlare dialetto, o un mixting di dialetto e inglese che, negli studi sociolinguistici degli anni ’80, si è
guadagnato la definizione impropria di italo-australiano. Si tratta, naturalmente, di una varietà di contatto
limitata alla prima generazione e destinata a scomparire con il venir meno dei parlanti più anziani. Il dibattito
sull’italo-australiano è tuttora aperto e gli studiosi si dividono tra chi, come Gaetano Rando, lo considera un
codice per nulla autonomo e autosufficiente, “una varietà di italiano o di dialetto che l’individuo porta con sé
dall’Italia, con l’aggiunta di elementi inglesi” e chi, come Franko Leoni, autore di un vocabolario
dell’italo-australiano, lo ritiene un codice a sé stante e dotato di una certa autonomia: in particolare,
Caratteristiche dei nuovi flussi in arrivo, in particolare nel Nuovo Galles del Sud, nel periodo 2008-2012, in “Quaderni di
Stage presso il Consolato generale d’Italia a Sydney”, II, 2012.
2
espressioni come farma, singletta, smasciato sarebbero entrate di diritto nella lingua delle comunità
italo-australiane.3
La seconda generazione è tendenzialmente trilingue, dovendo districarsi tra l’italiano-dialetto parlato in casa e
l’inglese, che diviene la lingua dominante con l’ingresso nella scuola australiana. L’italiano, non perfettamente
padroneggiato nei suoi registri più e meno formali, resta la lingua degli scambi con i famigliari e i membri della
comunità, ma cede terreno all’inglese e l’interferenza tra i due codici è tale da impedire di tenerli separati.
Ovviamente, il grado di interferenza varia da individuo a individuo, ma è opinione condivisa dagli studiosi che il
language shift si compia già entro la terza generazione, per la quale la competenza dell’italiano è in genere
soltanto passiva, ed esso è considerato quasi alla stregua di una lingua straniera da imparare a scuola.4 Proprio
il sistema scolastico spesso non ha saputo garantire alle nuove generazioni il mantenimento della lingua
d’origine, e un atteggiamento troppo purista nei confronti dell’italiano ha generato sfiducia nelle proprie
competenze linguistiche, al punto che molti genitori di seconda generazione non si sono sentiti in grado di
trasmetterlo a i figli. Ancora oggi, a dire il vero, in un paese profondamente anglofono come l’Australia, in cui le
lingue sono materia facoltativa nelle scuole, il language maintenance sembra lasciato alla libera iniziativa dei
singoli interessati.
Come fa notare Kinder, l’insegnamento dell’italiano in Australia ha seguito un percorso politico-culturale che in
buona parte coincide con quello di altre lingue europee diffusesi attraverso il canale della migrazione, le
cosiddette CLOTEs (Community Languages Other Than English).5
Per tutti gli anni ’50-’60, l’italiano è presente nelle università come lingua straniera di cultura, ovvero come
chiave d’accesso indispensabile alla letteratura e al patrimonio artistico italiano: l’insegnamento è rivolto a
specialisti e la lingua proposta è quella letteraria, dunque molto lontana dalla realtà e dalle esigenze delle
comunità immigrate, motivo per cui gli italiani danno vita alle “scuole del sabato”, ore di insegnamento
extrascolastico per promuovere la lingua tra i loro figli. Negli anni ’70 l’Australia passa da una politica
assimilazionista al “multiculturalismo”, abbracciando e promuovendo la diversità linguistica e culturale delle
proprie comunità, ma solo all’inizio degli anni ’80 l’insegnamento delle CLOTEs, italiano compreso, viene
introdotto nei curricula delle scuole primarie e secondarie (National Policy on Languages, 1987), e vengono
2
Anche il sito dell’associazione (http://www.gia.org.au/) risulta inattivo. Esempi di forum analoghi ma meno ambiziosi
sono: Portale Australia (http://www.portaleaustralia.com/), Australian board community (http://australianboard.com/),
Vado a vivere in Australia (http://vadoavivereinaustralia.com/).
3
Si veda C. Campolo, L’italiano in Australia, in “Italiano LinguaDue”, 1, 2009, pp. 136-139. Rinvio inoltre a A. Rubino,
Dall’italo-australiano all’italiano: apprendimento linguistico fra gli scolari della seconda generazione, in “Rassegna italiana
di linguistica applicata", 21 (1989), 3, pp.87-105.
4
Cfr. A. Rubino, L’italiano in Australia tra lingua immigrata e lingua seconda, in Aa. Vv., Varietà dei contesti di
apprendimento linguistico, Studi AItLA 1, 2014, pp. 245-248.
3
messe a punto nuove metodologie per una didattica dell’italiano come lingua viva e parlata. Parallelamente,
nelle università, l’italiano affianca nuove discipline come la semiotica, l’antropologia, gli “studi culturali”. Nel
corso degli anni ’80 l’italiano diviene la lingua più studiata nelle scuole primarie dopo l’inglese, proponendosi
come “lingua di apprendistato linguistico”, “seconda lingua per tutti gli australiani” e, allo stesso tempo, come
“lingua di cultura” e “lingua di comunità”. Va però fatto notare che l’altissimo numero di italodiscenti delle
scuole primarie (circa il 70 % degli studenti australiani) cala drasticamente nel passaggio alla scuola secondaria
e all’università, perché c’è scarso interesse a proseguire lo studio di una lingua percepita come poco utile in
confronto ad altre, e per i risultati deludenti conseguiti nella scuola elementare (tra i principali fattori
d’insuccesso vanno ascritti le poche ore settimanali dedicate allo studio della lingua e la scarsa preparazione
degli insegnanti, anche se è bene non generalizzare troppo).
Negli anni ’90 la politica australiana si orienta in misura crescente verso l’Asia e l’attenzione si rivolge dalle
lingue tradizionali alle nuove CLOTEs asiatiche, viste nella loro duplice valenza di nuove lingue etniche e di
lingue internazionali, utili agli scambi commerciali con i maggiori partner economici.6 Il Council of Australian
Governments (COAG) del 1994 riconosce come prioritario l’insegnamento di quattro lingue: giapponese, cinese
mandarino, indonesiano e coreano, le stesse finanziate con fondi federali dal programma National Asian
Languages and Studies in Australian Schools (NALSAS) 1994-2002.7 Si ha, di conseguenza, una crescita
esponenziale del giapponese e del cinese mandarino che, nel giro di pochi anni, arrivano quasi a duplicare il
numero dei propri studenti, mentre fatica ad affermarsi il coreano. Nel 2002 il giapponese ha superato il
francese tra le lingue portate all’esame di maturità nel New South Wales (l’italiano è al quarto posto, dietro il
cinese), nel 2006 ha sottratto all’italiano il primato di lingua più studiata nelle scuole primarie ed è davanti al
francese e all’italiano nelle scuole secondarie.8
Se gli anni Novanta vedono, da un lato, l’acuirsi dell’erosione linguistica dell’italiano (si stima che tra il 1991 e il
1996 il numero degli italofoni sia diminuito del 10,3%),9 dall’altro sono gli anni della riscoperta dell’italianità e
dell’Italia da parte delle nuove generazioni di italo-australiani, sempre più orgogliose delle proprie origini, ora
ostentate senza pregiudizi negativi. Tale revival è il risultato della nuova immagine internazionale dell’Italia, che
arriva a ricoprire il quinto potere economico mondiale e un ruolo leader nella nuova Unione Europea; a ciò si
aggiunga il successo planetario del made in Italy (cibo, moda, design, ma anche cinema, letteratura, arte…), la
crescente italofilia da parte degli australiani, l’intensificazione dei contatti fra i due paesi. Anche i media
5
Cfr. J. J. Kinder, Come insegnare italiano agli oriundi italiani? Il caso dell’Australia, in P. Diadori, La DITALS risponde 6,
Perugia, Guerra, 2009, p. 62.
6
Cfr. C. Bettoni, Politiche nazionali e insegnamento delle lingue: il caso dell’Australia, in Aa. Vv., Ecologia linguistica (36°
Congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana, Bergamo, 26/28.09.2002), Roma, Bulzoni, 2003, pp. 416-424.
7
J. Lo Bianco, Second Languages and Australian Schooling, in “Australian Education Review”, ACER press, Victoria, 2009.
8
A. Rubino, L’italiano in Australia…, cit., pp. 250-255.
4
giocano in questo un ruolo fondamentale: radio, televisione, internet, rendono subito fruibili i contenuti
culturali e l’attualità con effetti potenzialmente positivi sul mantenimento linguistico, 10 viaggiare è più
economico e veloce, la cosiddetta Italian experience diventa un must per chi voglia scoprire le bellezze
dell’Italia e riallacciare legami con i parenti lontani.
Non sempre, però, il recupero di un’identità italiana va di pari passo con la riscoperta della relativa lingua; in
altri termini, l’adozione di uno stile di vita italiano (Italian style) non implica necessariamente parlare italiano,
sebbene studi dimostrino come una conoscenza, anche superficiale, della lingua, contribuisca di molto al
rafforzamento dell’identità.11 L’attrazione crescente per determinati aspetti della cultura e della vita italiana, si
riflette nelle abitudini quotidiane degli australiani, anche dei non oriundi, determinando le condizioni per un
uso più frequente della lingua. Come ha osservato Rubino, anche se i nuovi trends non generano
nell’immediato “an increased demand to learn Italian”, fungono tuttavia da “catalysts for greater use of the
language”12, e un atteggiamento positivo verso una certa lingua/cultura è sicuramente uno dei fattori che ne
promuovono lo studio. Quello degli italofili che si avvicinano all’italiano perché hanno programmato di
viaggiare in Italia, o perché interessati all’approfondimento dell’arte, della letteratura, della cucina italiana e
frequentano specifici corsi nei due IIC o in altre strutture, costituisce oggi un bacino d’utenza molto ampio e
diversificato, che chiede di essere approfondito, soprattutto per la sua autonomia dal sistema scolastico
australiano. A seguire questi corsi sono, in genere, adulti e anziani, spesso digiuni di qualunque nozione
anteriore della lingua.13
Nell’era del “globalismo” (la definizione è di Bettoni) l’italiano si difende bene, forte della sua riconosciuta
valenza culturale che, se da una parte, lo fa percepire come “meno utile” a confronto di altre lingue, dall’altra
lo rende strumento quasi imprescindibile mediante cui accedere al patrimonio letterario-artistico, non solo
italiano, ma anche europeo. Presente a tutti i livelli dell’offerta formativa, dalla scuola primaria all’università,
l’italiano è stato per lungo tempo la lingua straniera più studiata in Australia, e probabilmente lo è ancora se si
sommano i discenti di tutti e tre i livelli. Occorre però precisare che circa il 70% degli studenti si concentra nella
scuola primaria, dove l’insegnamento di una lingua è obbligatorio in tutti e sei gli anni (years 1-6), ma cala
progressivamente nella scuola secondaria, specie nella transizione dai compulsory years (7-8) al biennio (y.
9
C. Campolo, L’italiano in Australia, cit., p. 135.
A. Rubino, Italian in Australia: past and new trends. Innovation in Italian teaching workshop, Griffith University, 2002, p.
10.
11
Ivi, pp. 8-9. Studi condotti negli anni Novanta sui core values (valori culturali di uno specifico gruppo etnico, considerati
essenziali per l’esistenza del gruppo stesso), hanno mostrato che, fra gli italiani, a differenza di altri gruppi (greci, polacchi,
cinesi), la religione e la famiglia rappresentano valori più importanti della lingua. Cfr. A. Rubino, Multilingualism in
Australia. Reflections on current and future research trends, in “Australian review of applied linguistics”, 33, 2010.
12
A. Rubino, Italian in Australia…, cit., p. 11.
10
5
9-10), quando la lingua diventa materia facoltativa e si riduce di molto il numero di coloro che la studiano in
vista dell’esame di maturità (dal 79,3% dell’y-7 al 14,5% dell’y-12).14 In riferimento all’anno 2006, l’italiano
risulta la terza lingua più studiata nelle scuole superiori dopo il giapponese e il francese, ma bisogna tener
presente che esistono molte discontinuità tra settore pubblico e privato, tra stato e stato, tra scuole laiche e
scuole religiose, dove lo studio dell’italiano è maggiormente sostenuto da motivazioni culturali e familiari.15 La
sua scarsa spendibilità in ambito universitario lo rende scelta poco appetibile: esso non possiede lo stesso
appeal di altre lingue “strumentali” e l’inefficacia dell’insegnamento primario dissuade molti dal proseguirne
l’apprendimento.16 Ciò nonostante, sono numerose le università che oggi offrono corsi di lingua italiana,
spesso nell’ambito di studi umanistici o European studies, tanto è vero che nel 2007 l’italiano è al quarto posto,
dopo giapponese, cinese e francese, tra le lingue più studiate nelle università australiane, grazie anche al
contributo del Ministero degli Affari Esteri italiano e di enti privati, come la Fondazione Cassamarca.17
L’offerta linguistica delle università è in forte calo (dalle 66 lingue del 1997 alle 31 del 2007) e meno del 10%
degli studenti oggi studia una lingua al tertiary level, solo il 5% completa gli studi avendo acquisito la
conoscenza superficiale di una LOTE.18 Inoltre, come accade per la scuola primaria-secondaria, sono molti
coloro che iniziano come principianti (beginners) e poi scelgono di non proseguire: una mancanza di
motivazione cui si sta cercando di ovviare con metodologie didattiche sempre più coinvolgenti e innovative
(online learning, out-of-class experiences, etc.).
The place of the Italian language in Australian education
La grande diffusione dell’italiano nella scuola primaria può contare su diversi fattori tra cui: la presenza di una
comunità immigrata molto numerosa,19 il fatto di essere una lingua relativamente “facile” (come se un’alta
percentuale di lessico in comune con l’inglese bastasse da sola a far chiudere un occhio su non poche difficoltà
grammaticali!), il fatto di essere una fun language, legata a una cultura che è tra le più amate, anche da chi non
è di background italiano. Per molti l’italiano è anche apprenticeship language, prima L2 e “apripista” verso altre
13
Una recente indagine in questo ambito dal titolo Under the spell: the motivations of adult australians to learn Italian in
Sydney è stata presentata all’Univ. di Sydney il 23 Ottobre 2015: http://sydney.edu.au/arts/italian/about/events/?id=3887
14
J. Lo Bianco, Second Languages and Australian Schooling, cit., pp. 48-50.
15
A. Rubino, L’italiano in Australia…, cit., p. 255.
16
Le ore dedicate allo studio di una LOTE sono circa 60 all’anno negli anni 6-8, che corrispondono agli ultimi due anni
della scuola elementare e al primo anno della scuola superiore, dopodiché la scelta di una LOTE non è più considerata
obbligatoria e sono i singoli istituti a stabilire quale spazio dedicare alle lingue.
17
A. Rubino, L’italiano in Australia…, cit., p. 256.
18
J. Lo Bianco, Second languages and Australian Schooling, cit., p. 56.
6
lingue romanze come il francese e lo spagnolo. Tuttavia, accade spesso che l’insegnamento impartito non
tenga conto delle reali esigenze degli studenti e del diverso background, col risultato che coloro che già
conoscono l’italiano, perché magari lo parlano/ascoltano in casa, trovano i corsi troppo facili e dunque
inadeguati al consolidamento delle competenze linguistiche di base. Ma il sistema scolastico, è bene ribadirlo,
può variare notevolmente da stato a stato: ad esempio, nel NSW 100 ore di lingua sono obbligatorie solo negli
anni 7-8, mentre nel Western Australia l’insegnamento copre gli anni 3-10.20 Per ovviare a questa difformità, a
partire dal 2009 L’ACARA (Australian Curriculum, Assessment and Reporting Authority) lavora alla stesura di un
curriculum unico nazionale per tutte le materie. Nel 2011 l’italiano è stato scelto, insieme al cinese, come
lingua-pilota nell’ambito del curriculum dedicato alle lingue: The draft Foundation to year 10 Australian
Curriculum: Languages è stato rilasciato il 19 dicembre 2012, ma è ancora lontano dal divenire applicativo.21
Scopo dell’ambizioso progetto è, oltre a quello di uniformare, garantire a ciascuno studente in uscita dall’year
12 una buona preparazione in almeno una LOTE, avendo riguardo per le specificità di ciascuna lingua e la
diversità dei discenti determinata dai nuovi e vecchi flussi migratori.22 Ma l’obiettivo primario del curriculum
unico resta quello di valorizzare l’enorme potenziale linguistico di un paese scarsamente propenso allo studio
delle lingue, ponendo le basi di una moderna società multiculturale.23 È assai probabile che l’italiano possa in
futuro trarre beneficio dal lungimirante progetto.
Al mantenimento linguistico concorrono le uniche due scuole primarie bilingui, sorte con il contributo delle
comunità italiane locali: la Italian Bilingual School di Sydney e la Yarralumla Italian English Primary School di
Canberra. La IBS, istituita nel 2002 come divisione del Co.As.It (Comitato Assistenza Italiani), è la prima scuola
australiana ad offrire un’istruzione bilingue 50/50, dall’asilo (Kindergarten) all’year 6, a bambini di origine
italiana o di diversa etnia. L’alto numero di iscrizioni e il riconoscimento nazionale ottenuto dall’IBS, ha portato
il Co.As.It a sviluppare uno strategic plan per gli anni 2010-2014 che vede, tra gli altri punti: l’elaborazione di un
K-12 model (che consentirebbe di estendere l’insegnamento bilingue alla scuola secondaria), l’intensificazione
dei legami con altre scuole bilingui d’Australia, l’inserimento nel curriculum di altre lingue oltre l’italiano.24 La
19
In base al Census 2011, sarebbero 299,833 i parlanti italiani residenti in Australia (l’1,4% della popolazione totale).
Melbourne e Sydney sono le città con il maggior numero di italiani (rispettivamente 68,823 e 41,783), numeri inferiori si
registrano a Brisbane (QLD) e Perth (WA). Fonte: http://www.sbs.com.au/censusexplorer/
20
Ivi, p. 41.
21
Il testo relativo all’italiano è aggiornato al 2013 ed è disponibile in rete:
http://www.acara.edu.au/verve/_resources/F-10_Australian_Curriculum_Languages_-_revised_Italian_-_Nov_2013.pdf.
22
http://www.australiancurriculum.edu.au/languages/preamble. Vengono individuate tre tipologie di studenti sulla base
del background: second language learners (“those who are introduced to learning the target language at school as an
additional, new language”), background language learners (“those who may use the language at home, not necessarily
exclusively, and have varying degrees of knowledge of and proficiency in the language being learnt”) e first language
learners (“users of the language being learnt who have undertaken at least primary schooling in the target language”).
23
Cfr. l’articolo: http://www.smh.com.au/national/education/a-nation-lost-in-translation-20110206-1aifl.html
24
http://www.ibs.nsw.edu.au/site/files/ul/data_text12/1555013.pdf
7
Yarralumla School, attiva dal 2009, e caratterizzata dall’adozione del metodo Montessori, non fa che
confermare i vantaggi dell’insegnamento bilingue a livello cognitivo, espressivo e performativo.25
I programmi d’immersione nella scuola secondaria costituiscono un fenomeno tutto sommato recente, e per
ora esteso a soli due stati (Queensland e Victoria): essi offrono la possibilità di apprendere una lingua straniera
studiando, in quella lingua, alcune materie curricolari. La Stanthorpe State High School (QLD) attualmente
prevede un modello di immersione “tardiva e parziale”: tardiva perché inizia all’ottavo anno (ed ha la durata di
tre anni: years 8-10), parziale perché solo alcune materie sono insegnate in italiano (matematica, scienze, arte
ed educazione fisica, il 35% dell’intero curriculum).26 Inaugurato nel 1995, come alternativa ai tradizionali,
poco efficaci, corsi di lingua, e col preciso intento di stimolare gli allievi a proseguire lo studio dell’italiano negli
anni successivi, quando esso diventa materia facoltativa, il programma ha registrato risultati molto buoni nel
primo decennio di attività, arrivando a triplicare il numero di chi continua a studiare italiano negli ultimi due
anni della Senior School (years 11-12). Gli studenti più meritevoli hanno dimostrato, in alcuni casi, livelli di
competenza paragonabili a quelli di studenti al secondo anno di italiano all’Università di Griffith (Brisbane),
eccellendo nei concorsi indetti dall’ANFE (Associazione Nazionale Famiglie Emigrati) e da Studitalia.27 Gli
ostacoli iniziali (carenza di personale madrelingua qualificato, scarsa motivazione allo studio di una lingua
avvertita come poco utile e priva di sbocchi pratici, l’accorpamento di studenti a stadi diversi di sviluppo
linguistico) non hanno impedito l’attuazione del programma, merito anche del sostegno della comunità locale:
infatti, circa il 15% della popolazione di Stanthorpe è di origine italiana e nella cittadina trovano posto numerosi
ristoranti e caffè italiani, oltre a un distaccamento della Società Dante Alighieri (con sede a Brisbane), luoghi
che costituiscono occasione di interazione linguistica in out-of-class experiences. Si offre, inoltre, agli studenti la
possibilità di partecipare a un Cultural and Study tour in Italia della durata di quattro settimane o a programmi
di scambio con l’I.S.I.S “Paolino d’Aquileia” di Cividale del Friuli (UD).28 Altre scuole che organizzano analoghi
programmi di immersione (noti con l’acronimo CLIL: Content and Language Integrated Learning) in lingua
italiana sono il Gladstone Park Secondary College (Victoria), il St. Monica’s College (Victoria), e il North Lakes
State College (Queensland).29
Relativamente al 2014, sono 18,507 coloro che studiano italiano nelle 61 scuole superiori dello stato del
Victoria, ma appena 229 di essi hanno completato lo studio della lingua nell’ultimo anno (year 12); l’italiano è
25
http://www.yarralumlaps.act.edu.au/bilingual_program
F. Arcidiacono, F. Laura, Alla ricerca di una metodologia alternativa per l’insegnamento dell’italiano in Australia: il
programma di “immersione” nella scuola superiore di Stanthorpe (Queensland), in “ITALS”, III, 7, 2005, pp. 7-25.
27
Ivi, p. 19.
28
https://stanthorshs.eq.edu.au/Curriculum/Excellenceprograms/Pages/Italian-Immersion.aspx
29
Nel caso del Gladstone Park College, gli studenti che proseguono l’immersione negli anni 10-12, acquisiscono crediti
universitari che danno accesso a specifici corsi alla Monash University, alla Australian National University e alla University
of Melbourne. Cfr. http://gladstoneparksc.vic.edu.au/?page_id=614
26
8
la lingua straniera più studiata, con 67,423 iscritti tra scuola primaria e secondaria, sommando anche il non
modesto contributo della Victorian School of Language. 30 Quest’ultima rientra in una rete di quattro
“government-run specialist language schools” che impartiscono lezioni extracurricolari di lingua, face-to-face o
a distanza, a migliaia di studenti di tutta Australia che non hanno la possibilità di seguire tali corsi nelle
rispettive scuole inferiori e superiori: il Darwin Language Center (Northern Territories), la Saturday School of
Community Languages (New South Wales), la School of Languages (South Australia). L’italiano è presente in
tutte e quattro, ma l’offerta formativa della Victorian School of Language è di gran lunga superiore alle altre,
con ben 46 lingue insegnate e 14,000 iscrizioni complessive l’anno.31 Si ricordi, en passant, anche il ruolo delle
Community Language Schools (CLS), note in origine come “After-hours ethnic schools”: si tratta, nella maggior
parte dei casi, di organizzazioni no-profit e non governative sorte per iniziativa di volontari e incorporate nelle
comunità locali, impegnate nell’insegnamento-mantenimento delle relative CLOTEs, ma aperte a chiunque
voglia apprendere una nuova lingua. Le CLS di italiano sono soltanto due (un numero assai ridotto a confronto
con le 34 CLS di greco e le 27 di cinese): l’Associazione culturale “L’Aurora” (Melbourne) e il già menzionato
Co.As.It (Sydney).
Fondata nel 1969, L’Aurora ha iniziato la sua attività con Saturday classes presso il St. Matthew Primary School,
oggi tiene corsi di lingua italiana in 16 istituti governativi. Il Co.As.It, sorto nel 1968 come organismo
assistenziale nei confronti degli italiani immigrati, ha incrementato negli anni Il pacchetto di servizi a beneficio
della comunità e non solo, tra cui after hours Italian language classes per bambini della scuola primaria e
secondaria presso la sede centrale di Carlton, il Tommaso Fiaschi Child Care Center e la Clarinda Primary School
di Clayton. Il comitato predispone anche corsi di italiano per adulti, Italian language tours to Italy, Online Italian
lessons, oltre a gestire l’Italian Multimedia Resource Center (una grande biblioteca-videoteca al servizio di
studiosi e insegnanti di italiano) e la suddetta scuola bilingue di Sydney.32 Anche il Centre of Italian Studies
(CIS) di Melbourne organizza corsi intensivi di italiano per bambini e adulti, e di supporto per studenti degli
ultimi due anni della scuola superiore.
Quello delle Community Languages Schools è un settore in costante crescita, che gode oggi di rinnovata
attenzione da parte dei governi dei singoli stati, 33 in un clima di generale rivalutazione dell’immenso
patrimonio multietnico dell’Australia: quasi un moderno multiculturalismo, che si traduce in misure sempre più
frequenti tese a rafforzare l’insegnamento delle lingue nelle scuole, visto come occasione di arricchimento
30
Cfr. il rapporto annuale del RUMACCC (Research Unit for Multilingualism And Cross-Cultural Communication):
Languages provision in Victorian Government Schools, 2014.
31
J. Lo Bianco, Second languages and Australian schooling, cit., p. 53.
32
http://www.coasit.org.au/
33
Il NSW, ad esempio, stanzia annualmente fondi governativi per l’apertura di nuove scuole e il reperimento di materiali
didattici (http://www.dec.nsw.gov.au/what-we-offer/community-programs/grants).
9
personale, di comprensione delle molte e diverse realtà circostanti, di coesione sociale. Per citare un recente
contributo di Lo Bianco: “cultivation of existing language potential should…be the first principle of coherent
and comprensive language education planning for Australia. The means for achieving this aim is to forge
productive links between community providers of languages and schools”.34 Il governo del Victoria, più di ogni
altro, sta agendo significativamente in questa direzione, preventivando, entro la fine del 2015, lo studio
continuato di una LOTE nei primi tre anni della scuola elementare, da estendere fino all’year 10 per il 2025,
onde assicurare un incremento delle iscrizioni a corsi di lingua negli ultimi due anni della scuola superiore.
Punti cardine di questo piano, che verosimilmente contribuirà a rafforzare anche lo studio della lingua italiana,
sono la valorizzazione della diversità e la cooperazione tra enti governativi e comunità locali al fine di garantire
la qualità e la continuità di un servizio linguistico che vada incontro ai bisogni reali di una società sfaccettata e
in continua evoluzione.35
L’italiano nelle Università
L’alto numero di studenti di italiano nelle scuole primaria e secondaria non si traduce in un numero altrettanto
alto di coloro che scelgono di proseguire lo studio della lingua nelle università; già negli ultimi due anni della
scuola superiore, come si è detto, sono in molti ad abbandonare definitivamente lo studio di una L2, in genere
per carenza di motivazione. Anche il settore universitario ha conosciuto, negli ultimi decenni, le stesse
fluttuazioni nell’offerta formativa dei settori inferiori in risposta ai nuovi trends economico-commerciali:
crescita delle lingue asiatiche, contrazione delle tradizionali LOTEs europee, etc.
Introdotto nelle università australiane fin dagli anni ’50-’60, l’italiano ha vissuto una forte espansione negli anni
Ottanta, per poi assistere, nel decennio successivo, a una riduzione dei programmi,36 che oggi si assestano
attorno ai 22-25.37 Molto importanti, per il consolidamento degli Italian Studies, sono stati e continuano ad
essere i finanziamenti della Fondazione Cassamarca (Treviso) e la nomina, nel 1999, di undici lettori d’italiano
in nove atenei australiani. Successivamente, una cattedra di Umanesimo Latino è stata introdotta all’University
of Western Australia e un dodicesimo lettorato d’italiano alla Swinburne University of Technology: nel 2012 i
lettorati finanziati dalla Fondazione costituiscono il 20% dell’intero organico (relativo agli Italian Studies). Nel
34
J. Lo Bianco, Second languages and Australian schooling, cit., pp. 59-60.
http://www.education.vic.gov.au/Documents/about/department/languagesvisionplan.pdf
36
Nel sistema universitario australiano vige una stretta correlazione tra finanziamenti e numero di studenti: negli anni
Novanta, sull’onda del multiculturalismo, troppi corsi di lingua erano stati attivati per troppo pochi studenti, motivo per
cui molti Atenei dovettero andare incontro a profonde ristrutturazioni, in alcuni casi alla chiusura di interi dipartimenti.
Cfr. http://acis.org.au/italian-studies-and-the-cassamarca-foundation-a-brief-history/
37
A. Rubino, L’italiano in Australia…, cit., p. 256.
35
10
2000 è stato creato l’ACIS (Australian Centre for Italian Studies), allo scopo di promuovere la ricerca nell’ambito
dell’Italianistica e incoraggiare la collaborazione tra i docenti.38
Oggi l’italiano è presente nei dipartimenti di romanistica e nei centri linguistici di numerose università
australiane; spesso lo studio della lingua è propedeutico a quello della letteratura, dell’arte, della storia
italiana, con una progressiva riduzione della componente “lingua” a favore della componente “non lingua”
(corsi mirati di letteratura, politica, geografia italiana, ma anche di cinema, storia dell’arte, musica…), nel
passaggio da un livello beginner a un livello advanced. Le motivazioni allo studio possono essere familiari,
personali o genericamente culturali (come si vedrà fra poco), ma l’italiano non sembra essere associato a una
specifica carriera o professione, per quanto si sia tentato a più riprese di presentarlo come lingua investita di
una funzione diplomatica-commerciale. Altre volte è la fascinazione esercitata dall’imagerie italiana, non di
rado stereotipica e anacronistica, a determinare l’iscrizione a un corso, ma nel più dei casi non si rivela una
motivazione sufficiente a sostenere lo studio della lingua nel lungo termine.39
“Whatever the initial reason for a student’s enrolment in a language subject- ha scritto Pagliaro-, the
maintenance and enhancement of her/his motivation depend greatly on subsequent events…the experience
during the learning process is more influential in motivational terms than the motivating factors associated
with the initial choice to enrol”.40 Sviluppare strategie per tener vivo l’interesse anche, e particolarmente,
durante il processo di apprendimento è necessario per arginare il consistente fenomeno dell’abbandono dopo
il primo anno e per la sopravvivenza stessa dei corsi di lingua. Per questo, negli ultimi anni, gli insegnanti vanno
elaborando approcci innovativi alla materia che prevedono l’utilizzo del cosiddetto web 2.0 (blog, forum, chat,
social network, e-learning e altre risorse disponibili in rete),41 dei media (radio, televisione, broadcast), o
incontri out-of-class con parlanti madrelingua delle comunità locali, tutti metodi che accrescono il livello di
autonomia di ciascuno studente, oltre a garantire un contatto diretto con l’Italia contemporanea e con la lingua
viva.42 “Encouraging students to familiarise themselves with Italian through the local media- prosegue
38
L. Baldassar, Italian Studies and the Cassamarca Foundation: a brief history.
S. Semplici, E. Tronconi, Insegnare l’italiano a studenti universitari, in P. Diadori (a cura di), Insegnare italiano a
stranieri, Firenze, Le Monnier, 2011, p. 244.
40
A. Pagliaro (La Trobe University), Motivation and its implications in tertiary Italian studies, in Aa. Vv., Proceedings of
Innovations in Italian teaching workshop, Griffith University, 2002, p. 17.
41
Cfr. M. Maggini, Tecnologie didattiche per la L2, in P. Diadori (a cura di), Insegnare italiano a stranieri, cit., pp. 138-141.
Il progetto e-learning Italy, che punta alla produzione di learning objects e di materiali didattici per la scuola superiore
(years 8-11), è stato avviato in 20 scuole del Queensland per iniziativa dell’ISC (Italian School Committee) di Minyama, in
associazione con Omniacom e ICON. Vedi anche R. Quaggia, La Lingua2 nel Web. Prospettive digitali per la didattica
dell’italiano a stranieri, in “Italiano LinguaDue”, 1, 2013, pp. 128-159.
42
In una recente intervista ai microfoni di radio SBS, Luciana D’Arcangeli, lettrice d’italiano presso l’Università di Adelaide
e attuale presidente della Società Dante Alighieri (Brisbane) ha sottolineato come sia importante spingere gli studenti di L2
a trovare da sé il metodo di apprendimento più congeniale, spesso consistente in un mix di ascolto, lettura, riscrittura,
esprimendo poi un parere positivo sull’utilizzo dei moderni audiolibri.
39
11
Pagliaro- may serve to maintain motivation via the study of something which is close to home, continuous and
related to their immediate world”.43 Un’altra difficoltà relativa ai corsi universitari di italiano è il divario tra
studenti provvisti in partenza di una buona conoscenza della lingua (o perché l’hanno studiata nella scuola
superiore, o perché, molto spesso, di background italiano) e studenti che hanno avuto pochi e insignificanti
contatti con essa: occorre evitare le classi miste, e individuare specifici obiettivi (goals) per ciascuna delle due
categorie.44
Nel 2000 l’Università di Griffith (Brisbane, Queensland) promuove il progetto Lingua e comunità, come parte
integrante di un corso di italiano riservato a studenti di livello intermediate. Il progetto consiste in una
out-of-class interaction con volontari della comunità italiana di Brisbane: gli incontri (uno a settimana per sette
settimane, della durata di un’ora e mezza) hanno luogo nelle case dei volontari e sono preceduti da lezioni
preparatorie (tutorials, workshops) che hanno lo scopo di fornire agli studenti gli strumenti per impostare una
conversazione con un parlante madrelingua, col supporto di materiali audiovisivi. A ciascuno studente viene
fornito un “foglio di lavoro” (worksheet) diviso in due parti: una prima da completare in classe, una sorta di
linea guida in cui annotare idee, lessico, suggerimenti grammaticali, e una seconda da completare durante e
dopo gli incontri, nei quali allo studente è lasciata ampia libertà di scegliere quali argomenti toccare ed è
incentivato a parlare di sé e dei propri interessi (spesso in comune con quelli del volontario a lui
opportunamente abbinato). Gli obiettivi di Lingua e comunità sono chiari: promuovere un uso attivo della
lingua in modo da renderla fruibile negli scambi con parlanti madrelingua in contesti di vita reale, e non
confinarla al solo ambito universitario, sfruttare le esistenti comunità linguistiche come risorsa per lo studio di
una L2, esporre gli studenti a un contatto diretto con la lingua e la “mentalità” italiana in una sorta di
immersione at home, sviluppare le abilità necessarie a sostenere uno scambio nella LT con parlanti di quella
lingua.45 Effetti positivi si sono registrati a livello di comprensione orale, conversational fluency, incremento del
vocabolario di base, ma soprattutto a livello di motivazione e di interesse per un’altra lingua e cultura, da
studiare non in quanto materia curriculare ma per la sua applicabilità alla vita di tutti i giorni. Il progetto ha
avuto fortuna ed è stato riproposto negli anni in forme sempre nuove: nel 2012-2014, col nome di Lingua e
comunità in coro, esso prevede la formazione di un coro di studenti universitari e membri della comunità
italofona come luogo di integrazione culturale e immersione linguistica “divertente”.46 Analogamente, il
Fonte: http://www.sbs.com.au/yourlanguage/content/our-italian-language
43
A. Pagliaro, Motivation and its implications…, cit., p. 18.
44
Ivi, p. 21.
45
S. Visocnik Murray (Griffith University), F. Laura (University of the Sunshine Coast), “Ti posso offrire un caffè?”
Implementing an out-of-class experience in a tertiary Italian programme, in Aa. Vv., Proceedings of Innovations in Italian
teaching…, cit., pp. 26-39.
46
https://www.griffith.edu.au/humanities-languages/school-languages-linguistics/news-events/language-teachers-forum/
2014. Il progetto è stato presentato in occasione dell’ultimo convegno organizzato dall’ACIS (Fertile spaces, dynamic
12
progetto Language in Action (2012) dell’Università di Flinders (South Australia), consente agli studenti della
Laurea in Lingue di fare esperienza della LT in contesti lavorativi o comunitari in cui la LT è usata
correntemente.47
Segnalo ancora due corsi, svoltisi entrambi nell’anno 2000 alla Australian National University e accomunati da
un uso sperimentale delle moderne tecnologie nella didattica dell’italiano L2. Il primo utilizza il telegiornale (il
“tg” italiano della RAI, trasmesso in Australia da SBS Television), in quanto combinazione di parlato e scritto, di
linguaggio verbale e gestuale, testo e immagine, in quanto vetrina dell’Italia contemporanea, dell’Italia vera.48
Una volta a settimana studenti e istruttore si ritrovano per guardare l’edizione serale del tg1/tg2 e, più tardi
durante lo stesso giorno, per discutere assieme alcune caratteristiche del telegiornale e della società italiana.
Specifiche lezioni sono dedicate allo studio della struttura del telegiornale e all’approfondimento della
situazione politica del nostro paese, con cui gli studenti hanno scarsa familiarità all’inizio del corso. Proprio il
contrasto tra i tradizionali cliché legati agli italiani e “the real Italy”, è uno degli aspetti maggiormente rilevati
nei questionari distribuiti alla fine del corso: i feedback sono ampiamente positivi sul piano della comprensione
orale e dell’interesse per lo studio della lingua; molti dichiarano che guardare il tg non è più, come in passato,
un’esperienza frustrante e di avere acquisito maggiore coscienza di quanto sta accadendo in Italia e in Europa.
“Using the telegiornale- ha scritto Absalom- also allowed students to conceptualise language study not as
simply a recreational activity, but as something concrete to be applied to contemporary, real situations”.49
L’altro corso ha coinvolto 80 studenti di italiano di 4 livelli linguistici.50 I partecipanti sono stati inseriti in una
mailing list, ciascun iscritto ha inviato alla lista un messaggio di presentazione in italiano ricevendo, in risposta,
le mail introduttive degli altri. In seguito, ogni studente ha scelto il messaggio a cui rispondere, avviando uno
scambio a distanza con la persona selezionata, per un totale di circa 10 interazioni (4-5 ciascuno). Alla fine del
semestre gli elaborati elettronici sono stati consegnati agli insegnanti per la valutazione. L’ “asincronicità” (sic)
e la distanza fisica (e psicologica) della comunicazione tramite email, ha portato alla produzione di messaggi
molto più complessi di quelli emessi durante una normale interazione orale in classe, consentendo anche agli
studenti più timidi e insicuri di iniziare un dialogo senza imbarazzo. Ciò significa che essi hanno tutto il tempo di
consultare dizionari, di riflettere su quanto scritto ed, eventualmente, autocorreggersi (self-repair): di norma, a
places: mapping the cultures of Italy, Sydney, 1°-4 luglio 2015) in un intervento dal titolo: Lingua e comunità in coro: A
community choir as a space for language learning and intercultural development.
47
http://www.flinders.edu.au/webapps/stusys/index.cfm/topic/main?subj=LANG&numb=3000&year=2012
48
M. Absalom (University of South Australia), Making it meaningful: teaching Italian language and culture with the
telegiornale, in Aa. Vv., Proceedings of Innovations in Italian teaching workshop, cit., pp. 95-112.
49
Ivi, p. 105. Si veda anche K. Harrich, Il notiziario ovvero l’importanza dell’uso di materiali autentici
nell’insegnamento-apprendimento linguistico, in “Italiano LinguaDue”, 2, 2011, pp. 321-335.
13
messaggi più ricercati dal punto di vista stilistico, corrispondono contenuti più personali e coerenti; spiccano in
particolare le email inviate da studenti di età adulta, che sentono il dovere di giustificare la propria scelta di
studiare italiano (tra le ragioni più ricorrenti: amore per la storia e la letteratura italiana, volontà di viaggiare in
Italia). Sembra che l’integrazione della posta elettronica nella didattica dell’italiano L2 abbia influito
positivamente in termini “di motivazione, di coinvolgimento, di sviluppo di abilità linguistiche, di
comunicazione in un contesto reale, di conoscenza di altri studenti, di sviluppo di abilità che siano utili anche al
di fuori dell’ambito universitario”.51 Ormai da diversi anni Vincenza Tudini (University of South Australia)
conduce ricerche sull’interazione tramite computer (Online computer-mediated communication, abbreviato
CMC) applicata all’apprendimento delle L2: la virtual immersion, ovvero la chat tra italodiscenti, talvolta col
coinvolgimento di parlanti nativi, ha mostrato di contribuire allo sviluppo delle capacità orali al punto da essere
adottata in numerosi programmi universitari, anche in preparazione a un’eventuale immersione all’estero.52
A conclusione di un corso di italiano di livello avanzato dell’Università di Melbourne, è stato richiesto agli
studenti di scrivere un breve racconto in italiano; gli elaborati sono stati raccolti e pubblicati in rete come
materiale didattico al servizio delle scuole e delle famiglie.53 Queste e altre strategie dimostrano come la
didattica dell’italiano L2 sia un campo di grande sperimentazione e innovazione.
“La lingua più bella del mondo”54
In occasione dell’indagine Italiano 2010. Lingua e cultura italiana all’estero,55 promossa dal Ministero degli
Affari Esteri (MAE), questionari sono stati inviati agli Istituti Italiani di Cultura e ai lettori ministeriali presso
università straniere al fine di appurare: il numero dei corsi attivati, il numero di studenti, le metodologie di
insegnamento e la tipologia dei corsi. Nel caso dell’Australia, sono solo 10 i questionari pervenuti: 2 dagli IIC di
Melbourne e Sydney, 8 dai lettori MAE, numeri non molto alti ma sufficienti a darci un quadro generale della
situazione. Risultano, in riferimento ai dati forniti, 116 i corsi di italiano attivi in Oceania, di cui 12 in Nuova
50
M. Pais Marden (University of Wollongong), M. Absalom, Caratteristiche della comunicazione email: riflessioni su un
corso universitario australiano di italiano L2, in “Rassegna italiana di linguistica applicata”, vol. 36 (2004), no. 2-3, pp.
83-94.
51
Ivi, pp. 23-24.
52
V. Tudini, Negotiation and intercultural learning in Italian native speaker chat rooms, in “The Modern Language
Journal”, 91, 2007, pp. 577-601. Si veda inoltre EAD., The role of on-line chatting in the development of competence in oral
interaction, in Proceedings of Innovations in Italian teaching workshop, cit., pp. 40-57.
53
http://rumaccc.unimelb.edu.au/italian
54
È il titolo di una trasmissione radiofonica ideata dalla Dott.ssa Antonella Beconi dell’Università di Sydney e trasmessa da
radio SBS, che vede il coinvolgimento di studenti di varia età e background, intervistati a proposito della loro esperienza in
Italia e delle motivazioni per cui hanno scelto di studiare l’italiano. Ogni intervista ha la durata di 7 minuti circa ed è svolta
rigorosamente in lingua italiana. http://www.sbs.com.au/yourlanguage/social-tags/la-lingua-piu-bella-del-mondo-0
55
C. Giovanardi, P. Trifone, L’italiano nel mondo, Roma, Carocci, 2011.
14
Zelanda e 104 nelle università australiane, con un buon bilanciamento sui tre livelli (elementare, intermedio,
avanzato), sono 1,964 gli studenti che frequentano corsi d’italiano nelle sedi considerate, 1,827 quelli
universitari, concentrati perlopiù nei primi livelli di apprendimento.56 Per quanto riguarda le motivazioni allo
studio, prevale quella culturale (40%), seguita da quella familiare, genericamente culturale (passione per le
lingue, etc.), e professionale (20%).57 I principali argomenti trattati nei corsi concernono, come è prevedibile,
aspetti della letteratura e dell’arte italiana (35%), ma gli IIC offrono anche corsi più settoriali, ad esempio di
cucina, teatro, cinema, etc., per italofili di tutti i livelli ed età (vedi oltre).
L’origine italiana e il contatto col nostro paese, avvenuto in occasione di viaggi o programmi di mobilità
universitari (tipo Erasmus), costituiscono senza dubbio i principali stimoli allo studio della lingua: chi ha
viaggiato in Italia spesso vuole tornarvi per approfondirne la storia, visitare città d’arte, o per ritrovare le
proprie origini; crescono i “viaggi della memoria”, soggiorni più o meno lunghi tesi a “riscoprire luoghi e
abitudini che abbiano un forte sapore identitario”.58 Il binomio lingua-cultura resta preponderante, e sempre
più persone, di ogni età, vogliono imparare l’italiano per puro piacere o a scopo di arricchimento personale,
senza un’effettiva ragione pratica. È quanto emerge anche dalle dichiarazioni degli intervistati ai microfoni di
radio SBS (il maggiore network multiculturale d’Australia, creato nel 1975),59 molto eterogenei fra loro (per
età, background, corso di studi, etc.) ma accomunati dalla passione per la nostra lingua e tali da costituire una
galleria, ovviamente parziale,60 dei discenti-tipo di italiano L2.
Le interviste seguono uno schema fisso, giocato su poche domande ricorrenti: Da quanto tempo studi italiano?
Come ti sei avvicinato a questa lingua? Perché hai scelto di studiare italiano? Come mantieni l’uso dell’italiano
nella vita di tutti i giorni? Quali difficoltà hai incontrato nell’apprendimento della lingua? Hai notato differenze
tra l’italiano studiato a scuola e quello parlato in Italia? (l’ultima domanda è rivolta a studenti che hanno
partecipato a programmi di scambio con università italiane, o che hanno visitato l’Italia per conto proprio).
L’età degli intervistati va da un minimo di 17 a un massimo di 86 anni, le origini sono altrettanto varie: ragazzi e
ragazze nati in Australia ma con parenti italiani, una donna sui 40 anni nata in Germania e trasferitasi in
Australia da 20 anni, un uomo sui 50 di origine irlandese, due giovani italiani da parte di madre, una
diciassettenne nata in Francia e a Brisbane da 10 anni, un uomo nato in Messico e a Sydney da 15 anni, una
ragazza di origine cinese, un’altra ragazza nata in Francia e con madre portoghese. Alcuni hanno intrapreso lo
studio dell’italiano fin dalla scuola elementare, molti lo hanno studiato alle superiori e ora proseguono
56
Ivi, p. 60, pp. 69-70, p. 77.
Ivi, p. 79.
58
Ivi, p. 57.
59
Il network è oggi punto di riferimento per circa 2,7 milioni di australiani che usano una LOTE in ambito familiare, grazie
alla sua ricca offerta interattiva in ben 74 lingue. Si rinvia a: https://en.wikipedia.org/wiki/SBS_Radio
60
Le interviste finora pubblicate sono 15, ma la trasmissione è tuttora in onda e potrebbero esserne rilasciate di nuove.
57
15
all’università; chi ha iniziato a studiarlo in età adulta ha in genere frequentato gli IIC e, in seguito, appositi corsi
per adulti organizzati dall’Università di Sydney. Significativi i casi di un ottantenne ex-avvocato australiano che
si è scoperto italofilo a 60 anni, e oggi parla un italiano quasi perfetto, vincendo l’iniziale scetticismo del prof.
G. Carsaniga,61 o di un cinquantenne irlandese che si incontra regolarmente con un gruppo di italofili a Sydney
per “chiacchierare” insieme in italiano, o ancora di una quarantenne che ha seguito corsi di letteratura e lingua
italiana all’IIC di Sydney e rintraccia su Meetup gruppi di italofili che, come lei, vogliono far pratica della
lingua.62 Il range delle motivazioni è molto ampio: si studia italiano per poter comunicare con i parenti in Italia
o con i nonni, che vivono in Australia e non parlano l’inglese (bensì, in alcuni casi, il dialetto), perché il partner è
di origine italiana, per poter viaggiare in Italia, per seguire corsi di letteratura italiana, perché l’italiano è simile
ad altre lingue già note (spagnolo, francese, portoghese), perché l’italiano è una lingua “musicale” (la risposta è
stata data da una ragazza che studia al conservatorio di Sydney), per amore dell’Italia e del suo patrimonio
artistico. Sono soprattutto le nuove generazioni di immigrati, per le quali l’inglese è diventato la prima lingua,
ad avvertire il bisogno di riscoprire la l’italiano e, con esso, la perduta identità. Di solito manca la possibilità di
“praticare” (sic) l’italiano in famiglia, o perché i genitori non lo parlano, o perché preferiscono rivolgersi ai figli
in inglese, mentre i nonni hanno in genere una scarsa competenza dell’italiano standard; allora diventa
fondamentale tenersi in contatto con amici o parenti italiani (via Skype, Facebook, e simili), con insegnanti di
italiano del liceo, scaricare e guardare in streaming film italiani, leggere libri, quotidiani in formato tabloid (La
Repubblica.it, il Corriere.it), ascoltare trasmissioni radiofoniche online, radiogiornali, podcasts (come quelli
trasmessi da SBS): è evidente che le moderne tecnologie rivestono un ruolo decisivo nel mantenimento della
lingua. Sebbene il mezzo più efficace e desiderabile rimanga la in-country immersion: chi ha partecipato a
scambi, spesso vuole ripetere l’esperienza e, chi ne ha la possibilità, non rinuncia a un viaggio all’anno nel
nostro paese.63 L’immersione ha di solito la durata di un semestre e dà modo agli studenti di (1) visitare le città
italiane più celebri e (2) entrare in contatto con le varietà regionali dell’italiano (toscano-fiorentino,
napoletano, romanesco…). Proprio la diversità degli accenti è lamentata dai più come uno dei principali ostacoli
alla comprensione orale; le maggiori difficoltà concernono la grammatica, l’uso dei tempi verbali, la questione
61
Formatosi alla Scuola Normale Superiore di Pisa, è stato lettore d’Italiano all’Università di Sydney fino al 2000, è autore
di numerosi e celebri saggi di Letteratura italiana e Storia della lingua.
62
Il corso “Chiacchierando in italiano”, ad esempio, si rivolge ad un pubblico adulto, ed è concepito come una
conversazione su argomenti concordati di volta in volta. Per maggiori info. si veda: https://cce.sydney.edu.au/course/ICCI
63
Molte università australiane offrono programmi di scambio con università partner in Italia, ma solo la Monash
University (Melbourne, Victoria) dispone di una sede stabile in Italia, il Monash Prato Centre, fondato nel 2001, dove gli
studenti possono seguire corsi (in inglese!) di arte, architettura, economia, etc. immersi in un contesto ricco di storia. Si
ricordi, poi, il contributo delle Università per stranieri di Siena e Perugia, fondamentali anche per la formazione di docenti
qualificati di italiano L2.
16
dei “falsi amici”, la pronuncia e, nel caso degli intervistati che padroneggiano più di una lingua, dover tenere
separati i diversi codici.
Come emerge anche dai pochi esempi riportati, sono sempre di più le persone che scelgono di studiare
l’italiano in età adulta o avanzata, per ragioni turistiche o per tornaconto personale, ma quello
dell’insegnamento per adulti è un ambito che deve ancora essere adeguatamente indagato. Tra gli iscritti agli
IIC di Sydney e Melbourne nell’anno 2010 si registra la massima concentrazione nella fascia d’età 31-45 anni
(50%), seguita dalla fascia 46-60 anni (25%),64 mentre lo scettro delle prime motivazioni spetta a “Tempo
libero e interessi vari”, seguito da “Motivi personali e familiari” (la prima fra le seconde motivazioni). Questa
situazione si riflette nella tipologia dei corsi offerti dagli IIC, raggruppabili in standard adult courses e language
and culture courses. I primi, della durata di 8 settimane (per un totale di 16 ore), sono specificatamente corsi di
lingua articolati in quattro livelli (beginner, elementary, intermediate, advanced), i secondi richiedono una
buona preparazione linguistica in ingresso per poter affrontare particolari aspetti della cultura (qualche
esempio: The Italian Novecento, Italian: the language of Opera, La Divina Commedia). Sono previsti, inoltre,
corsi di conversazione in italiano di livello intermedio-avanzato, corsi “last minute” in previsione di viaggi o
brevi soggiorni in Italia (Giro d’Italia, Survival Italian, Holiday conversation courses), corsi di italiano per oriundi
italiani dotati di buona competenza passiva della lingua e/o del dialetto (Italian for Italians).65
Anche l’Italia500-Italian Centre for Languages and Cultural Studies, fondato a Sydney nel 1995, si rivolge a
un’utenza diversificata, prevalentemente adulta, con un approccio innovativo alla didattica: ogni lezione è
strutturata come un dialogo che simula una situazione della vita reale (ordinare un caffè al bar, chiedere
indicazioni per strada…) e una particolare ambientazione (ad esempio, gli studenti immaginano di trovarsi a
Venezia, così da approfondire l’arte, la storia, aspetti del folklore, etc.), con un largo impiego di materiali
audio-video e testi “veri” (ritagli di giornali, menu di ristoranti, pagine web, estratti di film, programmi
televisivi…) che, oltre a creare l’illusione di trovarsi davvero in Italia, trasformano l’apprendimento in
un’esperienza interattiva e accattivante.66 Insomma, non c’è da stupirsi se il “desiderio d’Italia” continua a fare
proseliti fra gli amanti della nostra lingua/cultura,67 ciò che invece lascia perplessi, e forse un poco rattrista, è
64
C. Giovanardi, P. Trifone, L’italiano nel mondo, cit., p. 23.
Naturalmente l’offerta degli IIC non si limita ai soli corsi qui ricordati, ma comprende anche corsi di preparazione
all’esame di maturità o alle certificazioni CILS e DITALS (Università per stranieri di Siena), organizzazione di mostre,
concerti, giornate del cinema italiano, viaggi di studio in Italia. Forniscono corsi di italiano per adulti anche il CAE (Council
of Adult Education) di Melbourne, il Centre for continuing education dell’Australian National University (Canberra), il
Lyceum-language centre di Melbourne, la Società Dante Alighieri di Brisbane (circoli di lettura e conversazione, circoli
gastronomici, cineclubs, corsi di “Costume e società”).
66
Pagina web dell’istituto: https://www.italia500.com.au/about-us.html
67
“Il desiderio d’Italia è nella parte alta della classifica dei desideri mondiali”, è una recente dichiarazione del Presidente
della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto all’82esimo convegno internazionale della Società Dante Alighieri (Milano,
26 Settembre 2015).
65
17
constatare come quella cultura si attardi ancora su elementi stereotipici e ormai ampiamente superati della
tradizione, mentre manca talvolta del tutto ogni consapevolezza dell’Italia contemporanea, e di ciò che questo
paese è tuttora in grado di produrre in termini di sapere e innovazione. Il ritardo culturale, e la polarizzazione
tra cultura alta, accademica (Dante, Rinascimento…) e cultura bassa, regionale, folkloristica, è conseguenza
della migrazione storica e del legame inestricabile tra la nostra lingua e un patrimonio artistico di
impareggiabile grandezza. Proprio questo legame ha fatto, e continuerà a fare per lungo tempo, la fortuna
dell’italiano, perciò non c’è motivo di dispiacersi se talvolta esso appare come una “lingua per turisti” o una
“lingua di lusso” e se tanti vogliono impararlo per motivi alti, o semplicemente per simpatia.68
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68
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18
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